Un esperimento - Le prove dell'altra parte
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JACK_JOHN
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
fino ad ora, qualcosa del genere: un buon argomento per difendere le religioni,JACK_JOHN ha scritto:Mi pare che l'unico argomento che tu hai dato qui si possa riassumere nel dire che la religione serve a "far funzionare" la società o qualcosa del genere.mix ha scritto:se a qualcuno questa impostazione dell'esperimento piace, la trova coerente, si può alimentare questo scambio, dentro /oppure fuori il/dal thread corrente.
una delle possibili cause reali di un comportamento altrimenti irrazionale
per esempio io sono una persona che non crede nell'esistenza di Dio, come neppure in quella di tutti gli altri dei/dee di altre religioni, di oggi o del passato, di qui o del resto del pianeta: un ateo, quindi?JACK_JOHN ha scritto:Se fossi ateo risponderei che questo non c'entra niente con il fatto della verità o meno di una religione. Un idea può produrre tanto bene o tanto male nella società. Ma questo è completamente irrilevante ai fini della sia verità. Per esempio potrebbe rattristarmi il fatto che ho il cancro, ma questo non significa che non sia vero (nè che sia vero).
ma credo che questo fenomeno della religione abbia delle serie motivazioni per essersi diffuso così pervasivamente sulla faccia del pianeta tra i componenti della specie umana
non mi distraggo con il dito che indica la Luna (la veridicità di una tra le tante religione realizzate, cos'ha di speciale questa?) ma cerco, eventualmente, le motivazioni che inducono una così consistente (e diffusa sul pianeta), quantità di persone ad indulgere in questi comportamenti irrazionali, che spesso e volentieri provocano sofferenza in chi vi è attore protagonista e ancora più spesso, a chi li circonda.
tu vorresti invece che la tua impostazione dell'esperimento seguisse pedissequamente le tue direttive?
che le persone si mettessero ad elencare le fastidiose pseudoargomentazioni dei credenti cattolici?
mi sembra che chiedi troppo!
perché una persona senza il problema religioso dovrebbe farlo?
quale utilità, vantaggio ne potrebbe/dovrebbe trarre?
come non trovare insopportabilmente noioso, deprimente ed inutile fare questo sforzo?
sei su un forum e su un forum capita che un discorso sia spunto per un altro,
che l'evoluzione di un thread abbia una deviazione rispetto alle intenzioni del proponente
già ti ho chiesto di dire cosa dovrebbe far si che si riservi a questo thread un trattamento speciale
mix- -------------
- Numero di messaggi : 6549
Data d'iscrizione : 14.03.12
Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Tomhet ha scritto:JACK_JOHN ha scritto:Tomhet ha scritto:Beh, non ho un taccuino in cui tengo conto di tutte le cose che ho sentito riguardo dio , semplicemente, al momento, non ne ho sentito manco una buona.
Nelle varie posibilità (vedi qui) c'è anche il fatto che le argomentazioni uno le abbia sentite difese o presentate in modo superficiale o che non le abbia capite (possibilità C). Oppure c'è anche la possibilità che non le abbia neanche sentite. Qual'è il tuo caso? E' forse uno dei primi due (a o b)?Tomhet ha scritto:Ci sono le argomentazioni ad ignorantiam, ovvero che la complessità della vita e dell'uomo devono essere frutto di un disegno intelligente, e questa la si sente in tutte le salse.
Sii più specifico. Quali sono quelle che tu conosci, e come le espongono e difendo chi le propone?Tomhet ha scritto:Mi viene in mente per esempio la prova ontologica di Godel, che sostanzialmente fa forza sull'assunto che "l'esistenza è una proprietà positiva", dio è l'essere con tutte le proprietà positive di conseguenza ecc... ecc...
Sii più specifico. In che modo Godel (uno dei grandi logici e matematici di sempre) difendeva la sua tesi?Tomhet ha scritto: Anche per esempio l'argomento cosmologico di Craig non mi convince affatto(fa forza su assunzioni che assolutamente non darei così per scontate).
Sii più specifico. Craig difende due tipi di argomenti cosmologici che sono molto diversi uno dall'altro. A quale ti riferisci? Oppure conosci entrambi? Che evidenze offre Craig in difesa di questi argomenti?
1)Ritengo di averle capite, perlomeno ritengo d'aver capito dove non funzionano, perlomeno per un ateo.
2)Al solito modo Jack, l'uomo/la terra/l'universo è troppo complesso per essere uscito dal caso perciò ci dev'essere stato un progettista intelligente, questo è l'argomento più banale ma personalmente è quello che si sente di più. C'è poco da difendere, è il solito meccanismo rozzo e primitivo di associare a cose non spiegabili un tappabuchi ufficiale. Il god of the gaps è questo, non c'è niente da aggiungere.
3)Per quanto riguarda Godel, la prova è al solito basata su assunti logici che sono lungi dall'essere qualcosa di concreto e sperimentale che possa veramente provare dio, ma anche da quel punto di vista, un assioma non mi convince:
Si può riassumere così:
a)Una proprietà positiva P è LP(Necessariamente positiva, perciò positiva in tutti i mondi possibili); Abbastanza d'accordo con questa.
b)Dio ha tutte le proprietà positive; Abbastanza d'accordo anche su questa.
c)L'esistenza necessaria è una proprietà positiva(E qui casca l'asino, si capisce il gioco su cui verte la prova). Questo assioma non lo condivido, lo considero una lacuna epistemica insormontabile.
Di conseguenza dati questi assiomi segue logicamente che dio esiste, logicamente è ineccepibile, ma assiomaticamente c'è da discutere e la c è assolutamente improponibile dal punto di vista epistemico.
4) Per Craig è la stessa cosa, non c'è nulla da eccepire logicamente, sono gli assiomi che sono insostenibili come veri, poiché, brevemente:
a)The universe began to exist: Qui mischia l'universo filosofico con lo spazio-tempo in cui ci troviamo, se è vero che questa struttura spazio-temporale ha avuto un inizio, non è detto che l'universo stesso, inteso come l'insieme di tutte le cose esistenti, non possa essere in un ciclo infinito da cui magari il nostro universo è vento fuori, ci sono ancora troppe lacune epistemiche per sostenere una cosa del genere.
b)An actual infinite cannot exist: Questo è in assoluto il punto peggiore della prova, e la sua giustificazione anche, poichè noi non possiamo concepire, anche matematicamente l'infinito, non significa che fisicamente non esista.
Anche altre parti fanno forza su assunti insostenibili dal punto di vista epistemico, in generale queste prove sono tutte così, partono da assunti che epistemologicamente sono discutibili.
Tomhet
Tutto il senso del presente thread è che tu presenti (e difendi al meglio) le posizioni teistiche.
Ci penso io a fare le obbiezioni atee, e poi tu potresti rispondere a quelle.
In tal modo tu sei più conscio della posizione teistica in questi argomentazioni, e io lo sono di più della posizione atea. Questo perché in entrambi dovremmo chiederci "Cosa direbbe lui? Come risponderebbe?"
Quindi, se vuoi partecipare propriamente a questo thread, ti invito a spiegare meglio i punti che hai fatto dal punto di vista teistico senza contradirle. Poi ci penso io a offrire delle obbiezioni ad esse (come ho già fatto fino ad ora anche con gli altri)
Per ora sei tra il gruppo "c" o "d" nella mia "scala" (qui)
JACK_JOHN- -------------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Si gran maestro, prima fai delle domande, ti rispondo e adesso mi dici che sono off topic, al solito affermando che non capisco senza, naturalmente, spiegare perché non le capisco ma solo perché, dall'alto della tua immensa superiorità intellettuale, tu sai ed io non so.
Se vuoi posso farlo pure io così, ti dico semplicemente "non capisci un cazzo" in ogni thread in cui scrivi e la chiudiamo qua.
Se vuoi posso farlo pure io così, ti dico semplicemente "non capisci un cazzo" in ogni thread in cui scrivi e la chiudiamo qua.
Tomhet- -----------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Tomhet ha scritto:Si gran maestro, prima fai delle domande, ti rispondo e adesso mi dici che sono off topic, al solito affermando che non capisco senza, naturalmente, spiegare perché non le capisco ma solo perché, dall'alto della tua immensa superiorità intellettuale, tu sai ed io non so.
Se vuoi posso farlo pure io così, ti dico semplicemente "non capisci un cazzo" in ogni thread in cui scrivi e la chiudiamo qua.
certo che te l'ho spiegato... ti ho detto che la tua parte (se fatta in modo appropriato) sarebbe quella di offrire una difesa degli argomenti teistici. Tu non avevi fatto questo, ma avevi offerto solo un loro cenno e poi una critica.
Quindi si, sei off topic, e ti avevo anche spiegato il perché.
___________________
"Or la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori... Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi. Difficilmente uno morirebbe per un giusto; ma forse per una persona buona qualcuno avrebbe il coraggio di morire; Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi". (Romani 5:5-9)
"Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra... Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate». E colui che siede sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»." (Apocalisse 21:1-5)
JACK_JOHN- -------------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
No caro, tu non mi spieghi il perché io non conoscerei gli argomenti, cosa che hai detto dicendo che sto nella tua categoria c o addirittura d, evitando al solito di motivare le tue affermazioni ma liquidando il tutto con la storia dell'off topic.
Che sia off topic ci arrivo pure da solo, ma se lo sono è perché qui mi hai fatto delle domande a cui ti ho voluto rispondere, la prossima volta allora ti lascerò in bianco se siamo così off topic, manco stessimo parlando di culi e tette in un thread dedicato alla coltivazione di gerani.
Che sia off topic ci arrivo pure da solo, ma se lo sono è perché qui mi hai fatto delle domande a cui ti ho voluto rispondere, la prossima volta allora ti lascerò in bianco se siamo così off topic, manco stessimo parlando di culi e tette in un thread dedicato alla coltivazione di gerani.
Tomhet- -----------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Volevo proporvi un esperimento.
Io te ne racconto uno molto piu' semplice ma esaustivo. (le fonti sono in rete, io l'ho preso da Odifreddi)
In israele hanno sottoposto un test agli studenti medi (11/15 anni) in cui si chiedeva di giudicare dei fatti con un bene o un male..
Si narra di un massacro, senza specificare nulla sulle caratteristiche dei contendenti, in cui una parte di essei, vinta la difesa dei primi, uccide tutti..bambini e donne compresi..
Eccetera..altri esempi vari di questo tipo, omicidi, stupri, violenze..
Tutti i bambini giudicavano sempre MALE ogni atto di violenza.
Un'altro gruppo invece veniva fornito di un questionario in cui si identificavano le parti in causa estrapolandoli dal Vecchio testamento..il massacro era quello di Gerico, le violenze quelle della riconquista della terra promessa..la strage dei primogeniti egizi..
..ebbene..quasi la TOTALITA' ha dato interpretazioni possibiliste, giustificava le violenze, ammetteva i genocidi..
..il risultato e' evidente..solo grazie a Dio, alla Religione e all'educazione teologica dei bambini sanno diventare e ammettere omicidi di massa e ogni altra nefandezza..
