Tribù atea converte missionario
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Tribù atea converte missionario
spero che i nostri amici credenti sono disposti a guardare questo video davvero bellissimo.
In inglese con sottotitolo italiano
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Re: Tribù atea converte missionario
E' una bufala non esiste una popolazione atea, tanto meno un tribale che insegna l'ateismo ad un missionario. Ma tu ti bevi proprio tutto?
giulio76- -----------
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Re: Tribù atea converte missionario
Sicuro?E' una bufala non esiste una popolazione atea, tanto meno un tribale che insegna l'ateismo ad un missionario. Ma tu ti bevi proprio tutto?
maxsar- -----------
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Re: Tribù atea converte missionario
giulio76 ha scritto:E' una bufala non esiste una popolazione atea, tanto meno un tribale che insegna l'ateismo ad un missionario. Ma tu ti bevi proprio tutto?
beh ...detto poi da uno che crede ai serpenti parlanti
I pirahã: gente interessante... che non conta
Linguaggio e processi mentali
I pirahã vivono nel cuore della foresta amazzonica, lungo il fiume Maici, in diversi villaggi. Ogni loro villaggio ospita tra le quindici e le quaranta persone. All’età di tre anni un pirahã lascia la famiglia d’origine. Comunicano tra loro anche cantando e fischiando. Non hanno parole per distinguere i colori. La loro lingua non ha forma scritta ed è la più semplice al mondo: ha solo dieci fonemi differenti contro i trenta dell'italiano ed i quaranta dell’inglese. Sono cacciatori/raccoglitori. Vivono in piccoli gruppi di due/tre famiglie ed ignorano di essere divenuti famosi in tutto il mondo a seguito del clamore suscitato da un saggio pubblicato da un professore di scienze biocomportamentali alla Columbia University di New York, Peter Gordon.
Quest’ultimo ha controllato sperimentalmente le osservazioni del linguista ed antropologo inglese Dan Everett, professore di fonetica all’Università di Manchester, che ha vissuto per decenni con i pirahã.
Uno dei motivi di sconcerto della comunità scientifica è che questo popolo (circa duecento persone) non conosce parole per contare oltre il due. Il loro sistema numerico adotta l’anomala tecnica «uno, due, molti...», dove il termine «uno» deve essere inteso come «circa uno», il termine «due» come «un po’ più di uno» o «pochi», mentre tutto il resto appartiene alla parola «molti». Sorprende anche la somiglianza delle parole da loro usate per indicare l’uno (hói) e il due (hoí).
La fama del caso pirahã è ormai tale che di esso se ne occupa anche l’arte, nonché diversi bloggers. Christian Frosi, artista milanese, nel settembre 2006 ha esposto alla galleria Rüdiger Schöttle di Monaco una mostra in cui ogni lavoro (pur se nato e sviluppato autonomamente) è legato all’altro costituendo una sequenza di immagini diverse sui pirahã. Ecco cosa Frosi dice dei pirahã in un intervista a firma Gyonata Bonvicini (critico d’arte): «Come in altri rari casi, ognuno di loro cambia nome ogni due o tre giorni, non hanno una religione, né miti o leggende da tramandare, né forme d’arte. Il numero due rappresenta per loro la manifestazione della pluralità e dell’infinito.»
Dai test sottoposti ai pirahã da Gordon è risultata la loro incapacità di usare con precisione le dita per indicare piccole quantità.
Non riescono a raggruppare oggetti familiari (bastoncini o noci) in gruppi uguali a quelli creati dallo sperimentatore. Non riescono ad utilizzare strategie di ripetizione dell’unità per contare, come fanno, invece, i Gumulgal dell’Australia. Per questi ultimi, infatti, “uno” è urapon, “due” ukasar, “tre” ukasar-urapon, “quattro” ukasar-ukasar, e così via.
Gordon afferma che «Nei Pirahã c’è un problema culturale alla base del modo di pensare ai numeri. I bambini, infatti, generalmente hanno meno difficoltà ad esprimere esattamente quantità superiori a due o tre. Ma nessuno favorisce questa loro abilità e non essere esposti al giusto tipo di stimoli durante questo periodo dello sviluppo rende le abilità matematiche più difficili o addirittura impossibili da raggiungere in età adulta».
I “dritti”
«In realtà credo che il vero motivo per cui i pirahã non riescono a contare sia che non vogliono contare», sostiene Dan Everett, che continua affermando che: «La loro cultura impedisce di parlare di esperienze che vanno al di là della percezione immediata. Il contare, invece, è una forma di quantificazione che richiede un’astrazione. Inoltre questo popolo rifiuta di accettare l’idea di dover imparare cose nuove dal mondo esterno. Noi li chiamiamo pirahã, ma questi uomini tra loro si chiamano hiaitiihi, che significa “i dritti” ovvero “coloro che sono nel giusto”.
«Ritengono infatti di essere gli unici ad avere le giuste relazioni con gli spiriti, quindi ignorano o evitano ogni informazione che venga dall’esterno o sia al di fuori dalla routine quotidiana.
Anche il contare, che richiede di incamerare una informazione nuova, estranea alla loro cultura, è visto con sospetto».
I pirahã rifiutano di confrontarsi con il mondo esterno a loro, pur essendo molto socievoli. «La prima volta che sono entrato in contatto con loro è stato nel 1977, e in 26 anni sono diventati i miei migliori amici», ricorda Everett. «Conosco quasi tutti personalmente e loro conoscono me. I miei tre figli hanno passato gran parte della loro infanzia nella giungla con loro. Ricordo sempre con nostalgia la vita vissuta assieme, i momenti felici, la loro pazienza con me e la tranquillità di quella regione dell’Amazzonia».
Linguaggio e percezione
La ricerca ha avuto una vasta eco poiché sembra confermare una controversa teoria elaborata negli Anni ’30 dai linguisti Edward Sapir e Benjamin Lee Whorf, esperti delle relazioni tra struttura grammaticale della lingua e visione del mondo di una data popolazione.
Per l’interpretazione soft di questa teoria, i pensieri sono influenzati dal linguaggio e dalle parole che usiamo per esprimerli (la cosiddetta «relatività linguistica»). Nella versione estrema, tutta la cultura e il modo di vedere e interpretare il mondo sono determinati dalla struttura semantica del linguaggio.
Studiando la lingua dei nativi americani hopi, per esempio, Whorf notò che apparentemente non c’erano parole specifiche per indicare il passato, il presente e il futuro. Concluse che gli hopi dovevano avere un senso del tempo alquanto differente da quello di altre culture. Così come gli inuit (gli eschimesi) che, sempre secondo Whorf, dispongono di decine di parole diverse per descrivere la neve e che, quindi, la pensano diversamente da noi.
Senza parole
La teoria di Sapir-Whorf è stata criticata tesi a dimostrare come le differenze tra culture siano in realtà più sfumate.
La ricerca di Everett e Gordon è giunta alla conclusione che i pirahã, pur essendo in contatto con il resto del mondo da almeno due secoli, non hanno sviluppato alcuna capacità numerica, nemmeno quando ne avevano una reale necessità, per esempio per non essere imbrogliati dai mercanti con i quali barattano noci e legno in cambio di cibo.
Altri popoli con una scarsa competenza numerica (ad esempio gli aborigeni australiani warlpiri) in situazioni simili hanno imparato a contare, prendendo in prestito le cifre ed il sistema numerico dall’inglese.
