I buddisti hanno ragione?
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Il Distruttore Hara
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Re: I buddisti hanno ragione?
Per quanto riguarda la corrente chan, che è l'unica che conosco a sufficienza, il karma è una sega mentale indiana, o, per i cattivi maestri dell'epoca, una minaccia del tipo " se non fai il bravo vai all'inferno"loonar ha scritto:Quindi il karma agisce solo in questa vita,
niente a che fare con rinascite, samsara e nirvana.
Giusto?
Re: I buddisti hanno ragione?
A me la visione - fra le altre possibili - in cui samsara e nirvana siano due visioni della medesima realtà sinceramente piace, la condivido.Ludwig von Drake ha scritto:Sono curioso di sapere come si porrebbe Patryeka se qualcuno affermasse che il samsara è nirvana e che il nirvana è samsara. Ip verde alla risposta a loonar è mio, anche se non credo che la definizione fornita di karma sia completa (anche se credo di comprendere le ragioni di tale risposta, che credo sia volontariamente parziale).
- non credo che la definizione fornita di karma sia completa (anche se credo di comprendere le ragioni di tale risposta, che credo sia volontariamente parziale) -
non sto entrando in tematiche di mahayana indotibetano dato che - appunto - il Buddhadharma per me è priariamente il Canone Pali:
per mio conto, prima di avvicinare i motivi per cui la cosa "possa avere ragione di essere raccontata in un altro modo" per alcuni, personalmente preferisco andare direttamente al punto, quindi mi muovo sulle basi, e sul fronte Theravadin, nonostante il mio avatar tipicamente vajra.
Anche perché accettare altri modi di raccontarla non è per nulla un obbligo, e richiede poi un lungo lavoro di decodifica che va fatto, ed è - a mio avviso - fra gli scopi del raccontarla in un altro modo.
Il nirvana non è un luogo:
Il nirvāṇa (devanāgarī: निर्वाण, pāli: निब्बान nibbāna) per estinzione/deforestazione (si dice nirvanare un fuoco per dire spegnere, e nirvanare una foresta per dire abbattere: da solo non significa nulla occorre sempre identificare cosa viene nirvanato quindi nirvana di che cosa).
- delle passioni
- del ciclo delle rinascite (che non significa re-incarnazione, ovvero metempsicosi)
- va bene anche inteso come dissoluzione della percezione di un sé come dotato di esistenza intrinseca o inerente (cioè come separato, autosufficiente e dotato di esistenza autonoma ed indipendente)
poi può darsi che approfondendo scopra che indichi anche altro ma, per quel che ne so finora, direi che questo è sufficiente.
Ultima modifica di Pratyeka il Dom 27 Ott 2013 - 20:01 - modificato 1 volta.
Re: I buddisti hanno ragione?
esatto, è un'altro aspetto dell'attaccamento intellettualizante dell'ego.Il Distruttore Hara ha scritto:Per quanto riguarda la corrente chan, che è l'unica che conosco a sufficienza, il karma è una sega mentale indiana, o, per i cattivi maestri dell'epoca, una minaccia del tipo " se non fai il bravo vai all'inferno"loonar ha scritto:Quindi il karma agisce solo in questa vita,
niente a che fare con rinascite, samsara e nirvana.
Giusto?
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Re: I buddisti hanno ragione?
Sbagliato.loonar ha scritto:Quindi il karma agisce solo in questa vita,
niente a che fare con rinascite, samsara e nirvana.
Giusto?
Nell'altro thread avevo scritto:
Karma - atto intenzionale
Ogni azione intenzionale non può che causare una reazione. Karma è accadimento frutto di ciò che appartiene al nostro mondo, non ci sono divinità che decidono dall’alto ciò che accade, l’uomo è responsabile delle sue azioni.
Karma è un insieme che ingloba azione e reazione ed è insito nel samsara.
Ci sono vari punti di vista sulla questione del ciclo vitale.
___________________
Mi vuoi dire, caro Sancho, che dovrei tirarmi indietro
perchè il "male" ed il "potere" hanno un aspetto così tetro?
Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità,
farmi umile e accettare che sia questa la realtà?
Don Chisciotte - Guccini
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Re: I buddisti hanno ragione?
Per nirvāṇa, puoi riferirti a quanto ho inglobato nel post precedente.loonar ha scritto:Quindi il karma agisce solo in questa vita,
niente a che fare con rinascite, samsara e nirvana.
Giusto?
Confermando la visione di Hara, la re-incarnazione, in senso stretto, come metempsicosi, era una credenza dovuta ad una degenerazione della comprensione della religione vedica e delle sue derivazioni ed evoluzioni.
Si potrebbe pensare che la degenerazione riguardasse solo il popolo, in verità la religione vedica è molto complessa ed era piuttosto naturale che non venisse compresa completamente.
Tuttavia progressivamente vi fu anche una degenerazione della casta brahminica che, quindi, sulle credenze erronee ha cominciato prima a giobbarci e poi ad incentivarle.
Diversi episodi della vita del buddha storico evidenziano una presa di posizione di contrasto molto netta nei confronti di questo fenomeno, ed una parte della esposizione dottrinaria è di fatto un rettificare le malcomprensioni.
Per cui ai miei occhi - non che tutti lo condividano ovviamente, ma molti, almeno quelli che studiano ed insegnano correttamente, si - in realtà il buddhadharma si pone come percorso di uscita da queste credenze e malintesi.
La rinascita è invece altra cosa dalla re-incarnazione come metempsicosi.
Il punto è: la vita non è solo la mia vita e non posso pensare di praticare la moralità se mi comporto in modo da lasciare dei retaggi negativi al futuro.
Se io stesso patisco i retaggi negativi del passato sarebbe auspicabile che mi comportassi in modo da sentire le vite altrui anche future come una parte di me, in questo senso posso vedere in esse una qualche continuazione di me.
Nel momento in cui decido di ospitare in me dei valori, potre metaforicamente dire di non essere più me ma ciò che ospito, cui lascio prendere casa in me, poiché in effetti non sono un io, un me stesso, un sé, ma sono ciò altro ha depositato in me, ed ho accettato di lasciar depositare in me e coltivare. Posso scegliere di cosa nutrirmi e quindi ospitare.
In questo senso, se per esempio hai in mente le metafore tibetane, ad esempio i Dalai Lama non sono tanto la re-incarnazione l'uno dell'altro, ma tutti la incaranzione di una divinità (altra metafora), precisamente Cendrezig, il Buddha della compassione, essi sono dunque la re-incaranzione dello stesso valore, la compassione, e solo in questo senso, ospitando tutti la stessa cosa, si può affermare metaforicamente che sono la re-incarnazione l'uno dell'altro.
Altre tradizioni però, non fanno - e legittimamente - uso di una simile metafora che è semplicemente didattica, e non reale. Naturalmente è una didattica che non tutti apprezzano ed approvano.
C'è anche un altro aspetto: dal momento che la reincarnazione, incredibile a dirsi ma è così, è ciò che la gente vuole e va cercando (per i più svariati motivi) spesso il solo mezzo che ho per rettificare questa errata visione è agganciare la persona con un linguaggio ambiguo lasciandole credere ciò che vuole e cerca prima che si vada a far cucinare da qualcuno in qualche modo insano, per poi progressivamente, proprio attraverso la errata credenza che vuole, fornirle gli elementi utili e necessari a trasformare tale visione in una più matura e consapevole.
Ciò non toglie che chi non è in grado potrà rimanere anche "de coccio" per tutta la vita, ma se, d'altronde una persona non è in condizioni di farcela perché senza un'ancora immaginaria di salvataggio di quel tipo non ce la fa, compassione vuole il non forzare la situazione oltre misura.
Ora mentre del tri-lakshana non puoi fare a meno, non ho reticenze ad affermare che possa svolgere un ruolo simile a quello di un dogma, non si può prescindere, non vale altrettanto per altri aspetti del darśana (devanāgarī दर्शन, dalla radice sanscrita drś, cioè "vedere") buddhista, tanto è vero che le innumerevoli tradizioni, scuole e scuole filosofiche del buddhismo (4 principali + altre nel tibetano, diverse altre nel theravada e nelle tradizioni zen) pur studiando tutte le possibilità offerte dal panorama complessivo, ne prediligono spesso qualcuna in particolare, e sono tutte con sfumature molto diverse.
Affinchè non la si scambi per una visione che mi sono inventata io ti linko qualche lettura esplicativa
http://iniziodallafine.blogfree.net/?t=4579760
http://iniziodallafine.blogfree.net/?t=3235940
http://iniziodallafine.blogfree.net/?t=3385597
sono solo alcune visioni, neanche tutte quelle che si possono trovare nelle tradizioni Theravada e Zen.
Ometto invece le complicazioni indo-tibetane.
In particolare il punto 3 del tri-lakshana, ma anche il 2
-esiste la sofferenza,
-tutti i fenomeni composti e dipendenti da cause e condizioni sono soggetti a divenire (nascita-evoluzione-deperimento-morte-trasformazione)
- non esiste nell'essere umano alcuna struttura autonoma ed autosufficiente che si conserva immutata nel tempo e che possa essere chiamata io, sè, e soprattutto "anima" la quale sopravviva al corpo per giunta magari risquotendo premi e punizioni;
esclude completamente la possibilità di una entità che si reincarna in senso metempsicotico. Non c'è nulla che si possa reincarnare in questo senso.
Restando il fatto che se tu metti una bomba a orologeria pronta ad esplodere fra un mese e nel frattempo muori, resta una tua azione che moralmente non può non incidere ora sulla tua coscienza, anche se il suo frutto si manifesterà dopo la tua morte.
A suffragio di quanto invece affermo circa la letteratura metaforica tibetana, un trucchetto per riuscire a leggerla nel verso giusto, è non proiettare e non personalizzare:
non è mai scritto la mia vita futura o la tua vita futura, ma le vite future, non c'è il mio o il tuo, ma tutto leggono un mio o un tuo che non è scritto (è l'ingresso-coinvolgimento nella metafora, dalla quale si dovrebbe prima o poi uscire utilizzando tutti i mezzi che ben vengono forniti per farlo).
Questo ingresso in una metafora - in un gioco di specchi - che si è liberi di non fare/accettare, insomma di non cascarci, oppure di farlo ma consapevolmente, rappresenta ciò che viene chiamato Sādhanā , che ripeto è un metodo didattico, di trasmissione, comunicazione, acquisizione di contenuti e consapevolezze (un sogno ad occhi aperti, un role play, una specie di videogame, di realtà virtuale) attraverso un'esperienza mentale che ha effettivamente un potere trasformativo, di far anche vedere, toccare, prendere coscienza di proprie realtà interiori profonde, sempre con l'auspicio di non rimanerci a puccia per tutta la vita ma di uscirne con una visione e una sensibilità rinnovata di sé e dell'esistenza.
E' una didattica che a me a volte non spiace, ma, ripeto, non può essere mai un obbligo.
Mi auguro di essermi spiegata abbastanza in qualche modo.
Sperèm! :D
.
Re: I buddisti hanno ragione?
Molto chiaro!
grazie per la spiegazione!
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loonar- ----------
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Re: I buddisti hanno ragione?
A Roma se ti capita di fare un danno a qualcuno e dici "scusami, non l'ho fatto apposta", facilmente ti puoi sentire rispondere "non l'hai fatto apposta, certo, no, ci mancherebbe, ma l'hai fatto per davvero, però".Ludwig von Drake ha scritto:
Karma - atto intenzionale
Ogni azione intenzionale non può che causare una reazione.
Conseguenze le fanno tutte le azioni.
