Pensiero ateo
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Pensiero ateo
Nel già chiuso thread "profilo di un ateo" (http://atei.forumitalian.com/t5558-profilo-di-un-ateo) ho raccontato alcune sfaccettature delle mie esperienze in rapporto alla religione e di come il mio personale percorso mi abbia condotto ad un robusto ateismo. Lo scopo del thread era quello di offrire all'amico Masada la testimonianza di un cammino verso la liberazione dalle scorie della credenza, e di stimolare i contributi degli altri utenti del forum, che volessero portare maggior sostanza al discorso, con le proprie esperienze, idee, osservazioni.
Il motivo di questa iniziativa è stato originato da uno scambio di messaggi privati tra me e Masada, in cui lui mi ha rivelato di trovarsi in un momento esistenziale critico, assalito da dubbi e rigurgiti di agnosticismo che lo stanno risucchiando verso la credenza.
Riparto da qui, cambiando direzione e approfondendo alcuni aspetti del mio pensiero, nella speranza di riuscire a gettare un po' di luce sull'argomento e soprattutto fiducioso che stavolta, avendo spiegato chiaramente l'intento del thread, chi non ha altro da proporre che nebulosi sofismi generatori di inutili alterchi si astenga dall'intervenire, e che invece chi ha a cuore, come me, i sentimenti di un amico, si faccia avanti per dare un aiuto.
Che il rifiuto della credenza religiosa uccida la fantasia e il sentimento è una falsità spesso proclamata dai credenti. Vorrei mostrare che invece, il pensiero ateo può avere orizzonti sconfinati. Un'altra fola è che l'ateo sia triste e disperato: nulla di più falso. La religione offrirebbe un sistema morale solido e di alto profilo: falsissimo. Questi sono i punti che mi propongo di affrontare.
Il mio approccio non sarà rigorosamente sul piano della logica, come potrebbe essere una dimostrazione di matematica. La religione niente ha a che vedere con la logica, quindi non è su questo terreno che va trattata. Sebbene meno rigoroso di una dimostrazione matematica, il mio discorso sarà comunque basato sulla ragione e sulla corretta induzione. Quando si argomenta del mondo intimo dei sentimenti umani, il discorso guadagna forza se si avvale di tanti punti di vista diversi, se si sostiene su molteplici esempi, se attinge da varie esperienze. Questo è il metodo che vorrei seguire.
In un thread da me aperto tempo fa, dimostravo in modo convincente che un credente, se è veramente tale, è obbligato a credere a qualunque cosa (http://atei.forumitalian.com/t5002-un-credente-deve-credere-a-qualunque-cosa). Chi non l'avesse ancora visto, può accontentarsi di leggere solo il post iniziale, ai fini della comprensione di quanto segue.
Da quel teorema deriva un corollario ancora più interessante della proposizione originaria, direi perfino molto più interessante.
Il corollario afferma che praticamente nessuno può essere davvero credente. Mi soffermerò nel mostrare come si fonda questo corollario, e quali conseguenze abbia, perché fa da base per tutto quanto seguirà.
Il primo punto da esaminare riguarda l'ambiente ideologico del tipico credente. Come d'uso, prenderò in considerazione un credente della religione cattolica, che è quella con cui, volenti o nolenti, abbiamo quasi tutti maggiore familiarità.
Dunque per un credente nella religione cattolica, è obbligatorio credere ad una serie di cose (tecnicamente dette "dogmi") che si possono riepilogare molto brevemente in questo elenco:
Ok, direi che è già un bel carico di nonsensi da doversi sciroppare, no? Ma questa è solo la lista condensata, l'essenziale. Ad un credente cattolico si chiede di credere cose più inverosimili, anche molto più inverosimili di queste. Ed è qui che si evidenziano i problemi.
Per esempio, in tempi relativamente recenti un papa (dicesi "papa" il capo della chiesa cattolica) ha stabilito che Maria, la mamma di Gesù, non è morta, ma si è trasferita in "cielo" con il proprio corpo, e lì vive eternamente. Qualcosa non quadra, perché sembrava che il "cielo" fosse un luogo riservato agli enti immateriali, giusto? Però, questo "fatto" religioso l'ha affermato un papa. E allora? Bhé il papa è infallibile, quando parla di questioni di fede. E chi l'ha stabilito che il papa è infallibile? Un altro papa, no? Essendo un papa, il papa che ha detto che i papi sono infallibili, poiché lui era un papa infallibile, ha detto certamente una verità. È più chiaro adesso?
Sì, però... al credente era stato detto che tutta la verità sta nelle "sacre scritture", quelle scritte tanti secoli fa. Il dogma dell'assunzione nelle scritture non c'è. Qualche credente potrebbe essere un tantino frastornato, e dubitare un po' che questa cosa sia vera. Tuttavia, se vuole essere un vero credente, deve crederci.
Vediamo un altro esempio. La chiesa dice che alcuni credenti morti, detti "santi", possono operare i "miracoli". Questi "miracoli" sarebbero delle azioni che realizzano dei benefici straordinari e spesso apparentemente sovrannaturali, e sono compiuti dai "santi", i quali però, prima di godere della qualifica di "santo", devono aver compiuto almeno due miracoli, dopo la morte, altrimenti non saranno santi e non avranno l'abilitazione a fare i miracoli. Sembra contraddittorio? No, tranquilli, tutto ok: è religione!
Ora, la questione è, che non è così facile ed immediato identificare i "miracoli". A volte sono fenomeni insignificanti, a volte non sono così evidentemente soprannaturali... ci vuole un parere competente: quello della chiesa. Ma i credenti molto spesso buttano il cuore oltre l'ostacolo, e quando c'è un "santo" che sta a loro simpatico, non esitano ad attribuirgli "miracoli" di ogni genere.
Qui la storia si fa spinosa, perché si creano delle "tifoserie". Ecco allora che, per esempio, se una statuina della madonna (Maria, la mamma di Gesù vista sopra) spurga liquidi colorati o magari emette una luminescenza, alcuni credenti molto infervorati della madonna sono pronti a proclamare che si tratta di "miracoli", mentre altri sono scettici e pensano ad un trucco realizzato con tubicini, siringhe, gel chemiluminescente o altri banali mezzi niente affatto soprannaturali.
Ma, allora, chi non crede a questi miracoli non è un vero credente? Se interrogato, risponderà di esserlo, e che la fede non è necessariamente correlata alla credenza nei miracoli. Potrà sostenere che la sua "fede" è molto "spirituale", che lui si attiene solo alla lettera delle "scritture", e respinge ogni contaminazione. Però... le "scritture", ammesso che siano sotto qualunque rispetto una fonte affidabile, sono interpretabili. Allora ecco che si innesca una catena di distinzioni: il credente dice che per lui la dottrina ufficiale è valida, ma solo fino ad un certo punto... che crede ad alcuni miracoli, ma ad altri no... che certi passi delle scritture vanno interpretati così e non colà... insomma, si manifestano tante sottili distinzioni, nell'approccio alla dottrina, che rendono estremamente confusa e nebulosa la figura ideologica del credente.
La debolezza di qualsiasi credente risiede proprio nella necessità di dover fare delle distinzioni, di dover mettere dei paletti, dei limiti a quello che è disposto a credere. Il discernimento e la distinzione sono essenziali per poter elaborare uno schema, un modello del mondo che permetta di interagire funzionalmente con la realtà, e fatalmente le distinzioni finiscono per essere applicate anche all'ambito della fede.
La falla disastrosa, per loro, è che non dispongono di un criterio che permetta di scegliere a cosa credere e a cosa non credere. Ogni interpretazione dei testi "sacri", ogni dogma papale, ogni "verità" di fede è ugualmente priva di qualunque supporto dimostrativo, quindi sono tutte equivalenti, e qualsiasi ulteriore invenzione viene a trovarsi automaticamente sullo stesso piano.
Per un credente, ogni evento, dalla vincita alla lotteria alla guarigione dal raffreddore, potrebbe essere un miracolo oppure no. Se ha pregato per ottenere qualcosa, e poi quella cosa casualmente si verifica, penserà che la preghiera sia stata esaudita. Se ha pregato, e non ha ottenuto un bel niente, penserà di non aver pregato abbastanza forte, oppure di non essere in stato di "Grazia" (di non avere il favore del dio, quel giorno). In ogni caso non può esimersi dal credere che la sua stessa esistenza dipenda da un ente trascendentale, mistico, magico. Potenzialmente, deve credere a qualunque cosa, perché se ci fosse qualcosa in cui potrebbe non credere, questo farebbe crollare tutto l'impalcato della sua credenza, che è basato, peggio che sul nulla, sull'assurdità, e pertanto se ne può derivare qualunque conclusione (ex absurdo sequitur quodlibet).
Dunque un vero credente deve credere a qualunque cosa, perché se ci fosse qualcosa da cui può esonerarsi dal credere, questo metterebbe a repentaglio tutta la sua credenza, in quanto non dispone, e non ne dispone perché da un punto di vista logico non può esistere (ragionamento dell'agnostico, si veda la mia dimostrazione), di un criterio che gli permetta di effettuare una scelta tra cosa sia degno di credenza, e cosa no.
Ne discende che praticamente nessuno, può essere un vero credente, ma tutti i sedicenti credenti, come si constata, limitano la propria credenza ad una regione del loro personale sentimento "mistico", la cui frontiera si modella a seconda di diversi parametri, perlopiù di carattere pratico: il credente sarà incline a credere vero che il "cielo" lo protegga, ma non al punto di attraversare la strada senza guardare, per esempio. Bene, questo esempio sembra un po' forzato, non è vero? Che c'entra, tutti guardano prima di attraversare la strada. Ebbene, io ho conosciuto uno che non lo fa, perché pensa di avere il favore di Dio. Non è un matto, non è un barbone alcolizzato, è una persona stimatissima, una celebrità, nel suo campo.
Da appassionato di alpinismo, ho avuto occasione di partecipare a conferenze e presentazioni di famosi alpinisti, che seguo sempre con interesse cercando di non lasciarmi demoralizzare dal confronto tra la loro bravura e la mia pochezza.
Devo dire che quasi tutti i "grandi", che ho avuto occasione di vedere in prima persona, si sono rivelati estremamente cordiali, affabili, disponibili, simpatici e niente affatto presuntuosi. Tutti, tranne uno. Kurt Diemberger, Catherine Destivelle, Ivo Rabanser, Luisa Iovane, Heinz Mariacher, e tanti altri un po' meno celebri, mi hanno convinto per la loro modestia e semplicità, e li ho ammirati. Ma quando sono stato ad una serata di Roberto Mazzilis, sono rimasto molto deluso. Mazzilis, per chi non lo conoscesse, è un alpinista che ha all'attivo migliaia di ascensioni su roccia, ghiaccio, misto, centinaia di vie nuove, numerose discese di sci estremo. Le sue vie sono famose per essere state aperte quasi senza uso di mezzi di protezione, e molte tra quelle aperte da lui, di grado inferiore al sesto, in effetti le ha percorse in free-solo, in solitaria senza corda.
Ovviamente questo stile di salita implica un fattore di rischio molto elevato, perché in montagna non conta solo la forza e la bravura. Ci sono molti pericoli oggettivi e infiniti imprevisti in agguato. Bene, quella sera, concludendo la presentazione delle proprie attività alpinistiche, Mazzilis ebbe a dire che lui si sentiva così spavaldo e sicuro ad andare sulle massime difficoltà in roccia senza quasi piantare un chiodo perché... Dio lo protegge!
Ora, che uno possa avere un po' di boria, quando è bravo, ci può stare. Ma una tale idiozia secondo me non trova alcuna giustificazione. Salire in montagna sulle massime difficoltà in condizioni di forte esposizione è molto più pericoloso che attraversare la strada senza guardare se ci sono veicoli in transito. Quando sei attaccato ad una scaglietta di roccia, se la scaglietta si rompe voli giù, non c'è bravura che tenga. E che le scagliette in Dolomiti (sul granito è un'altra storia) siano fragiline, lo dimostrano i frequenti crolli come l'ultimo di pochi giorni fa in Sorapiss, di oltre mille metri cubi di roccia. Non una scaglietta. Perciò, che qualcuno lo faccia perché ha sprezzo del pericolo, o addirittura perché ha il gusto del pericolo, lo posso accettare, anzi, personalmente nutro un'ammirazione sconfinata per gli appassionati di sport estremi. Si tratta però, normalmente, di gente che ha ben chiara la dimensione del rischio che si assume, che conta responsabilmente sulla propria capacità, preparazione, attenzione, per mitigare il rischio e mantenere il controllo della situazione. Solo un pazzo può pensare che ci sia Dio a proteggerlo dagli incidenti, perché Dio non esiste, lo sanno tutti!
E infatti questa è la conclusione: all'atto pratico, qualunque persona abbastanza normale non crede davvero, dentro di sé, nel proprio intimo, alle baggianate della religione. Non può crederci, o almeno non può credere a tutte le baggianate indistintamente, perché c'è sempre un limite, oltre il quale subentra la necessità pragmatica di adottare il comportamento che si terrebbe senza la credenza nel sovrannaturale. Privo di un criterio ontologico razionale, per discernere il limite della credenza sul piano ideologico, il credente è costretto ad affidarsi al criterio naturale della necessità concreta, sul piano pratico.
Ecco perciò drasticamente smontata ogni pretesa di governo della vita del credente da parte della religione. Lungi dal governare qualcosa, la credenza religiosa si manifesta solo come bizzarro folclore, gestualità insulsa, ossequio verso grotteschi feticci. Personalmente sono sicuro che neppure i gerarchi del clero credano davvero alle fesserie che predicano, anzi, loro meno di tutti. Ho informazioni di prima mano sull'argomento.