La ricerca in questione sembra mettere in dubbio l’ipotesi che gli esseri umani abbiano una sorta di senso numerico innato. «Sì, questo sembra aver trovato conferma con i dati che ho raccolto», spiega Gordon. «Altri studiosi sono però critici [...]. La maggior parte dei ricercatori concorda comunque sul fatto che in molte culture una reale precisione numerica si ha effettivamente solo da “uno” a “tre”». Sembra che abbiamo bisogno di «parole per contare», per disporre del concetto di numeri che vanno al di là del “tre”. «In effetti è proprio così», continua lo studioso. «Possiamo avere il senso della “treità”, se così possiamo dire, senza avere la parola per esprimerla, ma non possiamo avere il senso della “quattrità” e oltre, senza avere le parole per esprimerla. E questo è dimostrato non solo sulla base del mio lavoro, ma anche di altri studi effettuati su adulti e bambini di ogni cultura». Everett è più cauto: «Gli studi sui Pirahã sono compatibili con questa interpretazione, ma non sono sufficienti a dimostrarla. «Piuttosto porrei l’accento sul perché essi non abbiano mai “preso in prestito” da altre lingue parole per definire i numeri oltre il tre», sostiene l’esperto. «In questo senso mi sento di dire che è la cultura, e non l’assenza di parole specifiche, a limitare il linguaggio. La loro cultura evita la quantificazione e quindi “importare” numeri dall’esterno sarebbe una violazione culturale. Non penso quindi che l’esempio dei pirahã possa confermare l’ipotesi che senza le giuste parole non possiamo pensare a un concetto, come dicevano Sapir e Wolf, poiché questa non può spiegare il loro rifiuto di prendere in prestito altre parole». «Se l’ipotesi fosse corretta ed estesa non solo ai numeri ma a tutto il linguaggio», continua Gordon, «ci potremmo chiedere però come sia possibile sviluppare un pensiero scientifico: la scienza infatti, spesso ci costringe a pensare a cose che non hanno ancora un nome. Ma poi creiamo le parole per dirle. I pirahã, per esempio, hanno inventato parole per definire le calcolatrici o le eliche degli aeroplani, concetti che padroneggiavano facilmente anche senza avere i termini per indicarli. Come nella nostra scienza». Gordon precisa: «Ci sono tante cose a cui possiamo pensare e per le quali non conosciamo ancora le parole». «Tornando ai pirahã», prosegue Gordon, «la mia ricerca mostra semplicemente che, nel loro caso, esiste l’incapacità di pensare ai numeri. Questo fatto, probabilmente non è generalizzabile, ma può essere una prova che il linguaggio comunque influisce nel modo in cui pensiamo a certi concetti».
Un dibattito che continuerà
Che il linguaggio influenzi alcuni processi mentali, come la memorizzazione, sembra dimostrato da studi recenti effettuati sugli aborigeni berinmo della Nuova Guinea. I berinmo hanno solo cinque parole per definire i colori e faticano molto a ricordare colori a cui la loro cultura non ha assegnato un nome. Ciò sembra rafforzare la teoria di Sapir-Whorf sull’influenza del linguaggio sulla percezione: se una lingua categorizza i colori diversamente da un’altra, allora gli appartenenti alle due rispettive culture potrebbero percepirli in modo diverso.
Un famoso esempio di percezione culturale alternativa è quello riportato dal professore statunitense di linguistica cognitiva a Berkeley, George Lakoff, a proposito degli australiani dyirbal. Questi ultimo classificano il mondo in quattro grandi categorie, una delle quali contiene per esempio le donne, il fuoco e altre «cose pericolose». Ulteriori esempi sono presenti in molte altre lingue: in giapponese la parola Hon designa una categoria a cui appartengono gli oggetti lunghi e che comprende i capelli, i bastoni, le candele.
Il dibattito suscitato dalla ricerca di Peter Gordon e Dan Everett è destinato a continuare. «Ho solo una certezza», conclude Everett, «al mondo ci sono hoí (due) tipi di persone: quelli che sanno contare, quelli che non sanno contare ed i pirahã».
http://massimomessina.spazioblog.it/95519/La+lingua+dei+pirah%E3.html
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Re: Tribù atea converte missionario
Se avessi guardato fino in fondo il video, avresti visto il riferimento bibliografico. Di fatto hai appena dimostrato di essere intellettualmente disonesto ed in mala fedegiulio76 ha scritto:E' una bufala non esiste una popolazione atea, tanto meno un tribale che insegna l'ateismo ad un missionario. Ma tu ti bevi proprio tutto?
http://en.wikipedia.org/wiki/Daniel_Everett
http://en.wikipedia.org/wiki/Pirah%C3%A3_people
http://llc.illinoisstate.edu/dlevere/
Guardati pure tutti i link...
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La libertà è inafferrabile, ma non conosco altro per cui valga la pena di vivere.
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Avantasia
"You can have all the faith you want in spirits and the afterlife, and heaven and hell, but when it comes to this world, don't be an idiot. 'Cause you can tell me you put your faith in God to put you through the day, but when it comes time to cross the road, I know you look both ways."
House, M.D.
La vita è un diritto, non un dovere.
Re: Tribù atea converte missionario
Werewolf, ovviamente si è fermato già al nome del video. .
si vede che la fede per lui è una questione di orgoglio e non di ricerca intellettuale.
Mi sembra di averlo già detto in un altro post. Non è bello discutere con uno che pensa solo a difendere il suo piccolo castello di sogni
si vede che la fede per lui è una questione di orgoglio e non di ricerca intellettuale.
Mi sembra di averlo già detto in un altro post. Non è bello discutere con uno che pensa solo a difendere il suo piccolo castello di sogni
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Re: Tribù atea converte missionario
Werewolf ha scritto:Se avessi guardato fino in fondo il video, avresti visto il riferimento bibliografico. Di fatto hai appena dimostrato di essere intellettualmente disonesto ed in mala fedegiulio76 ha scritto:E' una bufala non esiste una popolazione atea, tanto meno un tribale che insegna l'ateismo ad un missionario. Ma tu ti bevi proprio tutto?
http://en.wikipedia.org/wiki/Daniel_Everett
http://en.wikipedia.org/wiki/Pirah%C3%A3_people
http://llc.illinoisstate.edu/dlevere/
Guardati pure tutti i link...
Ho letto molto rapidamente anche ciò che posta mavalà, non parla di un missionario convertitosi all'ateismo da parte dei Piranha. Inoltre ciò che posta mavalà è interessante non sanno contare oltre il numero 2. Questo non si capisce se è un fatto dovuto ad una cultura molto bassa che li rende poco evoluti, o è proprio il loro cervello che non riesca a contare oltre 2. Se è un fattore di intelligenza non riescono neanche a tramandare alle altre famiglie le tradizioni, quindi se qualcuno di essi ha dei riti o qualcosa che gli è stato insegnato dai predecessori, ne perdono subito la memoria. Ma questo non significa che non accettino l'esistenza di un Dio.
Particolarmente interessante questo passaggio:
The Pirahã have no concept of a supreme spirit or god[10] and they lost interest in Jesus when they discovered that Everett had never seen him. They require evidence for every claim you make. They aren't interested in things if they don't know the history behind them, if they haven't seen it done.[4] However, they do believe in spirits that can sometimes take on the shape of things in the environment. These spirits can be jaguars, trees, or other visible, tangible things including people.[11] Everett reported one incident where the Pirahã said that “Xigagaí, one of the beings that lives above the clouds, was standing on a beach yelling at us, telling us that he would kill us if we go into the jungle.” Everett and his daughter could see nothing and yet the Pirahã insisted that Xigagaí was still on the beach.[12]
Cioè loro non gli interessa ciò che non vedono (non hanno percezione dell'astratto?), però associano ad animali con degli spiriti. E' controverso questo comportamento, riescono a percepire o no l'astratto?
Ad ogni modo è un popolo fuori dal canone comune sarebbe interessante capire se qualcuno ha studiato il loro cervello e ne abbia riscontrato delle differenze. Il fatto che non contano più di due mi fa pensare ad un cervello sottosviluppato.
In ogni caso non ho visto la bibliografia ero perfettamente in buona fede, grazie wolf.
giulio76- -----------
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Re: Tribù atea converte missionario
mavalà ha scritto:Werewolf, ovviamente si è fermato già al nome del video. .
si vede che la fede per lui è una questione di orgoglio e non di ricerca intellettuale.
Mi sembra di averlo già detto in un altro post. Non è bello discutere con uno che pensa solo a difendere il suo piccolo castello di sogni
No ho semplicemente cercato popolazione atea con google e non mi è uscito nulla, ergo ho pensato alle solite cazzate che mettono sul web. Ad ogni modo non c'è traccia del missionario che si è convertito all'ateismo.
giulio76- -----------
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Re: Tribù atea converte missionario
come fai a sapere che è una bufala o meglio come fai a sapere che dio non è una bufala?E' una bufala non esiste una popolazione atea, tanto meno un tribale che insegna l'ateismo ad un missionario. Ma tu ti bevi proprio tutto?
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"religione: l' arte di prendere per il culo se stessi" Io
“se hai un problema e lo puoi risolvere, perché ti arrabbi? Se hai un problema e non lo puoi risolvere, perché ti arrabbi?”
"il medico mi ha detto di riempire di botte tutti i bigotti ............ ehm in verità mi ha detto di scaricare lo stress ma vabbè siamo lì"
Re: Tribù atea converte missionario
non ci credo!!!!!!!!giulio76 ha scritto:
Ad ogni modo è un popolo fuori dal canone comune sarebbe interessante capire se qualcuno ha studiato il loro cervello e ne abbia riscontrato delle differenze. Il fatto che non contano più di due mi fa pensare ad un cervello sottosviluppato.