Le religioni sono sempre origine di odio e violenza tra i gruppi, e sdoganano ogni possibilita' di ricorrere alle violenze piu' atroci!
Il resto sono retoriche e buonismi utili alla coesione interna del gruppo religioso: buoni tra di noi, spietati assassini con gli altri..
Amen, dio e' con noi..
delfi68- -------------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Werewolf non ha "rispettato il patto" (qui) del thread in quanto ha parlato più da ateo che da credente. Io
cercherò, nelle mie risposte a rispettare la regola che io stesso ho
impostato e rispondere come ateo, anche se avrei da dire su alcune
cose che hai scritto.
In ogni caso Werewolf mi ha accusato di aver costruito un straw man nelle mie argomentazioni atee qui). Non mi pare. Ma vediamo che effettivamente è cosi.
Rispondo in ordine:
1) Ha
tecnicamente ragione nel ritenere che il problema della sofferenza
non è un argomento contro Dio, quanto piuttosto contro un Dio buono.
Questo io lo avevo detto. Quindi niente straw-man.
Ma in ogni caso, penso che sarebbe
comunque un argomento contro Dio, se Dio è definito secondo la sua
concezione classica, ovvero quella del più grande (nel senso
qualitativo) essere concepibile, cioè qualcosa tale che più in là
in termine di grandezza non si potrebbe andare. In tal caso, la
perfezione morale dovrebbe far parte di questo essere, perché la
bontà è chiaramente meglio della cattiveria (quindi una proprietà
che rende grandi). L'essere più grande concepibile dovrebbe essere
perfettamente buono, e degno di lode. Un esser cattivo non può
esserlo. Quindi se l'argomento della sofferenza è adeguato, allora è
prova che Dio, secondo la concezione classica, non esiste. Questo
Were lo riconosce. Quindi il mio non è un straw man.
Adesso
prendo la posizione atea, e rispondo alle sue risposte teistiche
(come lui le conosce al meglio).
- Dice che c'è un disegno.
Non mi pare. C'è tanta sofferenza che pare essere completamente
gratuita. In che modo la morte di tanti bambini dovrebbe far parte di
un disegno divino di un Essere buono? Non riesco a vederlo.
-
Dici che solo soffrendo possono ottenere la salvezza. E perché
dovrebbero soffrire? Perché non darli la salvezza immediatamente? E'
come se un padre per dare al figlio un regalo deve prima picchiarlo.
- Perché Dio dovrebbe mettere alla
prova? Non ha già detto che sa tutto? Che bisogno ha di mettere alla
prova? Si mette alla prova solo se non si conosce il risultato. Non
ha senso.
- Potrebbe essere vero che la
sofferenza terrena sarebbe poco in confronto alla sofferenza eterna
(se questa mai esistesse). Ma ciò non toglie che cmq c'è. E un
essere perfettamente buono non lo permetterebbe. Dopotutto la
grandezza o il suo grado sono irrilevanti ai fini della perfetta
bontà di Dio. Se lui fosse perfettamente buono non permetterebbe
anche la minima sofferenza, nello stesso modo in cui una persona
perfettamente buona e morale non ucciderebbe qualcuno e non direbbe
neanche una parola offensiva. E' vero che c'è una differenza
quantitativa tra uccidere qualcuno e dire una parola piccolina
offensiva. Ma dal punto etico sono qualitativamente la stesa cosa,
ovvero cose moralmente sbagliate (solo di grado diverso). Quindi di
una persona perfettamente buona farebbe né una né l'altra (non
farebbe né la grande cattiveria, né quella piccola). La quantità è
irrilevante in questa questione.
2) Se dici che l'affermazione è un
semplice fatto, allora non ho presentato nessun straw-man. Adesso
alle risposte:
Dici che tanto crediamo a tante cose
senza prove, quindi una in più o una in meno non fa alcuna
differenza. Rispondo che non ci sono cose a qui crediamo senza averne
prove, o senza, per lo meno avere la possibilità di prove. Per
esempio, la materia oscura può non esser vista, ma ci sono altri
mezzi per comprovare la sua esistenza, prove scientifiche e
tangibile. Oppure ci sono altre cose per le quali adesso non abbiamo
le prove materiali, ma che in futuro potremo averle con l'avazamento
della tecnologia. Per Dio non è cosi. Quindi fintanto che non offri
una prova tangibile ed empirica, scientifica, di Dio, allora è
ragionevole non crederci.
Argomenti per decostruire la
conoscenza? Non capisco esattamente a cosa ti riferisci. Ma in linee
generali, potrei dire che anche tali argomenti devono avere dei
presupposti di base per i quali si potrebbe chiedere: “come fai a
sapere che è vero?”, oppure semplicemente chiedere alla
conclusione “come fai a sapere che è cosi?”. Se uno afferma
qualcosa come “nulla si può conoscere” oppure “non esiste la
verità” o cose del genere, cade immediatamente in
autocontradizione, perché nel momento stesso in cui apre la bocca
sta dicendo alcune cose che pretende di conoscere oppure che pensa
che siano vere, il che contraddice quello che aveva detto prima.
Quindi l'unico atteggiamento che può avere è quello di non parlare.
Ma se non parla, non ha affermato nulla, e se non ha affermato nulla,
non ha affermato neanche che “nulla si può conoscere” oppure
“non esiste la verità”, e quindi non c'è letteralmente nulla
che contraddice la nostra idea che la verità esiste e che le cose si
possono conoscere.
Infine questa risposta dei credenti
gioca contro di loro. Se nulla si può conoscere allora a maggior
ragione l'esistenza di Dio non si può conoscere. Quindi in questo
caso, la cura è peggio della malattia. Il credente, se dà questa
risposta, non solo non ha assicurato la conoscenza di Dio, ma anzi lo
ha impedito a priori.
3) Hai ragione. Avevo usato il termine
presente. Ma era un uso “non-tecnico” del termine (nello stesso
modo un cui si dice: “arrivo fra un'ora”, cioè si usa il
presente, ma è indicato il futuro... mi riferivo all'idea che la
scienza è tutto quello che ci occorre per spiegare la realtà,
passato, presente e futuro... quello che non conosciamo oggi, lo
sapremo domani). Quindi tecnicamente era un straw-man, ma non
nell'uso che ne stavo facendo io del tempo presente de verbo
“spiega”. Adesso alla risposta:
Dici che Dio è misterioso. Ma
l'argomento non dice che non sappiamo come Dio agisce. L'argomento
dice che lui non agisce proprio, perché sappiamo cosa succede. Per
esempio quando cade un fulmine, la domanda non è “Perché Dio lo
ha fatto” in modo che la risposta possa essere “Non lo so, Dio è
misterioso e non so perché agisce cosi”. L'argomento è: sappiamo
come si forma il fulmine, e questa è la spiegazione della sua
esistenza. Quindi non c'è nessun Dio che lo ha fatto.
Per quel che riguarda le origini,
questo è parte dell'argomento. Un giorno la scienza spiegherà
l'origine, nello stesso modo in cui oggi spiega i fulmini. Quindi
nessun bisogno di un creatore.
Per il resto qui non ho nulla da
rispondere (se devo tenere la mia posizione di ateo). Non hai parlato
da credente, ma da ateo quindi non posso risponderti da ateo (da
credente avrei diverse cose da dirti su quello che hai scritto).
4) Di nuovo accetti le mie
argomentazioni atee. Quindi non ho usato uno straw-man.
Adesso alla risposta:
Dici che le nostre menti non possono
conoscere Dio.
Quattro risposte:
Primo se le argomentazioni presentate
sono valide, allora Dio non può esistere. Se una cosa è
contraddittoria, allora non può possibilmente essere vera. E' un po'
come dire: “Dio esiste e non esiste nello stesso tempo”. Questa
frase non può non essere falsa, perché esprime
un'autocontraddizione. Non c'è nessun mondo possibile in cui quella
frase può essere vera. Quindi se le argomentazioni precedentemente
espresse sono valide, allora Dio non può possibilmente esistere, o
per lo meno non può avere le proprietà che classicamente gli
vengono attribuite.
Secondo, nella concezione del teismo
classico, Dio certamente si può conoscere. Dio è presentato come un
Essere concreto, oggettivo, che ha delle specifiche proprietà (è
perfettamente buono, è onnipotente, è onnisciente, ha creato
l'universo etc). Se si dice che non ci si può sapere nulla di Dio,
allora questo certamente eliminerebbe la stra stra stra grande
maggioranza delle religioni.
Non solo, ma, terzo punto, eliminerebbe
l'esistenza stessa di Dio. Dopotutto se qualcosa non ha proprietà
non può esistere. Le proprietà per definizione sono delle qualità
o contenuti che costituiscono qualcuno o qualcosa e lo differiscono
da qualcuno o qualcos'altro oppure dal nulla. Se non ha nessuna
proprietà, allora semplicemente non esiste. Qualunque cosa che
esiste ha e non può non avere delle proprietà.
Infine, quarto punto, tale principio è
auto contraddittorio. Dici che “Dio è troppo questo o troppo
quello perché noi possiamo sapere qualcosa su di Lui”. Ma questa
stessa definizione di Dio è una pretesa di conoscenza. Come fa a
sapere questa persona che Dio è cosi o cosa? Come fa a conoscere
questi attributi di Dio? Sta attribuendo a Dio delle proprietà, cosa
che poco prima aveva detto non poteva essere fatto. In breve si auto
contraddice.
5) Qui puoi fare di tutto, ma non
accusarmi di straw-man. Se c'è una cosa che il Nuovo Ateismo ha
portato come suo messaggio principale è proprio che la religione è
un gran male (solo un esempio basterebbe: “Dio non è grande –
come la religione avvelena ogni cosa” di Hitchens... tutti gli
altri Nuovi Atei hanno espresso questo punto di vista. Anche Harris
che tu citi, nello stesso libro che lo citi dice “The evidence
suggests, however, that they are both false and dangerous... that so
much of this suffering can be attributed to religion... is what makes
honest criticism of religious fatih a moral and intellectual
necessity... I would be the first to admit that the prospect of
eradicating religion in our time do not seem good. Still the same
could have been said about effeorts to abolish slavery at the end of
the eighteenth century... if we ever do trascend our religious
bewiderment, we will look back upon this period in human history with
horror and amazment...This hankering for denominational, spiritual
oblivion is extreme in almost every sense – it is extremely silly,
extremely dangerous extremely worthy of denigradion – but it is not
extreme in the sense of being rare” etc etc etc … il libro è in
gran parte uno show di esempi di cattiveria e pericolosità della
religione). E ovviamente sarebbe da ciechi non vedere come la stra
stra stra grande maggioranza degli utenti in questo sito la pensa
esattamente cosi: che la religione è la radice di ogni male. Anzi
questo (insieme al punto 6) è il ritornello più constante qui
dentro. Quindi niente straw-man neanche questa volta.