Nessun credente può essere veramente tale, a meno che non sia un pazzo furioso. Gli altri - pressoché tutti - sono credenti a metà, credenti solo di quelle peculiari fantasie che a loro personalmente garbano, mentre le altre le rigettano, specialmente quelle più "scomode" all'atto operativo e funzionale. Magari non apertamente, ma tutto quello che può interferire con l'interesse pratico viene scartato.
Dunque parliamo un po' della superiorità morale della religione. Questa pretesa è già smontata in partenza dall'argomentazione fin qui sviluppata, ma vediamo qualche dettaglio. La superiorità morale della religione deriverebbe dal fatto che i precetti morali sono impartiti direttamente da Dio. Bisognerebbe dimostrare, per poter fare una simile affermazione, che Dio sappia davvero quale sia il bene dell'umanità, e che le sue direttive siano state ricevute senza errori o interferenze. Da quanto si può vedere, la realtà evidenzia che almeno una di queste condizioni non si è verificata. La Storia ci parla di scie di sangue e di violenza interminabili, lasciate dalle religioni. Oggi la pretesa di guida morale da parte della chiesa appare così inadeguata, a voler usare un eufemismo, perché non c'è alcuna base oggettiva su cui si fondi questa guida, mentre è evidente che l'unico scopo del clero è quello di vivere a ufo sulle spalle del popolo.
Ma che dire dell'ambito dei sentimenti umani, delle emozioni, dell'empatia? Non sono tutte qualità "spirituali"? Sono qualità umane non materiali, ma non per questo indipendenti dalla realtà concreta. Che la vita interiore di un ateo sia in qualche modo mutilata e tarpata sotto il profilo dei sentimenti, è una fola del tutto infondata.
E che dire della fantasia? Si vuole negare la fantasia, impedire alle persone di avere il proprio amico immaginario? Da adulti, non si dovrebbe più avvertire il bisogno di avere un amico immaginario, ma chi proprio non può farne a meno che si trastulli pure, perché mai proibirlo? Solo che ci sono mille vie mille volte più interessanti per esercitare la fantasia, e queste si sviluppano meglio se non si sta incollati alla miserabile, meschina piattaforma della religione.
La fantasia e la creatività sono il principale motore dello sviluppo umano, e queste qualità sono state a lungo imbrigliate e limitate proprio dalle religioni. Ecco come avviene che le religioni siano, anche sotto questo riguardo, una remora formidabile per l'umanità.
In breve, c'è un mondo là fuori, che urla con evidenza lancinante che il divino è pura invenzione di antichi trogloditi. Lo urla a me, e io lo odo chiaramente, com'è possibile che ci sia chi non lo sente? Deve essere sordo, oppure deve essersi tappato le orecchie.
Sto chiudendo nel modo più succinto possibile perché mi rendo conto che uno scritto troppo lungo richiede una pazienza fuori dell'ordinario, per essere letto tutto, ma ho fiducia che almeno qualcuno abbia letto sin qua. Il mio appello è per un coro di voci che sostenga Masada nella sua risalita verso la superficie. Grazie a tutti dei contributi che vorrete dare.
Il motivo di questa iniziativa è stato originato da uno scambio di messaggi privati tra me e Masada, in cui lui mi ha rivelato di trovarsi in un momento esistenziale critico, assalito da dubbi e rigurgiti di agnosticismo che lo stanno risucchiando verso la credenza.
Riparto da qui, cambiando direzione e approfondendo alcuni aspetti del mio pensiero, nella speranza di riuscire a gettare un po' di luce sull'argomento e soprattutto fiducioso che stavolta, avendo spiegato chiaramente l'intento del thread, chi non ha altro da proporre che nebulosi sofismi generatori di inutili alterchi si astenga dall'intervenire, e che invece chi ha a cuore, come me, i sentimenti di un amico, si faccia avanti per dare un aiuto.
Che il rifiuto della credenza religiosa uccida la fantasia e il sentimento è una falsità spesso proclamata dai credenti. Vorrei mostrare che invece, il pensiero ateo può avere orizzonti sconfinati. Un'altra fola è che l'ateo sia triste e disperato: nulla di più falso. La religione offrirebbe un sistema morale solido e di alto profilo: falsissimo. Questi sono i punti che mi propongo di affrontare.
Il mio approccio non sarà rigorosamente sul piano della logica, come potrebbe essere una dimostrazione di matematica. La religione niente ha a che vedere con la logica, quindi non è su questo terreno che va trattata. Sebbene meno rigoroso di una dimostrazione matematica, il mio discorso sarà comunque basato sulla ragione e sulla corretta induzione. Quando si argomenta del mondo intimo dei sentimenti umani, il discorso guadagna forza se si avvale di tanti punti di vista diversi, se si sostiene su molteplici esempi, se attinge da varie esperienze. Questo è il metodo che vorrei seguire.
In un thread da me aperto tempo fa, dimostravo in modo convincente che un credente, se è veramente tale, è obbligato a credere a qualunque cosa (http://atei.forumitalian.com/t5002-un-credente-deve-credere-a-qualunque-cosa). Chi non l'avesse ancora visto, può accontentarsi di leggere solo il post iniziale, ai fini della comprensione di quanto segue.
Da quel teorema deriva un corollario ancora più interessante della proposizione originaria, direi perfino molto più interessante.
Il corollario afferma che praticamente nessuno può essere davvero credente. Mi soffermerò nel mostrare come si fonda questo corollario, e quali conseguenze abbia, perché fa da base per tutto quanto seguirà.
Il primo punto da esaminare riguarda l'ambiente ideologico del tipico credente. Come d'uso, prenderò in considerazione un credente della religione cattolica, che è quella con cui, volenti o nolenti, abbiamo quasi tutti maggiore familiarità.
Dunque per un credente nella religione cattolica, è obbligatorio credere ad una serie di cose (tecnicamente dette "dogmi") che si possono riepilogare molto brevemente in questo elenco:
- Il credente deve credere che esista "Dio", "Padre onnipotente" (non meglio definito).
- Il credente deve credere che "Dio" sia il creatore del "cielo e della terra" ("cielo" e "terra" sarebbero da intendersi come "tutto l'universo osservabile", si presume).
- Il credente deve credere che sia esistito un personaggio storico chiamato "Gesù Cristo", vissuto circa venti secoli fa.
- Il credente deve credere che Gesù Cristo sia figlio di Dio.
- Il credente deve credere che la donna che ha partorito Gesù, di nome Maria, sia stata fecondata dallo "Spirito Santo", un ente immateriale.
- Il credente deve credere che Maria sia stata vergine prima, durante e dopo aver partorito Gesù.
- Il credente deve credere che Gesù, ad un dato momento della sua vita, sia stato ucciso mediante crocifissione.
- Il credente deve credere che Gesù, da morto e sepolto, sia "disceso agli inferi" (qualunque cosa si intenda per "inferi").
- Il credente deve credere che dopo tre giorni dalla morte, Gesù sia resuscitato.
- Il credente deve credere che dopo un po' di tempo da che resuscitò, Gesù sia "salito al cielo", per andarsi a sedere "alla destra" di suo papà, ossia Dio Padre onnipotente.
- Il credente deve credere che Gesù un giorno o l'altro tornerà (qui sulla Terra), allo scopo di "giudicare i vivi e i morti".
- Il credente deve credere che lo "Spirito Santo" (quello che ha fecondato Maria) esista.
- Il credente deve credere che la chiesa cattolica sia "santa" (qualunque cosa si intenda per "santa").
- Il credente deve credere che i "santi" siano in "comunione" (una specie di collegamento telepatico, se io l'ho inteso bene).
- Il credente deve credere che i "peccati" (ossia le birbonate, così giudicate dalla morale della chiesa, commesse da lui e dagli altri credenti) saranno "rimessi" ossia perdonati (certo, questo è molto conveniente da credere!).
- Il credente deve credere che un giorno lui e gli altri credenti resusciteranno in carne e ossa.
- Il credente deve credere che alla fine, dopo morto (!) vivrà in eterno.
Ok, direi che è già un bel carico di nonsensi da doversi sciroppare, no? Ma questa è solo la lista condensata, l'essenziale. Ad un credente cattolico si chiede di credere cose più inverosimili, anche molto più inverosimili di queste. Ed è qui che si evidenziano i problemi.
Per esempio, in tempi relativamente recenti un papa (dicesi "papa" il capo della chiesa cattolica) ha stabilito che Maria, la mamma di Gesù, non è morta, ma si è trasferita in "cielo" con il proprio corpo, e lì vive eternamente. Qualcosa non quadra, perché sembrava che il "cielo" fosse un luogo riservato agli enti immateriali, giusto? Però, questo "fatto" religioso l'ha affermato un papa. E allora? Bhé il papa è infallibile, quando parla di questioni di fede. E chi l'ha stabilito che il papa è infallibile? Un altro papa, no? Essendo un papa, il papa che ha detto che i papi sono infallibili, poiché lui era un papa infallibile, ha detto certamente una verità. È più chiaro adesso?
Sì, però... al credente era stato detto che tutta la verità sta nelle "sacre scritture", quelle scritte tanti secoli fa. Il dogma dell'assunzione nelle scritture non c'è. Qualche credente potrebbe essere un tantino frastornato, e dubitare un po' che questa cosa sia vera. Tuttavia, se vuole essere un vero credente, deve crederci.
Vediamo un altro esempio. La chiesa dice che alcuni credenti morti, detti "santi", possono operare i "miracoli". Questi "miracoli" sarebbero delle azioni che realizzano dei benefici straordinari e spesso apparentemente sovrannaturali, e sono compiuti dai "santi", i quali però, prima di godere della qualifica di "santo", devono aver compiuto almeno due miracoli, dopo la morte, altrimenti non saranno santi e non avranno l'abilitazione a fare i miracoli. Sembra contraddittorio? No, tranquilli, tutto ok: è religione!
Ora, la questione è, che non è così facile ed immediato identificare i "miracoli". A volte sono fenomeni insignificanti, a volte non sono così evidentemente soprannaturali... ci vuole un parere competente: quello della chiesa. Ma i credenti molto spesso buttano il cuore oltre l'ostacolo, e quando c'è un "santo" che sta a loro simpatico, non esitano ad attribuirgli "miracoli" di ogni genere.
Qui la storia si fa spinosa, perché si creano delle "tifoserie". Ecco allora che, per esempio, se una statuina della madonna (Maria, la mamma di Gesù vista sopra) spurga liquidi colorati o magari emette una luminescenza, alcuni credenti molto infervorati della madonna sono pronti a proclamare che si tratta di "miracoli", mentre altri sono scettici e pensano ad un trucco realizzato con tubicini, siringhe, gel chemiluminescente o altri banali mezzi niente affatto soprannaturali.
Ma, allora, chi non crede a questi miracoli non è un vero credente? Se interrogato, risponderà di esserlo, e che la fede non è necessariamente correlata alla credenza nei miracoli. Potrà sostenere che la sua "fede" è molto "spirituale", che lui si attiene solo alla lettera delle "scritture", e respinge ogni contaminazione. Però... le "scritture", ammesso che siano sotto qualunque rispetto una fonte affidabile, sono interpretabili. Allora ecco che si innesca una catena di distinzioni: il credente dice che per lui la dottrina ufficiale è valida, ma solo fino ad un certo punto... che crede ad alcuni miracoli, ma ad altri no... che certi passi delle scritture vanno interpretati così e non colà... insomma, si manifestano tante sottili distinzioni, nell'approccio alla dottrina, che rendono estremamente confusa e nebulosa la figura ideologica del credente.
La debolezza di qualsiasi credente risiede proprio nella necessità di dover fare delle distinzioni, di dover mettere dei paletti, dei limiti a quello che è disposto a credere. Il discernimento e la distinzione sono essenziali per poter elaborare uno schema, un modello del mondo che permetta di interagire funzionalmente con la realtà, e fatalmente le distinzioni finiscono per essere applicate anche all'ambito della fede.
La falla disastrosa, per loro, è che non dispongono di un criterio che permetta di scegliere a cosa credere e a cosa non credere. Ogni interpretazione dei testi "sacri", ogni dogma papale, ogni "verità" di fede è ugualmente priva di qualunque supporto dimostrativo, quindi sono tutte equivalenti, e qualsiasi ulteriore invenzione viene a trovarsi automaticamente sullo stesso piano.
Per un credente, ogni evento, dalla vincita alla lotteria alla guarigione dal raffreddore, potrebbe essere un miracolo oppure no. Se ha pregato per ottenere qualcosa, e poi quella cosa casualmente si verifica, penserà che la preghiera sia stata esaudita. Se ha pregato, e non ha ottenuto un bel niente, penserà di non aver pregato abbastanza forte, oppure di non essere in stato di "Grazia" (di non avere il favore del dio, quel giorno). In ogni caso non può esimersi dal credere che la sua stessa esistenza dipenda da un ente trascendentale, mistico, magico. Potenzialmente, deve credere a qualunque cosa, perché se ci fosse qualcosa in cui potrebbe non credere, questo farebbe crollare tutto l'impalcato della sua credenza, che è basato, peggio che sul nulla, sull'assurdità, e pertanto se ne può derivare qualunque conclusione (ex absurdo sequitur quodlibet).
Dunque un vero credente deve credere a qualunque cosa, perché se ci fosse qualcosa da cui può esonerarsi dal credere, questo metterebbe a repentaglio tutta la sua credenza, in quanto non dispone, e non ne dispone perché da un punto di vista logico non può esistere (ragionamento dell'agnostico, si veda la mia dimostrazione), di un criterio che gli permetta di effettuare una scelta tra cosa sia degno di credenza, e cosa no.