Si ritiene per parte tibetana allo stesso identico modo che per parte cattolica che la nostra coscienza risentirà sgradevolmente solo delle azioni negative intenzionali.
Da ciò però deriva anche che si abbia il dovere di coltivare e sviluppare consapevolezza e che sia perlomeno poco carino rifugiarsi per tutta la vita in un "non avevo intenzione" infantile continuando a far danni a sé e al prossimo.
Allora quando la parola karma (le parole sanscrite variano sempre di significato a seconda dei contesti = una parola molti significati ed ogni volta va centrato quello giusto e pertinente al contesto circostanziale), viene usata nel senso di azione il cui peso negativo della responsabilità morale ricade infastuamente sulla coscienza dell'individuo i criteri sono questi
1) l'azione deve essere preceduta dall'intenzione (ti voglio uccidere)
2) l'azione ha una ragione (un movente negativo) (ti uccido per vendicarmi di un torto)
3) l'azione e l'intenzione devono essere pienamente consapevoli anche delle conseguenze (sono consapevole di cosa significhi togliere la vita e di come farlo)
4) l'azione deve essere preceduta da tutti gli atti necessari per compierla (mi preparo, mi procuro un coltello, mi procuro un incontro con te), deve essere stata creata la circostanza, le condizioni che la rendon possibile
5) l'azione deve essere agita pienamente (ti accoltello)
6) l'azione deve andare a buon fine (tu muori, non perché magari per altri motivi dovevi morire in quel momento - tipo una frazione di sencondo prima ti cade una tegola in testa e ti secca di suo - ma proprio a causa della mia coltellata)
7) provo piacere e soddisfazione piena dell'atto compiuto
8) non manifesto mai in seguito dispiacere, rimorso e pentimento
dimenticavo un punto intemedio:
- l'ho fatto per me stesso, ero libero e potevo non farlo, non sono stato influenzato in alcun modo, non ho eseguito un ordine o altre cose simili.
Questa azione allora fa karma nella mia coscienza individuale, è piena responsabilità personale.
Diversamente si parla anche di responsabilità condivise (karma collettivo), ed è il caso morale di coscienza più frequente.
In linguaggio cattolico è peccato mortale.
Maggiore è il numero di quelle fra queste condizioni che mancano, minore sarà la ripercussione morale sulla coscienza individuale.
Se però, per esempio, uccidessi Hitler con la piena coscienza che è l'unico modo per evitare la sofferenza di molti innocenti e che non vi sono altre vie, allora l'azione va considerata in altro modo ed avrà ripercussioni diverse sulla coscienza dell'individuo che la compie.
.
Ultima modifica di Pratyeka il Dom 27 Ott 2013 - 21:11 - modificato 3 volte.
Re: I buddisti hanno ragione?
Non c'è di che, è stato un piacere.loonar ha scritto:Molto chiaro!
grazie per la spiegazione!
Un abbraccione.
Re: I buddisti hanno ragione?
Si, ma solo nel buddismo indo tibetano. Che senz'altro è il meno contaminato, che a parte la parantesi del re empio, ha mantenuto quasi intatto il senso originale.Pratyeka ha scritto:
Si ritiene per parte tibetana allo stesso identico modo che per parte cattolica che la nostra coscienza risentirà sgradevolmente solo delle azioni negative intenzionali.
Allora quando la parola karma (le parole sanscrite variano sempre di significato a seconda dei contesti = una parola molti significati ed ogni volta va centrato quello giusto e pertinente), viene usata nel senso di azione il cui peso negativo della responsabilità morale ricade infastuamente sulla coscienza dell'individuo i criteri sono questi
.
La mescolanza del buddismo con l'etica cinese non nega il karma, ma lo valuta "solo" come necessità, libertà, di fare ciò che si ritiene virtuoso.
O, come ho già detto, per alcuni serviva come minaccia dell'inferno reincarnatorio per i cattivi.
Niente lancia nelle tue mani, niente mani sopra la lancia. L'attacco si crea da solo.
La via intermedia tra l'essere controllato ed essere non controllato, insomma, che entrambi sono dolorosi errori.
___________________
se non insegnerai nella mia scuola, io non penserò nella tua chiesa
Re: I buddisti hanno ragione?
Sai che non sono tanto preparata alla comprensione della via della spada?! :'(Il Distruttore Hara ha scritto:
Niente lancia nelle tue mani, niente mani sopra la lancia. L'attacco si crea da solo.
La via intermedia tra l'essere controllato ed essere non controllato, insomma, che entrambi sono dolorosi errori.
E' piuttosto arabo per me :'(
Re: I buddisti hanno ragione?
Hara
>O, come ho già detto, per alcuni serviva come minaccia dell'inferno reincarnatorio per i cattivi.
Un po' di controllo sociale nel buddhadharma non mi spiace, dal momento che studiando la dottrina ci si libera comunque piuttosto facilmente da questi aspetti manipolativi se disposti a sviluppare una consapevolezza minima sufficiente.
Tenendo presente che la metafora del ciclo delle rinascite o degli inferi del bhavachakra, non ha nulla a che vedere con pene eterne ed inappellabili, quindi non crea un incisione disperante nella mente del praticante.
.
>O, come ho già detto, per alcuni serviva come minaccia dell'inferno reincarnatorio per i cattivi.
Un po' di controllo sociale nel buddhadharma non mi spiace, dal momento che studiando la dottrina ci si libera comunque piuttosto facilmente da questi aspetti manipolativi se disposti a sviluppare una consapevolezza minima sufficiente.
Tenendo presente che la metafora del ciclo delle rinascite o degli inferi del bhavachakra, non ha nulla a che vedere con pene eterne ed inappellabili, quindi non crea un incisione disperante nella mente del praticante.
.
Re: I buddisti hanno ragione?
ma non ci penso neanche.Il Distruttore Hara ha scritto:Le cinque regole
- Accetto la regola di astenermi dal far danni con una condotta sessuale irresponsabile.
- Accetto la regola di astenermi dall'abuso di sostanze inebrianti come l'alcol o droghe che causano negligenza e perdita di coscienza.
i.e.: i buddisti NON hanno ragione.
___________________
fine.
alberto- -----------
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Re: I buddisti hanno ragione?
in effetti qua scazzano di brutto!alberto ha scritto:ma non ci penso neanche.Il Distruttore Hara ha scritto:Le cinque regole
- Accetto la regola di astenermi dal far danni con una condotta sessuale irresponsabile.
- Accetto la regola di astenermi dall'abuso di sostanze inebrianti come l'alcol o droghe che causano negligenza e perdita di coscienza.
i.e.: i buddisti NON hanno ragione.
loonar- ----------
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Re: I buddisti hanno ragione?
Ah ah! Non so se si apre il tema degli eccessi, meglio di no.
Nei due casi di cui sopra quanti di noi sono finiti in cura o anche al pronto soccorso? La rinuncia all'appagamento al sonno ed ogni altra necessità per il piacere sempre più intenso e interminabile.
Da qualche parte iniziai a scrivere sull'oppio, nessuno mi venne dietro e lasciai perdere. Una "pozione di primavera" in grado di stimolare il desiderio sessuale e controllare l'eiaculazione, un potente afrodisiaco che fu l'arte del commercio con le donne e delle donne. In particolare l'arte di diventare la prediletta dell'imperatore eppoi controllare l'imperatore.
Le guerre dell'oppio, potente medicinale ma per fare la guerra evidentemente si tratta di sex, drugs (and rock&roll)... Essa modellava l'oppio con la glicerina e preparava delle supposte a forme di oliva. L'imperatore scopriva il potere di controllare la sua capacità erotica a tempo indeterminato ed essa la sua capacità di controllare prima, di essere sempre prescelta tra mogli e amanti e poi di controllare l'imperatore ed infine di controllare tutto l'impero.
Ah ah! Ma chi dei miei coetanei ai tempi del liceo non ha avuto la sensazione che si stesse perdendo il controllo che qualcosa non andasse intorno al 1968? Era il periodo che le madri invidiavano le figlie e molto spesso uscivano con loro sembrando sorelle - annamo ve lo ricordate? Era o no la liberazione della donna.
(che tenerezza! ma quel femminismo non esiste più, era un'altro sogno ma non si torna indietro ed è bene non tornare indietro)
Nei due casi di cui sopra quanti di noi sono finiti in cura o anche al pronto soccorso? La rinuncia all'appagamento al sonno ed ogni altra necessità per il piacere sempre più intenso e interminabile.
Da qualche parte iniziai a scrivere sull'oppio, nessuno mi venne dietro e lasciai perdere. Una "pozione di primavera" in grado di stimolare il desiderio sessuale e controllare l'eiaculazione, un potente afrodisiaco che fu l'arte del commercio con le donne e delle donne. In particolare l'arte di diventare la prediletta dell'imperatore eppoi controllare l'imperatore.
Le guerre dell'oppio, potente medicinale ma per fare la guerra evidentemente si tratta di sex, drugs (and rock&roll)... Essa modellava l'oppio con la glicerina e preparava delle supposte a forme di oliva. L'imperatore scopriva il potere di controllare la sua capacità erotica a tempo indeterminato ed essa la sua capacità di controllare prima, di essere sempre prescelta tra mogli e amanti e poi di controllare l'imperatore ed infine di controllare tutto l'impero.
Ah ah! Ma chi dei miei coetanei ai tempi del liceo non ha avuto la sensazione che si stesse perdendo il controllo che qualcosa non andasse intorno al 1968? Era il periodo che le madri invidiavano le figlie e molto spesso uscivano con loro sembrando sorelle - annamo ve lo ricordate? Era o no la liberazione della donna.
(che tenerezza! ma quel femminismo non esiste più, era un'altro sogno ma non si torna indietro ed è bene non tornare indietro)
SergioAD- -------------
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Re: I buddisti hanno ragione?
effettivamente ora che me lo fate notare, direi di stenderci sopra un pietoso velo...loonar ha scritto:in effetti qua scazzano di brutto!alberto ha scritto:ma non ci penso neanche.Il Distruttore Hara ha scritto:Le cinque regole
- Accetto la regola di astenermi dal far danni con una condotta sessuale irresponsabile.
- Accetto la regola di astenermi dall'abuso di sostanze inebrianti come l'alcol o droghe che causano negligenza e perdita di coscienza.
i.e.: i buddisti NON hanno ragione.
Sul 4 forse si consolavano così, che non credo che ci fosse la fila di fighe alle porte dei monasteri per dargliela.
E poi in genere la donne non hanno bisogno di tanta saggezza: nascono già imparate (giusto per cercare l'approvazione del gentil, si fa per dire, sesso).
Per le sostanze io ne ho praticate tante, con qualche pro e tanti contro, direi senza alcun moralismio , che non bere, non fumare e non assumere droghe, è comunque un buon consiglio.
Io non ci penso neanche (come avrete già constatato da certi miei post...
___________________
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Re: I buddisti hanno ragione?
Amici, oggi sono fuori città tutto dì.
Fatemi i bravi che vi leggo domani!
Un abbraccio a tutti!
Fatemi i bravi che vi leggo domani!
Un abbraccio a tutti!
Re: I buddisti hanno ragione?
Oggi finalmente, andiamo al mercato di Piazza Vittorio!
Dopo tanti anni chissà com'è cambiato, allora era intorno alla piazza. Ricordo uno che gridava "venite dal principe" e vendeva frutta a botte di 5 chili! Subito in un altro banco dopo ricordo una mano che furtivamente aveva portato via una susina e la signora del banco gli diede una trentina di metri e poi grido; "te la sei magnata la susina? si? nun te potesse usci dar buscio der culo!" - noi non si sapeva cosa fare, ridere era difficile. Gli odori delle spezie ed il romanesco dei bengalesi, "du aalici fresk" per non dire degli arabi (i più simili a noi) "anaamo donni tutti frutti buoni!" - avrò in mano una piccola cannon celeste metallizzata e farò le riprese a tutti!