Adesso alla risposta:
Penso sia sbagliato il ragionamento che
una cosa è utile, quindi vera. Una cosa può essere utile per
costruire la società, oppure per non reprimere la spiritualità
connaturata all’uomo etc. Ma questo non ha nulla a che fare con la
sua verità. (vedi anche
http://atei.forumitalian.com/t4484p40-un-esperimento-le-prove-dell-altra-parte#174215)
Ma per la stessa ragione, anche come
ateo sarei d'accordo con i credenti che anche supponendo che la
religione abbia avuto un impatto negativo sulla società, questo non
dice nulla sulla sua verità. Al tempo di Russell uno degli
argomentazioni a favore del cristianesimo era il bene che essa aveva
avuto sulla società. Russell, che pensava meglio di molti dei nuovi
atei, non ha fondamentalmente negato questo, ma ha solo detto che il
bene di una religione non è prova della sua verità. Oggi la
situazione si è ribaltata: sono gli atei a predicare che la
religione è un male quindi è falsa. La riposta rimane sempre la
stessa che ha dato Russell: la sua cattiveria non è indicativa né
di verità né di falsità. Questo lo penserei anche da ateo.
6) Tutti i nuovi atei, esplicitamente o
implicitamente, hanno detto quello che io ho detto. Non vedere che la
stra stra stra grande maggioranza degli utenti qui presenti pensano
cosi è essere ciechi. Sembri che all'inizio tu le neghi, ma poi
anche tu nella seconda parte della tua risposta, fondamentalmente
dici la stessa cosa. Quindi, di nuovo, niente straw-man.
Non avrei nulla di rispondere dato che
non hai detto nulla.
Ma aggiungerei, anche da ateo, che se
voglio essere onesto, devo semplicemente accettare che persone che io
considero perfettamente razionali in ogni ambito della vita, sono
anche credenti. Questi in nulla si discostano, generalmente, dai non
credenti. Questa sarebbe la mia esperienza personale. Supportata
ovviamente anche da dati che dimostrano come anche tra persone che
sono considerati praticanti delle discipline razionali, come i
filosofi, scienziati, scrittori, universitari etc ci sono credenti
(cosi come ci sono non credenti). Questo, ripeto, lo direi anche se
fossi ateo.
Conclusione:
Non ho dato nessun straw-man. Le
argomentazioni sono quelle espresse dagli atei tipicamente.
Trovi le mie risposte atee alle tue
risposte teistiche.
___________________
"Or la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori... Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi. Difficilmente uno morirebbe per un giusto; ma forse per una persona buona qualcuno avrebbe il coraggio di morire; Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi". (Romani 5:5-9)
"Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra... Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate». E colui che siede sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»." (Apocalisse 21:1-5)
JACK_JOHN- -------------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Minsky ha scritto:
Il concetto fondamentale è che la consapevolezza, non la materia, è il fondamento di tutto ciò che esiste.
...
Sto leggendo pian piano il 3d dall'inizio e non posso che dire: complimenti!!
E' consolante notare come le tue osservazioni siano "ragionevoli" e ben esposte.
Consolante nel senso che il pregiudizio di molti credenti che l'ateo non sappia di cosa stia parlando dovrebbe crollare già solo in questo post, e anche quello di molti agnostici che considerano "fideistiche" le posizioni degli atei duri e puri.
Bravo!
Grandissima fantasia e capacità di argomentare contro le proprie posizioni personali.
Penso inoltre che la proposta di JJ sia sensata: anche uno scienziato che vuole demolire una ipotesi corroborata da altri deve conoscerla molto bene prima, deve anche partire dal fatto che possa essere vera.
L'esercizio-gioco non è quindi senza senso, secondo me.
Continuo a leggere...
___________________
Masada- -----------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Ciao Masada, ti ringrazio di aver manifestato il tuo apprezzamento per il mio modesto studio. L'iniziativa di Jack&John una volta tanto mi era sembrata degna di attenzione, e mi sono impegnato nel partecipare con un certo entusiasmo. Purtroppo come ti renderai conto seguendo lo sviluppo del thread, poi JJ non ha dato alcun seguito al mio intervento e il progetto si è arenato.Masada78 ha scritto:...
Tuttavia se a te l'argomento interessa, mi farebbe piacere avere un interlocutore per svilupparlo, ben s'intende con tutta la flemma che si addice ad un tema di tale spessore. E ne sarei doppiamente contento perché così avrei l'occasione per rispondere esaustivamente agli amici che a suo tempo mi hanno contattato privatamente chiedendo delucidazioni su quanto ho scritto.
Quindi appuntamento su questo thread, se vuoi, e quando ti sentirai ispirato.
___________________
Semino dove non mieterò e spargo dove non raccoglierò
Minsky- --------------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Minsky ha scritto:
Tuttavia se a te l'argomento interessa, mi farebbe piacere avere un interlocutore per svilupparlo, ben s'intende con tutta la flemma che si addice ad un tema di tale spessore.
Magari ne fossi in grado!
Mi sa che ce ne vorrà di flemma.
Ho a malapena capito il senso generale di quello che hai scritto!
Purtroppo non ho conoscenze di fisica quantistica se non al livello di wiki e direi pure meno...
Uoz e altri credo che potrebbero illuminarci meglio sulla fondatezza o meno di quello che hai scritto.
Mi è però molto piaciuta l'argomentazione, anche perchè unisce un taglio filosofico(es: attuale-potenziale) a contenuti scientifici e mi sembra davvero molto originale.
Mi dispiace che JJ l'abbia evitata.
Non capisco il perchè.
E' così raro leggere qualcosa di nuovo su questi argomenti.
Io ci sarei rimasto molto male, dopo tutta la fatica per cercare di scriverla nel modo più comprensibile e sintetico possibile.
Mi piace anche il fatto che non hai ancora svelato il perno con il quale la si può smontare... al momento, nella mia ignoranza sull'argomento, non l'ho individuato.
Sono curioso, ma paziente.
Proverò a rileggerla ancora un paio di volte e a cercare delucidazioni via internet su alcuni concetti e parole chiave presenti nel post nella speranza di poterla capire e magari commentare meglio.
Dai JJ, considera la pazienza con cui molti atei del forum leggono i tuoi lunghi post e si sforzano anche di arricchire i tuoi 3d: ribatti, ovviamente in veste di ateo...
L'invito è chiaramente rivolto anche e soprattutto a chi ne sa qualcosa di fisica quantistica: aiutateci a capire meglio, e probabilmente a smontare, una delle argomentazioni più originali che si siano mai lette nel forum.
A me sembra già un miracolo essere riusciti a uscire dalla solita banale equazione dio=unicorno rosa o dio=sasso che ho in tasca da mostrare che quasi mi viene da piangere...
A proposito, dal post di minsky qualcuno è riuscito almeno ad evincere che se si parla di dio, cioè dell'essere in quanto tale, della causa, del fine, del bisogno di senso, dell'intenzionalità, della consapevolezza, della questione materia/non materia, realtà/Realtà oltre il velo di maya, libertà vs determinismo, dell'assolutizzazione personificata dei valori e potenzialità umane (potenza, giustizia, sapere, amore...)... non si sta parlando di qualcosa di paragonabile a una creazione della fantasia a cui nessuno, raggiunta l'età della ragione, sostiene o ha bisogno di credere persino condizionando o sacrificando la propria vita??
Speriamo.
Un 3d in meno da aprire... forse...
Grazie.
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Masada- -----------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Masada78 ha scritto: Ho a malapena capito il senso generale di quello che hai scritto!
... Mi dispiace che JJ l'abbia evitata. Non capisco il perchè... Io ci sarei rimasto molto male, dopo tutta la fatica per cercare di scriverla nel modo più comprensibile e sintetico possibile... Dai JJ, considera la pazienza con cui molti atei del forum leggono i tuoi lunghi post e si sforzano anche di arricchire i tuoi 3d: ribatti, ovviamente in veste di ateo..
La ragione per cui non ho ancora scritto è la stessa tua: non ho capito quello che ha scritto. Quindi non posso ribattere e gli ho chiesto di semplificarla (qui)
In ogni caso, non lo avevo dimenticato. Mi ero ripromeso che appena avevo un pò di tempo lo avrei riletto con calma e avrei cercato di capire il senso e quindi rispondere. Per oggi sono riuscito solo a rispondere a Werevolf. Vediamo se trovo tempo nel fine settimana.
Jack
P.S Masada è bello risentirti. Pensavo che fossi sfuggitto per sempre, e onestamente mi era dispiaciuto molto.
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"Or la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori... Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi. Difficilmente uno morirebbe per un giusto; ma forse per una persona buona qualcuno avrebbe il coraggio di morire; Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi". (Romani 5:5-9)
"Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra... Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate». E colui che siede sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»." (Apocalisse 21:1-5)
JACK_JOHN- -------------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Jack, io ho risposto alla tua richiesta di "semplificare", ti ho detto che la mia esposizione era già semplificata al massimo. Semmai posso ampliarla e dettagliarla, e questo sono pronto a farlo ben volentieri nel corso di una discussione. Non mi va di fare monologhi. Quanto al tempo, ne ho poco anch'io, quindi nessuno mette urgenza.JACK_JOHN ha scritto:...
Però un cenno per dire se ti interessa o meno sarebbe stato gradito.
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Minsky- --------------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Un po' di humor in tema col thread...
Utilizzando la probabilità statistica nel suo libro Science Speaks, originariamente pubblicato nel 1976 e poi più volte riveduto, lo scienziato statunitense Peter W. Stoner (1888-1980), direttore del Dipartimento di Matematica e di Astronomia del Pasadena City College in California, calcola che il realizzarsi casuale anche di sole otto profezie ammonta a una probabilità di 1 su 100.000.000.000.000.000 ovvero 1 su 10 in potenza 17.
E si spiega con un esempio: se si prende un numero di monete di dollari di argento pari a 10 in potenza 17, con esse si può ricoprire tutta la superficie dello Stato nordamericano del Texas di uno strato spesso due piedi, vale a dire circa 60 centimetri. E quindi lo scienziato osserva: «Ora, segnate una di queste monete e disperdetele per tutto lo Stato. Bendate gli occhi di un uomo e ditegli che può andare lontano quanto vuole, ma che deve trovare il dollaro segnato. Quale possibilità ha di trovarlo? È la stessa probabilità che i profeti avrebbero avuto di vedere compiersi in un uomo le otto profezie da loro scritte, dalla loro epoca fino a oggi, assumendo che le abbiano scritte con la propria saggezza».
Ebbene, la probabilità casuale che un uomo realizzi non 8, ma ben 48 profezie è pari a un numero ancora più enorme, 1 su 10 in potenza 157. Nei Vangeli però Gesù ha realizzato ben 48 profezie, almeno 48 profezie.
La probabilità che dunque Gesù sia stato un semplice uomo i cui gesti siano per caso coincisi con quanto il Messia avrebbe dovuto realizzare a norma di Scritture Sacre è infinitesimale, forse persino meno. A rigore allora di statistica e di matematica, Gesù era Dio.
http://goo.gl/FKvwx
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*Valerio*- -------------
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alberto- -----------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
*Valerio* ha scritto:Utilizzando la probabilità statistica nel suo libro Science Speaks, originariamente pubblicato nel 1976 e poi più volte riveduto, lo scienziato statunitense Peter W. Stoner (1888-1980), direttore del Dipartimento di Matematica e di Astronomia del Pasadena City College in California, calcola che il realizzarsi casuale anche di sole otto profezie ammonta a una probabilità di 1 su 100.000.000.000.000.000 ovvero 1 su 10 in potenza 17.