Ne discende che praticamente nessuno, può essere un vero credente, ma tutti i sedicenti credenti, come si constata, limitano la propria credenza ad una regione del loro personale sentimento "mistico", la cui frontiera si modella a seconda di diversi parametri, perlopiù di carattere pratico: il credente sarà incline a credere vero che il "cielo" lo protegga, ma non al punto di attraversare la strada senza guardare, per esempio. Bene, questo esempio sembra un po' forzato, non è vero? Che c'entra, tutti guardano prima di attraversare la strada. Ebbene, io ho conosciuto uno che non lo fa, perché pensa di avere il favore di Dio. Non è un matto, non è un barbone alcolizzato, è una persona stimatissima, una celebrità, nel suo campo.
Da appassionato di alpinismo, ho avuto occasione di partecipare a conferenze e presentazioni di famosi alpinisti, che seguo sempre con interesse cercando di non lasciarmi demoralizzare dal confronto tra la loro bravura e la mia pochezza.
Devo dire che quasi tutti i "grandi", che ho avuto occasione di vedere in prima persona, si sono rivelati estremamente cordiali, affabili, disponibili, simpatici e niente affatto presuntuosi. Tutti, tranne uno. Kurt Diemberger, Catherine Destivelle, Ivo Rabanser, Luisa Iovane, Heinz Mariacher, e tanti altri un po' meno celebri, mi hanno convinto per la loro modestia e semplicità, e li ho ammirati. Ma quando sono stato ad una serata di Roberto Mazzilis, sono rimasto molto deluso. Mazzilis, per chi non lo conoscesse, è un alpinista che ha all'attivo migliaia di ascensioni su roccia, ghiaccio, misto, centinaia di vie nuove, numerose discese di sci estremo. Le sue vie sono famose per essere state aperte quasi senza uso di mezzi di protezione, e molte tra quelle aperte da lui, di grado inferiore al sesto, in effetti le ha percorse in free-solo, in solitaria senza corda.
Ovviamente questo stile di salita implica un fattore di rischio molto elevato, perché in montagna non conta solo la forza e la bravura. Ci sono molti pericoli oggettivi e infiniti imprevisti in agguato. Bene, quella sera, concludendo la presentazione delle proprie attività alpinistiche, Mazzilis ebbe a dire che lui si sentiva così spavaldo e sicuro ad andare sulle massime difficoltà in roccia senza quasi piantare un chiodo perché... Dio lo protegge!
Ora, che uno possa avere un po' di boria, quando è bravo, ci può stare. Ma una tale idiozia secondo me non trova alcuna giustificazione. Salire in montagna sulle massime difficoltà in condizioni di forte esposizione è molto più pericoloso che attraversare la strada senza guardare se ci sono veicoli in transito. Quando sei attaccato ad una scaglietta di roccia, se la scaglietta si rompe voli giù, non c'è bravura che tenga. E che le scagliette in Dolomiti (sul granito è un'altra storia) siano fragiline, lo dimostrano i frequenti crolli come l'ultimo di pochi giorni fa in Sorapiss, di oltre mille metri cubi di roccia. Non una scaglietta. Perciò, che qualcuno lo faccia perché ha sprezzo del pericolo, o addirittura perché ha il gusto del pericolo, lo posso accettare, anzi, personalmente nutro un'ammirazione sconfinata per gli appassionati di sport estremi. Si tratta però, normalmente, di gente che ha ben chiara la dimensione del rischio che si assume, che conta responsabilmente sulla propria capacità, preparazione, attenzione, per mitigare il rischio e mantenere il controllo della situazione. Solo un pazzo può pensare che ci sia Dio a proteggerlo dagli incidenti, perché Dio non esiste, lo sanno tutti!
E infatti questa è la conclusione: all'atto pratico, qualunque persona abbastanza normale non crede davvero, dentro di sé, nel proprio intimo, alle baggianate della religione. Non può crederci, o almeno non può credere a tutte le baggianate indistintamente, perché c'è sempre un limite, oltre il quale subentra la necessità pragmatica di adottare il comportamento che si terrebbe senza la credenza nel sovrannaturale. Privo di un criterio ontologico razionale, per discernere il limite della credenza sul piano ideologico, il credente è costretto ad affidarsi al criterio naturale della necessità concreta, sul piano pratico.
Ecco perciò drasticamente smontata ogni pretesa di governo della vita del credente da parte della religione. Lungi dal governare qualcosa, la credenza religiosa si manifesta solo come bizzarro folclore, gestualità insulsa, ossequio verso grotteschi feticci. Personalmente sono sicuro che neppure i gerarchi del clero credano davvero alle fesserie che predicano, anzi, loro meno di tutti. Ho informazioni di prima mano sull'argomento.
Nessun credente può essere veramente tale, a meno che non sia un pazzo furioso. Gli altri - pressoché tutti - sono credenti a metà, credenti solo di quelle peculiari fantasie che a loro personalmente garbano, mentre le altre le rigettano, specialmente quelle più "scomode" all'atto operativo e funzionale. Magari non apertamente, ma tutto quello che può interferire con l'interesse pratico viene scartato.
Dunque parliamo un po' della superiorità morale della religione. Questa pretesa è già smontata in partenza dall'argomentazione fin qui sviluppata, ma vediamo qualche dettaglio. La superiorità morale della religione deriverebbe dal fatto che i precetti morali sono impartiti direttamente da Dio. Bisognerebbe dimostrare, per poter fare una simile affermazione, che Dio sappia davvero quale sia il bene dell'umanità, e che le sue direttive siano state ricevute senza errori o interferenze. Da quanto si può vedere, la realtà evidenzia che almeno una di queste condizioni non si è verificata. La Storia ci parla di scie di sangue e di violenza interminabili, lasciate dalle religioni. Oggi la pretesa di guida morale da parte della chiesa appare così inadeguata, a voler usare un eufemismo, perché non c'è alcuna base oggettiva su cui si fondi questa guida, mentre è evidente che l'unico scopo del clero è quello di vivere a ufo sulle spalle del popolo.
Ma che dire dell'ambito dei sentimenti umani, delle emozioni, dell'empatia? Non sono tutte qualità "spirituali"? Sono qualità umane non materiali, ma non per questo indipendenti dalla realtà concreta. Che la vita interiore di un ateo sia in qualche modo mutilata e tarpata sotto il profilo dei sentimenti, è una fola del tutto infondata.
E che dire della fantasia? Si vuole negare la fantasia, impedire alle persone di avere il proprio amico immaginario? Da adulti, non si dovrebbe più avvertire il bisogno di avere un amico immaginario, ma chi proprio non può farne a meno che si trastulli pure, perché mai proibirlo? Solo che ci sono mille vie mille volte più interessanti per esercitare la fantasia, e queste si sviluppano meglio se non si sta incollati alla miserabile, meschina piattaforma della religione.
La fantasia e la creatività sono il principale motore dello sviluppo umano, e queste qualità sono state a lungo imbrigliate e limitate proprio dalle religioni. Ecco come avviene che le religioni siano, anche sotto questo riguardo, una remora formidabile per l'umanità.
In breve, c'è un mondo là fuori, che urla con evidenza lancinante che il divino è pura invenzione di antichi trogloditi. Lo urla a me, e io lo odo chiaramente, com'è possibile che ci sia chi non lo sente? Deve essere sordo, oppure deve essersi tappato le orecchie.
Sto chiudendo nel modo più succinto possibile perché mi rendo conto che uno scritto troppo lungo richiede una pazienza fuori dell'ordinario, per essere letto tutto, ma ho fiducia che almeno qualcuno abbia letto sin qua. Il mio appello è per un coro di voci che sostenga Masada nella sua risalita verso la superficie. Grazie a tutti dei contributi che vorrete dare.
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Re: Pensiero ateo
Per me non è mai stato un misteroMinsky ha scritto:[...]
Il motivo di questa iniziativa è stato originato da uno scambio di messaggi privati tra me e Masada, in cui lui mi ha rivelato di trovarsi in un momento esistenziale critico, assalito da dubbi e rigurgiti di agnosticismo che lo stanno risucchiando verso la credenza.
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You think normal people just wake up one morning and decide they're going to work in a prison? They're perverts, every last one of them. (Vanessa)
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Re: Pensiero ateo
Masada, aripijate!Minsky ha scritto:[...]
Il motivo di questa iniziativa è stato originato da uno scambio di messaggi privati tra me e Masada, in cui lui mi ha rivelato di trovarsi in un momento esistenziale critico, assalito da dubbi e rigurgiti di agnosticismo che lo stanno risucchiando verso la credenza.
La credenza è per le mezze calzette!
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Re: Pensiero ateo
Secondo voi quali sono le cause di queste ricadute?
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"Le cose che sono incurvate non hanno bisogno di archi; le cose che sono diritte non hanno bisogno di righe; le cose che sono rotonde non hanno bisogno di compassi; le cose che sono rettangolari non hanno bisogno di squadre; le cose che si incollano non hanno bisogno di colla; le cose che vanno insieme non hanno bisogno di corde”
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Re: Pensiero ateo
le vicissitudini della vita che ti tirano giùCosworth117 ha scritto:Secondo voi quali sono le cause di queste ricadute?
(morte di persone care, abbandono da parte di partner, malattie, ecc... )
roba forte, psicologicamente parlando, dove la religione funge da psicoterapia a buon mercato.
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Re: Pensiero ateo
Secondo me http://atei.forumitalian.com/t5501p180-domanda-ai-credenti-vol2#275629Cosworth117 ha scritto:Secondo voi quali sono le cause di queste ricadute?
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Re: Pensiero ateo
Lo penso anch'io. Penso anche però che se si cade in queste trappole, forse quelle basi razionali che si ritenevano avere, non erano poi così solide. Cade un castello di carte che praticamente è stato sempre traballante. Questa è la mia opinione.loonar ha scritto:le vicissitudini della vita che ti tirano giùCosworth117 ha scritto:Secondo voi quali sono le cause di queste ricadute?
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Re: Pensiero ateo
le basi razionali vacillano quando le emozioni premono e la filosofia tarla i piloni d'appoggio!Cosworth117 ha scritto:Lo penso anch'io. Penso anche però che se si cade in queste trappole, forse quelle basi razionali che si ritenevano avere, non erano poi così solide. Cade un castello di carte che praticamente è stato sempre traballante. Questa è la mia opinione.loonar ha scritto:le vicissitudini della vita che ti tirano giùCosworth117 ha scritto:Secondo voi quali sono le cause di queste ricadute?
(morte di persone care, abbandono da parte di partner, malattie, ecc... )
roba forte, psicologicamente parlando, dove la religione funge da psicoterapia a buon mercato.
(Nel caso di Masada i tarli sono abbondanti)
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Re: Pensiero ateo
Sulle cause, Masada potrebbe spiegare tutto, ma ritengo che, giustamente, preferisca non esporre le sue vicende personali in area pubblica. In effetti sono stato in dubbio se collocare questo thread in area riservata, ma ho deciso di metterlo qui con l'idea che la maggior visibilità possa favorire la raccolta di contributi da più fonti.Cosworth117 ha scritto:Secondo voi quali sono le cause di queste ricadute?
Lo scopo di questo appello è di mettere insieme testimonianze atee, che siano di esempio e di modello per il nostro amico, da cui sarà lui stesso a filtrare gli spunti, le esperienze, i prototipi che possano giovargli nella sua ricerca. Così l'ho intesa io.
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Re: Pensiero ateo
Tutto il vero è legato alla nostra personale esperienza, nel senso letterario della parola, cioè ciò che noi sperimentiamo, vediamo, tocchiamo, ecc..., la fantasia e creatività sono attività particolari già più difficili da definire.
Dio è una figura concettuale di cui non c'è traccia concreta, quindi in questo senso l'ateismo è una logica conseguenza.
Tutto sta a definire se il concetto, possa avere una sua realtà non astratta, cioè se possa avere una sua concretezza, il pensiero ad esempio è un contenitore di tante idee, concetti, ecc..., il religioso giudica il pensiero reale quanto una pietra, un concetto vivo come un'essere vivente.
Ora sradicare questa convinzione non è semplice.
Io sono molto semplice, Dio non lo vedo, non lo sento e non interagisce con me, quindi non esiste, anche se fosse presente sarebbe uguale, non si esprime quindi non esiste.
Dio è una figura concettuale di cui non c'è traccia concreta, quindi in questo senso l'ateismo è una logica conseguenza.
Tutto sta a definire se il concetto, possa avere una sua realtà non astratta, cioè se possa avere una sua concretezza, il pensiero ad esempio è un contenitore di tante idee, concetti, ecc..., il religioso giudica il pensiero reale quanto una pietra, un concetto vivo come un'essere vivente.
Ora sradicare questa convinzione non è semplice.
Io sono molto semplice, Dio non lo vedo, non lo sento e non interagisce con me, quindi non esiste, anche se fosse presente sarebbe uguale, non si esprime quindi non esiste.
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Re: Pensiero ateo
La mia esperienza:
quando vado in down
e ci vado spessissimo, specie ultimamente
non ce la faccio ad appoggiarmi a cose metafisiche, anche solo augurare qualcosa a qualcuno, mio pare una sciocchezza
me lo rifiuta proprio la mente di mettermi a credere a certe cose
come una specie di impossibilità genetica... se ci provo, mi vedo "da fuori" e mi commento dicendo: "ma che stiamo davero davero a scherza'....e annamooooo!"
quando vado in down
e ci vado spessissimo, specie ultimamente
non ce la faccio ad appoggiarmi a cose metafisiche, anche solo augurare qualcosa a qualcuno, mio pare una sciocchezza
me lo rifiuta proprio la mente di mettermi a credere a certe cose
come una specie di impossibilità genetica... se ci provo, mi vedo "da fuori" e mi commento dicendo: "ma che stiamo davero davero a scherza'....e annamooooo!"