Dopo tanti anni chissà com'è cambiato, allora era intorno alla piazza. Ricordo uno che gridava "venite dal principe" e vendeva frutta a botte di 5 chili! Subito in un altro banco dopo ricordo una mano che furtivamente aveva portato via una susina e la signora del banco gli diede una trentina di metri e poi grido; "te la sei magnata la susina? si? nun te potesse usci dar buscio der culo!" - noi non si sapeva cosa fare, ridere era difficile. Gli odori delle spezie ed il romanesco dei bengalesi, "du aalici fresk" per non dire degli arabi (i più simili a noi) "anaamo donni tutti frutti buoni!" - avrò in mano una piccola cannon celeste metallizzata e farò le riprese a tutti!
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Re: I buddisti hanno ragione?
Andare al mercato con le proprie gambe e tornare dal mercato alla propria vera casa.
E' proprio l'ultimo step taoista. Il 10° toro.
Solo per rimanere OT.
Mò vado a far la spesa.
E' proprio l'ultimo step taoista. Il 10° toro.
Solo per rimanere OT.
Mò vado a far la spesa.
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Re: I buddisti hanno ragione?
Non so convinto dell'accostamento karma - peccato.
Mi sembra forzato.
Mi sembra forzato.
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Mi vuoi dire, caro Sancho, che dovrei tirarmi indietro
perchè il "male" ed il "potere" hanno un aspetto così tetro?
Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità,
farmi umile e accettare che sia questa la realtà?
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Re: I buddisti hanno ragione?
Mi scuso per aver fatto un salto in dietro e ripreso l'argomento senza aver letto tutti gli interventi sin qui riportati. Pongo le mie osservazioni come fossi intervenuto sin dall'inizio. E questo non solo per pigrizia ma anche per mancanza di tempo.
Ritengo che queste, come un po' tutte le regole che caratterizzano le varie dottrine siano in realtà delle trappole mentali. O meglio delle scorciatoie per affermare dei concetti assai più complessi, articolati e tropo spesso contraddittori che non possono di certo essere poste alla base di una morale o comunque alle regole del vivere. per me delle mere stronzate !! Faccio delle semplici e anche banali osservazioni per illustrare quello che intendo.
Accetto la regola di astenermi dall'uccidere e dal far del male agli esseri viventi.
Detto così non vuol dire nulla. Cosa si intende per esseri viventi? Anche una pianta o un'ameba è un essere vivente. Anche il coccobacillo "Yersinia pestis" è un essere vivente. Peccato però che provochi la peste. Senza arrivare a questi limiti, il fatto che in natura esista la catena alimentare rende di fatto assurdo questa affermazione. Per vivere io (essere vivente) devo uccidere altri esserei viventi! E questa regola vale per tutti. E poi chi stabilisce fino a quale punto io non debba uccidere un essere vivente, uomo o animale che sia? La legittima difesa è ammessa? E in guerra? Un poliziotto cosa deve fare? La sperimentazione su animale è morale? Potrebbe sembrare evidente che, con un po' di buon senso, si possa superare ogni punto. Ma sappiamo bene che non è così. Di fatto si commettono tantissime uccisioni per fini che riteniamo "nobili". E allora? Chi ha ragione?
Accetto la regola di astenermi dal rubare e dal prendere il non dato.
Chi definisce cosa sia rubare? Non certo la legge che può variare e essere strumentalizzata a seconda delle convenienze di questa o quella parte o centro di potere. Chiedere l'8% (per legge) per me è rubare. Per altri no! Così come obbligarti a pagare un notaio per fare un atto. E che dire delle tasse? Per me sono un furto legalizzato! Ma poteri fare mille altri esempi. Aver depredato di tutti gli averi gli ebrei durante il fascismo e il nazismo era regolamentato dalla legge!
Accetto la regola di astenermi dal far danni con una condotta sessuale irresponsabile.
Questo poi lo considero sesso-fobico a dir poco! Che cosa vuol dire poi non si capisce! Non penso che si intenda di non violentare una persona, perchè sarebbe una ovvietà. E' pura sesso fobia classica di tante religioni, cristiana e islamica in primis! Non merita nemmeno di essere presa in considerazione talmente assurda è!
Accetto la regola di astenermi dal mentire, dall'offendere, dai pettegolezzi e dalle calunnie.
Anche qui una regola generale che non ha alcun senso. Io posso anche mentire a fin di bene! Lo si fa mille volte. Ma anche se io ritengo la cosa dannosa per qualcuno posso mentire, anzi devo! Tutto fa sempre riferimento a quelle che sono le norme dei codici civili o penali che ben sappiamo sono del tutto relativi e che di assoluto non hanno nulla. Di esempi se ne possono fare tantissimi, visto che di leggi assurde ce ne sono in ogni codice e in ogni cultura.
Accetto la regola di astenermi dall'abuso di sostanze inebrianti come l'alcol o droghe che causano negligenza e perdita di coscienza.
Anche questa è una regola ridicola! Tutto dipende da come lo fai e quando lo fai! Non certo nell'atto stesso del farlo. Sbronzarsi o fasi una canna per i fatti propri è una cosa del tutto personale. Così come buttarsi da 100 mt con gli elastici ai piedi. Puro divertimento fine a se stesso. Voler moralizzare questo è del tutto inaccettabile.
Percepire dentro di sé la gioia e il dolore dell'altro (compassione)
Amorevolezza verso tutti gli esseri viventi
Dipende da chi sia l'altro. Io non nutro alcuna amorevolezza nei riguardi di Heinrich Himmler e non percepisco il suo dolore quando si è suicidato con il cianuro!
Considerazione del lato positivo di ogni cosa
Sarà così, però io il lato positivo dei bambini in oncologia non l'ho ancora trovato! E per me non c'è! Allora consideriamo le cose per quello che sono, non per quello che vorremmo che fossero!
Conosci le sofferenze benchè non vi sia nulla da conoscere
Tralascia le cause della miseria benchè non vi sia nulla da tralasciare
Impegnati a cercare l'estinzione (delle sofferenze) benchè non vi sia nulla da estinguere
Qui mi arrendo! Ma che cazzo vuol dire? Belle frasi ad effetto che di fatto non vogliono dir nulla. Slogan del tutto vuoti! Poi si inizia con le solite seghe mantali che tanto piacciono ai vari credenti. Si intende che ....vuol dire che....Insomma. Se si vuol dire una cosa la si deve dire. Frasi sibilliniche che dicono tutto e niente di fatto non servono che a confondere le idee e poi fari dire quello che a ognuno piace dire o sostenere.
Pratica i modi dell'estinzione benchè non vi sia nulla da praticare
Mahhhh
Ritengo che queste, come un po' tutte le regole che caratterizzano le varie dottrine siano in realtà delle trappole mentali. O meglio delle scorciatoie per affermare dei concetti assai più complessi, articolati e tropo spesso contraddittori che non possono di certo essere poste alla base di una morale o comunque alle regole del vivere. per me delle mere stronzate !! Faccio delle semplici e anche banali osservazioni per illustrare quello che intendo.
Accetto la regola di astenermi dall'uccidere e dal far del male agli esseri viventi.
Detto così non vuol dire nulla. Cosa si intende per esseri viventi? Anche una pianta o un'ameba è un essere vivente. Anche il coccobacillo "Yersinia pestis" è un essere vivente. Peccato però che provochi la peste. Senza arrivare a questi limiti, il fatto che in natura esista la catena alimentare rende di fatto assurdo questa affermazione. Per vivere io (essere vivente) devo uccidere altri esserei viventi! E questa regola vale per tutti. E poi chi stabilisce fino a quale punto io non debba uccidere un essere vivente, uomo o animale che sia? La legittima difesa è ammessa? E in guerra? Un poliziotto cosa deve fare? La sperimentazione su animale è morale? Potrebbe sembrare evidente che, con un po' di buon senso, si possa superare ogni punto. Ma sappiamo bene che non è così. Di fatto si commettono tantissime uccisioni per fini che riteniamo "nobili". E allora? Chi ha ragione?
Accetto la regola di astenermi dal rubare e dal prendere il non dato.
Chi definisce cosa sia rubare? Non certo la legge che può variare e essere strumentalizzata a seconda delle convenienze di questa o quella parte o centro di potere. Chiedere l'8% (per legge) per me è rubare. Per altri no! Così come obbligarti a pagare un notaio per fare un atto. E che dire delle tasse? Per me sono un furto legalizzato! Ma poteri fare mille altri esempi. Aver depredato di tutti gli averi gli ebrei durante il fascismo e il nazismo era regolamentato dalla legge!
Accetto la regola di astenermi dal far danni con una condotta sessuale irresponsabile.
Questo poi lo considero sesso-fobico a dir poco! Che cosa vuol dire poi non si capisce! Non penso che si intenda di non violentare una persona, perchè sarebbe una ovvietà. E' pura sesso fobia classica di tante religioni, cristiana e islamica in primis! Non merita nemmeno di essere presa in considerazione talmente assurda è!
Accetto la regola di astenermi dal mentire, dall'offendere, dai pettegolezzi e dalle calunnie.
Anche qui una regola generale che non ha alcun senso. Io posso anche mentire a fin di bene! Lo si fa mille volte. Ma anche se io ritengo la cosa dannosa per qualcuno posso mentire, anzi devo! Tutto fa sempre riferimento a quelle che sono le norme dei codici civili o penali che ben sappiamo sono del tutto relativi e che di assoluto non hanno nulla. Di esempi se ne possono fare tantissimi, visto che di leggi assurde ce ne sono in ogni codice e in ogni cultura.
Accetto la regola di astenermi dall'abuso di sostanze inebrianti come l'alcol o droghe che causano negligenza e perdita di coscienza.
Anche questa è una regola ridicola! Tutto dipende da come lo fai e quando lo fai! Non certo nell'atto stesso del farlo. Sbronzarsi o fasi una canna per i fatti propri è una cosa del tutto personale. Così come buttarsi da 100 mt con gli elastici ai piedi. Puro divertimento fine a se stesso. Voler moralizzare questo è del tutto inaccettabile.
Percepire dentro di sé la gioia e il dolore dell'altro (compassione)
Amorevolezza verso tutti gli esseri viventi
Dipende da chi sia l'altro. Io non nutro alcuna amorevolezza nei riguardi di Heinrich Himmler e non percepisco il suo dolore quando si è suicidato con il cianuro!
Considerazione del lato positivo di ogni cosa
Sarà così, però io il lato positivo dei bambini in oncologia non l'ho ancora trovato! E per me non c'è! Allora consideriamo le cose per quello che sono, non per quello che vorremmo che fossero!
Conosci le sofferenze benchè non vi sia nulla da conoscere
Tralascia le cause della miseria benchè non vi sia nulla da tralasciare
Impegnati a cercare l'estinzione (delle sofferenze) benchè non vi sia nulla da estinguere
Qui mi arrendo! Ma che cazzo vuol dire? Belle frasi ad effetto che di fatto non vogliono dir nulla. Slogan del tutto vuoti! Poi si inizia con le solite seghe mantali che tanto piacciono ai vari credenti. Si intende che ....vuol dire che....Insomma. Se si vuol dire una cosa la si deve dire. Frasi sibilliniche che dicono tutto e niente di fatto non servono che a confondere le idee e poi fari dire quello che a ognuno piace dire o sostenere.