E si spiega con un esempio: se si prende un numero di monete di dollari di argento pari a 10 in potenza 17, con esse si può ricoprire tutta la superficie dello Stato nordamericano del Texas di uno strato spesso due piedi, vale a dire circa 60 centimetri. E quindi lo scienziato osserva: «Ora, segnate una di queste monete e disperdetele per tutto lo Stato. Bendate gli occhi di un uomo e ditegli che può andare lontano quanto vuole, ma che deve trovare il dollaro segnato. Quale possibilità ha di trovarlo? È la stessa probabilità che i profeti avrebbero avuto di vedere compiersi in un uomo le otto profezie da loro scritte, dalla loro epoca fino a oggi, assumendo che le abbiano scritte con la propria saggezza».
Ebbene, la probabilità casuale che un uomo realizzi non 8, ma ben 48 profezie è pari a un numero ancora più enorme, 1 su 10 in potenza 157. Nei Vangeli però Gesù ha realizzato ben 48 profezie, almeno 48 profezie.
La probabilità che dunque Gesù sia stato un semplice uomo i cui gesti siano per caso coincisi con quanto il Messia avrebbe dovuto realizzare a norma di Scritture Sacre è infinitesimale, forse persino meno. A rigore allora di statistica e di matematica, Gesù era Dio.
http://goo.gl/FKvwx
A quali profezie ti riferisci?
Come è fatto questo calcolo?
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"Or la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori... Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi. Difficilmente uno morirebbe per un giusto; ma forse per una persona buona qualcuno avrebbe il coraggio di morire; Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi". (Romani 5:5-9)
"Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra... Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate». E colui che siede sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»." (Apocalisse 21:1-5)
JACK_JOHN- -------------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
JACK_JOHN ha scritto:*Valerio* ha scritto:Utilizzando la probabilità statistica nel suo libro Science Speaks, originariamente pubblicato nel 1976 e poi più volte riveduto, lo scienziato statunitense Peter W. Stoner (1888-1980), direttore del Dipartimento di Matematica e di Astronomia del Pasadena City College in California, calcola che il realizzarsi casuale anche di sole otto profezie ammonta a una probabilità di 1 su 100.000.000.000.000.000 ovvero 1 su 10 in potenza 17.
E si spiega con un esempio: se si prende un numero di monete di dollari di argento pari a 10 in potenza 17, con esse si può ricoprire tutta la superficie dello Stato nordamericano del Texas di uno strato spesso due piedi, vale a dire circa 60 centimetri. E quindi lo scienziato osserva: «Ora, segnate una di queste monete e disperdetele per tutto lo Stato. Bendate gli occhi di un uomo e ditegli che può andare lontano quanto vuole, ma che deve trovare il dollaro segnato. Quale possibilità ha di trovarlo? È la stessa probabilità che i profeti avrebbero avuto di vedere compiersi in un uomo le otto profezie da loro scritte, dalla loro epoca fino a oggi, assumendo che le abbiano scritte con la propria saggezza».
Ebbene, la probabilità casuale che un uomo realizzi non 8, ma ben 48 profezie è pari a un numero ancora più enorme, 1 su 10 in potenza 157. Nei Vangeli però Gesù ha realizzato ben 48 profezie, almeno 48 profezie.
La probabilità che dunque Gesù sia stato un semplice uomo i cui gesti siano per caso coincisi con quanto il Messia avrebbe dovuto realizzare a norma di Scritture Sacre è infinitesimale, forse persino meno. A rigore allora di statistica e di matematica, Gesù era Dio.
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Come è fatto questo calcolo?
E che ne so, mica l'ho scritta io, segui il link e chiediglielo a loro.
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
[quote]
Sarebbe meglio che tu spiegassi perché credi, in cosa credi, in 5 punti.
JACK_JOHN ha scritto:
Quindi per aiutare voi a rendervi conto su dove siete in questa scala, e per aiutare me a capire con chi sto parlando, vi propongo questo esperimento.
Come dicevo prima, penso che per confutare o negare efficacemente e razionalmente una posizione, lo si deve per lo meno conoscere.
Io elencherò gli argomenti contro Dio che io conosco, e faro del mio meglio per difenderli al meglio (seppur in modo sintetico), come se fossi io stesso un ateo. Cercherò di dare la presentazione più equa e meglio rappresentata che posso (come io la conosco al meglio almeno). Invito anche gli altri credenti sul sito (c'è ne sono?) a fare lo stesso.
Sarebbe meglio che tu spiegassi perché credi, in cosa credi, in 5 punti.
silvio- -------------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
*Valerio* ha scritto:JACK_JOHN ha scritto:*Valerio* ha scritto:Utilizzando la probabilità statistica nel suo libro Science Speaks, originariamente pubblicato nel 1976 e poi più volte riveduto, lo scienziato statunitense Peter W. Stoner (1888-1980), direttore del Dipartimento di Matematica e di Astronomia del Pasadena City College in California, calcola che il realizzarsi casuale anche di sole otto profezie ammonta a una probabilità di 1 su 100.000.000.000.000.000 ovvero 1 su 10 in potenza 17.
E si spiega con un esempio: se si prende un numero di monete di dollari di argento pari a 10 in potenza 17, con esse si può ricoprire tutta la superficie dello Stato nordamericano del Texas di uno strato spesso due piedi, vale a dire circa 60 centimetri. E quindi lo scienziato osserva: «Ora, segnate una di queste monete e disperdetele per tutto lo Stato. Bendate gli occhi di un uomo e ditegli che può andare lontano quanto vuole, ma che deve trovare il dollaro segnato. Quale possibilità ha di trovarlo? È la stessa probabilità che i profeti avrebbero avuto di vedere compiersi in un uomo le otto profezie da loro scritte, dalla loro epoca fino a oggi, assumendo che le abbiano scritte con la propria saggezza».
Ebbene, la probabilità casuale che un uomo realizzi non 8, ma ben 48 profezie è pari a un numero ancora più enorme, 1 su 10 in potenza 157. Nei Vangeli però Gesù ha realizzato ben 48 profezie, almeno 48 profezie.
La probabilità che dunque Gesù sia stato un semplice uomo i cui gesti siano per caso coincisi con quanto il Messia avrebbe dovuto realizzare a norma di Scritture Sacre è infinitesimale, forse persino meno. A rigore allora di statistica e di matematica, Gesù era Dio.
http://goo.gl/FKvwx
A quali profezie ti riferisci?
Come è fatto questo calcolo?
E che ne so, mica l'ho scritta io, segui il link e chiediglielo a loro.
Lo scopo di tutto il thread è quello che tu presenti, e difendi, l'altra parte:
http://atei.forumitalian.com/t4484-un-esperimento-le-prove-dell-altra-parte#169887
Quello che tu dici ti colloca tra la la "C" e la "D" nelle possibilità sulla conoscenza delle argomentazioni teistiche.
Ultimo punto: perché rigetti una cosa senza neanche conoscerla? Se non sai quali sono le profezie di cui si parla, se non sai come è fatto il calcolo, allora perché lo rigetti? Non è forse questo il classico comportamento del pregiudizio, cioè giudicare senza conoscere?
Potresti ovviamente studiare le profezie e dire che non sono vere, oppure studiare il modo in cui sono stati fatti i calcoli e dire che è sbagliato. Ma tu non fai nessuna di queste due cose. Semplicemente lo rifiuti senza neanche ascoltarlo. Se questo non è pregiudizio, io non so cosa lo possa essere.
In ogni caso, per partecipare adeguatamente al thread dovresti saper esporre e difendere la posizione teistica, al meglio delle tue possibilità:
http://atei.forumitalian.com/t4484-un-esperimento-le-prove-dell-altra-parte#169887
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
quello l'ho già fatto e continuerò a farlo in altri threadsilvio ha scritto:
Sarebbe meglio che tu spiegassi perché credi, in cosa credi, in 5 punti.
qui voglio sentire voi... quanto conoscete quello che rigettate e deridete... fino ad ora è chiaro che è pocchissimo...
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JACK_JOHN- -------------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
vuoi vuoi... ma che vuoi?
vedere se abbiamo letto il tuo libretto del cazzo?
ti informo io: noi grandicelli lo abbiamo letto tutti (tranne paolo! ) e averlo letto è stato uno dei motivi per cui stiamo lontani dalla religione e da quelle stronzate lì.
invece la bella notizia è che i giovani qui non sanno quasi cosa sia, non gli interessa, non gli cale!
hanno ben di meglio da leggere.
vedere se abbiamo letto il tuo libretto del cazzo?
ti informo io: noi grandicelli lo abbiamo letto tutti (tranne paolo! ) e averlo letto è stato uno dei motivi per cui stiamo lontani dalla religione e da quelle stronzate lì.
invece la bella notizia è che i giovani qui non sanno quasi cosa sia, non gli interessa, non gli cale!
hanno ben di meglio da leggere.
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fine.
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
[quote]
In realtà è molto semplice, Dio è un prodotto del nostro pensare, tramandato da generazioni in generazioni, ma questo non basta per credere nella reale esistenza di Dio.
Cercare prove della sua esistenza o inesistenza è perfettamente inutile in quanto fa parte della nostra tradizione culturale, storica, ecc..., ma siamo sempre all'interno di un prodotto del pensiero umano.
Credo che alla base ci sia la difficoltà nello spiegare alcune realtà del nostro essere che restano ancora oggi sconosciute, quindi si ipotizza una super entità cosmica che ne spieghi l'origine, la natura, quindi una supposta origine divina degli esseri coscienti.
JACK_JOHN ha scritto:
qui voglio sentire voi... quanto conoscete quello che rigettate e deridete... fino ad ora è chiaro che è pocchissimo...
In realtà è molto semplice, Dio è un prodotto del nostro pensare, tramandato da generazioni in generazioni, ma questo non basta per credere nella reale esistenza di Dio.
Cercare prove della sua esistenza o inesistenza è perfettamente inutile in quanto fa parte della nostra tradizione culturale, storica, ecc..., ma siamo sempre all'interno di un prodotto del pensiero umano.
Credo che alla base ci sia la difficoltà nello spiegare alcune realtà del nostro essere che restano ancora oggi sconosciute, quindi si ipotizza una super entità cosmica che ne spieghi l'origine, la natura, quindi una supposta origine divina degli esseri coscienti.
silvio- -------------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Il punto credo è quello di restare con i piedi ben poggiati a terra e analizzare quello che viene dato per vero da alcune religioni, ad esempio quelle di origine biblica, dove tutto si basa su contatti diretti avuti con entità divine.
Il vero scoglio da superare è che sono racconti, pur affascinanti, ma tramandati da uomini, donne, su cui ne è venuta fuori una discussione senza fine.
Ma basata su cosa ?
Per questo alla fine non si può fare altro che attaccarsi alla rivelazione, al miracolo, al carisma del santo, ma oggi noi possiamo veramente basarci su questo per affermare di credere ?
