Etica e moralità in un mondo ateo
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Justine
Armok
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Etica e moralità in un mondo ateo
Immagino che questo topic sia stato tirato fuori innumerevoli volte.
Quindi una in più non farà male più di tanto.
Parto a bomba.
"Esiste un'altra ragione oltre alle conseguenze del proprio comportamento per cui valga la pena reprimere la parte peggiore, più distruttiva ed egoistica della propria personalità in assenza di un fondamento morale universale ed oggettivo ( dio / dei, karma ecc. )"
Quindi una in più non farà male più di tanto.
Parto a bomba.
"Esiste un'altra ragione oltre alle conseguenze del proprio comportamento per cui valga la pena reprimere la parte peggiore, più distruttiva ed egoistica della propria personalità in assenza di un fondamento morale universale ed oggettivo ( dio / dei, karma ecc. )"
Armok- -------------
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Qual è il problema?
Il sangue è una grossa spesa, e spesso richiede un grande dispendio di risorse fare del male agli altri; senza contare che in tanti non sono nemmeno portati alla machetizzazione e al passaggio a fil di spada dell'intero universo. Ad ogni modo, nonostante la presenza di un sostrato morale condiviso, non mancano soprusi e prevaricazioni anche nel piccolo, non è necessario scatenare guerre su scala planetaria per comprenderlo.
Personalmente mi rendo conto che uccidendo o ferendo a dismisura potrei perdere l'input creativo di persone che potrebbero aiutarmi a sollazzarmi. Esempio: se facessi del male ai developer dei miei giochi preferiti, ai misi scrittori, etc. ne ricaverei molto poco, anzi, ne perderei in maniera abnorme.
E' del tutto evidente che non esiste alcun giudizio e ci è concesso tutto, ma prima della mutua distruzione assicurata ci sono diversi livelli di convivenza (lo dico io, che sono appartata e distante da tutto e tutti, praticamente vivo in una stanza) che vale la pena sperimentare, proprio per egoismo. Non voglio che muoiano persone che possono potenzialmente contribuire, da remoto, alla mia felicità, considerando ciò di cui è costituita.
Il sangue è una grossa spesa, e spesso richiede un grande dispendio di risorse fare del male agli altri; senza contare che in tanti non sono nemmeno portati alla machetizzazione e al passaggio a fil di spada dell'intero universo. Ad ogni modo, nonostante la presenza di un sostrato morale condiviso, non mancano soprusi e prevaricazioni anche nel piccolo, non è necessario scatenare guerre su scala planetaria per comprenderlo.
Personalmente mi rendo conto che uccidendo o ferendo a dismisura potrei perdere l'input creativo di persone che potrebbero aiutarmi a sollazzarmi. Esempio: se facessi del male ai developer dei miei giochi preferiti, ai misi scrittori, etc. ne ricaverei molto poco, anzi, ne perderei in maniera abnorme.
E' del tutto evidente che non esiste alcun giudizio e ci è concesso tutto, ma prima della mutua distruzione assicurata ci sono diversi livelli di convivenza (lo dico io, che sono appartata e distante da tutto e tutti, praticamente vivo in una stanza) che vale la pena sperimentare, proprio per egoismo. Non voglio che muoiano persone che possono potenzialmente contribuire, da remoto, alla mia felicità, considerando ciò di cui è costituita.
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Armok ha scritto:Esiste un'altra ragione oltre alle conseguenze del proprio comportamento per cui valga la pena reprimere la parte peggiore
[...]
Credo ti sia risposto ponendo già la domanda, le conseguenze in sè di un nostro comportamento "negativo" costituiscono già una buona fetta per cui rinunciare all'impresa di distruzione, alla fine non siamo eterni, la causa del nostro male perirà, in un modo o nell'altro (se volessi commettere un omicidio in Italia, te la cavi con qualche anno in prigione, niente male se vuoi "farti giustizia" da solo )
invisiblemonsters- -------------
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Ah, se per questo le conseguenze in sè costituiscono il 100% della mia motivazione e sono bastate a farmi arrivare a trent'anni incensurato. Nessun problema sotto quel punto di vista.
Mi chiedevo se c'è -o può esserci- dell'altro secondo voi.
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Armok- -------------
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Dunque, per me la burocrazia (sotto ogni punto di vista, che riguardi omicidi così come l'applicazione di un bollino) risulta di una pesantezza tormentosa, acidificante e gravosa come poche altre cose al mondo, perciò come deterrente considererei anche il dover avere a che fare con lunghe trafile di conseguenze sotto questo punto di vista, nell'ipotesi considerata.
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Le conseguenze sono molto legate al tempo in cui si vive, non credo si possa solo basarsi sulla legge e le conseguenze del violarla.
Cosa mi impedisce di comportarmi da sociopatico cercando di non essere beccato?
Perché fondamentalmente che il dio cristiano ad esempio esista o meno è irrilevante, ciò che è rilevante sono le conseguenze del vivere o meno in una società in cui la vastissima maggioranza delle persone è convinta di avere una morale solida e fortemente fondata su qualcosa più in alto di loro stessi e del loro giudizio.
Basta l'illusione.
In ogni caso, penso che dio, più che essere stato ucciso come diceva il Tedesco baffuto, sia stato sostituito da un altro "dio" ed ideale metafisico più terreno, "l'umanità", come fine ultimo, armata sostanzialmente con una morale cripto-cristiano-secolare ereditata dal morente ma influente mondo cristiano occidentale, codificata nella dichiarazione dei "diritti" dell'uomo e legittimata dall'alto dallo stato invece che dalla chiesa.