Pratica i modi dell'estinzione benchè non vi sia nulla da praticare
Mahhhh
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La questione se "Il mondo sia stato creato da Dio, il quale è sempre esistito" si semplifica in "Il mondo è sempre esistito". E' superfluo, e quindi, secondo il rasoio di Occam, sbagliato in senso metodologico, introdurre Dio per spiegare l'esistenza del mondo.
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Re: I buddisti hanno ragione?
Difesa d'ufficio, un po' pretestuosa che proprio questo buddismo non mi appartiene. ma pazienza.
Latte,uova, lana ecc. claro che si. Il commercio della sofferenza no.
Siddartha ad un certo punto s'era reso conto che l'ascetismo estremo non faceva che respingere a livelli più profondi di coscienza, rafforzandoli, gli impulsi e gli istinti ch'egli presumeva di sradicare.
La retta via -disse Buddha- sta nel mezzo (Via Mediana).
Sul tutto erasmo da rotterdam arrivo alle stesse conclusioni.
Non ripeto il mio primo periodo, ma tienilo presente lo stesso.
Si intende, credo, non allevare ne fare commercio di animali per ucciderli e mangiarli.Paolo ha scritto:Accetto la regola di astenermi dall'uccidere e dal far del male agli esseri viventi.
Detto così non vuol dire nulla. Cosa si intende per esseri viventi?
Latte,uova, lana ecc. claro che si. Il commercio della sofferenza no.
La coscienza di privare di qualcosa l'altro arrecandogli dolore. Tralasciando che dovrebbe essere comunque una regola del vivere civile. Altrimenti quando ci incazziamo coi berlusca ed altri non siamo credibili.Accetto la regola di astenermi dal rubare e dal prendere il non dato.
Chi definisce cosa sia rubare?
Non tanto all'epoca del: "'Viva l'imperatore, grazie a Dio': capisci, bella, quello che intendo io?Accetto la regola di astenermi dal far danni con una condotta sessuale irresponsabile.
Questo poi lo considero sesso-fobico a dir poco! Che cosa vuol dire poi non si capisce! Non penso che si intenda di non violentare una persona, perchè sarebbe una ovvietà
Beh si tratta di buone intenzioni, un po' di semplificazione ci stà. Poi compiere tali azioni non aiuta a raggiungere la paceAccetto la regola di astenermi dal mentire, dall'offendere, dai pettegolezzi e dalle calunnie.
Anche qui una regola generale che non ha alcun senso. Io posso anche mentire a fin di bene!
Se l'uso causa negligenza e danno agli altri (e a se stessi, aggiungerebbe qualcuno, non io) anche no.Accetto la regola di astenermi dall'abuso di sostanze inebrianti come l'alcol o droghe che causano negligenza e perdita di coscienza.
Anche questa è una regola ridicola!
Si intende bene il senso. E poi il buddhismo definisce se stesso come "sentiero della grande compassione"Percepire dentro di sé la gioia e il dolore dell'altro (compassione)
Amorevolezza verso tutti gli esseri viventi
Dipende da chi sia l'altro.
Nella malattia farsi animo, cercare di trovarne un lato positivo è terapeutico di per se stesso.Considerazione del lato positivo di ogni cosa
Sarà così, però io il lato positivo dei bambini in oncologia non l'ho ancora trovato!
Partecipa! Nel buddismo l'unica la via che conduce all'arresto del dolore è il Dharma (cioè l'Ottuplice Sentiero).Conosci le sofferenze benchè non vi sia nulla da conoscere
Siddartha ad un certo punto s'era reso conto che l'ascetismo estremo non faceva che respingere a livelli più profondi di coscienza, rafforzandoli, gli impulsi e gli istinti ch'egli presumeva di sradicare.
La retta via -disse Buddha- sta nel mezzo (Via Mediana).
L'io che non riesce a sottrarsi alla schiavitù del giudizio, che non ca oltre le cause, è destinato a reincarnarsi (samsara) in eterno. Un inferno.Tralascia le cause della miseria benchè non vi sia nulla da tralasciare
La sofferenza è reale, ma liberatene.Impegnati a cercare l'estinzione (delle sofferenze) benchè non vi sia nulla da estinguere
La via è diversa per ognuno, lo scopo è lo stesso. Chi capisce ciò è un Buddha.Pratica i modi dell'estinzione benchè non vi sia nulla da praticare
Mahhhh
Sul tutto erasmo da rotterdam arrivo alle stesse conclusioni.
Non ripeto il mio primo periodo, ma tienilo presente lo stesso.
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Re: I buddisti hanno ragione?
Il "problema" è alla base.Il Distruttore Hara ha scritto:Si intende, credo,Paolo ha scritto:...
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Re: I buddisti hanno ragione?
al 120% e verde!Paolo ha scritto:Mi scuso per aver fatto un salto in dietro e ripreso l'argomento senza aver letto tutti gli interventi sin qui riportati. Pongo le mie osservazioni come fossi intervenuto sin dall'inizio. E questo non solo per pigrizia ma anche per mancanza di tempo.
Ritengo che queste, come un po' tutte le regole che caratterizzano le varie dottrine siano in realtà delle trappole mentali. O meglio delle scorciatoie per affermare dei concetti assai più complessi, articolati e tropo spesso contraddittori che non possono di certo essere poste alla base di una morale o comunque alle regole del vivere. per me delle mere stronzate !! Faccio delle semplici e anche banali osservazioni per illustrare quello che intendo.
Accetto la regola di astenermi dall'uccidere e dal far del male agli esseri viventi.
Detto così non vuol dire nulla. Cosa si intende per esseri viventi? Anche una pianta o un'ameba è un essere vivente. Anche il coccobacillo "Yersinia pestis" è un essere vivente. Peccato però che provochi la peste. Senza arrivare a questi limiti, il fatto che in natura esista la catena alimentare rende di fatto assurdo questa affermazione. Per vivere io (essere vivente) devo uccidere altri esserei viventi! E questa regola vale per tutti. E poi chi stabilisce fino a quale punto io non debba uccidere un essere vivente, uomo o animale che sia? La legittima difesa è ammessa? E in guerra? Un poliziotto cosa deve fare? La sperimentazione su animale è morale? Potrebbe sembrare evidente che, con un po' di buon senso, si possa superare ogni punto. Ma sappiamo bene che non è così. Di fatto si commettono tantissime uccisioni per fini che riteniamo "nobili". E allora? Chi ha ragione?
Accetto la regola di astenermi dal rubare e dal prendere il non dato.
Chi definisce cosa sia rubare? Non certo la legge che può variare e essere strumentalizzata a seconda delle convenienze di questa o quella parte o centro di potere. Chiedere l'8% (per legge) per me è rubare. Per altri no! Così come obbligarti a pagare un notaio per fare un atto. E che dire delle tasse? Per me sono un furto legalizzato! Ma poteri fare mille altri esempi. Aver depredato di tutti gli averi gli ebrei durante il fascismo e il nazismo era regolamentato dalla legge!
Accetto la regola di astenermi dal far danni con una condotta sessuale irresponsabile.
Questo poi lo considero sesso-fobico a dir poco! Che cosa vuol dire poi non si capisce! Non penso che si intenda di non violentare una persona, perchè sarebbe una ovvietà. E' pura sesso fobia classica di tante religioni, cristiana e islamica in primis! Non merita nemmeno di essere presa in considerazione talmente assurda è!
Accetto la regola di astenermi dal mentire, dall'offendere, dai pettegolezzi e dalle calunnie.
Anche qui una regola generale che non ha alcun senso. Io posso anche mentire a fin di bene! Lo si fa mille volte. Ma anche se io ritengo la cosa dannosa per qualcuno posso mentire, anzi devo! Tutto fa sempre riferimento a quelle che sono le norme dei codici civili o penali che ben sappiamo sono del tutto relativi e che di assoluto non hanno nulla. Di esempi se ne possono fare tantissimi, visto che di leggi assurde ce ne sono in ogni codice e in ogni cultura.
Accetto la regola di astenermi dall'abuso di sostanze inebrianti come l'alcol o droghe che causano negligenza e perdita di coscienza.
Anche questa è una regola ridicola! Tutto dipende da come lo fai e quando lo fai! Non certo nell'atto stesso del farlo. Sbronzarsi o fasi una canna per i fatti propri è una cosa del tutto personale. Così come buttarsi da 100 mt con gli elastici ai piedi. Puro divertimento fine a se stesso. Voler moralizzare questo è del tutto inaccettabile.
Percepire dentro di sé la gioia e il dolore dell'altro (compassione)
Amorevolezza verso tutti gli esseri viventi
Dipende da chi sia l'altro. Io non nutro alcuna amorevolezza nei riguardi di Heinrich Himmler e non percepisco il suo dolore quando si è suicidato con il cianuro!
Considerazione del lato positivo di ogni cosa
Sarà così, però io il lato positivo dei bambini in oncologia non l'ho ancora trovato! E per me non c'è! Allora consideriamo le cose per quello che sono, non per quello che vorremmo che fossero!
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Qui mi arrendo! Ma che cazzo vuol dire? Belle frasi ad effetto che di fatto non vogliono dir nulla. Slogan del tutto vuoti! Poi si inizia con le solite seghe mantali che tanto piacciono ai vari credenti. Si intende che ....vuol dire che....Insomma. Se si vuol dire una cosa la si deve dire. Frasi sibilliniche che dicono tutto e niente di fatto non servono che a confondere le idee e poi fari dire quello che a ognuno piace dire o sostenere.
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Re: I buddisti hanno ragione?
Hara apprezzo il tuo sforzo di dare un senso a certe posizioni. Come ho detto, e come sinteticamente evidenzia Best, è del tutto inutile, per non dire dannoso, porre alla base di una dottrina delle frasi che poi uno deve interpretare. E dico dannoso perchè l'interpretazione da spazio a tutto. Fanatismi e integralismi compresi. Io quello che non capisco è perchè se un qualche guru, santone, profeta o figlio di dio che sia, se voleva dire "questo o quello" non dovrebbe dire "questo o quello" ma invece usa sempre un giro di parole il più delle volte del tutto vuote e passibili di ogni interpretazione. Che poi tu mi dica che si capisce bene il senso.... mi lascia alquanto perplesso. Se le parole non hanno un senso univoco possiamo stare qui mille anni a discutere senza mai arrivare a nulla. Mi sembra invece evidente che tali dottrine esprimono solo la morale e il modo di vedere le cose proprie dell'epoca in cui sono nate. Poi, in quanto si fondavano sulle conoscenze del periodo in cui sono stare elaborate ma che nel tempo sono mutate ed evolute, per salvare la loro fondatezza, si fanno contorsionismi logico linguistici per far si che possano ancora avere una loro validità. E allora si inizia con si però voleva dire che.... intendeva che ...bisogna interpretare .... e via dicendo! Così tutto è possibile!
Il punto fondamentale, e questo vale anche per tante altre dottrine, è che hanno la pretesa di dettare le regole del vivere (intese in senso lato del senso) anziché dettare le regole dell'essere. Ovvero, non ha senso dire "non uccidere" punto e basta. Ha senso dire che l'essere umano (vedi diritti universali dell'uomo) ha la sua dignità e tu lo devi rispettare in quanto tale. E' l'essere umano che non deve essere ucciso perché è lui portatore di un suo proprio valore, di un suo diritto di esistere. Ovvero la tua coerenza deve essere tale per cui così come non danneggi te stesso, non devi danneggiare nenache lui. Solo in questa visuale puoi capire che uccidere è sbagliato e anche quando lo sia.