In ogni caso non ho visto la bibliografia ero perfettamente in buona fede, grazie wolf.
siamo tornati nei tempi di Colombo quando si discuteva se i "americani nativi " sono scimmie
cavolo che tristezza
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Re: Tribù atea converte missionario
Il problema è che hai parlato del video senza averlo guardato, come ha dimostrato il fatto di non aver visto il riferimento bibliografico.In ogni caso non ho visto la bibliografia ero perfettamente in buona fede, grazie wolf.
Comunque
However, they do believe in spirits that can sometimes take on the shape of things in the environment. These spirits can be jaguars, trees, or other visible, tangible things including people.[11] Everett reported one incident where the Pirahã said that “Xigagaí, one of the beings that lives above the clouds, was standing on a beach yelling at us, telling us that he would kill us if we go into the jungle.” Everett and his daughter could see nothing and yet the Pirahã insisted that Xigagaí was still on the beach.[12]
Credere negli spiriti di animali è profondamente diverso che credere in un Dio(o più dèi) personale: da quel che pare dal paragrafo, gli spiriti in cui credono sono 'trascendenti', ma possono prendere la forma di qualcosa di immanente, qualsiasi cosa. Per certi versi, mi ricorda la religione egizia.
Quanto a Xigagaì (uno di quelli che vivono nelle nuvole, mi fa venire in mente la personificazione di determinati aspetti atmosferici), è interessante: a quanto pare i Piraha vedono quest'essere: sarebbe da capire cosa vedano e sentano esattamente, e cosa intendano quando dicono di vedere Xigagaì, anche dato il fatto che il linguaggio, e quindi il modo di rappresentare quel che sentono è estremamente diverso dal nostro.
Comunque, prima di lanciare una tesi disumanizzante e fortemente discriminatoria nei confronti di quelle che fino a prova contraria sono persone, ci penserei due volte. Moltissime tribù e popolazioni primitive hanno sistemi numerali 'mutilati', dovuti al semplice fatto di non aver mai avuto bisogno di contare oltre una certa soglia, o di dover esprimere un numero alto.
Edit:
Evidentemente non leggi i link...Ad ogni modo non c'è traccia del missionario che si è convertito all'ateismo.
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Re: Tribù atea converte missionario
Certo, certo.. Giulio, se non hanno religione, sta sicuro che sono più evoluti di noi come civiltà
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"Le cose che sono incurvate non hanno bisogno di archi; le cose che sono diritte non hanno bisogno di righe; le cose che sono rotonde non hanno bisogno di compassi; le cose che sono rettangolari non hanno bisogno di squadre; le cose che si incollano non hanno bisogno di colla; le cose che vanno insieme non hanno bisogno di corde”
Chuang-Tzu
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Re: Tribù atea converte missionario
Comunque sia, un non-credente (tribù o persona singola) che converte... è un ossimoro, una palese contraddizione in termini.
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Gian dei Brughi era sempre abbracciato al ramo, pallido in mezzo ai capelli e alla barba ispidi e rossi proprio come brughi, con impigliati foglie secche, ricci di castagna e aghi di pino. Squadrava Cosimo con due occhi verdi, tondi e smarriti; brutto, era brutto.
Italo Calvino - Il barone rampante
Re: Tribù atea converte missionario
Werewolf ha scritto:
Comunque, prima di lanciare una tesi disumanizzante e fortemente discriminatoria nei confronti di quelle che fino a prova contraria sono persone, ci penserei due volte. Moltissime tribù e popolazioni primitive hanno sistemi numerali 'mutilati', dovuti al semplice fatto di non aver mai avuto bisogno di contare oltre una certa soglia, o di dover esprimere un numero alto.
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Re: Tribù atea converte missionario
pensa ci sono popoli che non hanno una parola per descrivere "proprietà" ma 400 parole per i vari tonalità di verde.Cosworth117 ha scritto:Certo, certo.. Giulio, se non hanno religione, sta sicuro che sono più evoluti di noi come civiltà
Per loro forse saremmo noi un caso per la scienza
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Re: Tribù atea converte missionario
Werewolf ha scritto:
Comunque, prima di lanciare una tesi disumanizzante e fortemente discriminatoria nei confronti di quelle che fino a prova contraria sono persone, ci penserei due volte. Moltissime tribù e popolazioni primitive hanno sistemi numerali 'mutilati', dovuti al semplice fatto di non aver mai avuto bisogno di contare oltre una certa soglia, o di dover esprimere un numero alto.
Non è disumanizzante e neanche discriminatoria è semplicemente curiosità scientifica. Non hanno ne ricordi e non pensano neanche al futuro. Questo mi fa pensare ad una struttura del cervello che abbia limitati ricordi e limitata percezione astrattuale. Poi tutto è possibile. Non capisco come questo missionario riuscisse a parlare con questo popolo visto che aveva un linguaggio molto limitato, spiegare concetti come risurrezione e altri concetti con vocaboli complessi. Per loro il numero due conicide con l'infinito, ma mi chiedo se hanno percezione dell'infinito.
Influenced by the Pirahã's concept of truth,[7] his belief in Christianity slowly diminished and he became an atheist. He says that he was having serious doubts by 1982, and had lost all faith by 1985. He would not tell anyone about his atheism until the late 90s[8]; when he finally did, his marriage ended in divorce and two of his three children broke off all contact. However, by 2008 full contact and relations have been restored with his children, who now seem to accept his viewpoint on theism.[9]Edit:Evidentemente non leggi i link...Ad ogni modo non c'è traccia del missionario che si è convertito all'ateismo.
Hai ragione non ho letto tutto. Certo che non ci ha fatto un bel guadagno a divenire ateo, matrimonio fallito e figli persi.
giulio76- -----------
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Re: Tribù atea converte missionario
giulio76 ha scritto:Certo che non ci ha fatto un bel guadagno a divenire ateo, matrimonio fallito e figli persi.
Almeno si è ripreso dignità e vita.
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Re: Tribù atea converte missionario
Giulio,
Contare fino a due non è una questione di intelligenza, ma di evoluzione (del loro sistema matematico). Non è che sanno contare fino a due ignorando tutto il resto... Hanno la concezione 1-2-tanti tipica di moltissime civiltà antiche e che in lingue come il greco lasciarono un'evidente influenza nel duale.
O forse sono degli ingengeri in esilio con il vizio del codice binario?
Comunque se contano fino a due e se sanno parlare evidentemente sono capaci di astrazione.
La loro identificazione natura immanente-spirito trascendente mi sembra molto ma molto più intelligente e plausibile di quella cristiana, in termini di astrazione.
Contare fino a due non è una questione di intelligenza, ma di evoluzione (del loro sistema matematico). Non è che sanno contare fino a due ignorando tutto il resto... Hanno la concezione 1-2-tanti tipica di moltissime civiltà antiche e che in lingue come il greco lasciarono un'evidente influenza nel duale.
O forse sono degli ingengeri in esilio con il vizio del codice binario?
Comunque se contano fino a due e se sanno parlare evidentemente sono capaci di astrazione.
La loro identificazione natura immanente-spirito trascendente mi sembra molto ma molto più intelligente e plausibile di quella cristiana, in termini di astrazione.
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- Sì... mi chiamano Mimì! Ma il mio nome è Lucia!
- Ebbè, ovvio. Ma come avrò fatto a non capirlo?
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Re: Tribù atea converte missionario
Cosworth117 ha scritto:giulio76 ha scritto:Certo che non ci ha fatto un bel guadagno a divenire ateo, matrimonio fallito e figli persi.
Almeno si è ripreso dignità e vita.
Chissà cosa avrebbe detto se da TdG fosse passato alla sua religione perdendo famiglia, amici e magari anche il lavoro...
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- Ebbè, ovvio. Ma come avrò fatto a non capirlo?
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Re: Tribù atea converte missionario
La verità e onesta intelletuale "costa" tanto .ma .anche un matrimonio basata sulla bugia
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Re: Tribù atea converte missionario
già..bella domandaNiques ha scritto:Cosworth117 ha scritto:giulio76 ha scritto:Certo che non ci ha fatto un bel guadagno a divenire ateo, matrimonio fallito e figli persi.
Almeno si è ripreso dignità e vita.
Chissà cosa avrebbe detto se da TdG fosse passato alla sua religione perdendo famiglia, amici e magari anche il lavoro...
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Re: Tribù atea converte missionario
giulio76 ha scritto:Certo che non ci ha fatto un bel guadagno a divenire ateo, matrimonio fallito e figli persi.
Paura, paura, paura...
Di certo non li ha persi per colpa sua, erano i parenti a essere dei deficienti e poi gente così è sempre meglio perderla che trovarla. La sua vita era una farsa e se ne è reso conto troppo tardi, e purtroppo in questo caso non si può dire meglio tardi che mai, perché 3/4 della sua vita è stata sprecata e nessun dio gliela restituirà mai.