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Re: Pensiero ateo
Ecco, Cos, io la penso in modo diverso: per me l'ateismo non ha alcuna necessità di basi, di fondamenta: è autoportante. Invece è la credenza, la religione che si fonda sulle sabbie mobili, e che dovrebbe andar giù con un soffio, come un castello di carte.Cosworth117 ha scritto:Lo penso anch'io. Penso anche però che se si cade in queste trappole, forse quelle basi razionali che si ritenevano avere, non erano poi così solide. Cade un castello di carte che praticamente è stato sempre traballante. Questa è la mia opinione.
Però, se una persona è stata indottrinata in modo così severo da non potersi facilmente liberare dalla religione, e invece cerca di ri-costruirsi lo spazio ontologico razionale attraverso la sola filosofia, com'è il caso di Masada, si espone ad una grave fragilità.
Insomma, l'ateismo dovrebbe essere una cosa spontanea, ovvia, naturale, non costruita.
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Re: Pensiero ateo
argomento molto ben centrato!silvio ha scritto:Tutto il vero è legato alla nostra personale esperienza, nel senso letterario della parola, cioè ciò che noi sperimentiamo, vediamo, tocchiamo, ecc..., la fantasia e creatività sono attività particolari già più difficili da definire.
Dio è una figura concettuale di cui non c'è traccia concreta, quindi in questo senso l'ateismo è una logica conseguenza.
Tutto sta a definire se il concetto, possa avere una sua realtà non astratta, cioè se possa avere una sua concretezza, il pensiero ad esempio è un contenitore di tante idee, concetti, ecc..., il religioso giudica il pensiero reale quanto una pietra, un concetto vivo come un'essere vivente.
Ora sradicare questa convinzione non è semplice.
Io sono molto semplice, Dio non lo vedo, non lo sento e non interagisce con me, quindi non esiste, anche se fosse presente sarebbe uguale, non si esprime quindi non esiste.
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Re: Pensiero ateo
Idem. :si si:loonar ha scritto:La mia esperienza:
quando vado in down
e ci vado spessissimo, specie ultimamente
non ce la faccio ad appoggiarmi a cose metafisiche, anche solo augurare qualcosa a qualcuno, mio pare una sciocchezza
me lo rifiuta proprio la mente di mettermi a credere a certe cose
come una specie di impossibilità genetica... se ci provo, mi vedo "da fuori" e mi commento dicendo: "ma che stiamo davero davero a scherza'....e annamooooo!"
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Re: Pensiero ateo
Appunto Minsky
per noi che l'ateismo ci viene naturale (te, io , Fux e chissà quanti altri ) pensa come è difficile capire come ragionano i credenti!
Almeno avessimo fatto il passaggio!
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Re: Pensiero ateo
Io quando vado in down..tendo a diventare cattivo. Una volta odiavo la gente in blocco..
Poi osservando bene da vicino ognuno, mi rendo conto che ci sono anche tante brave persone..e non me la sento piu' di rischiare di inciampare in una di queste mentre ho una cal. 9 in mano..
Bastardi..mangio merda e faccio una faticaccia per colpa vostra..perche' da un po di tempo a questa parte ho imparato a volere bene alla brava gente...
Poi osservando bene da vicino ognuno, mi rendo conto che ci sono anche tante brave persone..e non me la sento piu' di rischiare di inciampare in una di queste mentre ho una cal. 9 in mano..
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Re: Pensiero ateo
Se sei stato sempre "ateo", come un Paolo, posso concordare. Tu sei stato indottrinato?Minsky ha scritto:Ecco, Cos, io la penso in modo diverso: per me l'ateismo non ha alcuna necessità di basi, di fondamenta: è autoportante. Invece è la credenza, la religione che si fonda sulle sabbie mobili, e che dovrebbe andar giù con un soffio, come un castello di carte.
Però, se una persona è stata indottrinata in modo così severo da non potersi facilmente liberare dalla religione, e invece cerca di ri-costruirsi lo spazio ontologico razionale attraverso la sola filosofia, com'è il caso di Masada, si espone ad una grave fragilità.
Insomma, l'ateismo dovrebbe essere una cosa spontanea, ovvia, naturale, non costruita.
Non prendo me ad esempio me perché in realtà non ho mai creduto con consapevolezza. Ho sempre avuto dubbi fin da piccolo, e poi ad una certa età, ho ricercato alcune risposte avendo a disposizione strumenti come internet.
Però mi metto nei panni di uno che è stato pesantemente indottrinato, ed è stato fregato. Ad una certa età deve ricostruire il proprio modo di vedere la realtà, ci può provare. Non me lo ero mai chiesto, ma non è una sorta di costruzione di nuovi metri di riferimento con cui giudicare la realtà? Mi spiego?
Io per basi intendo la conoscenza del metodo scientifico, del rasoio di Occam, ecc... Se sai usare bene questi strumenti non hai problemi. E chi è stato indottrinato spesso non li sa utilizzare. L'ateismo vuole quelle basi, se in precendenza si è stati indottrinati. Altrimenti se non si è attraversato un certo processo non ci sono problemi.
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Re: Pensiero ateo
io per fortuna le cal. 9 in mano non le ho mai avute se no adesso stavo a digitare dentro una cella, da ergastolano.delfi68 ha scritto:Io quando vado in down..tendo a diventare cattivo. Una volta odiavo la gente in blocco..
Poi osservando bene da vicino ognuno, mi rendo conto che ci sono anche tante brave persone..e non me la sento piu' di rischiare di inciampare in una di queste mentre ho una cal. 9 in mano..
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Re: Pensiero ateo
Ok, di capire come "ragionano" i credenti posso anche farne a meno. Voglio dire, non mi pongo nemmeno l'obiettivo di "sconvertire" un credente, mi rendo conto che non è un'impresa realizzabile. Ma tendere una mano a chi sta scivolando nella voragine, e vorrebbe salvarsi, questo sì che ha un senso, anzi lo sento come un dovere!loonar ha scritto:Appunto Minsky
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Re: Pensiero ateo
eh..sapessi quanto ti capisco..
Io ho avuto solo fortuna. ..solo alla fine, mi pare che qualcuno abbia deciso di fermare la mia corsa poco prima di finire nel baratro..
http://atei.forumitalian.com/t1625p140-3d-della-poesiae-dei-racconti#124545
Io ho avuto solo fortuna. ..solo alla fine, mi pare che qualcuno abbia deciso di fermare la mia corsa poco prima di finire nel baratro..
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Re: Pensiero ateo
io senza conoscere il metodo scientifico e il rasoio di occam, ho sempre avuto una repulsione naturale per le "favole", le ho sempre sgamate al volo e se qualcuna mi piaceva lo sapevo bene che era una cazzata. Come facevo a saperlo? Bho... Non rientrava nel metro di giudizio delle cose che funzionano.Cosworth117 ha scritto:Se sei stato sempre "ateo", come un Paolo, posso concordare. Tu sei stato indottrinato?Minsky ha scritto:Ecco, Cos, io la penso in modo diverso: per me l'ateismo non ha alcuna necessità di basi, di fondamenta: è autoportante. Invece è la credenza, la religione che si fonda sulle sabbie mobili, e che dovrebbe andar giù con un soffio, come un castello di carte.
Però, se una persona è stata indottrinata in modo così severo da non potersi facilmente liberare dalla religione, e invece cerca di ri-costruirsi lo spazio ontologico razionale attraverso la sola filosofia, com'è il caso di Masada, si espone ad una grave fragilità.
Insomma, l'ateismo dovrebbe essere una cosa spontanea, ovvia, naturale, non costruita.
Non prendo me ad esempio me perché in realtà non ho mai creduto con consapevolezza. Ho sempre avuto dubbi fin da piccolo, e poi ad una certa età, ho ricercato alcune risposte avendo a disposizione strumenti come internet.
Però mi metto nei panni di uno che è stato pesantemente indottrinato, ed è stato fregato. Ad una certa età deve ricostruire il proprio modo di vedere la realtà, ci può provare. Non me lo ero mai chiesto, ma non è una sorta di costruzione di nuovi metri di riferimento con cui giudicare la realtà? Mi spiego?
Io per basi intendo la conoscenza del metodo scientifico, del rasoio di Occam, ecc... Se sai usare bene questi strumenti non hai problemi. E chi è stato indottrinato spesso non li sa utilizzare. L'ateismo vuole quelle basi, se in precendenza si è stati indottrinati. Altrimenti se non si è attraversato un certo processo non ci sono problemi.
(qua ci vorrebbe Jessica... con una delle sue analisi dalla parte opposta... mi spiegherebbe come sono un cretinetti a ragionare così... )
Ultima modifica di loonar il Gio 17 Ott 2013 - 23:38 - modificato 1 volta.
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Re: Pensiero ateo
No, non sono stato sempre ateo, anche se questa l'ho sempre, o almeno da quando ho iniziato a ragionare, sentita come la mia condizione naturale. Se hai pazienza sufficiente per leggere il mio post iniziale nell'altro thread che avevo aperto per avviare questa discussione, lì ho tratteggiato diversi punti della mia esperienza con la religione.Cosworth117 ha scritto:Se sei stato sempre "ateo", come un Paolo, posso concordare. Tu sei stato indottrinato?
Non prendo me ad esempio me perché in realtà non ho mai creduto con consapevolezza. Ho sempre avuto dubbi fin da piccolo, e poi ad una certa età, ho ricercato alcune risposte avendo a disposizione strumenti come internet.
Però mi metto nei panni di uno che è stato pesantemente indottrinato, ed è stato fregato. Ad una certa età deve ricostruire il proprio modo di vedere la realtà, ci può provare. Non me lo ero mai chiesto, ma non è una sorta di costruzione di nuovi metri di riferimento con cui giudicare la realtà? Mi spiego?
Io per basi intendo la conoscenza del metodo scientifico, del rasoio di Occam, ecc... Se sai usare bene questi strumenti non hai problemi. E chi è stato indottrinato spesso non li sa utilizzare. L'ateismo vuole quelle basi, se in precendenza si è stati indottrinati. Altrimenti se non si è attraversato un certo processo non ci sono problemi.
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Re: Pensiero ateo
Lo leggerò Minsky.
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Re: Pensiero ateo
sempre a disposizione tesoro, ma 'sto giro non ho capito cosa sarebbe la parte opposta... devi farmi capire qualcosa in più se vuoi che ti spieghi che sei un cretinettiloonar ha scritto:io senza conoscere il metodo scientifico e il rasoio di occam, ho sempre avuto una repulsione naturale per le "favole", le ho sempre sgamate al volo e se qualcuna mi piaceva lo sapevo bene che era una cazzata. Come facevo a saperlo? Bho... Non rientrava nel metro di giudizio delle cose che funzionano.
(qua ci vorrebbe Jessica... con una delle sue analisi dalla parte opposta... mi spiegherebbe come sono un cretinetti a ragionare così... )
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Re: Pensiero ateo
Ma poi se si parla di divinità teiste e di matrice strettamente religiosa, non ci vuole manco tutto questo sforzo per non crederci, voglio dire, mettendo in campo un pò di pragmatismo e un minimo di conoscenza della storia dell'uomo, scegliere di credere è proprio roba da far cadere le braccia.
Ma sopratutto scegliere la fede cieca, che non ti fa distinguere tra diverse fedi, come mangiare brodo di carne di mille animali e pretendere di star mangiando solo pregiata carne di manzo e non la cattiva carne di cavallo, non so se rendo l'idea.
Boh, ci sono momenti in cui magari di fronte alla morte invidio pure i credenti, ma non perché loro hanno fede e io no, ma perché non riuscirei mai a convincermi a quel punto che quello che desidero è la realtà e non che la realtà non mi da retta.
E' come comunicare in linguaggi totalmente diversi. Un credente potrà dirmi banalità tipo "apri le braccia a dio" per avvicinarmi a quest'ultimo, e l'unica cosa che sono fisicamente capace di capire da quello è equivalente ad una supercazzola; un mucchio di parole vuote che dovrebbero avere un qualche significato nella mia lingua, ma che non ne hanno uno.
Questo purtroppo mi sembra che valga ampiamente anche nell'altra direzione; non c'è alcun modo per insegnarci l'un l'altro i nostri linguaggi e come spesso è stato sottolineato, l'unico modo per passare dall'altra parte e lasciare dei pezzi che possano incuriosire l'altro ad imparare la nuova lingua da solo.
Gli unici che possono liberarci dalla religione purtroppo siamo noi. Non c'è nessuno che possa darci una mano da fuori.
P.S Notare come non sto manco lì a specificare cosa sto postulando implicitamente nel mio discorso, poca voglia di perderci tempo, chi vuole sentire senta e capisca cosa assumo, chi non vuole consideri quanto sopra come le divagazioni di un nessuno su una parte sperduta di internet che non faranno alcuna differenza.
Ma sopratutto scegliere la fede cieca, che non ti fa distinguere tra diverse fedi, come mangiare brodo di carne di mille animali e pretendere di star mangiando solo pregiata carne di manzo e non la cattiva carne di cavallo, non so se rendo l'idea.
Boh, ci sono momenti in cui magari di fronte alla morte invidio pure i credenti, ma non perché loro hanno fede e io no, ma perché non riuscirei mai a convincermi a quel punto che quello che desidero è la realtà e non che la realtà non mi da retta.
E' come comunicare in linguaggi totalmente diversi. Un credente potrà dirmi banalità tipo "apri le braccia a dio" per avvicinarmi a quest'ultimo, e l'unica cosa che sono fisicamente capace di capire da quello è equivalente ad una supercazzola; un mucchio di parole vuote che dovrebbero avere un qualche significato nella mia lingua, ma che non ne hanno uno.
Questo purtroppo mi sembra che valga ampiamente anche nell'altra direzione; non c'è alcun modo per insegnarci l'un l'altro i nostri linguaggi e come spesso è stato sottolineato, l'unico modo per passare dall'altra parte e lasciare dei pezzi che possano incuriosire l'altro ad imparare la nuova lingua da solo.