Il punto fondamentale, e questo vale anche per tante altre dottrine, è che hanno la pretesa di dettare le regole del vivere (intese in senso lato del senso) anziché dettare le regole dell'essere. Ovvero, non ha senso dire "non uccidere" punto e basta. Ha senso dire che l'essere umano (vedi diritti universali dell'uomo) ha la sua dignità e tu lo devi rispettare in quanto tale. E' l'essere umano che non deve essere ucciso perché è lui portatore di un suo proprio valore, di un suo diritto di esistere. Ovvero la tua coerenza deve essere tale per cui così come non danneggi te stesso, non devi danneggiare nenache lui. Solo in questa visuale puoi capire che uccidere è sbagliato e anche quando lo sia.
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Re: I buddisti hanno ragione?
Questo è un esempio per trattare le cose all'interno della propria classe d'appartenenza, sia essa il livello culturale, la cultura stessa di farne parte, o anche l'interesse - non il disinteresse oppure la mancanza di comprensione.
La cultura del segreto sembrava l'idea di godere dei privilegi di appartenere ad una classe sociale nella peggiore delle ipotesi o ad un privilegio di benessere nel caso migliore. In ambe due i casi può risultare necessario custodire il segreto.
Faccio un esempio, i raccoglitori di funghi in nessun caso divulgano i luoghi da dove raccolgono i loro funghi - il mercante mira ad avere l'esclusiva.
Faccio un secondo esempio, i progettisti di una difficile funzione non divulgano gli algoritmi per non perdere tempo nel raggiungimento dell'obbiettivo.
Nascono in questo modo le capacità occulte dei mercanti tipo il gioco dei saldi che alla fine i costi dei prodotti sono maggiorati fuori dal periodi di svendita.
Nasce in questo modo il classismo degli ingegneri.
Alcune cose, quando necessità tempo per la loro comprensione secondo me vanno divulgate come si faceva con le leggende per renderla semplice.
Io resto lontano per mancanza di conoscenza, vi leggo con piacere però non posso comportarmi per emulazione e allora semplicemente non concorro.
Diverse sono le posizioni sia di chi fa proselitismo per ottenere consenso sia chi nega superficialmente per non avere mai approfondito a sufficienza il tema.
Aparthied, la separazione della popolazione su basi della convenienza, comodità, disponibilità e cultura. Tutto questo quando e solo quando ci sono problemi.
Ricordo che fece proprio cosi un ragazzo buddhista che venne a cercare conforto per qualche critica che accomunava noi col suo gruppo - diceva non tratto!
Venne aggredito un po' ma era solo immaturo.
Comunque questa cosa funziona tanto su basi economiche ed è facile comprendere quando c'è di mezzo il denaro. I poveri non possono godere nemmeno nello spirito (ho avuto i brividi a scrivere questo) vengono derisi, poi se diventano ricchi passano a criticare il diverso anche loro.
Sono quelli che passano dal benessere esteriore a quello interiore che evidentemente si chiamano illuminati - che lasciano il primo per godere del secondo.
La cultura del segreto sembrava l'idea di godere dei privilegi di appartenere ad una classe sociale nella peggiore delle ipotesi o ad un privilegio di benessere nel caso migliore. In ambe due i casi può risultare necessario custodire il segreto.
Faccio un esempio, i raccoglitori di funghi in nessun caso divulgano i luoghi da dove raccolgono i loro funghi - il mercante mira ad avere l'esclusiva.
Faccio un secondo esempio, i progettisti di una difficile funzione non divulgano gli algoritmi per non perdere tempo nel raggiungimento dell'obbiettivo.
Nascono in questo modo le capacità occulte dei mercanti tipo il gioco dei saldi che alla fine i costi dei prodotti sono maggiorati fuori dal periodi di svendita.
Nasce in questo modo il classismo degli ingegneri.
Alcune cose, quando necessità tempo per la loro comprensione secondo me vanno divulgate come si faceva con le leggende per renderla semplice.
Io resto lontano per mancanza di conoscenza, vi leggo con piacere però non posso comportarmi per emulazione e allora semplicemente non concorro.
Diverse sono le posizioni sia di chi fa proselitismo per ottenere consenso sia chi nega superficialmente per non avere mai approfondito a sufficienza il tema.
Aparthied, la separazione della popolazione su basi della convenienza, comodità, disponibilità e cultura. Tutto questo quando e solo quando ci sono problemi.
Ricordo che fece proprio cosi un ragazzo buddhista che venne a cercare conforto per qualche critica che accomunava noi col suo gruppo - diceva non tratto!
Venne aggredito un po' ma era solo immaturo.
Comunque questa cosa funziona tanto su basi economiche ed è facile comprendere quando c'è di mezzo il denaro. I poveri non possono godere nemmeno nello spirito (ho avuto i brividi a scrivere questo) vengono derisi, poi se diventano ricchi passano a criticare il diverso anche loro.
Sono quelli che passano dal benessere esteriore a quello interiore che evidentemente si chiamano illuminati - che lasciano il primo per godere del secondo.
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Re: I buddisti hanno ragione?
Questa è un poì troppo zen anche per me...BestBeast ha scritto:Il "problema" è alla base.Il Distruttore Hara ha scritto:Si intende, credo,Paolo ha scritto:...
Paolo ha scritto:per non dire dannoso, porre alla base di una dottrina delle frasi che poi uno deve interpretare. E dico dannoso perchè l'interpretazione da spazio a tutto. Fanatismi e integralismi compresi. Io quello che non capisco è perchè se un qualche guru, santone, profeta o figlio di dio che sia, se voleva dire "questo o quello" non dovrebbe dire "questo o quello" ma invece usa sempre un giro di parole il più delle volte del tutto vuote e passibili di ogni interpretazione. Che poi tu mi dica che si capisce bene il senso....
Quelle che ho riportato sono frasi antiche a loro volta riprese dai più antichi, in senso assoluto, testi dell'umanità.
Il linguaggio era diverso, mettici che il contesto di riferimento era noto e aggiungici poi l'insormontabile problema della traduzione (traditrice) letterale e di significato.
Alla fine della fiera è chiaro che il tutto si presta a qualsiasi interpretazione.
Un minimo di sforzo, sempre se interessa approfondire un argomento in fondo non indispensabile, è necessario.
In questo senso posso darti facilmente ragione sul loro possibile e frequente uso distorto, e pure su una loro intrinseca pericolosità.
Basta capirci.
SergioAD ha scritto:....
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se non insegnerai nella mia scuola, io non penserò nella tua chiesa
Re: I buddisti hanno ragione?
Paolo dice: "è del tutto inutile, per non dire dannoso, porre alla base di una dottrina delle frasi che poi uno deve interpretare".
Il dolore esiste, il dolore nasce dall'attaccamento a ciò che è impermanente (ovvero il mondo), è possibile liberarsi da quel dolore seguendo l'ottuplice sentiero.
Questa è la base e non mi sembra richieda grosse interpretazioni.
Il dolore esiste, il dolore nasce dall'attaccamento a ciò che è impermanente (ovvero il mondo), è possibile liberarsi da quel dolore seguendo l'ottuplice sentiero.
Questa è la base e non mi sembra richieda grosse interpretazioni.
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Mi vuoi dire, caro Sancho, che dovrei tirarmi indietro
perchè il "male" ed il "potere" hanno un aspetto così tetro?
Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità,
farmi umile e accettare che sia questa la realtà?
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Ludwig von Drake- -------------
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Re: I buddisti hanno ragione?
Giusto per mescolare le carte in tavola rimestando nel torbidoLudwig von Drake ha scritto:Paolo dice: "è del tutto inutile, per non dire dannoso, porre alla base di una dottrina delle frasi che poi uno deve interpretare".
Il dolore esiste, il dolore nasce dall'attaccamento a ciò che è impermanente (ovvero il mondo), è possibile liberarsi da quel dolore seguendo l'ottuplice sentiero.
Questa è la base e non mi sembra richieda grosse interpretazioni.
Poche semplici regole di vita (“sii cortese con gli altri”, “sta attento a non danneggiarli né con ciò che fai, né con ciò che non fai”) non sono sufficienti. La vita è troppo complicata perché ci si prenda cura di essa per mezzodi poche semplici regole… La Torah Orale ci vuole aiutare a scoprire ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, sia verso gli altri che verso noi stessi. Non sappiamo automaticamentené naturalmente come essere buoni e come vivere nel modo in cui D. desidera che viviamo.
Dobbiamo impararlo.
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Re: I buddisti hanno ragione?
Lud, ma stai facendo del ironia? In altro caso spigati meglio usando termini della lingua italiana!Ludwig von Drake ha scritto:Paolo dice: "è del tutto inutile, per non dire dannoso, porre alla base di una dottrina delle frasi che poi uno deve interpretare".
Il dolore esiste, il dolore nasce dall'attaccamento a ciò che è impermanente (ovvero il mondo), è possibile liberarsi da quel dolore seguendo l'ottuplice sentiero.
Questa è la base e non mi sembra richieda grosse interpretazioni.
io non ci ho capito nulla.
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Re: I buddisti hanno ragione?
Adesso aggiungo io da profano che si parla di buddhismo ed anche da gentile visto che citi la Torah orale.
Imparare ad essere corretti è un fatto esteriore, come sono le regole del galateo, qualcosa tra a) vorrei tanto digerire rumorosamente ma mi trattengo e b) cedo l'ultimo panino all'affamato.
Torno il peso tra apparire ed essere, all'estremizzazione di non essere nulla senza apparire, dunque appaio.
Tutto questo si impara se non lo si ha, ma se non lo si ha lo si impara per gli altri quando è per se stessi che bisogna essere corretti.
Come essere altruisti per puro egoismo.
C'è un marchio indelebile che viene dalla nascita, come essere dannati per sempre.
Essere è un po' etica come apparire è tanto morale.
Imparare ad essere corretti è un fatto esteriore, come sono le regole del galateo, qualcosa tra a) vorrei tanto digerire rumorosamente ma mi trattengo e b) cedo l'ultimo panino all'affamato.
Torno il peso tra apparire ed essere, all'estremizzazione di non essere nulla senza apparire, dunque appaio.
Tutto questo si impara se non lo si ha, ma se non lo si ha lo si impara per gli altri quando è per se stessi che bisogna essere corretti.
Come essere altruisti per puro egoismo.
C'è un marchio indelebile che viene dalla nascita, come essere dannati per sempre.
Essere è un po' etica come apparire è tanto morale.
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Re: I buddisti hanno ragione?
Impermanente inteso come non permanente.Paolo ha scritto:Lud, ma stai facendo del ironia? In altro caso spigati meglio usando termini della lingua italiana!Ludwig von Drake ha scritto:Paolo dice: "è del tutto inutile, per non dire dannoso, porre alla base di una dottrina delle frasi che poi uno deve interpretare".
Il dolore esiste, il dolore nasce dall'attaccamento a ciò che è impermanente (ovvero il mondo), è possibile liberarsi da quel dolore seguendo l'ottuplice sentiero.
Questa è la base e non mi sembra richieda grosse interpretazioni.
io non ci ho capito nulla.
Ottuplice lo trovi qui:
http://www.treccani.it/vocabolario/ottuplice/
Se non ti è chiaro qualcos' altro, spiega quale frase non hai capito e perché.
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Mi vuoi dire, caro Sancho, che dovrei tirarmi indietro
perchè il "male" ed il "potere" hanno un aspetto così tetro?
Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità,
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Re: I buddisti hanno ragione?