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Gesù è venuto per salvarci dal peccato, ma continuo a vedere peccatori. Thor ci protegge dai demoni e dai giganti di ghiaccio, e in effetti non se ne vedono in giro.
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Re: Tribù atea converte missionario
<BLOCKQUOTE sizcache="5" sizset="8">
Gli indios Pirahã dell’Amazzonia sono un popolo molto peculiare. Sono in meno di 400 e non possiedono miti, rituali né storia. Il loro linguaggio non è correlato a nessun’altra lingua attualmente utilizzata. Può essere fischiato, cantato, mormorato oppure parlato. Non possiede parole per definire i numeri, i colori, la destra o la sinistra, né per fratello o sorella.</BLOCKQUOTE>
<BLOCKQUOTE>
I Pirahã non dormono mai per più di un paio d’ore e parlano per la maggior parte della notte. Vivono come cacciatori-raccoglitori in villaggi a 50 miglia dal fiume Maici, nelle profondità della foresta amazonica. Hanno numerosi contatti con i commercianti del fiume e altri estranei ma non mostrano inclinazione a modificare il proprio modo di vivere. Le loro peculiarità hanno causato un grande trambusto nel mondo accademico. Buona parte dell’eccitazione si basa sull’assenza di costruzioni “ricorsive” nella loro lingua. I Pirahã non hanno modo di coniare frasi lunghe come “il ragazzo della sorella di John” o “il gatto che ha ucciso il topo che ha mangiato il malto”.</BLOCKQUOTE>
<BLOCKQUOTE>
Questo contraddice le teorie linguistiche, largamente accettate, di Noam Chomsky. Secondo la teoria chomskyana gli esseri umani possiedono un set di geni, un istinto linguistico, che forza tutte le lingue ad adottare lo stesso modello ricorsivo. Qualche dissidente è sempre stato scettico a proposito dei geni grammaticali di Chomsky: dal loro punto di vista le caratteristiche comuni a più lingue non originano da geni ma semplicemente da bisogni culturali simili che lingue diverse devono soddisfare. Se le insolite necessità dei Pirahã permettono loro di farlo senza ricorsione, nonostante la loro dotazione genetica umana, in tal caso pare che i dissidenti abbiano avuto ragione.</BLOCKQUOTE>
<BLOCKQUOTE>
Quasi tutto ciò che sappiamo dei Pirahã ci giunge da Daniel Everett. E’ lui ad aver fatto loro visita per primo nel 1977 come missionario con l’intenzione di imparare il loro linguaggio a sufficienza per tradurre il Nuovo Testamento. Trent’anni dopo egli non è più un cristiano, tantomeno un missionario, ma in compenso è chair di lingua e letteratura alla Illinois State University, nonché una specie di celebrità nel circuito internazionale letterario.</BLOCKQUOTE>
<BLOCKQUOTE>
“Don’t Sleep, There Are Snakes” racconta la storia dei suoi ripetuti soggiorni presso i Pirahã. Narrato in stile episodico, il libro è destinato a diventare un classico dell’etnografia popolare. La vita nella giungla è aspra e difficile, sia per i missionari che per i nativi, ed Everett utilizza una litania di problemi per aiutarci a capire lo strano punto di vista dei Pirahã.</BLOCKQUOTE>
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Everett ritiene che molto dei Pirahã sia spiegabile dai loro orizzonti letterari limitati. Non hanno spazio mentale per cose che siano al di fuori della propria esperienza. Ogni racconto espresso nella loro lingua deve essere marcato grammaticalmente come qualche cosa che essi abbiano sperimentato o che sia stato sperimentato da qualcuno che essi conoscono.</BLOCKQUOTE>
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Questo non sarebbe mai possibile nel nostro mondo moderno, dove traffichiamo costantemente con informazioni che provvengono da fonti lontane, mentre funziona perfettamente in una comunità di piccoli villaggi dove tutti conoscono tutti. Everett ritiene che questo attaccamento all’esperienza immediata spieghi perché i Pirahã siano così poco propensi a imparare lezioni dagli stranieri.</BLOCKQUOTE>
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Everett ha provato a insegnare ai Pirahã le basi dell’aritmetica. Questi erano sufficientemente volonterosi, poiché sapevano che i loro limiti con la matematica li metteva in difficoltà nei commerci con i commercianti del fiume. Eppure dopo qualche mese le lezioni vennero abbandonate. Nessun Pirahã riuscì ad andare più lontano di 1+1=2. Qualcuno potrebbe ritenere che i Pirahã siano svantaggiati dall’assenza di parole che riguardino i numeri. Ma Everett ci ricorda che molte persone con gli stessi vocabolari limitati non hanno avuto difficoltà ad imparare l’aritmetica. I Pirahã non sono incapaci di contare: scelgono di non farlo. Semplicemente non vedono il motivo per saltare attraverso cerchi di fuoco intellettuali che non siano correlati alla propria esperienza.</BLOCKQUOTE>
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Detto questo, non è una sorpresa che i Pirahã siano a prova di missionario. Ad un certo momento, gli ospiti di Everett gli dissero semplicemente che lui sarebbe stato il benvenuto, se fosse restato, ma che non volevano più sentire parlare di Gesù. In seguito egli ritenne di aver ottenuto qualcosa quando scoprì che ripetevano la sua versione del vangelo di San Marco. Ma saltò fuori che a loro piaceva il solo brano relativo a Giovanni il Battista. “Wow, gli tagliarono la testa. Cantalo ancora”. Everett confessò che non c’è traccia di una sola conversione in più di 200 anni di missioni presso i Pirahã.</BLOCKQUOTE>
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A quanto dice Everett, i Pirahã sono un popolo molto felice, addirittura compiaciuto. Loro pensano che il proprio modello di vita non possa essere migliorato, e probabilmente hanno ragione. Ma si teme per il loro futuro. Può darsi che si siano liberati dei missionari, ma ricevono sempre più ospiti: centinaia di accademici eccitati stanno scrivendo anche adesso richieste di sovvenzione per poter andare a verificare le sorprendenti affermazioni etnografiche di Everett. Speriamo che i Pirahã non vengano viziati da tutta questa attenzione.