Gli unici che possono liberarci dalla religione purtroppo siamo noi. Non c'è nessuno che possa darci una mano da fuori.
P.S Notare come non sto manco lì a specificare cosa sto postulando implicitamente nel mio discorso, poca voglia di perderci tempo, chi vuole sentire senta e capisca cosa assumo, chi non vuole consideri quanto sopra come le divagazioni di un nessuno su una parte sperduta di internet che non faranno alcuna differenza.
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Re: Pensiero ateo
Cosa intendete quando dite "augurare qualcosa a qualcuno"?Fux89 ha scritto:Idem. :si si:loonar ha scritto:La mia esperienza:
quando vado in down
e ci vado spessissimo, specie ultimamente
non ce la faccio ad appoggiarmi a cose metafisiche, anche solo augurare qualcosa a qualcuno, mio pare una sciocchezza
me lo rifiuta proprio la mente di mettermi a credere a certe cose
come una specie di impossibilità genetica... se ci provo, mi vedo "da fuori" e mi commento dicendo: "ma che stiamo davero davero a scherza'....e annamooooo!"
Cioè, non fate neanche un "in bocca al lupo" o un abbraccio dicendo "non ti preoccupare andrà tutto nel migliore dei modi" o un "spero proprio che tu ce la faccia"?
___________________
Mi vuoi dire, caro Sancho, che dovrei tirarmi indietro
perchè il "male" ed il "potere" hanno un aspetto così tetro?
Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità,
farmi umile e accettare che sia questa la realtà?
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Re: Pensiero ateo
Thom in grande spolvero!!!
delfi68- -------------
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Re: Pensiero ateo
quelli che dici tu sono incoraggiamenti, almeno io li dico in questo senso, per fargli capire che sto dalla sua parte.Ludwig von Drake ha scritto:Cosa intendete quando dite "augurare qualcosa a qualcuno"?Fux89 ha scritto:Idem. :si si:loonar ha scritto:La mia esperienza:
quando vado in down
e ci vado spessissimo, specie ultimamente
non ce la faccio ad appoggiarmi a cose metafisiche, anche solo augurare qualcosa a qualcuno, mio pare una sciocchezza
me lo rifiuta proprio la mente di mettermi a credere a certe cose
come una specie di impossibilità genetica... se ci provo, mi vedo "da fuori" e mi commento dicendo: "ma che stiamo davero davero a scherza'....e annamooooo!"
Cioè, non fate neanche un "in bocca al lupo" o un abbraccio dicendo "non ti preoccupare andrà tutto nel migliore dei modi" o un "spero proprio che tu ce la faccia"?
Gli auguri di cui parlavo sono rivolti a chi vorrei veder crepare, sono cioè da tutt'altra sponda!
loonar- ----------
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Re: Pensiero ateo
ho l'impressione che Masada cerchi fuori di se quello che dovrebbe trovare dentro di se.
ha provato seriamente la strada religiosa ma si è accorto che non gli dava ciò che cercava.
era in una fase atea/agnostica ma irrequieta, con la necessità di fondare la sua scelta su un solido impianto filosofico razionale.
ed ancora non trova tranquillità neppure così.
forse dovrebbe cambiare prospettiva.
non affidare a fonti esterne precostituite la costruzione di un suo impianto di valori, l'impostazione della propria rappresentazione della realtà.
ma cercare di percepire qual'è il suo personale ed originale modo di vedere le cose.
qual'è la prospettiva mediamente più congeniale con il suo modo di essere.
senza confrontarsi troppo con i sistemi già consolidati.
che sono stati costruiti da altri uomini per soddisfare le loro personali esigenze. che possono essere differenti dalle sue.
perché adottare soluzioni che sono buone per altri non garantisce una buona riuscita dell'operazione di scelta di un proprio modo personale di vivere.
evidentemente, visti i risultati.
non lo garantisce per lui.
può andare bene per molti altri, ma lui non è molti altri.
e quindi deve decidersi a trovare la sua personale strada, visto che percorrere quelle predisposte da altri non lo ha portato da nessuna parte.
magari può partire dalla considerazione che qualunque scelta si faccia il risultato a lunghissimo tempo (fra 100 anni) sarà pefettamente equivalente per tutti: zero.
quindi un modo vale l'altro, sotto questo punto di vista.
tanto vale basare la scelta del proprio sentiero sui gusti, sentimenti, bisogni, ... , personali.
senza stare troppo a dare importanza a quelli che sono i sistemi che sono buoni (o meno) per altri.
valutare gli effetti su di sè di ciò che vive nel presente, senza sprecare risorse nel cercare spunti in esempi di approccio col mondo costruiti da altre persone, per le esigenze di altre persone. evidentemente non per le sue.
ha provato seriamente la strada religiosa ma si è accorto che non gli dava ciò che cercava.
era in una fase atea/agnostica ma irrequieta, con la necessità di fondare la sua scelta su un solido impianto filosofico razionale.
ed ancora non trova tranquillità neppure così.
forse dovrebbe cambiare prospettiva.
non affidare a fonti esterne precostituite la costruzione di un suo impianto di valori, l'impostazione della propria rappresentazione della realtà.
ma cercare di percepire qual'è il suo personale ed originale modo di vedere le cose.
qual'è la prospettiva mediamente più congeniale con il suo modo di essere.
senza confrontarsi troppo con i sistemi già consolidati.
che sono stati costruiti da altri uomini per soddisfare le loro personali esigenze. che possono essere differenti dalle sue.
perché adottare soluzioni che sono buone per altri non garantisce una buona riuscita dell'operazione di scelta di un proprio modo personale di vivere.
evidentemente, visti i risultati.
non lo garantisce per lui.
può andare bene per molti altri, ma lui non è molti altri.
e quindi deve decidersi a trovare la sua personale strada, visto che percorrere quelle predisposte da altri non lo ha portato da nessuna parte.
magari può partire dalla considerazione che qualunque scelta si faccia il risultato a lunghissimo tempo (fra 100 anni) sarà pefettamente equivalente per tutti: zero.
quindi un modo vale l'altro, sotto questo punto di vista.
tanto vale basare la scelta del proprio sentiero sui gusti, sentimenti, bisogni, ... , personali.
senza stare troppo a dare importanza a quelli che sono i sistemi che sono buoni (o meno) per altri.
valutare gli effetti su di sè di ciò che vive nel presente, senza sprecare risorse nel cercare spunti in esempi di approccio col mondo costruiti da altre persone, per le esigenze di altre persone. evidentemente non per le sue.
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Re: Pensiero ateo
Io penso che Masada è persona talmente intelligente da possedere tutti i mezzi per trovare una sua pace interiore.
Spero solo che non ci metta una decina d'anni come ho impiegato io quando ci sono passato, anche se, da quel che ho inteso, le mie "seghe mentali" sono state un po' diverse dalle attuali sue.
E quoto Mix.
Per me è stato come elaborare un lutto, trovando la soluzione dentro di me.
Spero solo che non ci metta una decina d'anni come ho impiegato io quando ci sono passato, anche se, da quel che ho inteso, le mie "seghe mentali" sono state un po' diverse dalle attuali sue.
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Re: Pensiero ateo
Tutto molto interessante, ma mi piacerebbe sapere cosa ha da dire Masada in merito.
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perchè il "male" ed il "potere" hanno un aspetto così tetro?
Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità,
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Re: Pensiero ateo
Vero, sono d'accordo. Vedremo se ne avrà voglia.
Io Lud sono stato un po' vago, e non a caso. Spesso sono discorsi talmente intimi che, almeno per quel che mi riguarda avrei molte difficoltà a postarle qui in piazza.
E considera che sono passati anni...
Io Lud sono stato un po' vago, e non a caso. Spesso sono discorsi talmente intimi che, almeno per quel che mi riguarda avrei molte difficoltà a postarle qui in piazza.
E considera che sono passati anni...
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Re: Pensiero ateo
Bel thread.
Anche se gli effetti dell'indottrinamento possono riemergere dopo decenni, una volta capito come funziona il giochino e le sue possibili applicazioni, non ci si casca mai più.
Anche se gli effetti dell'indottrinamento possono riemergere dopo decenni, una volta capito come funziona il giochino e le sue possibili applicazioni, non ci si casca mai più.
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Lei è cattolico? Allora mi perdoni
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Re: Pensiero ateo
eh si, il problema è quello.*Valerio* ha scritto:Vero, sono d'accordo. Vedremo se ne avrà voglia.
Io Lud sono stato un po' vago, e non a caso. Spesso sono discorsi talmente intimi che, almeno per quel che mi riguarda avrei molte difficoltà a postarle qui in piazza.
E considera che sono passati anni...
ho provato a pensare quale esempio chiaro potessi fare senza raccontare metà della mia vita privata e non me ne è venuto neppure uno.
premesse per chi volesse in questo gioco di dico non dico capire qualcosa senza sapere tutto...:
ho già oscillato 2 volte da credente-agnostico-ateo, vivendo tutte e tre le dimensioni in maniera piena e coerente almeno una volta ciascuna e quindi so di essere strutturalmente un esploratore e sperimentatore di visioni di vita.
mentre uno scienziato lo fa in laboratorio con cavie, io lo faccio nel mondo reale con la cavia che sono io.
motivo?
boh, forse i papà invece di lavorare dovrebbero parlare con i figli piccoli almeno una volta nei primi dieci anni di vita...
poco importa.
avendo già oscillato e sapendo di oscillare esistenzialmente dopo l'ultima fase di ateismo rancoroso di rigetto, e poi agnosticismo filosofico di relax fino all'ignosticismo, un paio di anni fa ho deciso di vedere se riuscivo a scartare da questa posizione attraverso l'uso della ragione.
se la ragione potesse dare una risposta razionalmente soddisfacente sulla questione di dio e dell'uomo.
il risultato è che, anche dopo molto tempo sul forum, a seguito di alcuni eventi destabilizzanti dal punto di vista emotivo e relazionale, non ho riscontrato alcuna certezza razionale.
anzi, l'analisi è poi finita a interessare la discriminante fra razionale e irrazionale, cioè una via irriducibile e irrisolvibile, se non altro perchè per parlare dell'irrazionale lo si deve comunque fare razionalmente, a meno che non si accetti un approccio zen che consideri il paradosso come risposta razionalmente soddisfacente.
dopo aver ribaltato un paio di paradigmi esistenziali mi ritrovo quindi in una situazione se si vuole di ancor maggior smarrimento e sento dentro di me il dovere morale di sperimentare esistenzialmente nuove ipotesi.
in questa dimensione per le ultime esperienze che sto vivendo, sto perdendo, o barattando anche le poche certezze a cui mi aggrappavo.
in questa confusione, consapevole delle mie oscillazioni esistenziali cicliche, noto che sto sperimentando una "pulsione" verso dinamiche di retaggio religioso.
esempi: in una scelta concreta mi sento bloccato da un dettame etico di origine religiosa, e la paura che la cosa sia in sè male non mi permette di approcciarmi a scelte "spietate" e utilitaristiche che violentano valori e portano a sè depredando di felicità e benessere gli altri.
in un altro caso mi sono ritrovato a parlare fra me e me e percepire, quasi come un gusto, questo me riflesso come altro-tutto, voce di verità, discriminante fra bene e male, giusto e sbagliato.
e poi chiaramente in queste situazioni prendono spessore anche banalità come: ho riscontrato accadere anche una decina di volte quasi di fila la coincidenza di pensare-sentire a una persona in particolare, scriverle un sms, e ricevere in contemporanea un suo messaggio, o svegliarmi di notte alle tre e cinque secondi dopo sentire arrivare un suo messaggio.
insomma, coincidenze davvero imbarazzanti quotidiane, coincidenze ovviamente di eccezioni, e non di quotidianità routinarie.
e altre bizzarrie simili che portano a vertigini razionali totali.
capisco che non poter far gli esempi concreti lasci il discorso in un piano molto fumoso, ma in definitiva mi trovo ancora alla frontiera di un agnosticismo che si fa ricerca a 360°, in quanto razionalmente una ipotesi deve essere dimostrata anche considerando l'altra, e la considerazione non può che essere sperimentale, e sulla propria pelle, fatta di scelte, eventi, e interpretazione degli stessi in un quadro completo, il più possibile coerente.
in definitiva il desiderio più forte è ora quello di abbandonare la ragione in scelte esistenziali e muovermi solo per il sentimento soggettivo e l'utile egoistico del momento senza più ricercare quadri di riferimento semi completi.
ma si sa, quando si lascia un paradigma razionale di riferimento, non si sa mai in pochi mesi dove si possa arrivare.
e come mai minsky?
perchè tempo fa avevo letto un suo post di contenuto epistemologico in cui definiva, rifacendosi ai testi di una docente universitaria, risolte razionalmente tutte le questioni che aprono alla possibilità del trascendente.
il post riportava citazioni parallele a un sito, e per questo mi ero anche arrabbiato perchè ritenevo la cosa una fuffa, in quanto spesso avevo proposto tematiche epistemologiche , ma quasi nessuno mi aveva seguito coi termini e i giri adeguati.
come possibile allora questa colpo di scena, a me, interessato dell'argomento, totalmente sconosciuto?
mi chiedevo se quindi qualcuno degli atei più convinti e formati del forum avesse un qualche asso epistemologico-razionale per scartare una deriva anche solo ipotetico-sperimentale verso il trascendente.
ovviamente non mi sto riferendo, e veramente chiedo scusa a chi li considera pilastri sufficienti, a banalità euristiche come il rasoio di occam, che sarebbe prima da dimostrare, soprattutto il "praeter necessitatem", soprattutto se si segue un paradigma della complessità, ormai l'unico che mi pare razionalmente sensato, o a formulazioni filosofiche pragmatiche come il metodo scientifico, che è il contenuto primo di riflessione dell'epistemologia, ma proprio non basta per escludere in alcun modo il trascendente, la ricerca di un fine, un senso, un orizzonte del tutto.
purtroppo, per me, questi contenuti non sono assi, ma due di picche insufficienti a fare briscola...
boh.
vediamo che ne esce.
spero si sia capito qualcosa.
io ho letto e penso capito i vostri interventi più lineari e chiari.
ho cercato di rispondere un po' a tutti in questo post.