Almeno che uno possa affermare di aver avuto una esperienza diretta di un fatto Divino, ma dovrebbe riuscire a farne partecipe il prossimo, come ?
Al massimo si può credere perché si da valore ad una scommessa, credo all'impossibile, alla speranza di un mondo spirituale.
Il vero scoglio da superare è che sono racconti, pur affascinanti, ma tramandati da uomini, donne, su cui ne è venuta fuori una discussione senza fine.
Ma basata su cosa ?
Per questo alla fine non si può fare altro che attaccarsi alla rivelazione, al miracolo, al carisma del santo, ma oggi noi possiamo veramente basarci su questo per affermare di credere ?
Almeno che uno possa affermare di aver avuto una esperienza diretta di un fatto Divino, ma dovrebbe riuscire a farne partecipe il prossimo, come ?
Al massimo si può credere perché si da valore ad una scommessa, credo all'impossibile, alla speranza di un mondo spirituale.
silvio- -------------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
silvio ha scritto:Ma basata su cosa ?
Per questo alla fine non si può fare altro che attaccarsi alla rivelazione, al miracolo, al carisma del santo, ma oggi noi possiamo veramente basarci su questo per affermare di credere ?
Almeno che uno possa affermare di aver avuto una esperienza diretta di un fatto Divino, ma dovrebbe riuscire a farne partecipe il prossimo, come ?
Al massimo si può credere perché si da valore ad una scommessa, credo all'impossibile, alla speranza di un mondo spirituale.
Silvio
Lo scopo del thread è quello che voi difendete al meglio che conoscete le argomentazioni teistiche, e che quindi voi parlate come se foste credenti:
http://atei.forumitalian.com/t4484-un-esperimento-le-prove-dell-altra-parte#169887
Da quello che tu dici è chiaro che non hai mai neanche sentito le argomentazioni teistiche.
Quindi il mio consiglio per te è quello di familiarizzarti con esse. Potresti perfino trovare che siano ragionevoli e più plausibilmente vere del loro contrario. Potresti quindi trovare che lungi dal essere contro la ragione, la fede è la posizione più razionale.
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"Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra... Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate». E colui che siede sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»." (Apocalisse 21:1-5)
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
JACK_JOHN ha scritto:
Silvio
Lo scopo del thread è quello che voi difendete al meglio che conoscete le argomentazioni teistiche, e che quindi voi parlate come se foste credenti:
http://atei.forumitalian.com/t4484-un-esperimento-le-prove-dell-altra-parte#169887
Da quello che tu dici è chiaro che non hai mai neanche sentito le argomentazioni teistiche.
Quindi il mio consiglio per te è quello di familiarizzarti con esse. Potresti perfino trovare che siano ragionevoli e più plausibilmente vere del loro contrario. Potresti quindi trovare che lungi dal essere contro la ragione, la fede è la posizione più razionale.
Ma razionale non significa veritiero, le argomentazioni teistiche sono argomentazioni, non sono la verità, sono una serie di ragionamenti, convincimenti, ma alla base solo la rivelazione e il credere in essa può sostenere il teismo.
Tu te la senti di dire Dio ha parlato a Mosè, di credere che sia accaduto ?
silvio- -------------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
JACK_JOHN ha scritto:*Valerio* ha scritto:JACK_JOHN ha scritto:*Valerio* ha scritto:Utilizzando la probabilità statistica nel suo libro Science Speaks, originariamente pubblicato nel 1976 e poi più volte riveduto, lo scienziato statunitense Peter W. Stoner (1888-1980), direttore del Dipartimento di Matematica e di Astronomia del Pasadena City College in California, calcola che il realizzarsi casuale anche di sole otto profezie ammonta a una probabilità di 1 su 100.000.000.000.000.000 ovvero 1 su 10 in potenza 17.
E si spiega con un esempio: se si prende un numero di monete di dollari di argento pari a 10 in potenza 17, con esse si può ricoprire tutta la superficie dello Stato nordamericano del Texas di uno strato spesso due piedi, vale a dire circa 60 centimetri. E quindi lo scienziato osserva: «Ora, segnate una di queste monete e disperdetele per tutto lo Stato. Bendate gli occhi di un uomo e ditegli che può andare lontano quanto vuole, ma che deve trovare il dollaro segnato. Quale possibilità ha di trovarlo? È la stessa probabilità che i profeti avrebbero avuto di vedere compiersi in un uomo le otto profezie da loro scritte, dalla loro epoca fino a oggi, assumendo che le abbiano scritte con la propria saggezza».
Ebbene, la probabilità casuale che un uomo realizzi non 8, ma ben 48 profezie è pari a un numero ancora più enorme, 1 su 10 in potenza 157. Nei Vangeli però Gesù ha realizzato ben 48 profezie, almeno 48 profezie.
La probabilità che dunque Gesù sia stato un semplice uomo i cui gesti siano per caso coincisi con quanto il Messia avrebbe dovuto realizzare a norma di Scritture Sacre è infinitesimale, forse persino meno. A rigore allora di statistica e di matematica, Gesù era Dio.
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A quali profezie ti riferisci?
Come è fatto questo calcolo?
E che ne so, mica l'ho scritta io, segui il link e chiediglielo a loro.
Lo scopo di tutto il thread è quello che tu presenti, e difendi, l'altra parte:
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Quello che tu dici ti colloca tra la la "C" e la "D" nelle possibilità sulla conoscenza delle argomentazioni teistiche.
Ultimo punto: perché rigetti una cosa senza neanche conoscerla? Se non sai quali sono le profezie di cui si parla, se non sai come è fatto il calcolo, allora perché lo rigetti? Non è forse questo il classico comportamento del pregiudizio, cioè giudicare senza conoscere?
Potresti ovviamente studiare le profezie e dire che non sono vere, oppure studiare il modo in cui sono stati fatti i calcoli e dire che è sbagliato. Ma tu non fai nessuna di queste due cose. Semplicemente lo rifiuti senza neanche ascoltarlo. Se questo non è pregiudizio, io non so cosa lo possa essere.
In ogni caso, per partecipare adeguatamente al thread dovresti saper esporre e difendere la posizione teistica, al meglio delle tue possibilità:
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Ti ringrazio per avermi classificato, lol
Tranquillo, sono stato precipitoso nel giudicarla una minchiata perche' non occorre il sesto senso per considerarla tale, serve solo il buon senso.
Pero' voglio farti contento e posso dirti che almeno una buona parte di queste profezie le conosco, anzi sai che faccio, adesso apro la mia bibbia portable sul pc e vado a vedere se le profezie annunciate nell'AT sono davvero avvenute....
Facciamo il confronto?
Combaceranno? Mah!
Mi sa che alla fine sara' protagonista la pelle dei coglioni.
Prendiamone una a caso tra le piu' famose, ossia che sarebbe stato tradito da un amico, Giuda, il cui tradimento avrebbe avuto un prezzo.
Tutto profetizzato nella bibbia.
Dal Vangelo secondo Matteo 26,14-25
In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti e disse: “Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?” E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo.
Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: “Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?” Ed egli rispose: “Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”. I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici. Mentre mangiavano disse: “In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà”. Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: “Sono forse io, Signore?” Ed egli rispose: “Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!” Giuda, il traditore, disse: “Rabbì, sono forse io?” Gli rispose: “Tu l’hai detto”.
Bene, tutto questo, si dice sia stato profetizzato in questi due punti della bibbia, precisamente in Zaccaria e salmi:
Zaccaria 11
11:1 Apri, Libano, le tue porte,
e il fuoco divori i tuoi cedri.
11:2 Urla, cipresso, perché il cedro è caduto,
gli splendidi alberi sono distrutti.
Urlate, querce di Basàn,
perché la foresta impenetrabile è abbattuta!
11:3 Si ode il lamento dei pastori,
perché la loro gloria è distrutta!
Si ode il ruggito dei leoncelli,
perché è devastata la magnificenza del Giordano!
11:4 Così parla il Signore mio Dio: Pasci quelle pecore da macello
11:5 che i compratori sgozzano impunemente, e i venditori dicono: Sia benedetto il Signore, mi sono arricchito, e i pastori non se ne curano affatto.
11:6 Neppur io perdonerò agli abitanti del paese. Oracolo del Signore. Ecco, io abbandonerò gli uomini l'uno in balìa dell'altro, in balìa del loro re, perché devastino il paese - non mi curerò di liberarli dalle loro mani.
11:7 Io dunque mi misi a pascolare le pecore da macello da parte dei mercanti di pecore. Presi due bastoni: uno lo chiamai Benevolenza e l'altro Unione e condussi al pascolo le pecore.
11:8 Nel volgere d'un sol mese eliminai tre pastori. Ma io mi irritai contro di esse, perché anch'esse si erano tediate di me.
11:9 Perciò io dissi: Non sarò più il vostro pastore. Chi vuol morire, muoia; chi vuol perire, perisca; quelle che rimangono si divorino pure fra di loro!.
11:10 Presi il bastone chiamato Benevolenza e lo spezzai: ruppi così l'alleanza da me stabilita con tutti i popoli.
11:11 Lo ruppi in quel medesimo giorno; i mercanti di pecore che mi osservavano, riconobbero che quello era l'ordine del Signore.
11:12 Poi dissi loro: Se vi pare giusto, datemi la mia paga; se no, lasciate stare. Essi allora pesarono trenta sicli d'argento come mia paga.
11:13 Ma il Signore mi disse: Getta nel tesoro questa bella somma, con cui sono stato da loro valutato!. Io presi i trenta sicli d'argento e li gettai nel tesoro della casa del Signore.
11:14 Poi feci a pezzi il secondo bastone chiamato Unione per rompere così la fratellanza fra Giuda e Israele.
11:15 Quindi il Signore mi disse: Prenditi gli attrezzi di un pastore insensato,
11:16 poiché ecco, io susciterò nel paese un pastore, che non avrà cura di quelle che si perdono, non cercherà le disperse, non curerà le malate, non nutrirà le affamate; mangerà invece le carni delle più grasse e strapperà loro perfino le unghie.
11:17 Guai al pastore stolto che abbandona il gregge!
Una spada sta sopra il suo braccio
e sul suo occhio destro.
Tutto il suo braccio si inaridisca
e tutto il suo occhio destro resti accecato.
SALMI 41:1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.
SALMI 41:2 Beato l'uomo che ha cura del debole, nel giorno della sventura il Signore lo libera.
SALMI 41:3 Veglierà su di lui il Signore, lo farà vivere beato sulla terra, non lo abbandonerà alle brame dei nemici.
SALMI 41:4 Il Signore lo sosterrà sul letto del dolore; gli darai sollievo nella sua malattia.
SALMI 41:5 Io ho detto: «Pietà di me, Signore; risanami, contro di te ho peccato».
SALMI 41:6 I nemici mi augurano il male: «Quando morirà e perirà il suo nome?».
SALMI 41:7 Chi viene a visitarmi dice il falso, il suo cuore accumula malizia e uscito fuori sparla.