http://sicapisce.wordpress.com/2009/06/29/non-dormire-ci-sono-serpenti-ovvero-buona-notte/</BLOCKQUOTE>
Gli indios Pirahã dell’Amazzonia sono un popolo molto peculiare. Sono in meno di 400 e non possiedono miti, rituali né storia. Il loro linguaggio non è correlato a nessun’altra lingua attualmente utilizzata. Può essere fischiato, cantato, mormorato oppure parlato. Non possiede parole per definire i numeri, i colori, la destra o la sinistra, né per fratello o sorella.</BLOCKQUOTE>
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I Pirahã non dormono mai per più di un paio d’ore e parlano per la maggior parte della notte. Vivono come cacciatori-raccoglitori in villaggi a 50 miglia dal fiume Maici, nelle profondità della foresta amazonica. Hanno numerosi contatti con i commercianti del fiume e altri estranei ma non mostrano inclinazione a modificare il proprio modo di vivere. Le loro peculiarità hanno causato un grande trambusto nel mondo accademico. Buona parte dell’eccitazione si basa sull’assenza di costruzioni “ricorsive” nella loro lingua. I Pirahã non hanno modo di coniare frasi lunghe come “il ragazzo della sorella di John” o “il gatto che ha ucciso il topo che ha mangiato il malto”.</BLOCKQUOTE>
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Questo contraddice le teorie linguistiche, largamente accettate, di Noam Chomsky. Secondo la teoria chomskyana gli esseri umani possiedono un set di geni, un istinto linguistico, che forza tutte le lingue ad adottare lo stesso modello ricorsivo. Qualche dissidente è sempre stato scettico a proposito dei geni grammaticali di Chomsky: dal loro punto di vista le caratteristiche comuni a più lingue non originano da geni ma semplicemente da bisogni culturali simili che lingue diverse devono soddisfare. Se le insolite necessità dei Pirahã permettono loro di farlo senza ricorsione, nonostante la loro dotazione genetica umana, in tal caso pare che i dissidenti abbiano avuto ragione.</BLOCKQUOTE>
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Quasi tutto ciò che sappiamo dei Pirahã ci giunge da Daniel Everett. E’ lui ad aver fatto loro visita per primo nel 1977 come missionario con l’intenzione di imparare il loro linguaggio a sufficienza per tradurre il Nuovo Testamento. Trent’anni dopo egli non è più un cristiano, tantomeno un missionario, ma in compenso è chair di lingua e letteratura alla Illinois State University, nonché una specie di celebrità nel circuito internazionale letterario.</BLOCKQUOTE>
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“Don’t Sleep, There Are Snakes” racconta la storia dei suoi ripetuti soggiorni presso i Pirahã. Narrato in stile episodico, il libro è destinato a diventare un classico dell’etnografia popolare. La vita nella giungla è aspra e difficile, sia per i missionari che per i nativi, ed Everett utilizza una litania di problemi per aiutarci a capire lo strano punto di vista dei Pirahã.</BLOCKQUOTE>
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Everett ritiene che molto dei Pirahã sia spiegabile dai loro orizzonti letterari limitati. Non hanno spazio mentale per cose che siano al di fuori della propria esperienza. Ogni racconto espresso nella loro lingua deve essere marcato grammaticalmente come qualche cosa che essi abbiano sperimentato o che sia stato sperimentato da qualcuno che essi conoscono.</BLOCKQUOTE>
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Questo non sarebbe mai possibile nel nostro mondo moderno, dove traffichiamo costantemente con informazioni che provvengono da fonti lontane, mentre funziona perfettamente in una comunità di piccoli villaggi dove tutti conoscono tutti. Everett ritiene che questo attaccamento all’esperienza immediata spieghi perché i Pirahã siano così poco propensi a imparare lezioni dagli stranieri.</BLOCKQUOTE>
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Everett ha provato a insegnare ai Pirahã le basi dell’aritmetica. Questi erano sufficientemente volonterosi, poiché sapevano che i loro limiti con la matematica li metteva in difficoltà nei commerci con i commercianti del fiume. Eppure dopo qualche mese le lezioni vennero abbandonate. Nessun Pirahã riuscì ad andare più lontano di 1+1=2. Qualcuno potrebbe ritenere che i Pirahã siano svantaggiati dall’assenza di parole che riguardino i numeri. Ma Everett ci ricorda che molte persone con gli stessi vocabolari limitati non hanno avuto difficoltà ad imparare l’aritmetica. I Pirahã non sono incapaci di contare: scelgono di non farlo. Semplicemente non vedono il motivo per saltare attraverso cerchi di fuoco intellettuali che non siano correlati alla propria esperienza.</BLOCKQUOTE>
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Detto questo, non è una sorpresa che i Pirahã siano a prova di missionario. Ad un certo momento, gli ospiti di Everett gli dissero semplicemente che lui sarebbe stato il benvenuto, se fosse restato, ma che non volevano più sentire parlare di Gesù. In seguito egli ritenne di aver ottenuto qualcosa quando scoprì che ripetevano la sua versione del vangelo di San Marco. Ma saltò fuori che a loro piaceva il solo brano relativo a Giovanni il Battista. “Wow, gli tagliarono la testa. Cantalo ancora”. Everett confessò che non c’è traccia di una sola conversione in più di 200 anni di missioni presso i Pirahã.</BLOCKQUOTE>
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A quanto dice Everett, i Pirahã sono un popolo molto felice, addirittura compiaciuto. Loro pensano che il proprio modello di vita non possa essere migliorato, e probabilmente hanno ragione. Ma si teme per il loro futuro. Può darsi che si siano liberati dei missionari, ma ricevono sempre più ospiti: centinaia di accademici eccitati stanno scrivendo anche adesso richieste di sovvenzione per poter andare a verificare le sorprendenti affermazioni etnografiche di Everett. Speriamo che i Pirahã non vengano viziati da tutta questa attenzione.
http://sicapisce.wordpress.com/2009/06/29/non-dormire-ci-sono-serpenti-ovvero-buona-notte/</BLOCKQUOTE>
giulio76- -----------
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Re: Tribù atea converte missionario
Il fatto che certi concetti siano inafferrabili in maniera diretta col linguaggio non significa che non siano per essi comprensibili: per esempio loro non hanno, come viene detto nel video, una parola per dire 'Dio', ma il missionario è riuscito a ritradurre il concetto con una perifrasi che loro hanno compreso, sebbene non abbiano accettato. Questo mi fa dire che, sebbene non abbiano ricordi storici, che sarebbero peraltro alquanto inutili senza avvenimenti da ricordare, e chiaramente la loro storia non è molto complessa, non significa che non possano parlare del passato o di ciò che a loro personalmente è avvenuto tempo prima.Non è disumanizzante e neanche discriminatoria è semplicemente curiosità scientifica. Non hanno ne ricordi e non pensano neanche al futuro. Questo mi fa pensare ad una struttura del cervello che abbia limitati ricordi e limitata percezione astrattuale. Poi tutto è possibile. Non capisco come questo missionario riuscisse a parlare con questo popolo visto che aveva un linguaggio molto limitato, spiegare concetti come risurrezione e altri concetti con vocaboli complessi. Per loro il numero due conicide con l'infinito, ma mi chiedo se hanno percezione dell'infinito.
Quanto all'infinito, se due per loro coincide concettualmente con l'infinito, evidentemente sono in grado di padroneggiare tale concetto(per quanto tale concetto sia, anche per popolazioni più evolute come la nostra, difficilmente padroneggiabile solo con la mente comunque)
___________________
La libertà è inafferrabile, ma non conosco altro per cui valga la pena di vivere.
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"You can have all the faith you want in spirits and the afterlife, and heaven and hell, but when it comes to this world, don't be an idiot. 'Cause you can tell me you put your faith in God to put you through the day, but when it comes time to cross the road, I know you look both ways."
House, M.D.
La vita è un diritto, non un dovere.
Re: Tribù atea converte missionario
giulio76 ha scritto:
Non è disumanizzante e neanche discriminatoria è semplicemente curiosità scientifica. Non hanno ne ricordi e non pensano neanche al futuro. Questo mi fa pensare ad una struttura del cervello che abbia limitati ricordi e limitata percezione astrattuale. Poi tutto è possibile. Non capisco come questo missionario riuscisse a parlare con questo popolo visto che aveva un linguaggio molto limitato, spiegare concetti come risurrezione e altri concetti con vocaboli complessi. Per loro il numero due conicide con l'infinito, ma mi chiedo se hanno percezione dell'infinito.
"ma qualcuno a mai sezionato il cervello di Giulio, visto che crede ancora alle fate..magari è diverso da un ateo."
Ti piacerebbe se qualcuno dicesse questo?
Guarda che stiamo parlando di persone con valori diverse delle Tue..diverse e non peggiori ! Loro usano parole per cose concrete e visto che sono un popolo razionale la parola risurrezione non ce perché non esiste.
Poi non esiste nemmeno per noi atei...cosa facciamo? sezioniamo un cervello di un ateo?
___________________
Dio è morto, Marx è morto e anche io non mi sento tanto bene
Re: Tribù atea converte missionario
mavalà ha scritto:giulio76 ha scritto:
Non è disumanizzante e neanche discriminatoria è semplicemente curiosità scientifica. Non hanno ne ricordi e non pensano neanche al futuro. Questo mi fa pensare ad una struttura del cervello che abbia limitati ricordi e limitata percezione astrattuale. Poi tutto è possibile. Non capisco come questo missionario riuscisse a parlare con questo popolo visto che aveva un linguaggio molto limitato, spiegare concetti come risurrezione e altri concetti con vocaboli complessi. Per loro il numero due conicide con l'infinito, ma mi chiedo se hanno percezione dell'infinito.
"ma qualcuno a mai sezionato il cervello di Giulio, visto che crede ancora alle fate..magari è diverso da un ateo."
Ti piacerebbe se qualcuno dicesse questo?
Guarda che stiamo parlando di persone con valori diverse delle Tue..diverse e non peggiori ! Loro usano parole per cose concrete e visto che sono un popolo razionale la parola risurrezione non ce perché non esiste.
Poi non esiste nemmeno per noi atei...cosa facciamo? sezioniamo un cervello di un ateo?
Tu per studiare un cervello lo devi sezionare? esistono i test intellettivi e molto altro, perché devi essere sempre così scontrosa?
giulio76- -----------
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Re: Tribù atea converte missionario
non sono scontrosa..è che non mi piace quando si offendono popoli interi perché non conforme al Tuo credogiulio76 ha scritto:mavalà ha scritto:giulio76 ha scritto:
Non è disumanizzante e neanche discriminatoria è semplicemente curiosità scientifica. Non hanno ne ricordi e non pensano neanche al futuro. Questo mi fa pensare ad una struttura del cervello che abbia limitati ricordi e limitata percezione astrattuale. Poi tutto è possibile. Non capisco come questo missionario riuscisse a parlare con questo popolo visto che aveva un linguaggio molto limitato, spiegare concetti come risurrezione e altri concetti con vocaboli complessi. Per loro il numero due conicide con l'infinito, ma mi chiedo se hanno percezione dell'infinito.