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Masada- -----------
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Re: Pensiero ateo
Sai io perchè son atea?
Perche non credo che dio sia gesu fattosi uomo, non credo nemmeno agli altri dii delle altre religioni.
Fine.
Poi.... Ci sarà qualcosa dopo la morte?
Bohhhh nessuno è tornato per dircelo, se c'è un altra dimensione non lo sappiamo, quelli che dicono di si delle altre religioni non hanno prove, perciò non dovrebbe esserci un dubbio, ma... Dipende, dipende da quello che come dici hai vissuto, coincidenze che ti sembrano strane o cose del genere che ti portano a sperare, per alcuni restano solo coincidenze da razionalizzare.
Ma nessuno di noi è morto per dirlo per cui nessuno può giudicare...
Guarda io onestamente a volte sto male a pensar che non ci sia niente, ancora.
Ma se cerco risposte....
Razionalmente mi viene la depressione, non lo riesco ad accettare. Emotivamente penso a una cosa che mi è successa e mi dico... Chissà... ( ma non pensando al dio cattolico, un chissà in generale) poi però penso pure a quante occasione invece mi fanno pensare che non ci sia proprio niente...
E insomma perdi tempo a pensare e riflettere e incanto la vita che quella è sicura che c'è va avanti e te la perdi a pensare a qualcosa di cui non sai, non riesci a capire emotivamente, e ... Boh non ne vale la pena per me ecco, sai che mi dico? Se non c'è niente non avrò perso niente della vita, se c'è qualcosa... Meglio.
Si è come non esser ne carne n'è pesce...
Poi io più che atea nel senso che ci metto la mano sul fuoco su previta e dopo morte son atea nel senso che non credo a nessuna delle panzane raccontate per svariati motivi, con umiltà dico ' non lo so per il resto, il mio cervello non ci arriva ' , il ' sentire ' di ognuno di noi è molto intimo e personale ed è quasi inutile parlarne per sapere l opinione Dell altro...
Mi piacerebbe invece tanto sapere cosa ha detto quell ebreo a diva... Quando cambio idea...
Diva se ti va lo racconti??
Perche non credo che dio sia gesu fattosi uomo, non credo nemmeno agli altri dii delle altre religioni.
Fine.
Poi.... Ci sarà qualcosa dopo la morte?
Bohhhh nessuno è tornato per dircelo, se c'è un altra dimensione non lo sappiamo, quelli che dicono di si delle altre religioni non hanno prove, perciò non dovrebbe esserci un dubbio, ma... Dipende, dipende da quello che come dici hai vissuto, coincidenze che ti sembrano strane o cose del genere che ti portano a sperare, per alcuni restano solo coincidenze da razionalizzare.
Ma nessuno di noi è morto per dirlo per cui nessuno può giudicare...
Guarda io onestamente a volte sto male a pensar che non ci sia niente, ancora.
Ma se cerco risposte....
Razionalmente mi viene la depressione, non lo riesco ad accettare. Emotivamente penso a una cosa che mi è successa e mi dico... Chissà... ( ma non pensando al dio cattolico, un chissà in generale) poi però penso pure a quante occasione invece mi fanno pensare che non ci sia proprio niente...
E insomma perdi tempo a pensare e riflettere e incanto la vita che quella è sicura che c'è va avanti e te la perdi a pensare a qualcosa di cui non sai, non riesci a capire emotivamente, e ... Boh non ne vale la pena per me ecco, sai che mi dico? Se non c'è niente non avrò perso niente della vita, se c'è qualcosa... Meglio.
Si è come non esser ne carne n'è pesce...
Poi io più che atea nel senso che ci metto la mano sul fuoco su previta e dopo morte son atea nel senso che non credo a nessuna delle panzane raccontate per svariati motivi, con umiltà dico ' non lo so per il resto, il mio cervello non ci arriva ' , il ' sentire ' di ognuno di noi è molto intimo e personale ed è quasi inutile parlarne per sapere l opinione Dell altro...
Mi piacerebbe invece tanto sapere cosa ha detto quell ebreo a diva... Quando cambio idea...
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Re: Pensiero ateo
Masada, il mio messaggio è questo, la conclusione del post con cui ho aperto l'altro thread: «Se vi piacciono i tuffi, tuffatevi.»Masada78 ha scritto:...
Tu hai studiato molta filosofia, di sicuro hai letto anche molti testi "sacri", non solo bibbie e vangeli, anche Vinaya, Abhidamma, Veda, Torah, Bhagavata, e tutte quelle affascinanti storie orientali. Io in tutti questi libri, ad ogni pagina leggo: "queste sono favole! sono fantasie, sono sogni, sono incubi...". La filosofia, sì, è una specie di "scienza della scienza", ma cosa ci dice alla fin fine? È lo strumento che dovrebbe fornire i metodi... ma un attrezzo in sé non serve a niente, se non si sa come usarlo.
In un altro thread ( http://atei.forumitalian.com/t4484-un-esperimento-le-prove-dell-altra-parte#169944 ), avevo provato a mostrare quanto sia facile costruire argomentazioni che superano anche la favolistica tradizionale più sfrenata, sviluppando proposte metafisiche esotiche, apparentemente ben fondate. Uno strumento come la filosofia, si può adattare a tante applicazioni, è come un linguaggio di programmazione, non ci sono limiti alle possibilità di elaborazione, se hai una macchina sufficientemente potente su cui far girare il tuo programma.
Quindi ti dico: non farti confondere dal mezzo, che lecitamente usi per guidare le tue scelte, trasformandolo in fine. Fatti guidare piuttosto dal sentimento, raramente in una persona che ha vissuto pienamente, l'intuito sbaglia. Se vai a cercare le giustificazioni nella filosofia, le troverai, ma purtroppo questo è vero per qualunque caso tu voglia giustificare. La filosofia non è strumento di scelta, non è un criterio che permetta di fare la differenza, esattamente come per il credente o l'agnostico, ad un certo punto il limite alla credenza o all'agnosticismo deve essere fissato del tutto arbitrariamente.
Solo l'ateo è libero da queste contraddizioni, almeno per quanto riguarda la religione, poi come tutti gli umani anche un ateo avrà mille dubbi e mille irrazionalità con cui confrontarsi, ma, perbacco, almeno questa immane stronzata della religione, e della morale artefatta e contorta che si porta dietro, questa buttala alle ortiche, non ne hai bisogno!
Con tutto il cuore, non so che altro aggiungere. Spero tanto che altri abbiano argomenti più convincenti dei miei, è con questa idea che ho voluto portare qui il confronto.
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Re: Pensiero ateo
ma poi la mancanza di certezza è normale
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Re: Pensiero ateo
provo a rispondere a qualcosa che vediamo se riusciamo almeno a districare un paio di nodi.Minsky ha scritto:Masada, il mio messaggio è questo, la conclusione del post con cui ho aperto l'altro thread: «Se vi piacciono i tuffi, tuffatevi.»Masada78 ha scritto:...
Tu hai studiato molta filosofia, di sicuro hai letto anche molti testi "sacri", non solo bibbie e vangeli, anche Vinaya, Abhidamma, Veda, Torah, Bhagavata, e tutte quelle affascinanti storie orientali. Io in tutti questi libri, ad ogni pagina leggo: "queste sono favole! sono fantasie, sono sogni, sono incubi...".
parto da qui, non me ne vogliano gli altri a cui cerco di rispondere in questo stesso post.
verso tutta la letteratura antica io ho un approccio totalmente diverso.
ne sono affascinato.
la stessa iliade mi ha spiegato una peculiarità dell'uomo occidentale che altrimenti non avrei colto e/o accettato.
tutti quei libri per me sono uno straordinaria sedimentazione del meglio del meglio e del peggio di migliaia di anni di vite di milioni di persone.
i primi uomini che abbozzarono le prime civiltà.
se per me è importante confrontarmi con uno sconosciuto su un forum per considerare realmente i suoi suggerimenti a partire dalla sua esperienza di vita, come non posso trovare essenziale confrontarmi con la cristallizzazione delle esperienze condivise da milioni di uomini, civiltà intere?
fa parte del mio metodo di indagine sull'umano:
confrontarmi con l'altro, per cercare di avvicinarmi all'oggettività attraverso le soggettività condivise.
so che dietro ogni mito parla l'uomo, e ci parla dell'uomo.
non c'è scienza che parli dell'uomo all'uomo.
solo gli eventi della storia, le loro interpretazioni, le idee,... parlano all'uomo e dicono all'uomo che cosa essere.
la storia, la letteratura, l'arte, le religioni e le filosofie, ci parlano tutte dell'uomo, e di come l'uomo si sia immaginato in questo caos che è la vita e il mondo.
di cosa parlano questi libri?
favole, fantasie, leggende?
e se anche, leggende che ci parlano dell'uomo.
ci parla l'iliade, ci parla medea, anche se è una tragedia inventata.
l'uomo inventa parlando di quello che vive.
se anche quel che dice fosse inventato, non lo è lui che lo ha pensato, e quello che ha vissuto e che gli ha permesso di inventarlo... ciò che l'uomo inventa quando crea arte è una immagine di sè e della sua esperienza nel mondo.
allo stesso modo tutti i testi sacri.
in loro ho notato la tendenza ad avere un tema comune: il rapporto del singolo uomo col tutto, il resto, la storia, che poi si chiama dio.
vie per armonia, equilibri, giustizie,... nel rapporto con gli altri e il tutto.
si focalizza sul tutto e sulle relazioni.
da queste antiche tradizioni religiose ho tratto e tuttora conservo un principio che non ha alcun fondamento oltre a questo, di essere detto da quasi tutti loro:
"non fare agli altri quello che..."
quando infrango questo mi pongo delle domande.
nella esperienza di conversione che ho vissuto anni fa ho cambiato in fondo solo l'approccio verso la vita: prima ritenevo scontato portare tutto a me e a me solo, calpestando sentimenti e bisogni altrui, pretendendo stima, quasi assoggettamento...
poi ho modificato la mia attitudine decidendo in linea di massima, nella malaugurata ipotesi di dover scegliere, di accollarmi il dolore altrui piuttosto che generarlo o scaricarlo io sugli altri.
questo è quello che quei miti religiosi in fondo mi hanno lasciato.
storie archetipe.
e poco importa che mosè non sia esistito, o abramo, o ... ma nelle loro storie si legge una intepretazione della vita, della storia, dell'uomo, e del tutto-dio straordinarie, che per essere state inventate da qualche uomo, devono venire da esperienze concrete di vita che questi uomini hanno vissuto e dalle risposte che loro hanno provato a dare agli eventi.
è chiaro che può essere più di impatto leggere la storia di guevara che il capitale di marx.
le ideologie hanno bisogno di eroi archetipi, dei garibaldi, dei leonida, ... spesso nelle loro storie, vere, romanzate, o inventate, c'è il succo di una cultura ben più capibile che in un trattato.
ma è la genesi del testo sacro che ne svela il valore:
dall'esperienza esistenziale umana le domande, le risposte sparate, la verificazione sulla vita e sulle vite altrui, la creazione di una allegoria-personaggio che incarna il messaggio, l'invio del messaggio in circolo, la spietatissima selezione dei secoli e le modificazioni, ed ecco il testo sacro, condensato di umanità, nelle luci e nelle tenebre.
io lì ritrovo la culla della nostra civiltà, del nostro vivere assieme, del nostro essere uomini.
i primi tentativi, le ragioni, i modi, e,... certo, tutte le catastrofi e gli errori, che, per carità, son stati pure peggiori nel 900, quindi con la storia ci facciamo più brutta figura noi e questo alibi degli errori e dell'oscurità del passato da cui non si può imparar niente non vale.
un esempio di cosa suonerebbe incredibile?
gandhi ha seguito un principio religioso razionalmente apparentemente contro la realtà della durezza della competizione e della selezione e contro l'istinto di sopravvivenza: la non violenza sempre, anche in risposta alla violenza, per aver giustizia.
chiaramente la speranza che funzioni risiede nell'esistenza di un dio, di una armonia e di un ordine "oltre", che lo faccia funzionare.
chiunque di noi leggesse la storia di un tizio vissuto 4000 anni fa che riesce a far liberare la sua nazione dall'impero più potente al mondo lasciandosi picchiare, digiunando e pregando... finchè miracolosamente gli eserciti nemici si ritirano... direbbe:
che vaccata!
nella realtà lo avrebbero massacrato di bastonate...
tutte balle!
il mondo, la storia, non gira così!
provati tu a fermare un hitler in quel modo!?!
vatti a fidare tu che il tuo dio sarà fedele... e che esista, soprattutto.
Ultima modifica di Masada78 il Ven 18 Ott 2013 - 20:45 - modificato 1 volta.
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Re: Pensiero ateo
Ghandi (uomo grandissimo) ha fatto quel che ha fatto perché aveva di fronte un impero con rigide regole morali.
ha usato questo fatto con forza, ma senza violenza, ritrovandosi in mano un'arma imbattibile (dagli inglesi di quei tempi)
se mancava quella componente non avrebbe agito così. oppure non sarebbe finita così.
religione o non religione.
ha usato questo fatto con forza, ma senza violenza, ritrovandosi in mano un'arma imbattibile (dagli inglesi di quei tempi)
se mancava quella componente non avrebbe agito così. oppure non sarebbe finita così.
religione o non religione.