Basti notare ormai il tentativo disperato e patetico della chiesa di rimanere rilevante cercando di mostrarsi "al passo con i tempi" semplicemente arrendendosi al nuovo dio in circolazione. E la chiesa cattolica è relativamente conservativa rispetto a certe parti del mondo protestante, che solo qualche centinaio di anni fa avrebbero probabilmente fatto cambiare idea completamente a Martin Lutero sul protestantesimo.
Sarà interessante vedere come questa nuova era della moralità reggerà nel tempo. Se "l'umanità" sarà capace di mantenere le promesse fatte ai propri fedeli dopo aver eliminato la promessa di vita dopo la morte.
Cosa mi impedisce di comportarmi da sociopatico cercando di non essere beccato?
Perché fondamentalmente che il dio cristiano ad esempio esista o meno è irrilevante, ciò che è rilevante sono le conseguenze del vivere o meno in una società in cui la vastissima maggioranza delle persone è convinta di avere una morale solida e fortemente fondata su qualcosa più in alto di loro stessi e del loro giudizio.
Basta l'illusione.
In ogni caso, penso che dio, più che essere stato ucciso come diceva il Tedesco baffuto, sia stato sostituito da un altro "dio" ed ideale metafisico più terreno, "l'umanità", come fine ultimo, armata sostanzialmente con una morale cripto-cristiano-secolare ereditata dal morente ma influente mondo cristiano occidentale, codificata nella dichiarazione dei "diritti" dell'uomo e legittimata dall'alto dallo stato invece che dalla chiesa.
Basti notare ormai il tentativo disperato e patetico della chiesa di rimanere rilevante cercando di mostrarsi "al passo con i tempi" semplicemente arrendendosi al nuovo dio in circolazione. E la chiesa cattolica è relativamente conservativa rispetto a certe parti del mondo protestante, che solo qualche centinaio di anni fa avrebbero probabilmente fatto cambiare idea completamente a Martin Lutero sul protestantesimo.
Sarà interessante vedere come questa nuova era della moralità reggerà nel tempo. Se "l'umanità" sarà capace di mantenere le promesse fatte ai propri fedeli dopo aver eliminato la promessa di vita dopo la morte.
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"A nation can survive its fools, and even the ambitious. But it cannot survive treason from within. An enemy at the gates is less formidable, for he is known and carries his banner openly. But the traitor moves amongst those within the gate freely, his sly whispers rustling through all the alleys, heard in the very halls of government itself. For the traitor appears not a traitor; he speaks in accents familiar to his victims, and he wears their face and their arguments, he appeals to the baseness that lies deep in the hearts of all men. He rots the soul of a nation, he works secretly and unknown in the night to undermine the pillars of the city, he infects the body politic so that it can no longer resist. A murderer is less to fear. The traitor is the plague."
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Aetius ha scritto:In ogni caso, penso che dio, più che essere stato ucciso come diceva il Tedesco baffuto, sia stato sostituito da un altro "dio" ed ideale metafisico più terreno, "l'umanità", come fine ultimo, armata sostanzialmente con una morale cripto-cristiano-secolare ereditata dal morente ma influente mondo cristiano occidentale, codificata nella dichiarazione dei "diritti" dell'uomo e legittimata dall'alto dallo stato invece che dalla chiesa.
Solo una puntualizzazione, lo zio Adolfo era austriaco (E, si dice, pure mezzo ebreo)
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Mi riferivo all'altro tedesco baffuto, NietzscheRasputin ha scritto:Aetius ha scritto:In ogni caso, penso che dio, più che essere stato ucciso come diceva il Tedesco baffuto, sia stato sostituito da un altro "dio" ed ideale metafisico più terreno, "l'umanità", come fine ultimo, armata sostanzialmente con una morale cripto-cristiano-secolare ereditata dal morente ma influente mondo cristiano occidentale, codificata nella dichiarazione dei "diritti" dell'uomo e legittimata dall'alto dallo stato invece che dalla chiesa.
Solo una puntualizzazione, lo zio Adolfo era austriaco (E, si dice, pure mezzo ebreo)
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Aetius ha scritto:penso che dio, più che essere stato ucciso
il timore del nulla, a mio avviso, potè molto più di quello derivante dalla divinità punitrice (d'altronde, per poter uccidere qualcosa, occorre che nasca). Ad ogni modo viviamo un'epoca in cui ormai tutti si sono resi conto che ogni cosa è possibile, tra pugnalate, spari, annichilimenti vari, mutilazioni di calibri psicologici notevoli, etc.; che le imposizioni immaginarie di ventura sulla 'morale' possono essere approssimate dai giudizi personali (dove per giudizi personali intendo "tu sei juventino, io milanista, perciò ti sparo, sic et simpliciter), e quindi se ne deduce che tra tutti non abbiamo ancora sviluppato gli anticorpi, a livello globale, per imparare a vivere degnamente senza orpelli promanati dai culti di questa o quella divinità: è come chiedere a un arto atrofizzato di saltellare.
L'imbonimento millenario a suon di contentini e il diktat autoimposto del "faccio del bene, sennò c'è chi mi castiga" impedisce alle persone, che per la prima volta si rendono conto di essere veramente libere, di giudicare con un po' di senno il da farsi. I retaggi culturali hanno lasciato quest'idea di sottofondo: 'comportati come X comanda, o verrai punito'. In pochi riescono a darsi, in tal senso, un'educazione autonoma. Bisogna tornare a sviluppare questo senso critico, obnubilato da assurdità.