"ma qualcuno a mai sezionato il cervello di Giulio, visto che crede ancora alle fate..magari è diverso da un ateo."
Ti piacerebbe se qualcuno dicesse questo?
Guarda che stiamo parlando di persone con valori diverse delle Tue..diverse e non peggiori ! Loro usano parole per cose concrete e visto che sono un popolo razionale la parola risurrezione non ce perché non esiste.
Poi non esiste nemmeno per noi atei...cosa facciamo? sezioniamo un cervello di un ateo?
Tu per studiare un cervello lo devi sezionare? esistono i test intellettivi e molto altro, perché devi essere sempre così scontrosa?
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Dio è morto, Marx è morto e anche io non mi sento tanto bene
Re: Tribù atea converte missionario
"Ma tu ti bevi proprio tutto?"...ecco se cominci cosi un dialogo non devi meravigliarti se arriva la tempesta
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Re: Tribù atea converte missionario
mavalà ha scritto:
non sono scontrosa..è che non mi piace quando si offendono popoli interi perché non conforme al Tuo credo
Non ho offeso nessuno sono solo incuriosito dal loro comportamento e comunque non è un popolo intero sono solo 400.
giulio76- -----------
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Re: Tribù atea converte missionario
giulio76 ha scritto:
non è un popolo intero sono solo 400.
c'è un numero minimo di individui per definire un popolo?
___________________
Gesù è venuto per salvarci dal peccato, ma continuo a vedere peccatori. Thor ci protegge dai demoni e dai giganti di ghiaccio, e in effetti non se ne vedono in giro.
Ates- -----------
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Re: Tribù atea converte missionario
si dice che l'abbia fulminato dio in un eccesso di... cos'era? ah sì, di indignazionegiulio76 ha scritto:Ad ogni modo non c'è traccia del missionario che si è convertito all'ateismo.
Muriel- -----------
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Re: Tribù atea converte missionario
Quello che è importante da capire da quel video non è il fatto se o come esistano, vivano o pensino i Pirahã. Il concetto di base è che noi diamo per scontato che uno deve essere credente o comunque avere il concetto di dio, o comunque la necessità di una religione. A me poco importa se esistano o no. Io mi sento culturalmente vicino a loro, quanto meno nella questione religiosa e morale. La questione religiosa così come il problema di dio non mi è mai appartenuto. E tanto meno l'idea di un paradiso o inferno. Questioni totalmente estranee alla mia mente. Io vivo secondo la mia coscienza.
Paolo- --------------
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Re: Tribù atea converte missionario
Perchè Giulio, tu ce l'hai?giulio76 ha scritto:mi chiedo se hanno percezione dell'infinito
davide- -------------
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Re: Tribù atea converte missionario
Paolo ha scritto:Quello che è importante da capire da quel video non è il fatto se o come esistano, vivano o pensino i Pirahã. Il concetto di base è che noi diamo per scontato che uno deve essere credente o comunque avere il concetto di dio, o comunque la necessità di una religione. A me poco importa se esistano o no. Io mi sento culturalmente vicino a loro, quanto meno nella questione religiosa e morale. La questione religiosa così come il problema di dio non mi è mai appartenuto. E tanto meno l'idea di un paradiso o inferno. Questioni totalmente estranee alla mia mente. Io vivo secondo la mia coscienza.
E' diverso loro (a quanto ho potuto capire) non si evolvono perché non ritengono necessario sapere più di quello che vedono. Se l'uomo non fosse stato esploratore e curioso, non avrebbe mai fatto delle scoperte. Loro (i piranha) non arrivano ad un concetto di Dio semplicemente perché non si spingono (o non si voglio spingere) oltre quello che i loro occhi vedono. Hanno un linguaggio semplice fatto si poche parole e non ne inseriscono di nuove, non riescono ad interscambiare idee con altri popoli. Non hanno una storia perché nessuno tramanda la propria esperienza. Io non lo definirei un popolo ateo, ateo è colui che riesce a formulare il pensiero di Dio e rigettarlo, questo popolo non sa nemmeno cosa significhi Dio o creatore di tutte le cose, almeno da quello che ho letto.
giulio76- -----------
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Re: Tribù atea converte missionario
giulio76 ha scritto:Paolo ha scritto:Quello che è importante da capire da quel video non è il fatto se o come esistano, vivano o pensino i Pirahã. Il concetto di base è che noi diamo per scontato che uno deve essere credente o comunque avere il concetto di dio, o comunque la necessità di una religione. A me poco importa se esistano o no. Io mi sento culturalmente vicino a loro, quanto meno nella questione religiosa e morale. La questione religiosa così come il problema di dio non mi è mai appartenuto. E tanto meno l'idea di un paradiso o inferno. Questioni totalmente estranee alla mia mente. Io vivo secondo la mia coscienza.
E' diverso loro (a quanto ho potuto capire) non si evolvono perché non ritengono necessario sapere più di quello che vedono. Se l'uomo non fosse stato esploratore e curioso, non avrebbe mai fatto delle scoperte. Loro (i piranha) non arrivano ad un concetto di Dio semplicemente perché non si spingono (o non si voglio spingere) oltre quello che i loro occhi vedono. Hanno un linguaggio semplice fatto si poche parole e non ne inseriscono di nuove, non riescono ad interscambiare idee con altri popoli. Non hanno una storia perché nessuno tramanda la propria esperienza. Io non lo definirei un popolo ateo, ateo è colui che riesce a formulare il pensiero di Dio e rigettarlo, questo popolo non sa nemmeno cosa significhi Dio o creatore di tutte le cose, almeno da quello che ho letto.
GIulio il principio è proprio questo. Loro non credono alla trascendentalità, ma solo in ciò che vedono. Un pò si basa la scienza odierna.
Per esempio, l'oro non si pongono la domanda del perchè esistiamo, o perchè esistono le stelle e chi ci ha creati. Per loro non esiste alcun creatore, loro esistono e basta, senza se e senza ma. E' lo stesso pensiero di base degli atei/non credenti e della scienza. Noi partiamo dal presupposto che non esiste alcun creatore, nessuno spirito. Noi esistiamo e basta e dopo la morte non c'è nulla se non il cosiddetto oblio. Lo accettiamo e viviamo bene, come lo accettano loro e vivono bene.
E appunto questo modo di vedere le cose ce ci impone dei dubi. Per loro non esiste la verità come neanche per gli atei o per la scienza. Quindi se dovessi parlare in termini logici, loro sono più evoluti a livello intellettuale di un religioso anche se conoscono solo 200 parole. Questo concetto di vedere le cose per come sono nella loro semplicità, si avvicino William of occam nel 1300, ovvero che la risposta più semplice è quella giusta.
Noi ci siamo arrivati dopo secoli e siamo una "civiltà" evoluta. Loro ci sono arivati ancor prima di noi e non sono una "civiltà evoluta (in termini convenzionali). Ergo caro giulio, il dubbio non sorge con la fede, o con la convinzione assoluta che esista un creatore... ma dal suo esatto opposto. Ovvero dal fatto che l'univiverso è molto più semplice di quanto si pensi, e per questo lo si studia.
Ergo loro a mio parere sono molto più "evoluti" di noi (visto che non hanno bisogno della parola i cristo per "salvarsi" da alcunchè) loro vivono bene così, accettano l'inevitabile senza sperare in una vita post mortem. Loro sono "indigeni" e magari l'avranno sempre pensato così. Noi siamo una "civiltà complessa" e ci siamo arrivati dopo 3000 anni... allora chi è più evoluto? noi o loro?
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L'irrazionalità è la radice quadrata di tutti i mali. (Richard Feynman)
Il Filosofo nel ventunesimo secolo. E' un po come se Platone vendesse panini da Burger King. (Be.Human)
Nell'universo agiscono 4 forze fondamentali: La forza Gravitazionale, la forza Elettromagnetica, la forza Nucleare Debole e la forza Nucleare Forte. L'umo invece, a differenza dell'Universo, ne ha una sola: La forza della Stupidità. (Be.Human)
Mentre i sentimenti mettono l'uomo al centro dell'universo, la razionalità lo fa scendere dal suo piedistallo (Be.Human)
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Re: Tribù atea converte missionario
Per me Be.Hu hai centrato l'argomento nella sua essenza.
Ockam docet!
Dalle tue osservazioni Giulio mi sembra di capire che non hai colto il significato di quanto fin qui esposto. Sia di Piraha con un significato generale, sia personale per la mia posizione.