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Re: Pensiero ateo
Ma certo che quella letteratura è affascinante, l'ho definita anch'io così. Profondissima la tua osservazione che quei testi sono carichi di storia, almeno in un senso lato, e carichi di umanità. Il racconto dei sogni, delle fantasie - anche degli incubi, che altro non si possono dire alcune parti - di quegli antichi ci trasmette un patrimonio inestimabile, da un punto di vista culturale.Masada78 ha scritto:
parto da qui, non me ne vogliano gli altri a cui cerco di rispondere in questo stesso post.
verso tutta la letteratura antica io ho un approccio totalmente diverso.
ne sono affascinato.
la stessa iliade mi ha spiegato una peculiarità dell'uomo occidentale che altrimenti non avrei colto e/o accettato.
tutti quei libri per me sono uno straordinaria sedimentazione del meglio del meglio e del peggio di migliaia di anni di vite di milioni di persone.
i primi uomini che abbozzarono le prime civiltà.
se per me è importante confrontarmi con uno sconosciuto su un forum per considerare realmente i suoi suggerimenti a partire dalla sua esperienza di vita, come non posso trovare essenziale confrontarmi con la cristallizzazione delle esperienze condivise da milioni di uomini, civiltà intere?
fa parte del mio metodo di indagine sull'umano:
confrontarmi con l'altro, per cercare di avvicinarmi all'oggettività attraverso le soggettività condivise.
so che dietro ogni mito parla l'uomo, e ci parla dell'uomo.
non c'è scienza che parli dell'uomo all'uomo.
solo gli eventi della storia, le loro interpretazioni, le idee,... parlano all'uomo e dicono all'uomo che cosa essere.
la storia, la letteratura, l'arte, le religioni e le filosofie, ci parlano tutte dell'uomo, e di come l'uomo si sia immaginato in questo caos che è la vita e il mondo.
di cosa parlano questi libri?
favole, fantasie, leggende?
e se anche, leggende che ci parlano dell'uomo.
ci parla l'iliade, ci parla medea, anche se è una tragedia inventata.
l'uomo inventa parlando di quello che vive.
se anche quel che dice fosse inventato, non lo è lui che lo ha pensato, e quello che ha vissuto e che gli ha permesso di inventarlo... ciò che l'uomo inventa quando crea arte è una immagine di sè e della sua esperienza nel mondo.
allo stesso modo tutti i testi sacri.
in loro ho notato la tendenza ad avere un tema comune: il rapporto del singolo uomo col tutto, il resto, la storia, che poi si chiama dio.
vie per armonia, equilibri, giustizie,... nel rapporto con gli altri e il tutto.
si focalizza sul tutto e sulle relazioni.
Ma da questo a trarne l'ossatura della condotta sociale e individuale dell'uomo di oggi, ce ne passa! Forse che tutti quelli che sono vissuti dopo - anche solo numericamente, la maggior parte dell'umanità di tutti i tempi - sono vissuti invano?
Masada, anche tu sei riuscito a trarre dalle tue esperienze religiose, un motivo di crescita personale e di relazione con il prossimo (dico "anche tu" perché sto pensando ad altri utenti di questo forum che secondo me si trovano in condizioni simili) solo perché la tua statura morale, la tensione che la tua coscienza ha messo in moto, verso il superamento dell'egoismo e dell'indifferenza, è stato il motore che ti ha propulso verso il miglioramento. La religione è stato solo un pretesto formale. Molto probabilmente avresti potuto seguire un qualsiasi "santone" orientaleggiante, e il risultato sarebbe stato identico: in fin dei conti, predicano tutti pace e amore, no?Masada78 ha scritto:da queste antiche tradizioni religiose ho tratto e tuttora conservo un principio che non ha alcun fondamento oltre a questo, di essere detto da quasi tutti loro:
"non fare agli altri quello che..."
quando infrango questo mi pongo delle domande.
nella esperienza di conversione che ho vissuto anni fa ho cambiato in fondo solo l'approccio verso la vita: prima ritenevo scontato portare tutto a me e a me solo, calpestando sentimenti e bisogni altrui, pretendendo stima, quasi assoggettamento...
poi ho modificato la mia attitudine decidendo in linea di massima, nella malaugurata ipotesi di dover scegliere, di accollarmi il dolore altrui piuttosto che generarlo o scaricarlo io sugli altri.
questo è quello che quei miti religiosi in fondo mi hanno lasciato.
storie archetipe.
e poco importa che mosè non sia esistito, o abramo, o ... ma nelle loro storie si legge una intepretazione della vita, della storia, dell'uomo, e del tutto-dio straordinarie, che per essere state inventate da qualche uomo, devono venire da esperienze concrete di vita che questi uomini hanno vissuto e dalle risposte che loro hanno provato a dare agli eventi.
Perché mai, si può imparare dal passato - anzi si deve - soprattutto evitando di ripetere gli errori più tragici, non ti pare? E le storie dei "testi sacri", sono davvero tutte così belle ed edificanti? Ho qualche perplessità in merito.Masada78 ha scritto:è chiaro che può essere più di impatto leggere la storia di guevara che il capitale di marx.
le ideologie hanno bisogno di eroi archetipi, dei garibaldi, dei leonida, ... spesso nelle loro storie, vere, romanzate, o inventate, c'è il succo di una cultura ben più capibile che in un trattato.
ma è la genesi del testo sacro che ne svela il valore:
dall'esperienza esistenziale umana le domande, le risposte sparate, la verificazione sulla vita e sulle vite altrui, la creazione di una allegoria-personaggio che incarna il messaggio, l'invio del messaggio in circolo, la spietatissima selezione dei secoli e le modificazioni, ed ecco il testo sacro, condensato di umanità, nelle luci e nelle tenebre.
io lì ritrovo la culla della nostra civiltà, del nostro vivere assieme, del nostro essere uomini.
i primi tentativi, le ragioni, i modi, e,... certo, tutte le catastrofi e gli errori, che, per carità, son stati pure peggiori nel 900, quindi con la storia ci facciamo più brutta figura noi e questo alibi degli errori e dell'oscurità del passato da cui non si può imparar niente non vale.
A questo ha risposto compiutamente mix.Masada78 ha scritto:un esempio di cosa suonerebbe incredibile?
gandhi ha seguito un principio religioso razionalmente apparentemente contro la realtà della durezza della competizione e della selezione e contro l'istinto di sopravvivenza: la non violenza sempre, anche in risposta alla violenza, per aver giustizia.
chiaramente la speranza che funzioni risiede nell'esistenza di un dio, di una armonia e di un ordine "oltre", che lo faccia funzionare.
chiunque di noi leggesse la storia di un tizio vissuto 4000 anni fa che riesce a far liberare la sua nazione dall'impero più potente al mondo lasciandosi picchiare, digiunando e pregando... finchè miracolosamente gli eserciti nemici si ritirano... direbbe:
che vaccata!
nella realtà lo avrebbero massacrato di bastonate...
tutte balle!
il mondo, la storia, non gira così!
provati tu a fermare un hitler in quel modo!?!
vatti a fidare tu che il tuo dio sarà fedele... e che esista, soprattutto.
Minsky- --------------
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Re: Pensiero ateo
bello bello.mix ha scritto:Ghandi (uomo grandissimo) ha fatto quel che ha fatto perché aveva di fronte un impero con rigide regole morali.
ha usato questo fatto con forza, ma senza violenza, ritrovandosi in mano un'arma imbattibile (dagli inglesi di quei tempi)
se mancava quella componente non avrebbe agito così. oppure non sarebbe finita così.
religione o non religione.
però se si riesce non divaghiamo troppo sugli esempi, altrimenti non riesco a star dietro.
restiamo al messaggio centrale dei post.
io vado di sintesi.
in ogni caso senza religione nessun indiano avrebbe seguito gandhi.
quindi al massimo:
oppure non sarebbe finita così.
dio o non dio.
e mi sembra anche che il tuo sia un ragionamento "cane che si morde la coda":
io uso un esempio per alludere trasversalmente a più cose: per dire come mai alcuni uomini credono in alcune storie che paiono non vere, cito un principio religioso apparentemente non efficacie nel quotidiano e un caso in cui ha funzionato,...
tu poi mi spieghi perchè per motivi storici ha funzionato.
ma non è normale che se qualcosa funziona, lo fa svolgendosi in una storia, e quindi funzionando concretamente con motivi, click storici concreti?
mi pare sia più o meno del genere dello stesso cortocircuito razionale che porta alcuni scientisti a affermare con certezza: "siccome posso spiegare il funzionamento delle leggi della vita al punto che tutto sembra sgorgare dal caos e dal caso perfettamente inquadrato in modelli razionali, allora dio non può essere dietro a qualcosa che funziona senza che si noti che sia lui a farlo"
si capisce?
semplificando:
se io lo spiego, lo so razionalizzare in modelli causa-effetto, allora dio non esiste...
perchè questa conclusione quanto meno azzardata?
si parte dal presupposto che l'agire di un ipotetico dio debba essere straordinario, fuori dalle regole dell'universo e della storia che, guarda caso, per ipotesi, lui avrebbe dovuto creare (l'universo) e dirigere, condizionare (la storia)...
nel caso del dio abramitico, almeno.
concludere che dio non c'è perchè le cose avvengono senza vedere la foto della manina di un dio che agisce direttamente come un goffo chirurgo, e perchè riesco a spiegarle con motivi psicologici, sociologici, storici, economici, contingenti... comunque non significa che non siano avvenute e che non abbiano funzionato.
cioè che possa essere che il principio sia vero in un senso assoluto e vada applicato a prescindere dalla contingenza.
cioè che la contingenza sia condizionata dal principio, e non viceversa.
si pretende razionalmente di antropomorfizzare dio e considerare un tizio che dovrebbe avere creato spazio, materia, energia, leggi, vita,... vita libera e autocosciente... come un pirla che deve fare giochi di prestigio per agire.
quindi la obiezione non è radicale.
no?
forse mi è sfuggito qualcosa...
ci sta, ma non basta.
andiamo però oltre gli esempi, al succo.
anche se ci sta andare al succo con gli esempi... come le storie archetipe dei miti di cui sopra.
basta non dimenticare il succo, che ci si vada o che ci si torni, la "visione di insieme", a cosa alludono gli esempi.
grazie.
___________________
Masada- -----------
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Re: Pensiero ateo
Mi sembra che tu vuoi un dio ingegnere, che ha progettato tutto, fin nei minimi dettagli, ha combinato gli ingredienti (qualunque cosa fossero, mettiamo pure che fosse l'energia del vuoto) e poi, scatenata la reazione, si è fatto da parte per osservare il risultato dell'esperimento. La mia obiezione a questa posizione non è che dio è inutile, ma che è semplicemente assurdo, perché dovrebbe avere una complessità di fantastilioni di ordini di grandezza superiore all'universo che ha creato. Sarebbe come se tu costruissi un mappamondo, disegnando sopra una palla le linee di costa dei continenti. Un modello rudimentale del mondo vero. E per fare quell'obbrobrio lì, c'è voluto un essere senziente, di complessità straordinaria, dotato di coscienza, trenta anni di studi filosofici alle spalle... vedi la sproporzione? E allora, la tua risposta a chi ha messo in funzione l'universo, genera la domanda: chi ha messo in funzione il creatore dell'universo? Innescando una catena di gerarchie che non ha alcuna possibilità di esaurirsi, perché determina livelli sempre più grandi di potenza computazionale, di complessità, di energia. Nota bene che non è affatto necessario che il dio del primo livello sia onnipotente, nella tua posizione. Potrebbe anzi essere molto limitato. Ma ciononostante, dovrebbe aver avuto a disposizione risorse inimmaginabili, se davvero tutto fosse nato da un progetto.Masada78 ha scritto:...
Minsky- --------------
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Re: Pensiero ateo
permettimi un altro piccolo OT, Masada.
dai Minsky, che a te piace & viene bene, facci il regalo di romanzare una creazione dove l'entità creatrice resta distrutta nel mentre opera la creazione.
come un operatore dei fuochi d'artificio a cui scoppia il laboratorio/deposito provando a produrre un nuovo miscuglio pirotecnico.
un incidente primevo non si adatta bene a tutto lo spreco di risorse senza senso che possiamo osservare intorno a noi?
non accontenta atei & credenti nella spiegazione delle origini?
dai Minsky, che a te piace & viene bene, facci il regalo di romanzare una creazione dove l'entità creatrice resta distrutta nel mentre opera la creazione.
come un operatore dei fuochi d'artificio a cui scoppia il laboratorio/deposito provando a produrre un nuovo miscuglio pirotecnico.
un incidente primevo non si adatta bene a tutto lo spreco di risorse senza senso che possiamo osservare intorno a noi?
non accontenta atei & credenti nella spiegazione delle origini?
mix- -------------
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Re: Pensiero ateo
..non vedo dove Ghandi abbia usato una religione per catalizzare un movimento di resistenza non violenta..
Eppoi, è ovvio comunque che la religione serve per coedere e indirizzare grandi masse di individui senza star li proprio a dover spiegare per filo e per segno i se e i ma..
Eppoi, è ovvio comunque che la religione serve per coedere e indirizzare grandi masse di individui senza star li proprio a dover spiegare per filo e per segno i se e i ma..
delfi68- -------------
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Re: Pensiero ateo
meraviglioso,Masada78 ha scritto:
provo a rispondere a qualcosa che vediamo se riusciamo almeno a districare un paio di nodi.
parto da qui, non me ne vogliano gli altri a cui cerco di rispondere in questo stesso post.
è la mia omelia di domani,
"detta" mille volte meglio!