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Le conseguenze sono molto legate al tempo in cui si vive, non credo si possa solo basarsi sulla legge e le conseguenze del violarla.
Cosa mi impedisce di comportarmi da sociopatico cercando di non essere beccato?
Niente. Moltissime persone lo fanno abitualmente e restano incensurate per tutta la vita. Manipolano e sfruttano gli altri, mentono con disinvoltura, se ne fregano del benessere altrui utilizzano la legge a proprio vantaggio ( la lettera della legge, non lo spirito ) ogni qual volta possono.
Di solito i sociopatici che arrivano al delitto vero e proprio sono anche schizofrenici, paranoici, iper-aggressivi, insomma uniscono alla sociopatia un secondo tratto che la rende attivamente pericolosa.
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Armok- -------------
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Domanda interessante. Sì, il tema è già stato dibattuto qua dentro sotto varie forme, me ne ricordo. Almeno una volta in una discussione con JJ, mi sembra.Armok ha scritto:Immagino che questo topic sia stato tirato fuori innumerevoli volte.
Quindi una in più non farà male più di tanto.
Parto a bomba.
"Esiste un'altra ragione oltre alle conseguenze del proprio comportamento per cui valga la pena reprimere la parte peggiore, più distruttiva ed egoistica della propria personalità in assenza di un fondamento morale universale ed oggettivo ( dio / dei, karma ecc. )"
Bhé, che capiti a chiunque di fare del male al prossimo secondo me è una cosa inevitabile. Tante volte succede involontariamente, o anche per un risultato contrario alla propria volontà. Ma io non ricordo di aver mai voluto deliberatamente fare del male a chicchessia, a meno di non essere stato prima pesantemente offeso o danneggiato. È questione di indole, probabilmente, o forse come molto acutamente dice Justine, che colpire il prossimo costa moltissimo; e non puoi mai essere sicuro che non ci sarà una reazione uguale o maggiore.
In genere nella storia i conflitti sono sempre nati dalla necessità di nuove risorse e dal fatto che l'unico modo di procurarsele era espropriarne gli altri. Le religioni hanno sempre giustificato, fomentato e alimentato questo genere di soprusi, ad ogni livello. Altro che "fondamenti morali", le religioni e i loro dei sono sempre stati la sozzura dell'umanità. È ovvio che se ciascuno avesse abbondanza di beni non ci sarebbero prepotenze, prevaricazioni, ingiustizie, angherie e vessazioni, salvo che da parte di pochi soggetti patologicamente assuefatti al potere e alla violenza. La società dovrebbe comunque dotarsi di metodi per curare o tenere sotto controllo questi soggetti patologici, in pratica quelli che attualmente sono leader politici, papi, banchieri etc.
In linea molto generale e di principio, comunque, se una persona è invasa dalla brama di possesso e ha istinti distruttivi verso il prossimo, una buona ragione per reprimerli secondo me è che l'amicizia, il rispetto, la stima, l'affetto delle persone si ottengono solo se ci si comporta bene. Altrimenti si è soli come un cane, anche in mezzo ad una corte di servitori.
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Armok ha scritto:Le conseguenze sono molto legate al tempo in cui si vive, non credo si possa solo basarsi sulla legge e le conseguenze del violarla.
Cosa mi impedisce di comportarmi da sociopatico cercando di non essere beccato?
Niente. Moltissime persone lo fanno abitualmente e restano incensurate per tutta la vita. Manipolano e sfruttano gli altri, mentono con disinvoltura, se ne fregano del benessere altrui utilizzano la legge a proprio vantaggio ( la lettera della legge, non lo spirito ) ogni qual volta possono.
Di solito i sociopatici che arrivano al delitto vero e proprio sono anche schizofrenici, paranoici, iper-aggressivi, insomma uniscono alla sociopatia un secondo tratto che la rende attivamente pericolosa.
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
In linea molto generale e di principio, comunque, se una persona è invasa dalla brama di possesso e ha istinti distruttivi verso il prossimo, una buona ragione per reprimerli secondo me è che l'amicizia, il rispetto, la stima, l'affetto delle persone si ottengono solo se ci si comporta bene. Altrimenti si è soli come un cane, anche in mezzo ad una corte di servitori.
Lo pensavo anch'io e ho continuato a pensarlo per tutta la prima parte della mia vita. Il punto è che l'esperienza empirica mi ha dimostrato l'esatto contrario, e questo mi ha portato a consolidare alcune mie idee riguardo il darwinismo sociale, l'homo lupus homini, l'egoismo etico... insomma, il comportarsi da sociopatici funzionali.
L'idea che mi sono fatto è che sia il rispetto che la violazione palese delle regole portino a conseguenze negative, perlomeno nella maggior parte dei gruppi umani. La "brava persona" viene sfruttata e umiliata, il criminale violento viene incarcerato o ucciso.
Il sociopatico funzionale, che fa giusto quel tanto che basta per essere in regola e non una virgola di più, che non concede niente, che se fa un favore si fa pagare in anticipo e poi lo rinfaccia, che dosa adeguatamente ipocrisia e prepotenza...
quello ha successo.
Nel piccolo, limitatamente comportandomi in una maniera che anni fa mi avrebbe fatto vergognare di me stesso, ho ottenuto tutta una serie di piccole cose che volevo. Compreso qualcosa che assomiglia al rispetto.