Per prima cosa mi sembra doveroso definire cosa intendi per dolore. Ti ricordo che c'è anche quello fisico che non è cosa da poco! In ogni caso, trovo senza alcun senso dire che il dolore derivi dall'attaccamento a ciò che non è permanente. Infatti l'esistenza di Valori (con la V) è del tutto presunta e non certo nè dimostrata nè dimostrabile. Poi se uno ci vuol credere e usa questo come un anestetizzante, vale tanto quanto quello che sua l'alcol o la cocaina. Fa star bene! Almeno quelli sono reali! Circa il sentiero "che si compone di otto parti" dovresti dirmi che cosa sia. Non mi risulta che esista un qualche riscontro di questo nella realtà.Ludwig von Drake ha scritto:Impermanente inteso come non permanente.Paolo ha scritto:Lud, ma stai facendo del ironia? In altro caso spigati meglio usando termini della lingua italiana!Ludwig von Drake ha scritto:Paolo dice: "è del tutto inutile, per non dire dannoso, porre alla base di una dottrina delle frasi che poi uno deve interpretare".
Il dolore esiste, il dolore nasce dall'attaccamento a ciò che è impermanente (ovvero il mondo), è possibile liberarsi da quel dolore seguendo l'ottuplice sentiero.
Questa è la base e non mi sembra richieda grosse interpretazioni.
io non ci ho capito nulla.
Ottuplice lo trovi qui:
http://www.treccani.it/vocabolario/ottuplice/
Se non ti è chiaro qualcos' altro, spiega quale frase non hai capito e perché.
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Re: I buddisti hanno ragione?
Sarei d'accordo con te se non fosse che ci sono persone (e tante purtroppo) che pretendono di fondare le regole del vivere (vedi morale ed etica ) e le vogliono imporre a tutti, affermando che siano valori assoluti o eterni (in quanto divini)Il Distruttore Hara ha scritto:
Quelle che ho riportato sono frasi antiche a loro volta riprese dai più antichi, in senso assoluto, testi dell'umanità.
Il linguaggio era diverso, mettici che il contesto di riferimento era noto e aggiungici poi l'insormontabile problema della traduzione (traditrice) letterale e di significato.
Alla fine della fiera è chiaro che il tutto si presta a qualsiasi interpretazione.
Un minimo di sforzo, sempre se interessa approfondire un argomento in fondo non indispensabile, è necessario.
In questo senso posso darti facilmente ragione sul loro possibile e frequente uso distorto, e pure su una loro intrinseca pericolosità.
Basta capirci.
___________________
La questione se "Il mondo sia stato creato da Dio, il quale è sempre esistito" si semplifica in "Il mondo è sempre esistito". E' superfluo, e quindi, secondo il rasoio di Occam, sbagliato in senso metodologico, introdurre Dio per spiegare l'esistenza del mondo.
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Re: I buddisti hanno ragione?
Bene, ma pensi che si deve evitare di approfondire o di cercare di praticare qualunque cosa che si prestano a manipolazioni di vario genere?Paolo ha scritto:
Sarei d'accordo con te se non fosse che ci sono persone (e tante purtroppo) che pretendono di fondare le regole del vivere (vedi morale ed etica ) e le vogliono imporre a tutti, affermando che siano valori assoluti o eterni (in quanto divini)
Ci rimarrebbe ben poco
___________________
se non insegnerai nella mia scuola, io non penserò nella tua chiesa
Re: I buddisti hanno ragione?
Beh sai se ti piace puoi anche farti mille seghe mentali anche su tutto quello che ti piace. Un conto è approfondire una analisi sapendo cosa tu stia facendo e quali sono i limiti di quello che tu stai analizzando. Un conto è dare credito e credibilità a cose del tutto assurde e improponibili. Noi (per tua fortuna ) ci conosciamo poco! Io su questo sono al quanto lapidario (per dirlo con un eufemismo). Per me la bibbia o il vangelo hanno la stessa dignità intellettuale di Paperino (vedi il mio avatar) o di Tex! Delle emerite cazzate! Tutte fantasie che hanno creato più danni che altro. Perciò diamo alle cose il loro giusto valore. Poi fai tutti gli approfondimenti del caso. Ti ricordo che c'è chi ha indagato sull'origine di Qui Quo e Qua.
E poi per me non è ci rimanga poco! Anzi ci rimane tantissimo di assai più serio da approfondire! ( e non dimenticare il problema delle patate )
Da Wiki:
Secondo gli alberi genealogici tracciati da Carl Barks e perfezionati da Don Rosa, i tre nipotini sono figli di Della Duck (sorella di Paperino) e di un padre sconosciuto che non viene mai nominato e il cui nome non è mai stato indicato da nessun autore, ma che è stato rappresentato in un recente albero genealogico di Don Rosa[2]; il suddetto albero riporta un nome per il padre dei tre nipotini, ma come chiarito da Don Rosa[3] è solo il nome di un suo fan. La caratteristica dei tre gemelli è quella di essere (insieme allo zio Paperino e alla madre Della) il punto di congiunzione delle tre più importanti e più prestigiose famiglie di Paperopoli. Infatti i gemelli sono nipoti (figli della figlia, Della) di Ortensia de' Paperoni e Quackmore Duck; Ortensia è la sorella minore del papero più ricco del mondo e, pertanto, sono gli ultimi eredi del Clan de' Paperoni. Quackmore Duck è figlio di Humperdink Duck; Quackmore, la sorella Daphne e il fratello Eider rappresentano gli ultimi discendenti della prestigiosa e antica Famiglia Duck. La moglie di Humperdink Duck è Elvira Coot (Nonna Papera), ultima discendente del fondatore di Paperopoli Cornelius Coot; pertanto i tre gemellini sono contemporaneamente gli ultimi discendenti delle famiglie de' Paperoni, Duck e Coot. Tutto ciò però non influenza lo stato sociale dei tre paperotti.
E poi per me non è ci rimanga poco! Anzi ci rimane tantissimo di assai più serio da approfondire! ( e non dimenticare il problema delle patate )
Da Wiki:
Secondo gli alberi genealogici tracciati da Carl Barks e perfezionati da Don Rosa, i tre nipotini sono figli di Della Duck (sorella di Paperino) e di un padre sconosciuto che non viene mai nominato e il cui nome non è mai stato indicato da nessun autore, ma che è stato rappresentato in un recente albero genealogico di Don Rosa[2]; il suddetto albero riporta un nome per il padre dei tre nipotini, ma come chiarito da Don Rosa[3] è solo il nome di un suo fan. La caratteristica dei tre gemelli è quella di essere (insieme allo zio Paperino e alla madre Della) il punto di congiunzione delle tre più importanti e più prestigiose famiglie di Paperopoli. Infatti i gemelli sono nipoti (figli della figlia, Della) di Ortensia de' Paperoni e Quackmore Duck; Ortensia è la sorella minore del papero più ricco del mondo e, pertanto, sono gli ultimi eredi del Clan de' Paperoni. Quackmore Duck è figlio di Humperdink Duck; Quackmore, la sorella Daphne e il fratello Eider rappresentano gli ultimi discendenti della prestigiosa e antica Famiglia Duck. La moglie di Humperdink Duck è Elvira Coot (Nonna Papera), ultima discendente del fondatore di Paperopoli Cornelius Coot; pertanto i tre gemellini sono contemporaneamente gli ultimi discendenti delle famiglie de' Paperoni, Duck e Coot. Tutto ciò però non influenza lo stato sociale dei tre paperotti.
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Re: I buddisti hanno ragione?
Discorrere troppo rovina la virtù;
Il Silenzio è davvero ineguagliabile.
Lasciate che le montagne diventino il mare;
Ed io non vi farò nessun commento.
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mix- -------------
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Re: I buddisti hanno ragione?
In effetti mi sa che dovrei proprio cambiare pusher...mix ha scritto: Discorrere troppo rovina la virtù;
Il Silenzio è davvero ineguagliabile.
Lasciate che le montagne diventino il mare;
Ed io non vi farò nessun commento.
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Re: I buddisti hanno ragione?
Be' se tu ti appassioni di francobolli ed io spendo il mio tempo ad appostarmi per poi denigrare la tua passione allora o ho speso il mio tempo a studiare la tua passione o non l'ho fatto e allora la mia opinione non ha valore.
Noi gente dei numeri si parla di massimizzazione.
Differenza tra giudizio e pregiudizio; tra consapevolezza e superficialità.
Poi ci piace studiare le persone per come ci appaiono o no? Specie se diviene un hobby non collezionare francobolli.
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SergioAD- -------------
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Re: I buddisti hanno ragione?
non so se HID può aver capito perché ho riportato quelle frasi, non essendo presente in tempi passati.
un aiuto: non erano riferite a lui.
lui può postare tutto quello che vuole.
non mi sembra infranga nessuna regola.
chi non è interessato può saltare a piè pari o leggere al volo una riga ogni una/mezza dozzina.
e nessuno credo dovrebbe angustiarsi per ciò.
il silenzio a cui mi riferivo è il mio: in altre occasioni mi sarei espresso in merito a quello che ho letto qui oggi. non scritto da HID. ma da paperino.
ma stavolta mi voglio divertire in un altro modo: stando oziosamente sulla riva del fiume ad osservare il flusso dell'acqua che scorre placidamente.
che ogni tanto trasporta qualche oggetto semi-galleggiante.
chissà che sarà il prossimo ...
un aiuto: non erano riferite a lui.
lui può postare tutto quello che vuole.
non mi sembra infranga nessuna regola.
chi non è interessato può saltare a piè pari o leggere al volo una riga ogni una/mezza dozzina.
e nessuno credo dovrebbe angustiarsi per ciò.
il silenzio a cui mi riferivo è il mio: in altre occasioni mi sarei espresso in merito a quello che ho letto qui oggi. non scritto da HID. ma da paperino.
ma stavolta mi voglio divertire in un altro modo: stando oziosamente sulla riva del fiume ad osservare il flusso dell'acqua che scorre placidamente.
che ogni tanto trasporta qualche oggetto semi-galleggiante.
chissà che sarà il prossimo ...
Ultima modifica di mix il Lun 28 Ott 2013 - 22:19 - modificato 1 volta.
mix- -------------
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Re: I buddisti hanno ragione?
Prima dicevi che non andava bene perché basata su qualcosa di interprerabile.Paolo ha scritto:Per prima cosa mi sembra doveroso definire cosa intendi per dolore. Ti ricordo che c'è anche quello fisico che non è cosa da poco! In ogni caso, trovo senza alcun senso dire che il dolore derivi dall'attaccamento a ciò che non è permanente. Infatti l'esistenza di Valori (con la V) è del tutto presunta e non certo nè dimostrata nè dimostrabile. Poi se uno ci vuol credere e usa questo come un anestetizzante, vale tanto quanto quello che sua l'alcol o la cocaina. Fa star bene! Almeno quelli sono reali! Circa il sentiero "che si compone di otto parti" dovresti dirmi che cosa sia. Non mi risulta che esista un qualche riscontro di questo nella realtà.Ludwig von Drake ha scritto:Impermanente inteso come non permanente.Paolo ha scritto:Lud, ma stai facendo del ironia? In altro caso spigati meglio usando termini della lingua italiana!Ludwig von Drake ha scritto:Paolo dice: "è del tutto inutile, per non dire dannoso, porre alla base di una dottrina delle frasi che poi uno deve interpretare".
Il dolore esiste, il dolore nasce dall'attaccamento a ciò che è impermanente (ovvero il mondo), è possibile liberarsi da quel dolore seguendo l'ottuplice sentiero.
Questa è la base e non mi sembra richieda grosse interpretazioni.
io non ci ho capito nulla.
Ottuplice lo trovi qui:
http://www.treccani.it/vocabolario/ottuplice/
Se non ti è chiaro qualcos' altro, spiega quale frase non hai capito e perché.