___________________
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Prima legge del dibattito
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Re: Pensiero ateo
Oh, ce ne sono millanta di "spiegazioni" molto più convincenti del cristianesimo. Per esempio lo gnosticismo. Nella gnosi ci sono una trentina di dei riuniti nel Pleroma, un Olimpo che parte dal dio Primo (Il primo Eone) e scende giù giù in coppie di Eoni (tra cui anche Cristo e lo Spirito Santo) fino ad arrivare al mondo fisico, corrotto ed oscuro. La realtà che conosciamo è il frutto di una caduta cosmica e l’universo che abitiamo è stato creato da un Demiurgo, un dio vendicativo e malvagio, che viene identificato con lo Yahweh del Vecchio Testamento. In questo abisso, lo gnostico utilizza la conoscenza come una chiave che lo libera dalle catene che lo tengono legato al mondo e alla natura. Lo gnostico opera una netta distinzione tra gli illuminati (gnostici) e il resto degli uomini che non hanno la conoscenza della verità e che, addirittura, adorano il Demiurgo, folle e malvagio. Molto più attinente, no?mix ha scritto:...
non accontenta atei & credenti nella spiegazione delle origini?
Minsky- --------------
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Re: Pensiero ateo
Si, lo racconto... dammi un attimo e scrivo un post a se'.Lyallii ha scritto:
Mi piacerebbe invece tanto sapere cosa ha detto quell ebreo a diva... Quando cambio idea...
Diva se ti va lo racconti??
Splendido Masada (come sempre!), hai colto perfettamente il senso... comprendere i fenomeni che ci circondano e' importante, ma ancor di piu' lo e' comprendere se stessi (il fenomeno piu' complicato di tutti) e lo si puo' fare solamente attraverso il confronto con l'Altro.Masada78 ha scritto:
so che dietro ogni mito parla l'uomo, e ci parla dell'uomo.
non c'è scienza che parli dell'uomo all'uomo.
solo gli eventi della storia, le loro interpretazioni, le idee,... parlano all'uomo e dicono all'uomo che cosa essere.
la storia, la letteratura, l'arte, le religioni e le filosofie, ci parlano tutte dell'uomo, e di come l'uomo si sia immaginato in questo caos che è la vita e il mondo.
Sally- -------------
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Re: Pensiero ateo
Quoto, splendido.
Il mio rancore e' tuttavia indirizzato alle varie autorita' ecclesiastiche che parassitano la situazione, autocertificandosi latori del potere di dirimere il contatto tra l'uomo e il resto del mondo.
L'uomo e' fatto come e' fatto..
Sono i preti di ogni confessione che approfittano di queste caratteristiche umane per imbrigliare e direzionare le masse..
Il mio rancore e' tuttavia indirizzato alle varie autorita' ecclesiastiche che parassitano la situazione, autocertificandosi latori del potere di dirimere il contatto tra l'uomo e il resto del mondo.
L'uomo e' fatto come e' fatto..
Sono i preti di ogni confessione che approfittano di queste caratteristiche umane per imbrigliare e direzionare le masse..
delfi68- -------------
- Numero di messaggi : 11242
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Re: Pensiero ateo
Premetto che l'amico in questione non e' ebreo, ma musulmano, prima ateo ed in seguito convertitosi dopo un lungo percorso personale che l'ha portato ad avvicinarsi al misticismo islamico.
Altra premessa, non e' stato il nostro (re)incontro a farmi cambiare idea, quanto una sinergia di accadimenti e prese di coscienza. E quando dico "cambiare idea" intendo l'essere passata da una posizione di ateismo forte ad una piu' morbida e possibilista di agnosticismo... o meglio di rivalutazione delle possibilita' (in)conoscitive della ragione.
Prima di tutto devo dire che gia' da diverso tempo mi interrogavo sul significato di alcune esperienze (una in particolare) che mi erano accadute... non entro nei particolari, ma, per farti capire meglio, mi riferisco ad esperienze in cui ho avuto la sensazione di aver raggiunto un grado di conoscenza superiore a quella che normalmente ci si aspetterebbe di raggiungere usando la sola ragione.
Quindi, cercando una spiegazione a questo fenomeno, che reputo comunque ancora nell'ambito del naturale, ho pensato che il confronto con chi invece e' aperto al trascendente potesse darmi una mano... e proprio nel periodo in cui ho iniziato a pormi questo genere di questiti ho avuto il piacere di poter ascoltare alcune risposte da questo amico. Complice comunque anche la lettura, come dicevo in un altro thread dei "Saggi" di Montaigne che, con la loro impostazione scetticissima mi hanno fatto mettere in dubbio molte delle mie certezze, ho approfittato del momento di "crisi" filosofica per affrontare il problema anche dal punto di vista esistenziale.
Quindi dicevo, l'approccio cosi' diverso di una persona che io reputo non solo amica (ci conosciamo in maniera assai intima da piu' di 10 anni), ma anche molto intelligente e matura dal punto di vista umano e culturale, e' stato per me di grande aiuto... non necessariamente verso una mia "conversione" (che infatti non c'e' stata), quanto verso l'acquisizione di una diversa chiave di lettura... perche' vedi, non e' tanto il paesaggio attorno a noi che muta, quanto il nostro modo di vederlo, di coglierne i diversi aspetti. Se io indossassi sempre lo stesso paio di occhiali per tutta la vita, mettiamo occhiali con una lente azzurra, non mi accorgerei che esistono anche i colori che tirano al rosso... quindi il cambiare lenti serve proprio per assicurarsi di non star perdendo pezzi di informazione importanti.
Ed ecco in che modo il mio amico mi ha aiutata: secondo lui la conoscenza che deriva dall'uso della nostra ragione non e' il massimo grado della conoscenza... esiste un tipo di conoscenza che non e' necessariamente piu' profonda, ma piu' alta. A questo proposito mi ha fatto un esempio che mi ha colpita... m'ha detto "tu immagina di essere in riva ad un fiume in cui l'acqua e' la conoscenza... vuoi raccogliere quell'acqua e hai in mano una coppa. Per quanto tu ti possa sforzare, non riuscirai mai a prendere una quantita' di acqua superiore a quella che la tua coppa riesce a contenere. La coppa che usi e' la ragione. Se vuoi raccogliere piu' acqua e quindi piu' conoscenza, devi cambiare contenitore, prenderene uno piu' capiente".
E' ovvio che secondo il suo approccio una maggiore conoscenza deve essere raggiunta in modi che bypassano la razionalita'... dal suo punto di vista spirituale mi parla di illuminazione, di esperienza mistica alla quale si puo' arrivare attraverso la meditazione e la preghiera, ma che e' possibile esperire anche in maniera "casuale" come apparentemente e' successo a me (e a molti altri atei/agnostici, dopo riporto un esempio).
Ovviamente io non sono troppo incline ad accettare una spiegazione in questi termini, se non altro perche' per ora mi mantengo in una posizione di sospensione del giudizio (che mi pare la piu' sensata da tenere, in mancanza di altri elementi per giudicare)... ma il fatto che abbia sperimentato in prima persona questa possibilita' di conoscenza meta-razionale e' senza dubbio un fatto che non posso trascurare... quindi sono stata costretta dall'evidenza a ridimensionare la mia altissima opinione nei confronti della ragione... ovvero la ragione che attraverso se' stessa scopre i propri limiti...
Beh, mi sono gia' sbilanciata troppo con questo post che e' molto, molto personale e che rendo pubblico perche' me lo ha chiesto Lya (che e' di una dolcezza incredibile) e perche' l'altro utente coinvolto in questo thread e' a conoscenza di queste mie riflessioni, infatti con lui ci siamo confrontati in maniera molto proficua su questo tema (approfitto per ringraziarlo pubblicamente!).
Altra premessa, non e' stato il nostro (re)incontro a farmi cambiare idea, quanto una sinergia di accadimenti e prese di coscienza. E quando dico "cambiare idea" intendo l'essere passata da una posizione di ateismo forte ad una piu' morbida e possibilista di agnosticismo... o meglio di rivalutazione delle possibilita' (in)conoscitive della ragione.
Prima di tutto devo dire che gia' da diverso tempo mi interrogavo sul significato di alcune esperienze (una in particolare) che mi erano accadute... non entro nei particolari, ma, per farti capire meglio, mi riferisco ad esperienze in cui ho avuto la sensazione di aver raggiunto un grado di conoscenza superiore a quella che normalmente ci si aspetterebbe di raggiungere usando la sola ragione.
Quindi, cercando una spiegazione a questo fenomeno, che reputo comunque ancora nell'ambito del naturale, ho pensato che il confronto con chi invece e' aperto al trascendente potesse darmi una mano... e proprio nel periodo in cui ho iniziato a pormi questo genere di questiti ho avuto il piacere di poter ascoltare alcune risposte da questo amico. Complice comunque anche la lettura, come dicevo in un altro thread dei "Saggi" di Montaigne che, con la loro impostazione scetticissima mi hanno fatto mettere in dubbio molte delle mie certezze, ho approfittato del momento di "crisi" filosofica per affrontare il problema anche dal punto di vista esistenziale.
Quindi dicevo, l'approccio cosi' diverso di una persona che io reputo non solo amica (ci conosciamo in maniera assai intima da piu' di 10 anni), ma anche molto intelligente e matura dal punto di vista umano e culturale, e' stato per me di grande aiuto... non necessariamente verso una mia "conversione" (che infatti non c'e' stata), quanto verso l'acquisizione di una diversa chiave di lettura... perche' vedi, non e' tanto il paesaggio attorno a noi che muta, quanto il nostro modo di vederlo, di coglierne i diversi aspetti. Se io indossassi sempre lo stesso paio di occhiali per tutta la vita, mettiamo occhiali con una lente azzurra, non mi accorgerei che esistono anche i colori che tirano al rosso... quindi il cambiare lenti serve proprio per assicurarsi di non star perdendo pezzi di informazione importanti.
Ed ecco in che modo il mio amico mi ha aiutata: secondo lui la conoscenza che deriva dall'uso della nostra ragione non e' il massimo grado della conoscenza... esiste un tipo di conoscenza che non e' necessariamente piu' profonda, ma piu' alta. A questo proposito mi ha fatto un esempio che mi ha colpita... m'ha detto "tu immagina di essere in riva ad un fiume in cui l'acqua e' la conoscenza... vuoi raccogliere quell'acqua e hai in mano una coppa. Per quanto tu ti possa sforzare, non riuscirai mai a prendere una quantita' di acqua superiore a quella che la tua coppa riesce a contenere. La coppa che usi e' la ragione. Se vuoi raccogliere piu' acqua e quindi piu' conoscenza, devi cambiare contenitore, prenderene uno piu' capiente".
E' ovvio che secondo il suo approccio una maggiore conoscenza deve essere raggiunta in modi che bypassano la razionalita'... dal suo punto di vista spirituale mi parla di illuminazione, di esperienza mistica alla quale si puo' arrivare attraverso la meditazione e la preghiera, ma che e' possibile esperire anche in maniera "casuale" come apparentemente e' successo a me (e a molti altri atei/agnostici, dopo riporto un esempio).
Ovviamente io non sono troppo incline ad accettare una spiegazione in questi termini, se non altro perche' per ora mi mantengo in una posizione di sospensione del giudizio (che mi pare la piu' sensata da tenere, in mancanza di altri elementi per giudicare)... ma il fatto che abbia sperimentato in prima persona questa possibilita' di conoscenza meta-razionale e' senza dubbio un fatto che non posso trascurare... quindi sono stata costretta dall'evidenza a ridimensionare la mia altissima opinione nei confronti della ragione... ovvero la ragione che attraverso se' stessa scopre i propri limiti...
Ho dovuto quindi accettare che esiste un altro tipo di conoscenza che non passa necessariamente attarverso procedimenti logici, ma che e' puramente intuitiva. E per intuitiva intendo un qualcosa di simile alla percezione dei dati sensoriali che acquisiamo quando osserviamo un colore, assaggiamo un sapore, odoriamo un profumo... lo facciamo in maniera immediata, senza appunto la mediazione della ragione... allo stesso modo sappiamo un qualcosa e questo qualcosa ci si presenta cosi' com'e', come LA risposta ad un interrogativo cosi' grande da non essere contemplabile interamente e che quindi ci pare non esistere. Mi piace a questo proprosito riportare una descrizione molto vivida di cio' che si prova quando si e' colti da queste esperienze di conoscenza noetica... e a parlare e' Emil Cioran (che preciso, era ateo):"Capita alle persone veramente sapienti quello che capita alle spighe di grano: si levano e alzano la testa dritta e fiera finché sono vuote, ma quando sono piene di chicchi cominciano a umiliarsi e ad abbassare il capo"
Ecco, anch'io ho avuto a che fare "con la mia castagna" ed ora che so della sua esistenza, faccio fatica a continuare nella mia passeggiata.Passeggiavo a un'ora tarda in quel viale alberato, quando mi cadde davanti ai piedi una castagna. Il rumore che fece spaccandosi, l'eco che tale rumore suscitò in me, e un trasalimento sproporzionato rispetto a quell'incidente infimo, mi immersero nel miracolo, nell'ebbrezza del definitivo, come se non ci fossero più interrogativi ma solo risposte. Ero stordito da mille evidenze inattese, di cui non sapevo che fare...
Così per poco non attinsi il supremo. Ma giudicai preferibile continuare la passeggiata.
Beh, mi sono gia' sbilanciata troppo con questo post che e' molto, molto personale e che rendo pubblico perche' me lo ha chiesto Lya (che e' di una dolcezza incredibile) e perche' l'altro utente coinvolto in questo thread e' a conoscenza di queste mie riflessioni, infatti con lui ci siamo confrontati in maniera molto proficua su questo tema (approfitto per ringraziarlo pubblicamente!).
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