Beninteso, non dubito del fatto che se perdessi forza e/o posizione, quelle stesse persone che ora mi "rispettano" non esiterebbero a scaricarmi in una fogna. Ma, per il momento, non si concedono quelle "confidenze" che ho dovuto sopportare in passato.
Il fatto di essere trattato meglio da persone che si trattano peggio costituisce un considerevole carburante per la misantropia, a mio avviso.
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Un buon compromesso può esser dato dal chiedere passivamente cose e favori a coloro che non si accorgono di essere un tantino "sfruttati", nel senso in cui, ad esempio, si fa leva sulla loro pazienza perché questi ultimi sono cresciuti con l'idea di dover fare un favore a tutto il mondo, vittime dei complessi di colpa.
In questo modo c'è addirittura concordia tra le due parti.
Ad ogni modo se le persone vivessero a cluster, a blocchi autonomi anziché fare gruppo per qualsiasi (spesso sciocco) motivo, si vivrebbe generalmente meglio
In questo modo c'è addirittura concordia tra le due parti.
Ad ogni modo se le persone vivessero a cluster, a blocchi autonomi anziché fare gruppo per qualsiasi (spesso sciocco) motivo, si vivrebbe generalmente meglio
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Smettetela di bistrattare e misinterpretare la Scienza per fingere di dare plausibilità alle vostre troiate
Grazie
Justine- ----------
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Verdone! Mostrarsi disponibili nei confronti degli altri non paga mai, il buono è vulnerabile, viene sfruttato e gettato via. Il rispetto non si ottiene con l'educazione, si deve giocare "sporco" per guadagnarselo, o si verrà calpestati in continuazione. Non sottomettersi, ma assoggettare, se necessario.Armok ha scritto:[...]
invisiblemonsters- -------------
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Sì, è tutto vero quello che affermi. Non è che io non ne sia consapevole. Il fatto è che non sopporterei di essere come quelli che disprezzo. Se qui sul forum o altrove posso permettermi di dire che il clero, i politici, i banchieri, i potenti in generale sono merde e feccia dell'umanità, è perché mi sento moralmente autorizzato a farlo, perché io ho sempre cercato di non essere una merda umana come loro, e non vorrei esserlo neppure in cambio della possibilità di trombare le più belle fighe dell'universo. Povero, sfigato ma orgoglioso. Così mi sento di essere, pur sapendo che non serve ad un cazzo e non fotte sega a nessuno.Armok ha scritto:In linea molto generale e di principio, comunque, se una persona è invasa dalla brama di possesso e ha istinti distruttivi verso il prossimo, una buona ragione per reprimerli secondo me è che l'amicizia, il rispetto, la stima, l'affetto delle persone si ottengono solo se ci si comporta bene. Altrimenti si è soli come un cane, anche in mezzo ad una corte di servitori.
Lo pensavo anch'io e ho continuato a pensarlo per tutta la prima parte della mia vita. Il punto è che l'esperienza empirica mi ha dimostrato l'esatto contrario, e questo mi ha portato a consolidare alcune mie idee riguardo il darwinismo sociale, l'homo lupus homini, l'egoismo etico... insomma, il comportarsi da sociopatici funzionali.
L'idea che mi sono fatto è che sia il rispetto che la violazione palese delle regole portino a conseguenze negative, perlomeno nella maggior parte dei gruppi umani. La "brava persona" viene sfruttata e umiliata, il criminale violento viene incarcerato o ucciso.
Il sociopatico funzionale, che fa giusto quel tanto che basta per essere in regola e non una virgola di più, che non concede niente, che se fa un favore si fa pagare in anticipo e poi lo rinfaccia, che dosa adeguatamente ipocrisia e prepotenza...
quello ha successo.
Nel piccolo, limitatamente comportandomi in una maniera che anni fa mi avrebbe fatto vergognare di me stesso, ho ottenuto tutta una serie di piccole cose che volevo. Compreso qualcosa che assomiglia al rispetto.
Beninteso, non dubito del fatto che se perdessi forza e/o posizione, quelle stesse persone che ora mi "rispettano" non esiterebbero a scaricarmi in una fogna. Ma, per il momento, non si concedono quelle "confidenze" che ho dovuto sopportare in passato.
Il fatto di essere trattato meglio da persone che si trattano peggio costituisce un considerevole carburante per la misantropia, a mio avviso.
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Minsky- --------------
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Minsky ha scritto:
Sì, è tutto vero quello che affermi. Non è che io non ne sia consapevole. Il fatto è che non sopporterei di essere come quelli che disprezzo. Se qui sul forum o altrove posso permettermi di dire che il clero, i politici, i banchieri, i potenti in generale sono merde e feccia dell'umanità, è perché mi sento moralmente autorizzato a farlo, perché io ho sempre cercato di non essere una merda umana come loro, e non vorrei esserlo neppure in cambio della possibilità di trombare le più belle fighe dell'universo. Povero, sfigato ma orgoglioso. Così mi sento di essere, pur sapendo che non serve ad un cazzo e non fotte sega a nessuno.
Ho finito i verdi di oggi (Maledette Justine e mostrinvisibili)
secondo me abbiamo un vantaggio, non invidiamo nessuno (Almeno io no)
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Rasputin- ..............