SALMI 41:8 Contro di me sussurrano insieme i miei nemici, contro di me pensano il male:
SALMI 41:9 «Un morbo maligno su di lui si è abbattuto, da dove si è steso non potrà rialzarsi».
SALMI 41:10 Anche l'amico in cui confidavo, anche lui, che mangiava il mio pane, alza contro di me il suo calcagno.
SALMI 41:11 Ma tu, Signore, abbi pietà e sollevami, che io li possa ripagare.
SALMI 41:12 Da questo saprò che tu mi ami se non trionfa su di me il mio nemico;
SALMI 41:13 per la mia integrità tu mi sostieni, mi fai stare alla tua presenza per sempre.
SALMI 41:14 Sia benedetto il Signore, Dio d'Israele, da sempre e per sempre. Amen, amen.
Ho perso mezzora per questa ca@ata, se qualcuno ne ha voglia l'esperimento e' ripetibile per un alto numero di "profezie" avverate*.
Chi ne avesse voglia...
*avverate sto cazzo! E non c'e' bisogno di spiegare perche', spererei.
Questa e' la famosa pelle dei coglioni.
Alla prossima Jack
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Il ragionare porta a delle conclusioni logiche, la prova in senso moderno è un'altra cosa, è il produrre un risultato tangibile.
In campo religioso potrebbe essere tramite esercizi, preghiere, grazia divina, entrare in contatto con entità metafisiche, arrivare ad avere una conoscienza del mondo diretta, il problema sarebbe comunicarlo e farlo sperimentare al prossimo.
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silvio- -------------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Secondo me è molto meno probabile che Frodo riuscisse a portare sano e salvo l'anello nel monte fato, passare inosservato così a lungo e riuscire a fuggire ogni volta, però ce l'ha fatta perciò non può essere un hobbit normale, dev'essere per forza un hobbit speciale!
Tomhet- -----------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Ma frodo è frodo e che cazz,,,
silvio- -------------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Minsky ha scritto:
PROVA DEFINITIVA DELL'ESISTENZA DI DIO
Confermo
quello che ho detto prima. La tua argomentazione è molto “complessa”
e non sono riuscito pienamente a capirlo, anzi dovrei dire che non
l'ho capito per niente, nonostante lo abbia letto più volte con
attenzione. In linee generali, credo che neanche tu hai esattamente
chiara l'idea che volevo esporre. In ogni caso seguono le mie
critiche, seppur ovviamente sono vaghe e confuse esse stesse, perché
se non ho capito quello che si cercava di dire, ovviamente farò
anche fatica a risponderle.
Minsky ha scritto: Questa prova si basa sulle conoscenze scientifiche più recenti. Essa pertanto dimostra che l'esistenza di Dio è conseguenza necessaria dell'indagine scientifica più avanzata.
Il concetto fondamentale è che la consapevolezza, non la materia, è il fondamento di tutto ciò che esiste.
Ciò è dimostrato dalla fisica quantistica.
Un
considerazione preliminare: la fisica quantistica per definizione
studia la materia, quindi non può possibilmente avere qualcosa da
dire su qualcosa di immateriale.Già questo secondo me è sufficiente
per negare quello che hai da dire nel seguente.
Minsky ha scritto: Grazie alla fisica quantistica, sappiamo che la realtà non è come appare ai nostri sensi. In particolare, le particelle elementari non obbediscono alle leggi della fisica classica. Le violazioni di queste leggi sono evidenziate in celebri esperimenti, come l'esperimento delle due fenditure, specie nella versione detta a "scelta ritardata".
La non-località delle interazioni tra le particelle, per esempio i fotoni, è stata dimostrata dall'esperimento di Alain Aspect.
Che cosa provano questi fatti? L'unica spiegazione ragionevole, è che la concezione del mondo basata sulla materia sia errata. Secondo questa concezione, ogni cosa sarebbe composta di materia, quindi tutto può essere ridotto alle particelle elementari della materia, ai suoi componenti essenziali o mattoni fondamentali. La causa sorgerebbe dalle interazioni di questi mattoni fondamentali o particelle elementari: le particelle elementari compongono gli atomi, gli atomi le molecole, le molecole le cellule e le cellule il cervello.
Questa viene chiamata "causalità ascendente". In questa concezione, quello che gli esseri umani considerano il loro libero arbitrio, in realtà non esiste. È solo un epifenomeno, secondario al potere causale della materia. E qualsiasi potere causale che apparentemente i viventi sono in grado di esercitare sulla materia, è solo un’illusione.
Non
necessariamente. Significa solo che l'interpretazione classica della
meccanica quantistica forse non è adeguata. Per esempio può essere
che l'interpretazione di Lorentz, che prevede una simultaneità
assoluta, sia quello giusta (vedi
http://www.reasonablefaith.org/the-triumph-of-lorentz).
In
ogni caso comunque, nello stesso modo in cui la fisica classica è
stata modificata all'inizio del ventesimo secolo dalla teoria della
relatività, anche la concezione classica della meccanica quantistica
forse dovrà essere revisionato nel futuro.
Ci
sono almeno una decina di interpretazioni delle meccanica
quantistica, alcune perfettamente deterministiche, altre non
deterministiche, che sono per il momento equivalenti dal punto di
vista matematico e delle attuali prove empiriche. Quindi non puoi
prendere solo una di esse e poi costruire su di essa tutta un
ontologia.
E
non mi pare che ci sia bisogno di andare cosi lontano e dire che la
materia non esiste o qualcosa del genere. La meccanica quantistica è
relativamente giovane, e ancora non molto chiara e quindi
difficilmente affidabile per fare affermazioni cosi importanti sulla
realtà.
Minsky ha scritto: Ebbene, questo punto di vista va semplicemente invertito: tutto comincia dalla consapevolezza. Cioè, la consapevolezza è il fondamento di ogni essere. In tale concezione, la consapevolezza impone la "causalità discendente". In altre parole, il nostro libero arbitrio è reale. Quando agiamo nel mondo, stiamo davvero agendo con potere causale. Questa concezione non nega che anche la materia abbia potere causale – ovvero che esista un potere causale dalle particelle elementari diretto verso l’alto, cioè una causalità ascendente – ma aggiunge che esiste una causalità discendente. Essa si rivela nella nostra creatività, nelle scelte del nostro libero arbitrio o quando prendiamo decisioni morali. In tali occasioni, siamo di fatto testimoni della causalità discendente operata dalla consapevolezza.
Non
penso che il “salto” che hai fatto tra l'incertezza sulla
meccanica quantistica e la “consapevolezza” sia adeguato o
necessario, o richiesto dalla meccanica quantistica stessa.
Minsky ha scritto: Ma da dove proviene dunque la consapevolezza? Facciamo un passo indietro. Gli oggetti della fisica quantistica non sono altro che onde potenziali. Queste non sono onde che si propagano nello spazio e nel tempo. Dunque hanno qualità trascendente, ossia in qualche modo vanno oltre la materia. L'esperimento di Aspect dimostrò che esiste davvero un potenziale trascendente, e gli oggetti hanno davvero delle connessioni al di là dello spazio e del tempo. In questo esperimento un atomo emette due quanti di luce, chiamati fotoni, in direzioni opposte. In qualche modo questi fotoni influenzano l'uno il comportamento dell'altro, a distanza, senza scambiarsi alcun segnale attraverso la spazio.
Einstein ha dimostrato che due oggetti non possono mai influenzarsi istantaneamente nello spazio e nel tempo, perché ogni cosa deve viaggiare con un limite massimo di velocità, e tale limite è la velocità della luce. Quindi, qualsiasi influsso deve viaggiare, se viaggia attraverso lo spazio, impiegando un tempo finito. Questa viene chiamata "località". Ogni segnale è locale, nel senso che deve impiegare un tempo finito per viaggiare attraverso lo spazio. Ciononostante, i fotoni emessi dall’atomo nell'esperimento di Aspect si influenzano reciprocamente, a distanza, senza scambiarsi segnali, perché lo stanno facendo istantaneamente; ovvero, lo stanno facendo a una velocità superiore a quella della luce. Dunque, ne consegue che l'influsso non ha potuto viaggiare attraverso lo spazio. Piuttosto, esso deve appartenere a una sfera della realtà che dobbiamo riconoscere come la sfera trascendente della realtà.
Non
necessariamente. Come ho detto prima, questo implicherebbe solo che
l'interpretazione classica, quella di Eintein e Minkowskian,
sia errata, e che invece quella di Lorentz sia corretta (vedi:
http://www.reasonablefaith.org/the-triumph-of-lorentz).
O per lo meno che forse un altra spiegazione fisica di questi fatti
può essere possibile, anche se per adesso sconosciuta. La meccanica
quantistica è troppo giovane per poter escludere con certezza questa
possibilità.
Minsky ha scritto: A questo punto, bisogna sottolineare che abbiamo sempre a che fare con oggetti quantistici, perché la fisica quantistica è la fisica di tutti gli oggetti. Che sia submicroscopica o macroscopica, la fisica quantistica è comunque valida. Anche se è più evidente nei fotoni, negli elettroni, negli oggetti submicroscopici, sappiamo che tutta la realtà è governata dalle stesse leggi. Dunque anche noi siamo oggetti quantistici.
Ed ecco come entra in gioco la fisica quantistica al nostro livello macroscopico: si chiama il "paradosso della misurazione quantistica", ed è ciò che avviene per esempio nell'esperimento delle due fenditure, dove il comportamento dei fotoni o delle particelle viene influenzato dall'osservatore. È un paradosso, se considerato dal falso punto di vista materialistico, perché, chi siamo noi per operare questa trasformazione? Dopo tutto, nel paradigma materialista, non abbiamo alcun potere causale. Non siamo altro che il cervello, composto di atomi e particelle elementari. Quindi, come fa un cervello composto di atomi e particelle elementari a tramutare un'onda potenziale, se lui stesso è un'onda potenziale? Lui stesso è composto delle onde potenziali degli atomi e delle particelle elementari, quindi non può trasformare la propria onda potenziale in qualcosa di attuale.
Ma in questa concezione, la consapevolezza è il fondamento dell'essere. Quindi, cosa converte ciò che è potenziale in attuale? La consapevolezza, perché essa non ubbidisce alla fisica quantistica. La consapevolezza non è fatta di materia: è trascendente. Il mondo materiale della fisica quantistica è solo una possibilità. È la consapevolezza, grazie alla conversione della possibilità in attualità, a creare ciò che vediamo manifesto. In altre parole, la consapevolezza crea il mondo manifesto.
Onestamente
questa parte, seppur l'ho letto più volte, proprio non sono riuscito
a capirla.
In
ogni caso, ripeto quello che ho detto precedentemente: ci sono tante
interpretazioni della meccanica quantistica acune deterministiche e
altre no (vedi per esempio:
http://it.wikipedia.org/wiki/Interpretazione_della_meccanica_quantistica#Coscienza_causa_del_collasso)
che sono equivalenti dal punto di vista matematico e della
spiegazione dei datti attuali. Quindi per il momento si può solo
dire questo.