Noi non stiamo parlando di evoluzione o cultura. Io sono nato, cresciuto in un mondo civile. Ho frequentato le scuole così come tutti noi. Per di più ho fatto otto anni, medie e superiori, dai frati francescani. Ma questo non vuol dire nulla. Tutti i valori che tu in qualche modo esprimi, sono valori personali, magari di 6 miliardi di persone, però pur sempre personali. Cerco di fare un esempio. Ritengo che anche tu conosca, quanto meno a grandi linee, la fede buddista. Mi dicono essere non una vera religione, ma una forma di morale animistica, o qualcosa di simile. Non ha quello che è paragonabile al nostro dio (?). Ma penso che tu non l'abbia mai fatta propria, non l'hai nemmeno presa in considerazione. E si che ci sono centinaia di milioni di persone che vivono seguendo tale credo dichiarandosi buddisti. Ma tu non dici di essere abuddista. E, al di la del significato letterale delle parole, cerca di cogliere il senso, il concetto che c'è in questo. Tu devi considerare che un uomo di cultura paragonabile alla tua possa non aver mai nemmeno sentito o considerato la questione metafisica, tanto meno religiosa. E' di fatto una sovrastruttura culturale a cui tu conferisci valore assoluto. Di fatto è solo un fenomeno socio culturale assai relativo. E, come il sig. Paraha, io non sento nè la necessità di essere salvato nè mi preoccupo del mio futuro post mortem. E' un non problema. Un problema che non esiste. E non perchè sono un incosciente menefreghista. Ma perchè quel modo di vedere e valutare le cose non mi appartiene e non mi è mai appartenuto. E' al di fuori del mio modo di vedere, valutare e sentire le cose, il mondo e la mia vita.
Ockam docet!
Dalle tue osservazioni Giulio mi sembra di capire che non hai colto il significato di quanto fin qui esposto. Sia di Piraha con un significato generale, sia personale per la mia posizione.
Noi non stiamo parlando di evoluzione o cultura. Io sono nato, cresciuto in un mondo civile. Ho frequentato le scuole così come tutti noi. Per di più ho fatto otto anni, medie e superiori, dai frati francescani. Ma questo non vuol dire nulla. Tutti i valori che tu in qualche modo esprimi, sono valori personali, magari di 6 miliardi di persone, però pur sempre personali. Cerco di fare un esempio. Ritengo che anche tu conosca, quanto meno a grandi linee, la fede buddista. Mi dicono essere non una vera religione, ma una forma di morale animistica, o qualcosa di simile. Non ha quello che è paragonabile al nostro dio (?). Ma penso che tu non l'abbia mai fatta propria, non l'hai nemmeno presa in considerazione. E si che ci sono centinaia di milioni di persone che vivono seguendo tale credo dichiarandosi buddisti. Ma tu non dici di essere abuddista. E, al di la del significato letterale delle parole, cerca di cogliere il senso, il concetto che c'è in questo. Tu devi considerare che un uomo di cultura paragonabile alla tua possa non aver mai nemmeno sentito o considerato la questione metafisica, tanto meno religiosa. E' di fatto una sovrastruttura culturale a cui tu conferisci valore assoluto. Di fatto è solo un fenomeno socio culturale assai relativo. E, come il sig. Paraha, io non sento nè la necessità di essere salvato nè mi preoccupo del mio futuro post mortem. E' un non problema. Un problema che non esiste. E non perchè sono un incosciente menefreghista. Ma perchè quel modo di vedere e valutare le cose non mi appartiene e non mi è mai appartenuto. E' al di fuori del mio modo di vedere, valutare e sentire le cose, il mondo e la mia vita.
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Re: Tribù atea converte missionario
Allora mi spieghi perché il prof. Dawkins & co. si rompono la testa per scoprire l'origine della vita per poi dimostrare che Dio non è necessario? Basandosi sul tuo ragionamento potrebbero benissimo dire:"Non ci interessa chi ci ha fatto da dove veniamo, esistiamo e basta"Be.Human ha scritto:
GIulio il principio è proprio questo. Loro non credono alla trascendentalità, ma solo in ciò che vedono. Un pò si basa la scienza odierna.
Per esempio, l'oro non si pongono la domanda del perchè esistiamo, o perchè esistono le stelle e chi ci ha creati. Per loro non esiste alcun creatore, loro esistono e basta, senza se e senza ma. E' lo stesso pensiero di base degli atei/non credenti e della scienza. Noi partiamo dal presupposto che non esiste alcun creatore, nessuno spirito. Noi esistiamo e basta e dopo la morte non c'è nulla se non il cosiddetto oblio. Lo accettiamo e viviamo bene, come lo accettano loro e vivono bene.
giulio76- -----------
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Re: Tribù atea converte missionario
Mica si rompono la testa per quello scopo, Giulio...Allora mi spieghi perché il prof. Dawkins & co. si rompono la testa per scoprire l'origine della vita per poi dimostrare che Dio non è necessario?
davide- -------------
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Re: Tribù atea converte missionario
giulio76 ha scritto:
Allora mi spieghi perché il prof. Dawkins & co. si rompono la testa per scoprire l'origine della vita per poi dimostrare che Dio non è necessario? Basandosi sul tuo ragionamento potrebbero benissimo dire:"Non ci interessa chi ci ha fatto da dove veniamo, esistiamo e basta"
Credo che loro, Dawkins & co. non si rompano la testa per dimostrare l'inesistenza di dio, ma perché spinti da quella strana e misteriosa sensazione che si chiama curiosità. Una sensazione che, quando si è abituati a chiudere i cancelli della mente con la parola dio, è difficile provare e capire.
In effetti però secondo me paragonare i Piraha agli atei è un po' azzardato. Gli atei che hanno familiarità col concetto di divinità spesso cercano un'alternativa logica ad esso, mentre i piraha non cercano nulla, da quanto ho capito.
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Re: Tribù atea converte missionario
davide ha scritto:Mica si rompono la testa per quello scopo, Giulio...Allora mi spieghi perché il prof. Dawkins & co. si rompono la testa per scoprire l'origine della vita per poi dimostrare che Dio non è necessario?
Sarà, ma alla fine questa è la loro conclusione.
giulio76- -----------
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Re: Tribù atea converte missionario
giulio76 ha scritto:Allora mi spieghi perché il prof. Dawkins & co. si rompono la testa per scoprire l'origine della vita per poi dimostrare che Dio non è necessario? Basandosi sul tuo ragionamento potrebbero benissimo dire:"Non ci interessa chi ci ha fatto da dove veniamo, esistiamo e basta"Be.Human ha scritto:
GIulio il principio è proprio questo. Loro non credono alla trascendentalità, ma solo in ciò che vedono. Un pò si basa la scienza odierna.
Per esempio, l'oro non si pongono la domanda del perchè esistiamo, o perchè esistono le stelle e chi ci ha creati. Per loro non esiste alcun creatore, loro esistono e basta, senza se e senza ma. E' lo stesso pensiero di base degli atei/non credenti e della scienza. Noi partiamo dal presupposto che non esiste alcun creatore, nessuno spirito. Noi esistiamo e basta e dopo la morte non c'è nulla se non il cosiddetto oblio. Lo accettiamo e viviamo bene, come lo accettano loro e vivono bene.
La risposta te l'ha data paolo sopra.
Ognuno ha il proprio modo di vedere le cose. Dawkins e Co. Non si rompono le corna perchè vogliono smontare la fede altrui, ma lo fanno perchè secondo il loro modo di vivere (e anche secondo la visione della maggior parte dei laici/atei/non credenti) si viv meglio senza religione. Quindi tu non puoi permetterti di considerarli "poco evoluti" per 2 ovvie ragioni: loro considerano degli stupidi chi crede in qualcosa ch neanche ha mai visto, ma ne ha solo sentito parlare, i credenti giudicano degli stupidi chi non crede nella loro fede. Questo porta a un moto perpetuo da cui non si può più uscire. E possiamo stare qui a parlarne per giorni, mesi, o anni... non arriveremo mai a un punto d'incontro. Non so se mi spiego. Quindi la cosa più logica, sarebbe vivere secondo il proprio punto di vista, senza cercare di condizionare gli altri, a meno che, l'idea di uno o più individui danneggiano la società e gli altri individui allora è un altro discorso, ma usciremo fuori tema
Ultima modifica di Be.Human il Ven 20 Mag 2011, 12:36 - modificato 1 volta.