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Io invidio solo Messner e un paio di altri fortissimi alpinisti.Rasputin ha scritto:...
secondo me abbiamo un vantaggio, non invidiamo nessuno (Almeno io no)
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Minsky ha scritto:Io invidio solo Messner e un paio di altri fortissimi alpinisti.Rasputin ha scritto:...
secondo me abbiamo un vantaggio, non invidiamo nessuno (Almeno io no)
Io non invidio persone, al massimo le loro prestazioni
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Se qui sul forum o altrove posso permettermi di dire che il clero, i politici, i banchieri, i potenti in generale sono merde e feccia dell'umanità, è perché mi sento moralmente autorizzato a farlo, perché io ho sempre cercato di non essere una merda umana come loro, e non vorrei esserlo neppure in cambio della possibilità di trombare le più belle fighe dell'universo.
Considero la coerenza importante ( l'incoerenza conduce all'irrazionalià, l'irrazionalità porta all'errore, l'errore porta alla sofferenza ).
Per questo motivo, da quando ho preso la decisione di sciogliere le catene al mio demone interiore, mi impongo di non esprimere giudizi morali di alcun genere.
Tuttavia posso ancora dire - con coerenza - che clero, politica e finanza sono poteri la cui condotta è dannosa rispetto alla vasta maggioranza dei componenti delle società che essi influenzano. Non considero l'utilitarismo un ideale astratto ma - pragmaticamente - la strategia più sensata alla quale improntare una società, quella che produce il beneficio maggiore e più diffuso, che maggiormente concilia la pluralità degli egoismi individuali.
In questo senso la chiesa cattolica e più in generale le religioni organizzate sono profondamente antitetiche rispetto all'utilitarismo, favorendo gli interessi di una ristretta minoranza rispetto alla massa e promuovendo comportamenti irrazionali che non producono beneficio alcuno.
Posso dire questo ( analisi strettamente pragmatica e materialistica del bilancio danni / benefici ) senza entrare in contraddizione con il principio di a-moralità.
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Oddio, l'utilitarismo è possibile sorgente di aberrazioni a danno dell'individuo "per il bene della società"(qualunque cosa questo vero e proprio fantasma sia) senza alcun fondamento morale solido dietro il rispetto dell'individualità. A me non piacerebbe vivere in una società in cui la mia casa possa essere espropriata perché, per il bene comune, ci si deve costruire una strada sopra, per fare un esempio. O una società in cui, per dichiarato "bene comune", la mia proprietà privata possa essere confiscata in generale per gli altri.Armok ha scritto:Non considero l'utilitarismo un ideale astratto ma - pragmaticamente - la strategia più sensata alla quale improntare una società, quella che produce il beneficio maggiore e più diffuso, che maggiormente concilia la pluralità degli egoismi individuali.
Per non parlare del fatto che, se di utilità si parla, la famigerata pena di morte diventa un opzione molto allettante per evitare di sprecare risorse comunitarie con gente irrecuperabile che non sarà mai neanche lontanamente capace di ripagare la comunità.
Al massimo l'utilitarismo potrebbe essere utile in situazioni nebbiose in cui non c'è una risposta morale definitiva.
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
A me non piacerebbe vivere in una società in cui la mia casa possa essere espropriata perché, per il bene comune, ci si deve costruire una strada sopra, per fare un esempio. O una società in cui, per dichiarato "bene comune", la mia proprietà privata possa essere confiscata in generale per gli altri.
Se la società cerca di abolire la proprietà privata e/o consente l'esproprio arbitrario dei beni, questo arreca un danno alla collettività e non solo al singolo individuo: conscio della potenziale inutilità del profondere sforzi ed energie nella propria opera, l'imprenditore / artigiano / commerciante porta le proprie risorse all'estero o le investe in attività non produttive ( come il prestito ad usura ).
Oltretutto la casa, la "tana", è qualcosa di cui la maggior parte delle persone avverte un bisogno istintivo. L'idea di poterla perdere in qualsiasi momento genera ansia diffusa.
Il comunismo è, nei risultati, anti-utilitaristico.
Per non parlare del fatto che, se di utilità si parla, la famigerata pena di morte diventa un opzione molto allettante per evitare di sprecare risorse comunitarie con gente irrecuperabile che non sarà mai neanche lontanamente capace di ripagare la comunità.
Statisticamente parlando, i paesi dove la pena di morte viene applicata hanno tassi di criminalità violenta drammaticamente alti rispetto a quelli dove è stata abolita. Probabilmente questo deriva dal fatto che induce nelle persone l'idea più o meno subconscia che l'uccisione a sangue freddo di un essere umano sia - in determinate circostanze - ammissibile. I diritti umani sono una convenzione ma, innegabilmente, una convenzione molto utile.
La pena di morte è, nei risultati, anti-utilitaristica.
Oddio, l'utilitarismo è possibile sorgente di aberrazioni a danno dell'individuo "per il bene della società"(qualunque cosa questo vero e proprio fantasma sia) senza alcun fondamento morale solido dietro il rispetto dell'individualità.
Il bene della società inteso in senso utilitaristico corrisponde a un concetto preciso: qualità della vita media, benessere, felicità.
Nonostante ciascuno abbia un concetto lievemente o fortemente diverso della qualità della vita, la stragrande maggioranza degli individui condivide l'idea di cosa non costituisca buona qualità della vita. Ovvero: fame, sete, violenza, malattia, pericolo.
Realisticamente parlando, più che massimizzare il benessere, una società improntata all'utilitarismo ottiene i migliori risultati applicandosi per minimizzare la sofferenza e lasciando poi la ricerca della felicità ai singoli individui. In pratica, garantire la soddisfazione dei bisogni fondamentali e i mezzi di base per proseguire da questo punto.