Minsky ha scritto: Ora, facciamo un altro passo. Come si è originato l'Universo? Comunemente si pensa che l'Universo sia scaturito dal Big Bang, circa quindici miliardi di anni fa. Ma se è necessaria la consapevolezza per convertire la possibilità in attualità, come è possibile che l'Universo sia esistito tanto a lungo? Infatti, in quella primitiva sfera incandescente che si suppone abbia creato l’universo non esistevano né la consapevolezza né gli esseri senzienti, biologici, a base di carbonio. Quindi l'universo è rimasto in potenza fino alla misurazione quantistica autorefenziale di un osservatore senziente. Si pensi al Gedankenexperiment detto del "gatto di Schrödinger". L'intero universo è stato come il gatto, sino al momento in cui la sua funzione d'onda è collassata ed esso è divenuto concreto. Lo sguardo di un osservatore è essenziale per convertire la possibilità in attualità, e quindi solo quando un osservatore guarda, ogni cosa diventa manifesta, incluso il tempo. Per cui l'intero passato, da questo punto di vista, diventa manifesto nell'istante stesso in cui il primo essere senziente guarda. Il concetto si spiega perfettamente grazie all'osservazione autoreferenziale teorizzata da John Wheeler.
Nello stesso modo si spiega l'evoluzione biologica. La Teoria dell'Evoluzione deve chiamare in causa fenomeni esotici e poco chiari come gli "equilibri punteggiati" per rendere conto dei "salti" evolutivi. Invece, il primato della consapevolezza rende conto di tutto ciò in modo perfetto: possiamo scorgere in questo fenomeno la creatività, l'autentica creatività della consapevolezza. In altre parole, possiamo vedere davvero che la consapevolezza sta operando creativamente perfino nella biologia, nell'evoluzione delle specie. Ecco perciò che la consapevolezza è la creatrice del mondo, ed essa riempie questi spazi vuoti che la biologia convenzionale non riesce a colmare.
Trovo
ridicola l'idea che ilo mondo “non ci fosse” (oppure che prima
non fosse attuale ma solo potenziale) prima che ci fossimo noi
(consapevoli) ad osservarla. E certamente non un'idea necessaria
dalla meccanica quantistica (vedi le interpretazioni sopra).
Il
mondo esisteva e andava avanti perfettamente anche prima degli esseri
umani... e lo farà anche quando gli umani non ci saranno più... e
lo avrebbe fatto anche se gli umani non fossero mai esistiti.
Minsky ha scritto: Dunque, si vede chiaramente che l’universo ha un fine. Esso è orientato verso un fine: ci sono tante prove che stia facendo qualcosa intenzionalmente, cioè si sia sviluppato in modo tale da far nascere, a un certo punto, un essere senziente. Si tratta di un concetto che solo vagamente si può ricondurre al "principio antropico". In realtà, gli esseri umani possono non essere il fine ultimo, ma certamente ne sono il primo risultato, perché qui è presente la possibilità della creatività manifesta, la creatività nell'essere senziente stesso. Gli animali sono certamente senzienti, ma non creativi nel senso in cui lo siamo noi. Quindi, gli esseri umani in questo momento sono certamente un'epitome, anche se potrebbe non trattarsi dell'epitome finale. L'evoluzione potrebbe avere ancora molta strada da fare.
Non
lo capisco. Sembra che stai dicendo che l'universo non consapevole
sta “facendo qualcosa” con “intenzione” … il che non è
altro che una contraddizione in termini.
Minsky ha scritto: Il punto importante è che in definitiva il cosmo è stato creato per il nostro bene, o meglio per il bene di tutti gli esseri senzienti. L'Universo siamo noi: questo è chiarissimo. L'universo è autoconsapevole, ma lo è attraverso di noi: siamo il significato dell'Universo. Non siamo il suo centro geografico, ma siamo il centro di significato dell'Universo. Ovviamente questo non va limitato agli esseri umani: possono esistere esseri senzienti su altri pianeti, che collaborano a stabilizzare la funzione d'onda dell'Universo e a renderlo reale.
Affermazioni
come, “il cosmo è stato creato per noi... l'universo siamo noi
etc” mi sembrano in questo contesto affermazioni gratuite che in nessun modo
conseguono dai discorsi precedenti.
Minsky ha scritto:Tracce di queste verità si trovano in molte religioni tradizionali, ed è possibile rendere conto dei racconti biblici della Genesi come descrizioni semplificate della creazione subitanea dell'Universo per effetto del collasso della funzione d'onda. Per fare ancora un esempio, il concetto dell'onnipresenza di Dio è compatibile con il fatto che Dio sia in realtà la struttura atemporale e adimensionale su cui si articola l'Universo. Ancora: nella Bhagavad Gita, Krishna dice ad Arjuna: «Tutte queste cose sono in me, ma io non sono in esse». Cosa vuol dire? Questo: «Io non sono esclusivamente in esse».
E'
vero che molte religioni orientali trattano la realtà come illusione
dei nostri sensi. Ed è vero che molti malusano la meccanica
quantistica (come si è fatto qui) per farle dire cose che non
avrebbe il diritto o la capacità di dire, o per fare affermazioni
ontologiche che vanno ben oltre la teoria scientifica stessa.
In
ogni caso, in tutta onestà, niente del genere si trova nella visione
biblica del mondo, inclusa la Genesi che citi. Nella visione biblica
Dio esiste come un essere concreto e separato dal mondo che lo ha
portato in esistenza. Il mondo è reale ed oggettivo ed è una
creatura di Dio. Questa è, in poche parole, la visione biblica del
mondo, che non ha nulla a che fare con quella esposta qui.
Minsky ha scritto: La conclusione perciò è semplice e lampante.
Non solo Dio esiste, ma non esiste altro che Dio.
Non
vedo come questo consegui da quello che hai detto sopra. Nulla in
quello che hai detto porta a questa conclusione (a meno che io non
abbia capito nulla... oppure a meno che anche tu non abbia capito
nulla di quello che hai scritto).
In
ogni modo, se non ci fosse altro che Dio, allora questo
contraddirebbe tutto quello che hai detto fino ad ora, ovvero che noi
esistiamo e che abbiamo il libero arbitrio. Se non ci fosse altro che
Dio, allora noi non esisteremmo come esseri distinti da lui e non
avremo libera scelta. Ma questo e ovviamente era il fondamento del
tuo ragionamento. Con questo avevi cominciato tutte le tue
considerazioni (vedi sopra). Quindi la tua conclusione nega il tuo
punto di partenza, il che non è altro che dire che è
autocontraddittorio.
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"Or la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori... Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi. Difficilmente uno morirebbe per un giusto; ma forse per una persona buona qualcuno avrebbe il coraggio di morire; Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi". (Romani 5:5-9)
"Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra... Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate». E colui che siede sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»." (Apocalisse 21:1-5)
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
JACK_JOHN ha scritto:Minsky ha scritto:
PROVA DEFINITIVA DELL'ESISTENZA DI DIOMinsky ha scritto: Questa prova si basa sulle conoscenze scientifiche più recenti. Essa pertanto dimostra che l'esistenza di Dio è conseguenza necessaria dell'indagine scientifica più avanzata.
Il concetto fondamentale è che la consapevolezza, non la materia, è il fondamento di tutto ciò che esiste.
Ciò è dimostrato dalla fisica quantistica.
Un
considerazione preliminare: la fisica quantistica per definizione
studia la materia, quindi non può possibilmente avere qualcosa da
dire su qualcosa di immateriale.Già questo secondo me è sufficiente
per negare quello che hai da dire nel seguente.
La tanto attesa risposta è arrivata.
Ma non mi convince in partenza...
JJ se apri un complesso 3d per far scontrare i campi invertendo le parti devi accettare che crollino tutte le matrici e i paradigmi!
Tu parti da dare per assodato che :
- dio è immateriale
- noi uomini sappiamo chiaramente definire cosa sia materiale o immateriale
Direi che è una visione che poteva essere scontata solo più di un secolo fa, oggi bisognerebbe persino argomentare cosa sia materiale o immateriale nelle terre di confine.
Poi, perchè dio dovrebbe essere completamente fuori dalla dimensione materiale, ovvero, perchè la materia, nella sua più intima essenza non dovrebbe svelare l'essenza stessa di dio?
cioè, rispiego, se l'universo è creazione di dio, quando un artista crea lo fa manifestando se stesso. perchè quindi dio non dovrebbe aver manifestato se stesso pure nel "libro della natura"?
da dove poteva pendere le idee di cosa fare e come se non da se stesso??
perchè l'intima essenza della natura non dovrebbe svelarmi qualcosa di lui, e, soprattutto, se esista???
Quindi mi fermo già qui...
A meno che non si voglia limitare la questione al dio cristiano secondo la tradizione metafisica per lo più ancor vigente nell'ambito del cristianesimo ortodosso tradizionalista.
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Masada78 ha scritto:JACK_JOHN ha scritto:Minsky ha scritto:
PROVA DEFINITIVA DELL'ESISTENZA DI DIOMinsky ha scritto: Questa prova si basa sulle conoscenze scientifiche più recenti. Essa pertanto dimostra che l'esistenza di Dio è conseguenza necessaria dell'indagine scientifica più avanzata.
Il concetto fondamentale è che la consapevolezza, non la materia, è il fondamento di tutto ciò che esiste.
Ciò è dimostrato dalla fisica quantistica.
Un
considerazione preliminare: la fisica quantistica per definizione
studia la materia, quindi non può possibilmente avere qualcosa da
dire su qualcosa di immateriale.Già questo secondo me è sufficiente
per negare quello che hai da dire nel seguente.
La tanto attesa risposta è arrivata.
Ma non mi convince in partenza...
JJ se apri un complesso 3d per far scontrare i campi invertendo le parti devi accettare che crollino tutte le matrici e i paradigmi!
Tu parti da dare per assodato che :
- dio è immateriale
- noi uomini sappiamo chiaramente definire cosa sia materiale o immateriale
Direi che è una visione che poteva essere scontata solo più di un secolo fa, oggi bisognerebbe persino argomentare cosa sia materiale o immateriale nelle terre di confine.
Poi, perchè dio dovrebbe essere completamente fuori dalla dimensione materiale, ovvero, perchè la materia, nella sua più intima essenza non dovrebbe svelare l'essenza stessa di dio?
cioè, rispiego, se l'universo è creazione di dio, quando un artista crea lo fa manifestando se stesso. perchè quindi dio non dovrebbe aver manifestato se stesso pure nel "libro della natura"?
da dove poteva pendere le idee di cosa fare e come se non da se stesso??
perchè l'intima essenza della natura non dovrebbe svelarmi qualcosa di lui, e, soprattutto, se esista???
Quindi mi fermo già qui...
A meno che non si voglia limitare la questione al dio cristiano secondo la tradizione metafisica per lo più ancor vigente nell'ambito del cristianesimo ortodosso tradizionalista.
Che Dio si riveli nella natura è una cosa che il teismo classico lo afferma da sempre. Quello che nega è un identità con la natura. Ovvero vede la natura come una creatura finita, che ha avuto un inizio, ed è stata fatta dal Creatore, non come qualcosa di eterno.