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Il Filosofo nel ventunesimo secolo. E' un po come se Platone vendesse panini da Burger King. (Be.Human)
Nell'universo agiscono 4 forze fondamentali: La forza Gravitazionale, la forza Elettromagnetica, la forza Nucleare Debole e la forza Nucleare Forte. L'umo invece, a differenza dell'Universo, ne ha una sola: La forza della Stupidità. (Be.Human)
Mentre i sentimenti mettono l'uomo al centro dell'universo, la razionalità lo fa scendere dal suo piedistallo (Be.Human)
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Re: Tribù atea converte missionario
Ates ha scritto:
In effetti però secondo me paragonare i Piraha agli atei è un po' azzardato. Gli atei che hanno familiarità col concetto di divinità spesso cercano un'alternativa logica ad esso, mentre i piraha non cercano nulla, da quanto ho capito.
Infatti secondo me il paragone è molto riduttivo per voi, secondo il mio modo di vedere.
giulio76- -----------
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Re: Tribù atea converte missionario
Chi ti dice che un ateo, così come un abuddista debba cercare una alternativa logica. L'alternativa nasce se c'è una pluralità di possibilità, o quanto meno almeno due. Ho cercato di spiegare che questo non solo non è vero, ma è una sovrastrutture mentale. Per dirla alla buona seghe mentali.
Paolo- --------------
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Re: Tribù atea converte missionario
giulio76 ha scritto:davide ha scritto:Mica si rompono la testa per quello scopo, Giulio...Allora mi spieghi perché il prof. Dawkins & co. si rompono la testa per scoprire l'origine della vita per poi dimostrare che Dio non è necessario?
Sarà, ma alla fine questa è la loro conclusione.
La lotta si rivela inevitabile dal momento che le convinzioni religiose si oppongono alla ricerca scientifica, mettendo in discussione dati di fatto e frenando il lavoro delle menti più brillanti.
Paolo ha scritto:Chi ti dice che un ateo, così come un abuddista debba cercare una alternativa logica. L'alternativa nasce se c'è una pluralità di possibilità, o quanto meno almeno due. Ho cercato di spiegare che questo non solo non è vero, ma è una sovrastrutture mentale. Per dirla alla buona seghe mentali.
Non ho capito.
Io come ateo interessato di scienze rifiuto dio perché so che esiste una (o più) alternativa razionale alle domande che ci siamo posti da sempre, mentre i piraha le domande non se le fanno neanche.
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Gesù è venuto per salvarci dal peccato, ma continuo a vedere peccatori. Thor ci protegge dai demoni e dai giganti di ghiaccio, e in effetti non se ne vedono in giro.
Ates- -----------
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Re: Tribù atea converte missionario
Arrivare alla conlusione che dio non esiste non significa che si sbattono a fare ricerca per quello scopo. Quando Darwin elaborò la sua teoria, mica lo fece per dimostrare l'inesistenza di una divinità. Prese semplicemente atto di come stavano le cose e capì che dio era un ipotesi non necessaria.giulio76 ha scritto:davide ha scritto:Mica si rompono la testa per quello scopo, Giulio...Allora mi spieghi perché il prof. Dawkins & co. si rompono la testa per scoprire l'origine della vita per poi dimostrare che Dio non è necessario?
Sarà, ma alla fine questa è la loro conclusione.
davide- -------------
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Re: Tribù atea converte missionario
Ates, è un semplice ragionamento. Tu non ti poni il problema di essere asuperstiziono. Perciò se domani cadi dalle scale e ti rompi un gamba non metti indubbio la tua asuperstizione e analizzi se sia il caso di comprati un cornetto o un ferro di cavallo. Quello che voglio dire che la metafisica, intesa nel senso lato della parola, è una pura sega mentale. E poi che le seghe facciano piacere......nessuno lo nega. Ma sempre sega rimane.
Perciò l'idea di dire che uno deve porsi la questione religiosa o di dio per me è una mera idea personale, non un valore assoluto. Spero di essere stato chiaro. Mi rendo conto che può non essere facile capire una cosa che, forse perchè per me data per scontata, si scontra col comune vedere di questi problemi.
Perciò l'idea di dire che uno deve porsi la questione religiosa o di dio per me è una mera idea personale, non un valore assoluto. Spero di essere stato chiaro. Mi rendo conto che può non essere facile capire una cosa che, forse perchè per me data per scontata, si scontra col comune vedere di questi problemi.
Paolo- --------------
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Re: Tribù atea converte missionario
Paolo ha scritto:Ates, è un semplice ragionamento. Tu non ti poni il problema di essere asuperstiziono. Perciò se domani cadi dalle scale e ti rompi un gamba non metti indubbio la tua asuperstizione e analizzi se sia il caso di comprati un cornetto o un ferro di cavallo. Quello che voglio dire che la metafisica, intesa nel senso lato della parola, è una pura sega mentale. E poi che le seghe facciano piacere......nessuno lo nega. Ma sempre sega rimane.
Perciò l'idea di dire che uno deve porsi la questione religiosa o di dio per me è una mera idea personale, non un valore assoluto. Spero di essere stato chiaro. Mi rendo conto che può non essere facile capire una cosa che, forse perchè per me data per scontata, si scontra col comune vedere di questi problemi.
Ma, quello che intendo io è che noi atei e credenti insieme ci facciamo delle domande e ci diamo diverse risposte e non risposte, mentre i piraha da come ho capito non si fanno nemmeno domande, per questo per me sono diversi da me e te e non sono simili agli atei come noi. Se anche loro si facessero delle domande forse giungerebbero anche loro a un'idea di divinità, per poi scartarla man mano che acquisiscono una conoscenza razionale.
Chiaramente anche loro sono atei, perché non credono in dio, ma si ritorna sempre a specificare che per essere ateo bisogna prima sapere cosa si intende con dio, cosa che loro non contemplano.
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Ates- -----------
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Re: Tribù atea converte missionario
Scusa Ates, cosa intendi per farsi delle domande? Intendi la mia domanda, non dico in senso stretto, ma logico. E' farsi delle domande perchè sei scivolato dalle scale, o comunque cercare un motivo che vada oltre il gradino scivoloso?
Paolo- --------------
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Re: Tribù atea converte missionario
Paolo ha scritto:Scusa Ates, cosa intendi per farsi delle domande? Intendi la mia domanda, non dico in senso stretto, ma logico. E' farsi delle domande perchè sei scivolato dalle scale, o comunque cercare un motivo che vada oltre il gradino scivoloso?
Intendo in maniera generale cercare le cause più "distali" degli eventi.
Nel caso del gradino scivoloso posso arrivare a domandarmi cosa renda quella eventuale sostanza sul gradino lo rende così scivolosa da farmi cadere.
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Re: Tribù atea converte missionario
Ates gli esempi sono parziali e prendili come tali. Con l'esempio del gradino intendevo dire che uno che cade dalle scale e si fa male può andare a ricercare le cause di questo in qualche causa superiore e poi, per combatterla, fa gli scongiuri o si compra il cornetto. Mentre le cose, come ben sappiamo sono molto diverse. Un semplice gradino scivoloso, o tu che hai messo male il piede. Se pertanto tu hai sempre e solo pensato che se cadi da un gradino è perchè vivendo sulla terra sei soggetto alla gravitazione, e se metti male il piede cadi, non vai a cercare una alternativa. Mentre, come tu ben sai molte persone lo fanno. E l'alternativa la cercano in qualcosa che ti ha fatto si che tu metessi il piede male. Ovvero uno spirito, una forza occulta che regola la tua vita. E per far si che non ti capiti più fai o ti inventi una serie di azioni od oggetti che nella tua convinzione devono tenere lontano da te queste forze.
Se tu trasferisci il ragionamento al nostro vivere le cose non cambiano. Chi si ammala prega la Madonna o Padre Pio. Ovvero riconduce il suo problema ad elementi superiori che possiamo definire metafisici. Lo stesso vale per la vita, la morte o l'universo. Se tu questo concetto non lo hai mai considerato, così come i Panaha, ovvero non hai mai generato in te l'idea del metafisico, non ti poni nemmeno il problema. E non è questione di scelta. La metafisica è solo una sovrastruttura mentale, così come la superstizione o il buddismo.
E come tale non necessariamente una persona la può concepire. Se, come è capitato a me, tale problema non ti si è mai posto, non ti si pone nemmeno il problema della scelta.
Se tu trasferisci il ragionamento al nostro vivere le cose non cambiano. Chi si ammala prega la Madonna o Padre Pio. Ovvero riconduce il suo problema ad elementi superiori che possiamo definire metafisici. Lo stesso vale per la vita, la morte o l'universo. Se tu questo concetto non lo hai mai considerato, così come i Panaha, ovvero non hai mai generato in te l'idea del metafisico, non ti poni nemmeno il problema. E non è questione di scelta. La metafisica è solo una sovrastruttura mentale, così come la superstizione o il buddismo.
E come tale non necessariamente una persona la può concepire. Se, come è capitato a me, tale problema non ti si è mai posto, non ti si pone nemmeno il problema della scelta.
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