Non è la soluzione "perfetta", ammesso che una cosa del genere esista, ma è a mio avviso la migliore. O la meno peggio, che dir si voglia.
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Non ho parlato di abolizione della proprietà privata, però sta di fatto che in singole occasioni, l'utilitarismo in linea di principio permette che a spese di singoli la comunità possa guadagnarne.Armok ha scritto:
A me non piacerebbe vivere in una società in cui la mia casa possa essere espropriata perché, per il bene comune, ci si deve costruire una strada sopra, per fare un esempio. O una società in cui, per dichiarato "bene comune", la mia proprietà privata possa essere confiscata in generale per gli altri.
Se la società cerca di abolire la proprietà privata e/o consente l'esproprio arbitrario dei beni, questo arreca un danno alla collettività e non solo al singolo individuo: conscio della potenziale inutilità del profondere sforzi ed energie nella propria opera, l'imprenditore / artigiano / commerciante porta le proprie risorse all'estero o le investe in attività non produttive ( come il prestito ad usura ).
Oltretutto la casa, la "tana", è qualcosa di cui la maggior parte delle persone avverte un bisogno istintivo. L'idea di poterla perdere in qualsiasi momento genera ansia diffusa.
Il comunismo è, nei risultati, anti-utilitaristico.
Se io sono sano e in forze e, non so, 5 persone(singolarmente con ugual numero di parenti/conoscenti/persone sentimentalmente attaccate al mio) sono morenti e in attesa di trapianto, uccidermi, prendermi gli organi e salvare queste persone aumenta il benessere totale della comunità a spese del malessere locale del singolo e familiari.
Chiedo sinceramente, ci sono degli studi che vanno oltre la correlazione e valutano la bontà del link causale "no pena morte"->"meno criminalità", invece del link "meno criminalità"->"no pena morte"?Armok ha scritto:Per non parlare del fatto che, se di utilità si parla, la famigerata pena di morte diventa un opzione molto allettante per evitare di sprecare risorse comunitarie con gente irrecuperabile che non sarà mai neanche lontanamente capace di ripagare la comunità.
Statisticamente parlando, i paesi dove la pena di morte viene applicata hanno tassi di criminalità violenta drammaticamente alti rispetto a quelli dove è stata abolita. Probabilmente questo deriva dal fatto che induce nelle persone l'idea più o meno subconscia che l'uccisione a sangue freddo di un essere umano sia - in determinate circostanze - ammissibile. I diritti umani sono una convenzione ma, innegabilmente, una convenzione molto utile.
La pena di morte è, nei risultati, anti-utilitaristica.
Perché un basso tasso di criminalità può portare le persone ad essere più pacate e dunque più in favore di pene meno severe, per fare un esempio.
Il problema è che in una società in cui la scarsità è un problema, c'è sempre conflitto tra gli individui per le risorse. Minimizzare la sofferenza può voler dire rendere ognuno ugualmente miserabile se non c'è alcun limite. Uno stato che non difende i singoli finisce di esistere in queste condizioni.Armok ha scritto:Oddio, l'utilitarismo è possibile sorgente di aberrazioni a danno dell'individuo "per il bene della società"(qualunque cosa questo vero e proprio fantasma sia) senza alcun fondamento morale solido dietro il rispetto dell'individualità.
Il bene della società inteso in senso utilitaristico corrisponde a un concetto preciso: qualità della vita media, benessere, felicità.
Nonostante ciascuno abbia un concetto lievemente o fortemente diverso della qualità della vita, la stragrande maggioranza degli individui condivide l'idea di cosa non costituisca buona qualità della vita. Ovvero: fame, sete, violenza, malattia, pericolo.
Realisticamente parlando, più che massimizzare il benessere, una società improntata all'utilitarismo ottiene i migliori risultati applicandosi per minimizzare la sofferenza e lasciando poi la ricerca della felicità ai singoli individui. In pratica, garantire la soddisfazione dei bisogni fondamentali e i mezzi di base per proseguire da questo punto.
Non è la soluzione "perfetta", ammesso che una cosa del genere esista, ma è a mio avviso la migliore. O la meno peggio, che dir si voglia.
Finché tutti si ha la panza piena magari l'utilitarismo funziona anche, perché minimizzare la sofferenza è relativamente facile ed automatico, ma non sempre le cose possono andare così. Gli individui sono fondamentalmente ancora oggi più fedeli alla loro famiglia e alle persone che gli stanno intorno piuttosto che ad un ideale di minima sofferenza globale, anche a livello statale.
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"A nation can survive its fools, and even the ambitious. But it cannot survive treason from within. An enemy at the gates is less formidable, for he is known and carries his banner openly. But the traitor moves amongst those within the gate freely, his sly whispers rustling through all the alleys, heard in the very halls of government itself. For the traitor appears not a traitor; he speaks in accents familiar to his victims, and he wears their face and their arguments, he appeals to the baseness that lies deep in the hearts of all men. He rots the soul of a nation, he works secretly and unknown in the night to undermine the pillars of the city, he infects the body politic so that it can no longer resist. A murderer is less to fear. The traitor is the plague."
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Non ho parlato di abolizione della proprietà privata, però sta di fatto che in singole occasioni, l'utilitarismo in linea di principio permette che a spese di singoli la comunità possa guadagnarne.
Che il benessere del singolo possa e debba essere limitato in favore del benessere collettivo è la base della civiltà. Ci sono molte cose che a me piacerebbe fare ma riconosco che qualsiasi società minimamente razionale dovrebbe abbattermi o rinchiudermi a vita se le mettessi realmente in pratica.