Poi hai definito non comprensibili cose che erano comprensibilissime (come dinostrato dopo che ti ho chiesto di spiegarmi cosa fosse non comprensibile). Hai anche insinuato che non avessi usato termini italiani - quando ottuplice è chiaramente italiano.
Ora ti appelli a quale sia il significato del termine dolore, ma lo fai dicendo "infatti esiste anche il dolore fisico", evidenziando quindi quanto è assolutamente chiaro cosa si intenda per dolore.
A questo aggiungi un inmotivato pezzo sui Valori e sul fatto che non esisterebbe riscontro nella realtà dell'ottuplice sentiero.
Anche sull'ultima sbagli, l'ottuplice sentiero é un cammino da seguire, se si vuole praticare il buddhismo.
Pertanto, il tuo giudizio sulla fondazione su elementi interpretabili è semplicemente uno spot da ripetere ogniqualvolta ci si trova di fronte a qualcosa di religioso, a prescindere dalla conoscenza dell'oggetto.
___________________
Mi vuoi dire, caro Sancho, che dovrei tirarmi indietro
perchè il "male" ed il "potere" hanno un aspetto così tetro?
Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità,
farmi umile e accettare che sia questa la realtà?
Don Chisciotte - Guccini
https://iltronodispade.wordpress.com/
Ludwig von Drake- -------------
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Re: I buddisti hanno ragione?
Buondì a tutti.Ludwig von Drake ha scritto:
Pertanto, il tuo giudizio sulla fondazione su elementi interpretabili è semplicemente uno spot da ripetere ogniqualvolta ci si trova di fronte a qualcosa di religioso, a prescindere dalla conoscenza dell'oggetto.
Per una volta quoto Ludwig aggiungendo solo che in questo caso volendo si può prescindere completamente da ogni fideismo. Si tratta di "vie" che non necessitano, anzi vengono ostacolate, da ogni fideismo religioso o filosofico.
___________________
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Re: I buddisti hanno ragione?
Non siamo nel caso del buddhadharma. La comprensione (dopo aver svolto il necessario approfondimento) e l'assunzione di precetti è cosa che riguarda esclusivamente il praticante per se stesso.Paolo ha scritto:
Sarei d'accordo con te se non fosse che ci sono persone (e tante purtroppo) che pretendono di fondare le regole del vivere (vedi morale ed etica ) e le vogliono imporre a tutti, affermando che siano valori assoluti o eterni (in quanto divini)
Gli altri, possono fare ciò che vogliono.
Re: I buddisti hanno ragione?
Beh io non mi riferivo ad una dottrina specifica. Come vedi infatti ho fatto un ragionamento di carattere generale. Io non conosco la morale e i precetti buddisti e tanto meno come viene applicata questa dottrina. Sei tu che hai limitato il ragionamento a quello del buddhadharma.Pratyeka ha scritto:Non siamo nel caso del buddhadharma. La comprensione (dopo aver svolto il necessario approfondimento) e l'assunzione di precetti è cosa che riguarda esclusivamente il praticante per se stesso.Paolo ha scritto:
Sarei d'accordo con te se non fosse che ci sono persone (e tante purtroppo) che pretendono di fondare le regole del vivere (vedi morale ed etica ) e le vogliono imporre a tutti, affermando che siano valori assoluti o eterni (in quanto divini)
Gli altri, possono fare ciò che vogliono.
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Re: I buddisti hanno ragione?
Treccani:Ludwig von Drake ha scritto:
Hai anche insinuato che non avessi usato termini italiani - quando ottuplice è chiaramente italiano.
Hai cercato: impermanente
La tua ricerca non ha però prodotto alcun risultato nel Vocabolario Online.
Dizionario Italiano: online il dizionario della lingua italiana!
La ricerca di impermanente non ha prodotto risultati.
Hai una logica più astringente di un limone!
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Re: I buddisti hanno ragione?
Sì, bisognerebbe ogni volta specificare a quale dei buddismi, o altro, ci si riferisce, che alcuni hanno un carattere chiaramente religioso, e a me interessano come a volte preziose cineserie altri sono totalmente atei e sono quasi le uniche tradizioni che conosco che cercano di sradicare qualunque tentazione di definizione di un'etica o una morale.Paolo ha scritto:
Beh io non mi riferivo ad una dottrina specifica. Come vedi infatti ho fatto un ragionamento di carattere generale. Io non conosco la morale e i precetti buddisti e tanto meno come viene applicata questa dottrina. Sei tu che hai limitato il ragionamento a quello del buddhadharma.
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Re: I buddisti hanno ragione?
Tu quoque?!Il Distruttore Hara ha scritto:Sì, bisognerebbe ogni volta specificare a quale dei buddismi, o altro, ci si riferisce, che alcuni hanno un carattere chiaramente religioso, e a me interessano come a volte preziose cineserie altri sono totalmente atei e sono quasi le uniche tradizioni che conosco che cercano di sradicare qualunque tentazione di definizione di un'etica o una morale.Paolo ha scritto:
Beh io non mi riferivo ad una dottrina specifica. Come vedi infatti ho fatto un ragionamento di carattere generale. Io non conosco la morale e i precetti buddisti e tanto meno come viene applicata questa dottrina. Sei tu che hai limitato il ragionamento a quello del buddhadharma.
Illusioni ;-)
Re: I buddisti hanno ragione?
Beh, se pecchi di approssimazione...Pratyeka ha scritto:
Tu quoque?!
Illusioni ;-)
[questa la pago, cristo se la pago... ]
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Re: I buddisti hanno ragione?
Ma no che non la paghi, che stai dicendo?!Il Distruttore Hara ha scritto:Beh, se pecchi di approssimazione...Pratyeka ha scritto:
Tu quoque?!
Illusioni ;-)
[questa la pago, cristo se la pago... ]
In verità ho anche poco tempo per spiegarmi.
Se riesco tornerò sul thread fra qualche giorno.
Re: I buddisti hanno ragione?
Mi scuserete per gli inevitabili refusi, che con la mia cataratta anche se rileggo cento volte non so farmi la correzione di bozze da sola.
Scrivo qualche riga in risposta soprattutto a Paolo in tema di
(premesse ai) Precetti
Dal momento che devo esprimermi con parole mie, debbo porre un disclaimer e far scattare la modalità comunemente da amici e nemici chiamata pattipensiero, ovvero non voglio avere la pretesa di dire di poter rappresentare fedelmente la tradizione, ma solo la mia esperienza della tradizione, quindi le mie affermazioni vanno considerate passibili, oltre che di verifiche, anche di possibili smentite, che l'esperienza di ognuno potrebbe essere diversa.
Innanzitutto stiamo parlando di "buddhismo", non di altre spiritualità, ma di questa, meglio ancora non stiamo parlando di un fenomeno così come si manifesta, la buccia del frutto, ma tentando di andare un po' oltre la scorza esterna, alla polpa: quindi almeno per me sto cercando di parlare di Buddhadharma, che non significa strettamente pensiero del peraltro stimatissimo Siddharta Gautama Shakyamuni, ma pensiero che si giustifica attraverso una conoscenza tutt'altro che poco in grado di giustificarsi e circostanziarsi. Più che pensiero direi sentire e sentire di molti non certo di uno solo: sentire è esperienza riproducibile.
Il praticante del buddhadharma non assume un precetto perché qualcuno glielo ha detto o lo ha letto sul canone, ma perché ha verificato che era già in precedenza nel suo sentire la vita in modo non condizionato.
La sua prima preoccupazione non è stata l'osservanza di un precetto ma è stata giungere a questo sentire non condizionato (dove per "non condizionato" non intendo non condizionato dalla realtà, ma non condizionato dalle opinioni e dal sentire altrui: per intenderci, se tocco un tizzone ardente mi ustiono, sento un dolore boia e subisco un danno fisico, questo è in un certo qual modo un condizionamento che mi dà semplicemente la realtà delle cose così come sono e che sono l'ambiente in cui devo vivere e lo stesso ambiente che mi procura la vita, l'unico ambiente in cui posso vivere; non è questo evidentemente il tipo di condizionamento cui mi riferisco).
E' all'interno di questo sentire finalmente veramente spogliato e liberato dai condizionamenti che il praticante ha incontrato la sua propria sensibilità, e non leggendo libri, ma meditando e potendosi finalmente ascoltare, e questa sua propria sensibilità lo ha condotto a trovare in sé una sincera preoccupazione per il problema del dolore, della sofferenza, e della insoddisfazione e frustrazione implicita nell'esistenza, e lo ha condotto a non riuscire più a vedere ciò come una questione unicamente sua personale ma a sentire e poter quindi riconoscere che ciò riguarda non solo lui personalmente ma le sue relazioni e tutti gli altri esseri viventi e "senzienti" (che come lui sono in grado di provare e provano dolore e sofferenza, frustrazione e insoddisfazione).
La necessità di approfondire degli enunciati così superficiali e sintetici come altro non possono essere che dei precetti deriva esclusivamente da questo.
Se non deriva da questo allora non sono altro che parole al vento e carta straccia.
Il praticante dunque non fa altro che trovare, riconoscere, ed unirsi ad altri con la medesima sensibilità. In questa circostanza discutere di precetti è quanto di più naturale possa esservi. Al di fuori è effettivamente inutile.
Ma, proprio in virtù di questo suo rifiuto del condizionato, una delle prime cose che il praticante apprende è non solo rifiutare il condizionamento esterno, ripararsene, rifuggirlo, e soprattutto liberarsi da quello già incamerato e subito.
Coerenza vuole non impartirne, e pertanto non ha la pretesa di imporre ad altri il proprio punto di vista ma ciò significa anche sapere come fare per non lasciarsi imporre nulla di diverso da ciò che non corrisponde "veramente" al suo proprio sentire. Vuol dire che io non impongo ad un altro di non assumere alcolici, ma anche non mi lascio imporre di farlo (nella fattispecie poi io li assumo, con criterio, ma lo faccio, per esempio... e qui ci sarebbe da fare un lungo discorso ... ma il fatto fondamentale è che non dispregio in alcun modo il precetto).
Un enunciato sintetico è necessario, può avere tante utilità, non vedo come se ne potrebbe fare a meno, sta poi all'individuo che sceglie di farlo approfondire: si sa che le parole hanno enormi limiti.
Siamo poi stati sottoposti ad enormi condizionamenti che ci impediscono di guardare a ciò che comunemente viene chiamato "testo sacro" per ciò che veramente è.
Infatti in verità nessuna tradizione religiosa può prescidere da una
"trasmissione diretta, al di là di parole e lettere, che punti dritto alla natura più intima dell'uomo" - e cito proprio il 28° patriarca del buddhismo indiano, che dovrebbe essere caro ad Hara, il quale lasciò l'india "perché sedere troppo a lungo a gambe incrociate nuoce alla salute" e portò il Buddhadharma in Cina, dando origine all'estensione della tradizione del Buddhadharma particolarmente apprezzata dall'amico Hara: ch'an cinese e zen giapponese.
E tutte le tradizioni religiose, in verità si trasmettono e sopravvivono solo se è sano questo processo di trasmissione diretta, altrimenti deperiscono, e gli scritto sono carta straccia. Una tradizione può vivere benissimo senza un solo testo scritto, ma non può esistere senza essere viva, incarnata, senza la trasmissione diretta. Questo è perlomeno il punto di vista che io trovo nel buddhadharma.