I diritti umani - in un ottica utilitaristica, altri avrebbero opinioni diverse - sono convenzioni a cui viene attribuita universalità allo scopo di ottenere per la popolazione quel senso di basilare sicurezza che consenta allo stato di ottenere una misura di fiducia dal cittadino; fiducia senza il quale è impossibile la cooperazione al fine di aumentare la qualità della vita.
Per questo motivo, anche se la costruzione di una autostrada o di un centro commerciale può aumentare la felicità di un considerevole numero di individui, imporre anche solo ad un singolo la perdita di uno dei propri diritti umani ( personalmente riterrei utile includere tra essi il diritto alla casa e alla proprietà privata ) implica togliere a tutti, indistintamente, la certezza del suddetto diritto. Danno collettivo a dispetto dell'utile particolare.
C'è da specificare che non tutti i diritti umani devono essere posti sullo stesso piano, sempre nella logica utilitaristica.
Per fare un esempio di benessere collettivo al di sopra del benessere del singolo, una proprietà potrebbe essere espropriata per consentire un'opera di bonifica o la costruzione di una diga perchè in questo caso il diritto a vita e sicurezza dei cittadini viene prima del diritto alla proprietà.
Se io sono sano e in forze e, non so, 5 persone(singolarmente con ugual numero di parenti/conoscenti/persone sentimentalmente attaccate al mio) sono morenti e in attesa di trapianto, uccidermi, prendermi gli organi e salvare queste persone aumenta il benessere totale della comunità a spese del malessere locale del singolo e familiari.
Un'azione simile genererebbe un tale clima di insicurezza e paranoia da spingere la popolazione ad evitare del tutto gli ospedali o addirittura presentarcisi occultando armi sulla propria persona. Alcuni dei familiari cercherebbero sicuramente di vendicarsi e dottori ed infermieri diverrebbero la categoria più odiata e soggetta a rappresaglie.
L'esempio che hai fatto dimostra semplicemente come una corretta applicazione dell'utilitarismo richieda visione d'insieme ed un minimo di lungimiranza.
Si riconduce comunque, come la questione dell'esproprio, ad una questione di "diritti umani".
Nel momento in cui si viola la convenzione secondo cui il cittadino goda di determinati diritti ( casa, nutrimento, sicurezza ecc. ) , anche qualora se ne ottenga un beneficio immediato, si cagiona un danno di insieme nella forma della perdita di fiducia nel sistema.
Chiedo sinceramente, ci sono degli studi che vanno oltre la correlazione e valutano la bontà del link causale "no pena morte"->"meno criminalità", invece del link "meno criminalità"->"no pena morte"?
Perché un basso tasso di criminalità può portare le persone ad essere più pacate e dunque più in favore di pene meno severe, per fare un esempio.
Suppongo ci siano ma sono anche ragionevolmente convinto del fatto che inevitabilmente risultino essere di parte ( una parte o l'altra non fa differenza ). La sociologia non fa parte delle scienze dure, provare con metodologia scientifica quanto richiedi credo sia impossibile.
Posso dirti che in termini economici, giustiziare un condannato viene a costare - tra appelli, ricorsi ed esecuzione - più di quanto venga a costare una condanna a vita. Che i paesi dove le esecuzioni sono economiche, "sbrigative", sono coincidentalmente alcuni tra i luoghi dove la qualità della vita media è più bassa e dove vengono ignorati anche i più elementari diritti umani ( che ripeto, secondo me sono convenzioni, ma indiscutibilmente utili convenzioni ai fini del benessere collettivo ).
Se devo dirti cosa ne penso io, pura opinione personale, credo siano vere entrambe le cose: meno crimine violento, meno desiderio di sangue; e anche, meno desiderio di sangue, meno crimine violento.
Del resto, non ci sono certezze. L'utilitarismo non è una formula magica che risolve infallibilmente i problemi.
Si tenta per il meglio e, mediamente, si ha più probabilità di riuscire imitando chi "fa meglio". In questo caso i paesi che fanno meglio sono quelli che hanno abolito le condanne crudeli, e quelli che fanno peggio sono quelli che le applicano.
Minimizzare la sofferenza può voler dire rendere ognuno ugualmente miserabile se non c'è alcun limite.
Questo è "equalizzare" la sofferenza, non ridurla.
Certo, si può arrecare dei danni nel nome dell'utilitarismo - in buona fede oppure no - ma nel momento in cui una strategia causa più danni di quanti ne previene o corregge cessa per sua stessa definizione di essere utilitarismo.
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Sono sostanzialmente d'accordo con il discorso generale, però effettivamente quello che delinei non mi sembra un utilitarismo puro, è più un utilitarismo "costituzionale" in cui sono comunque presenti dei principi di base(diritti dell'uomo) come fondamento su cui calcolare un utilità.
La parte utilitaria garantisce una certa flessibilità.
Aggiungerei comunque che il "danno psicologico" di cui parli nel sapere che ad esempio la proprietà non è sempre garantita non è così semplice da misurare con il presunto beneficio di un possibile esproprio per concludere che in totale non è mai beneficiale togliere proprietà ai singoli.
Ad esempio la questione delle tasse ai ricchi è simile. Negli Stati Uniti la questione è particolarmente accesa data la natura libertaria della popolazione Statunitense nei confronti della proprietà privata. Molte persone vedono chiaramente(dal loro punto di vista) un utilità nel tassare pesantemente i ricchi, mentre secondo altre, oltre ad essere immorale, ci sono anche effetti pratici a lungo termine negativi, tanto per dirne una.