La tradizione testuale, nella quale uno scritto di Bodhidharma non ha meno valore di uno di Dharmakīrti o del cosiddetto buddha storico stesso o di chiunque altro si sia mosso all'interno della tradizione e goda di un certo rispetto ed apprezzamento, mi aiuta semplicemente ad accellerare un processo - se lo voglio fare - usufruendo nei modi più consoni alle mie esigenze dell'esperienza che altri hanno già fatto nella direzione che io ho già scelto prima di approcciarmi ai testi, o, per carità, anche durante la loro frequentazione, perché no, ma senza che vi sia una qualche forma di obbligo predeterminato.
Il buddhadharma poi contiene al suo interno tradizioni specifiche in materie specifiche, come la logica e l'epistemolgia, che sono libere dal doversi porre al servizio dell'idea di dover giustificare qualcosa a priori, dato che rifiutano il deduttivo e si servono esclusivamente di un metodo inferenziale.
Ci tengo a dirlo, mediamente un estimatore o praticante non è un beota con gli anelli al naso che alza il naso al cielo e crede alla cicogna.
Impiego solo qualche altra parola sui precetti.
I precetti non sono prerequisiti pregiudicanti.
Oggi come oggi c'è la mania di volersi porre un'etichetta, di diventare qualcosa, quindi abbiamo un certo numero di persone che "vogliono diventare buddhiste". Mah, se uno riesce a osservare questi precetti nelle loro 722 e oltre sfumature applicative in piena consapevolezza dovrei dire che è senz'altro un buddha (participio passato della radice verbale budh, e pertanto da tradursi come "colui che ha avuto (un) conoscimento da sé stesso). Sarebbe molto faticoso senza una precisa consapevolezza di ciò che si sta facendo.
Inoltre non è la riuscita dell'osservanza del precetto che determina una classifica di persone che hanno il diritto di considerarsi o essere considerate parte di un non ben meglio identificato qualcosa chiamato "buddhismo".
Qui però mi fermo perché il discorso si farebbe molto, troppo lungo.
Solo alcune note.
Non è meno praticante chi assume i precetti per un giorno in particolari circostanze, come esistono praticanti che si impegnano anche per uno solo di essi, sempre perché fa parte di una loro esigenza.
I precetti sono prima di tutto una pratica e rientrano in quel genere di pratica che ha le caratteristiche di essere Sādhanā ovvero di una esperienza che procura una conoscenza, poi uno è libero anche di buttarla via questa conoscenza, se vuole.
Lascio in sospeso il tema di ateismo o non ateismo e buddhismo, con cui vorrei rispondere ad Hara, quando però mi viene una ispirazione.
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(premesse ai) Precetti
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Innanzitutto stiamo parlando di "buddhismo", non di altre spiritualità, ma di questa, meglio ancora non stiamo parlando di un fenomeno così come si manifesta, la buccia del frutto, ma tentando di andare un po' oltre la scorza esterna, alla polpa: quindi almeno per me sto cercando di parlare di Buddhadharma, che non significa strettamente pensiero del peraltro stimatissimo Siddharta Gautama Shakyamuni, ma pensiero che si giustifica attraverso una conoscenza tutt'altro che poco in grado di giustificarsi e circostanziarsi. Più che pensiero direi sentire e sentire di molti non certo di uno solo: sentire è esperienza riproducibile.
Il praticante del buddhadharma non assume un precetto perché qualcuno glielo ha detto o lo ha letto sul canone, ma perché ha verificato che era già in precedenza nel suo sentire la vita in modo non condizionato.
La sua prima preoccupazione non è stata l'osservanza di un precetto ma è stata giungere a questo sentire non condizionato (dove per "non condizionato" non intendo non condizionato dalla realtà, ma non condizionato dalle opinioni e dal sentire altrui: per intenderci, se tocco un tizzone ardente mi ustiono, sento un dolore boia e subisco un danno fisico, questo è in un certo qual modo un condizionamento che mi dà semplicemente la realtà delle cose così come sono e che sono l'ambiente in cui devo vivere e lo stesso ambiente che mi procura la vita, l'unico ambiente in cui posso vivere; non è questo evidentemente il tipo di condizionamento cui mi riferisco).
E' all'interno di questo sentire finalmente veramente spogliato e liberato dai condizionamenti che il praticante ha incontrato la sua propria sensibilità, e non leggendo libri, ma meditando e potendosi finalmente ascoltare, e questa sua propria sensibilità lo ha condotto a trovare in sé una sincera preoccupazione per il problema del dolore, della sofferenza, e della insoddisfazione e frustrazione implicita nell'esistenza, e lo ha condotto a non riuscire più a vedere ciò come una questione unicamente sua personale ma a sentire e poter quindi riconoscere che ciò riguarda non solo lui personalmente ma le sue relazioni e tutti gli altri esseri viventi e "senzienti" (che come lui sono in grado di provare e provano dolore e sofferenza, frustrazione e insoddisfazione).
La necessità di approfondire degli enunciati così superficiali e sintetici come altro non possono essere che dei precetti deriva esclusivamente da questo.
Se non deriva da questo allora non sono altro che parole al vento e carta straccia.
Il praticante dunque non fa altro che trovare, riconoscere, ed unirsi ad altri con la medesima sensibilità. In questa circostanza discutere di precetti è quanto di più naturale possa esservi. Al di fuori è effettivamente inutile.
Ma, proprio in virtù di questo suo rifiuto del condizionato, una delle prime cose che il praticante apprende è non solo rifiutare il condizionamento esterno, ripararsene, rifuggirlo, e soprattutto liberarsi da quello già incamerato e subito.
Coerenza vuole non impartirne, e pertanto non ha la pretesa di imporre ad altri il proprio punto di vista ma ciò significa anche sapere come fare per non lasciarsi imporre nulla di diverso da ciò che non corrisponde "veramente" al suo proprio sentire. Vuol dire che io non impongo ad un altro di non assumere alcolici, ma anche non mi lascio imporre di farlo (nella fattispecie poi io li assumo, con criterio, ma lo faccio, per esempio... e qui ci sarebbe da fare un lungo discorso ... ma il fatto fondamentale è che non dispregio in alcun modo il precetto).
Un enunciato sintetico è necessario, può avere tante utilità, non vedo come se ne potrebbe fare a meno, sta poi all'individuo che sceglie di farlo approfondire: si sa che le parole hanno enormi limiti.
Siamo poi stati sottoposti ad enormi condizionamenti che ci impediscono di guardare a ciò che comunemente viene chiamato "testo sacro" per ciò che veramente è.
Infatti in verità nessuna tradizione religiosa può prescidere da una
"trasmissione diretta, al di là di parole e lettere, che punti dritto alla natura più intima dell'uomo" - e cito proprio il 28° patriarca del buddhismo indiano, che dovrebbe essere caro ad Hara, il quale lasciò l'india "perché sedere troppo a lungo a gambe incrociate nuoce alla salute" e portò il Buddhadharma in Cina, dando origine all'estensione della tradizione del Buddhadharma particolarmente apprezzata dall'amico Hara: ch'an cinese e zen giapponese.
E tutte le tradizioni religiose, in verità si trasmettono e sopravvivono solo se è sano questo processo di trasmissione diretta, altrimenti deperiscono, e gli scritto sono carta straccia. Una tradizione può vivere benissimo senza un solo testo scritto, ma non può esistere senza essere viva, incarnata, senza la trasmissione diretta. Questo è perlomeno il punto di vista che io trovo nel buddhadharma.
La tradizione testuale, nella quale uno scritto di Bodhidharma non ha meno valore di uno di Dharmakīrti o del cosiddetto buddha storico stesso o di chiunque altro si sia mosso all'interno della tradizione e goda di un certo rispetto ed apprezzamento, mi aiuta semplicemente ad accellerare un processo - se lo voglio fare - usufruendo nei modi più consoni alle mie esigenze dell'esperienza che altri hanno già fatto nella direzione che io ho già scelto prima di approcciarmi ai testi, o, per carità, anche durante la loro frequentazione, perché no, ma senza che vi sia una qualche forma di obbligo predeterminato.
Il buddhadharma poi contiene al suo interno tradizioni specifiche in materie specifiche, come la logica e l'epistemolgia, che sono libere dal doversi porre al servizio dell'idea di dover giustificare qualcosa a priori, dato che rifiutano il deduttivo e si servono esclusivamente di un metodo inferenziale.
Ci tengo a dirlo, mediamente un estimatore o praticante non è un beota con gli anelli al naso che alza il naso al cielo e crede alla cicogna.
Impiego solo qualche altra parola sui precetti.
I precetti non sono prerequisiti pregiudicanti.
Oggi come oggi c'è la mania di volersi porre un'etichetta, di diventare qualcosa, quindi abbiamo un certo numero di persone che "vogliono diventare buddhiste". Mah, se uno riesce a osservare questi precetti nelle loro 722 e oltre sfumature applicative in piena consapevolezza dovrei dire che è senz'altro un buddha (participio passato della radice verbale budh, e pertanto da tradursi come "colui che ha avuto (un) conoscimento da sé stesso). Sarebbe molto faticoso senza una precisa consapevolezza di ciò che si sta facendo.
Inoltre non è la riuscita dell'osservanza del precetto che determina una classifica di persone che hanno il diritto di considerarsi o essere considerate parte di un non ben meglio identificato qualcosa chiamato "buddhismo".
Qui però mi fermo perché il discorso si farebbe molto, troppo lungo.
Solo alcune note.
Non è meno praticante chi assume i precetti per un giorno in particolari circostanze, come esistono praticanti che si impegnano anche per uno solo di essi, sempre perché fa parte di una loro esigenza.
I precetti sono prima di tutto una pratica e rientrano in quel genere di pratica che ha le caratteristiche di essere Sādhanā ovvero di una esperienza che procura una conoscenza, poi uno è libero anche di buttarla via questa conoscenza, se vuole.
Lascio in sospeso il tema di ateismo o non ateismo e buddhismo, con cui vorrei rispondere ad Hara, quando però mi viene una ispirazione.
.
Re: I buddisti hanno ragione?
Esatto. ... se dovessi restare, ti abituerai anche tu a queste risposte preimpostate e non ragionate... in casi come quelli di cui sopra sembra quasi di partecipare a un test di Turing.Il Distruttore Hara ha scritto:Buondì a tutti.Ludwig von Drake ha scritto:
Pertanto, il tuo giudizio sulla fondazione su elementi interpretabili è semplicemente uno spot da ripetere ogniqualvolta ci si trova di fronte a qualcosa di religioso, a prescindere dalla conoscenza dell'oggetto.
Per una volta quoto Ludwig aggiungendo solo che in questo caso volendo si può prescindere completamente da ogni fideismo. Si tratta di "vie" che non necessitano, anzi vengono ostacolate, da ogni fideismo religioso o filosofico.
Paolo ha scritto:Treccani:Ludwig von Drake ha scritto:
Hai anche insinuato che non avessi usato termini italiani - quando ottuplice è chiaramente italiano.
Hai cercato: impermanente
La tua ricerca non ha però prodotto alcun risultato nel Vocabolario Online.
Dizionario Italiano: online il dizionario della lingua italiana!
La ricerca di impermanente non ha prodotto risultati.
Hai una logica più astringente di un limone!
Quindi c'era un solo termine definibile come neologismo, il cui significato sarebbe comunque chiarissimo a chi possiede un minimo di conoscenza della lingua. Detto ciò, noto che di tutto il post dove ho smontato passo passo le tue affermazioni hai trovato solo questa risposta.
___________________
Mi vuoi dire, caro Sancho, che dovrei tirarmi indietro
perchè il "male" ed il "potere" hanno un aspetto così tetro?
Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità,
farmi umile e accettare che sia questa la realtà?
Don Chisciotte - Guccini
https://iltronodispade.wordpress.com/
Ludwig von Drake- -------------
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SCALA DI DAWKINS :
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