Lo dici tu stesso che "il benessere del singolo possa e debba essere limitato in favore del benessere collettivo è la base della civiltà", con cui concordo, ma se questo è appunto un limite inferiore(su cui comunque la popolazione deve essere d'accordo per principio), ci deve anche essere un limite superiore, penso.
In ogni caso, un ulteriore punto:
L'utilità, come nell'esempio di sopra, non sempre è semplice da "calcolare". Purtroppo la politica pratica non è soggetta ad un approccio totalmente scientifico, specialmente su larghe scale temporali, perciò è difficile capire l'effetto delle proprie(lo stato) scelte, purché calcolate, nel futuro remoto, sopratutto quando queste possono essere fortemente destabilizzanti. E una ragione per cui è possibile che certi aspetti negativi si manifestino a mo di effetto farfalla è che una certa assunzione secondo me abbastanza comune, ovvero che il benessere del singolo in principio si estenda al benessere della società in maniera liscia, non è necessariamente corretta.
Cito quest'ultimo esempio perché mi sembra un pò un punto cardinale e quasi intoccabile del liberalismo.
La parte utilitaria garantisce una certa flessibilità.
Aggiungerei comunque che il "danno psicologico" di cui parli nel sapere che ad esempio la proprietà non è sempre garantita non è così semplice da misurare con il presunto beneficio di un possibile esproprio per concludere che in totale non è mai beneficiale togliere proprietà ai singoli.
Ad esempio la questione delle tasse ai ricchi è simile. Negli Stati Uniti la questione è particolarmente accesa data la natura libertaria della popolazione Statunitense nei confronti della proprietà privata. Molte persone vedono chiaramente(dal loro punto di vista) un utilità nel tassare pesantemente i ricchi, mentre secondo altre, oltre ad essere immorale, ci sono anche effetti pratici a lungo termine negativi, tanto per dirne una.
Lo dici tu stesso che "il benessere del singolo possa e debba essere limitato in favore del benessere collettivo è la base della civiltà", con cui concordo, ma se questo è appunto un limite inferiore(su cui comunque la popolazione deve essere d'accordo per principio), ci deve anche essere un limite superiore, penso.
In ogni caso, un ulteriore punto:
L'utilità, come nell'esempio di sopra, non sempre è semplice da "calcolare". Purtroppo la politica pratica non è soggetta ad un approccio totalmente scientifico, specialmente su larghe scale temporali, perciò è difficile capire l'effetto delle proprie(lo stato) scelte, purché calcolate, nel futuro remoto, sopratutto quando queste possono essere fortemente destabilizzanti. E una ragione per cui è possibile che certi aspetti negativi si manifestino a mo di effetto farfalla è che una certa assunzione secondo me abbastanza comune, ovvero che il benessere del singolo in principio si estenda al benessere della società in maniera liscia, non è necessariamente corretta.
Cito quest'ultimo esempio perché mi sembra un pò un punto cardinale e quasi intoccabile del liberalismo.
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Re: Etica e moralità in un mondo ateo
Sono sostanzialmente d'accordo con il discorso generale, però effettivamente quello che delinei non mi sembra un utilitarismo puro, è più un utilitarismo "costituzionale" in cui sono comunque presenti dei principi di base(diritti dell'uomo) come fondamento su cui calcolare un utilità.
La formulazione di una costituzione basata sul concetto di "diritto umano" è, ad oggi, il solo metodo che ha consentito di attuare delle - pur traballanti e imprefette - forme di governo utilitaristico.
Non ritengo che separazione tra stato e chiesa, libertà di culto, diritti umani e democrazia siano "moralmente giusti" o che costituiscano valori assoluti.
Ritengo, opinione formata in base ai miei studi e alla mia personale esperienza, che uno stato di diritto laico e democratico sia il posto dove, statisticamente parlando, una persona ha più probabilità di poter vivere un esistenza decente.
La parte utilitaria garantisce una certa flessibilità.
Mah...
ho l'impressione che tu confonda l'utilitarismo ( sistema filosofico e/o ideologico improntato a massimizzare la felicità o il benessere collettivo ) con il pragmatismo. Le due cose non sono necessariamente incompatibili, ma non sono sinonimi.
Comunque, che gestire e organizzare un paese sia un casino, e che ogni scelta generi invariabilmente scontento e conseguenze è un dato di fatto assodato e pacifico, sfondi una porta aperta con me su questo.
Quello che ci tengo a sottolineare è che una società che si pone come obiettivo lo "stare bene", il cercare di massimizzare l'utile collettivo, starà sempre meglio di una che si pone obiettivi basati non su realismo e ragione ma su fede e tradizione.
In Italia, fino a poco tempo fa almeno, vigeva una solta di culto della sofferenza come mezzo salvifico per cui medici e infermieri arrivavano a ridurre o rifiutare del tutto la somministrazione di antidolorifici ai malati terminali, gli ostetrici a porre ogni genere di impedimento alle donne che richiedevano l'epidurale.
Negli Stati Uniti la povertà è vista da molti come una punizione divina ( merito del Calvinismo ).
Nei paesi islamici... stendiamo un velo pietoso.
Insomma, tentare di fare ciò che è realisticamente possibile per star bene è il primo passo, molti non fanno neanche quello.
Armok- -------------
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