Per questa ragione non può che essere di sostanza diversa dal Creatore, che è appunto eterno. Il che significa che il Creatore è immateriale ed atemporale perché tutte le cose che appartengono al mondo materiale hanno avuto un inizio.
Anche nel tuo esempio, c'è qualcosa dell'artista nell'opera, ma qualcosa di natura diversa. La sua creatura riflette l'intelletto, la passione, l'immaginazione etc del suo creatore, cioè dell'artista. Ma non è un essere umano. E' una creatura, un qualcosa che lui ha fatto, un qualcosa di distacato e di diverso da lui, anche se c'è "del suo" nella opera.
Quindi per dire che c'è qualcosa di Dio nel mondo materiale non c'è bisogno di dire che Dio stesso ne è parte, come stava faccendo Minsky.
Io mi stavo atteggiando da ateo e stavo prendendo in cosiderazione il concetto classico di Dio come un essere Creatore, da cui origina tutto quello che esiste perché creato da Lui per libera scelta, distacatto dal creato. Questa è la concezione classica di Dio.
La stessa posizione avevo preso anche nelle mie obiezioni al teismo.
Quindi non avevo considerato il panteismo o cmq le religione orientali.
Questa per due ragioni:
- Primo perché appunto non sono nè teistiche e nè ateistiche. Essendo questo un thread "teismo-ateismo" allora non c'entra con esso.
- Secondo perché onestamente penso che sia indifensibile da qualunque modo lo si guardi (sia da quello teistico, in cui il panteismo, oltre ad essere falso è semplicemente blasfemo e idolatra perché confonde la creatura con il Creatore, che dall'ateismo che, come anche il teismo classico, lo considera falso perché sa che la materia non è un Dio, non più di quanto lo possa essere il sole, la luna le montagne o i cani e i gatti). A maggior ragione quando i suoi difensori negano le classiche leggi della logica come quella della non contradizione o del terzo escluso etc.
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"Or la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori... Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi. Difficilmente uno morirebbe per un giusto; ma forse per una persona buona qualcuno avrebbe il coraggio di morire; Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi". (Romani 5:5-9)
"Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra... Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate». E colui che siede sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»." (Apocalisse 21:1-5)
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Stai sereno JJ, nessuno pretende che tu abbia capito tutto.JACK_JOHN ha scritto:Confermo quello che ho detto prima. La tua argomentazione è molto “complessa” e non sono riuscito pienamente a capirlo, anzi dovrei dire che non
l'ho capito per niente, nonostante lo abbia letto più volte con attenzione. In linee generali, credo che neanche tu hai esattamente chiara l'idea che volevo esporre. In ogni caso seguono le mie critiche, seppur ovviamente sono vaghe e confuse esse stesse, perché se non ho capito quello che si cercava di dire, ovviamente farò
anche fatica a risponderle.
Ho precisato che la mia esposizione era solo una sintesi a grosse linee, adesso prenderò in esame le tue repliche e comincerò a tratteggiare anche i dettagli e a rifinire meglio i contorni. Sono pronto a spiegare e completare tutto quello che non risulta chiaro. Ti faccio presente comunque che l'argomento che ho presentato, come ho già detto, non è una mia invenzione, e ti ho dato anche alcuni riferimenti attraverso i quali avresti potuto benissimo trovare i lavori originali, sicuramente molto più precisi e dettagliati della mia esposizione. Ma non c'è problema, i termini del gioco sono quelli che hai detto tu e li accetto. Ti chiedo solo di non avere fretta, visto il tempo biblico che hai impiegato tu per replicare anch'io mi prenderò un po' di tempo - non è una ritorsione, ma adesso sono straimpegnato - e quindi non ti spazientire se impiegherò una settimana o due per preparare la risposta.
Ciao!
Giuste osservazioni, Masada. JJ si dimostra ancorato alla concezione teologica primitiva del vecchio con la barba bianca seduto sopra una nuvola, concezione smentita già dalla prima volta che qualcuno si è alzato con un pallone aerostatico senza trovare angioletti e cherubini svolazzanti nel cielo.Masada78 ha scritto:La tanto attesa risposta è arrivata.
Ma non mi convince in partenza...
JJ se apri un complesso 3d per far scontrare i campi invertendo le parti devi accettare che crollino tutte le matrici e i paradigmi!
Tu parti da dare per assodato che :
- dio è immateriale
- noi uomini sappiamo chiaramente definire cosa sia materiale o immateriale
Direi che è una visione che poteva essere scontata solo più di un secolo fa, oggi bisognerebbe persino argomentare cosa sia materiale o immateriale nelle terre di confine.
Poi, perchè dio dovrebbe essere completamente fuori dalla dimensione materiale, ovvero, perchè la materia, nella sua più intima essenza non dovrebbe svelare l'essenza stessa di dio?
cioè, rispiego, se l'universo è creazione di dio, quando un artista crea lo fa manifestando se stesso. perchè quindi dio non dovrebbe aver manifestato se stesso pure nel "libro della natura"?
da dove poteva pendere le idee di cosa fare e come se non da se stesso??
perchè l'intima essenza della natura non dovrebbe svelarmi qualcosa di lui, e, soprattutto, se esista???
Quindi mi fermo già qui...
A meno che non si voglia limitare la questione al dio cristiano secondo la tradizione metafisica per lo più ancor vigente nell'ambito del cristianesimo ortodosso tradizionalista.
Ma la regola del gioco (che ha fissato lui) è che a lui compete di fare la parte dell'ateo ottuso, quindi va bene così. Io farò la mia parte sostenendo l'argomento teista che ho impostato. Posso contare su di te per un arbitraggio super partes?
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Minsky- --------------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
[quote="JACK_JOHN"]
Quindi mi dai ragione e mi dici che vuoi limitare la discussione prendendo in considerazione solo il concetto di dio così come formulato dalla visione aristotelica tomista e ragionandoci con la ragione e la verità intesa ancora come la intendevano loro nella loro metafisica...
Però forse sei tu che non capisci: fior fior di pensatori per secoli seguendo quella impostazione non son riusciti a fermare l'ateismo, anzi, hanno fallito totalmente come apologetica!
La visione metafisica che loro considerano non è quella vissuta e creduta dalla gente oggi.
Questa è storia.
C'è un paradigma interpretativo differente, un diverso concetto di ciò che è vero, giusto,... e di come si giunga a stabilire vera una cosa.
Quindi sei destinato a una incomprensione continua di fondo.
Capisci?
Insomma, uscendo dal giochino di ruolo che hai proposto capiamo tutti che tu sei molto credente e che non sei qui per un confronto ma mosso dall'intenzione di "salvare", portare la "verità" che ti ha personalmente convinto e salvato.
Usi l'originale e simpatico stratagemma del giochino per farci ragionare attorno alla sensatezza della proposta metafisica razionale cristiana e molti del forum, pazientemente, ti seguono.
Minsky se ne esce con un capolavoro che quasi nessuno riesce a decifrare, e tu...
lo scorreggi via imponendo il tuo paradigma di partenza come vero.
Questo è il non detto che sta oltre il giochino ma ne stabilisce l'andamento.
Tu parti con precisi assiomi fissati in queste dicotomie:
naturale/soprannaturale
razionale/irrazionale
materiale/immateriale
reale/Reale
...
che non sono considerati veri, neppure sensati, da molti del forum.
per me che sono relativista poi è inutile parlarmi di un dio inteso secondo la metafisica tomista, perchè la metafisica tomista è stata asfaltata da secoli di pensatori e rivoluzioni culturali.
quindi se vuoi metterla sul piano del dio cristiano non riuscirai forse neppure a farti capire da me, e sono agnostico, e ho alle spalle una cultura religiosa cristiana e una formazione filosofica... figuriamoci da un ateo scientista, fideista, riduzionista...
io nella ricerca del confronto e per trovar risposte e capire sto partendo al massimo dalla questione "esiste un dio?"...
e da che questione vorresti partire in un forum di atei????
già dal dio cristiano, che è quello che tutti già conoscono e hanno ben asfaltato insieme alla sua bella chiesa?
anche solo emotivamente la ragione ne sarebbe tanto ripugnata da non prestare neppure sforzo di comprensione...
ciò che a te sembrerà razionale, un ragionamento stringente, un evidenza razionale, persino intuitiva, per me avrà il puro valore di congettura, "unicorno rosa", come molte delle mie affermazioni lo sono per altri.
in un era di globalizzazione e multiculturalismo devi abbandonare gli strumenti rigidi del razionalismo teologico se vuoi cercare di capire e farti capire.
quella in cui ti sei serrato è una meravigliosa torre d'avorio razionalmente coerente, ma per molti di noi è solo una torre inaccessibile,
una prigione.
Masada78 ha scritto:
A meno che non si voglia limitare la questione al dio cristiano secondo la tradizione metafisica per lo più ancor vigente nell'ambito del cristianesimo ortodosso tradizionalista.
Quindi mi dai ragione e mi dici che vuoi limitare la discussione prendendo in considerazione solo il concetto di dio così come formulato dalla visione aristotelica tomista e ragionandoci con la ragione e la verità intesa ancora come la intendevano loro nella loro metafisica...
Però forse sei tu che non capisci: fior fior di pensatori per secoli seguendo quella impostazione non son riusciti a fermare l'ateismo, anzi, hanno fallito totalmente come apologetica!
La visione metafisica che loro considerano non è quella vissuta e creduta dalla gente oggi.
Questa è storia.
C'è un paradigma interpretativo differente, un diverso concetto di ciò che è vero, giusto,... e di come si giunga a stabilire vera una cosa.
Quindi sei destinato a una incomprensione continua di fondo.
Capisci?
Insomma, uscendo dal giochino di ruolo che hai proposto capiamo tutti che tu sei molto credente e che non sei qui per un confronto ma mosso dall'intenzione di "salvare", portare la "verità" che ti ha personalmente convinto e salvato.
Usi l'originale e simpatico stratagemma del giochino per farci ragionare attorno alla sensatezza della proposta metafisica razionale cristiana e molti del forum, pazientemente, ti seguono.
Minsky se ne esce con un capolavoro che quasi nessuno riesce a decifrare, e tu...
lo scorreggi via imponendo il tuo paradigma di partenza come vero.
Questo è il non detto che sta oltre il giochino ma ne stabilisce l'andamento.
Tu parti con precisi assiomi fissati in queste dicotomie:
naturale/soprannaturale
razionale/irrazionale
materiale/immateriale
reale/Reale
...
che non sono considerati veri, neppure sensati, da molti del forum.
per me che sono relativista poi è inutile parlarmi di un dio inteso secondo la metafisica tomista, perchè la metafisica tomista è stata asfaltata da secoli di pensatori e rivoluzioni culturali.
quindi se vuoi metterla sul piano del dio cristiano non riuscirai forse neppure a farti capire da me, e sono agnostico, e ho alle spalle una cultura religiosa cristiana e una formazione filosofica... figuriamoci da un ateo scientista, fideista, riduzionista...
io nella ricerca del confronto e per trovar risposte e capire sto partendo al massimo dalla questione "esiste un dio?"...
e da che questione vorresti partire in un forum di atei????
già dal dio cristiano, che è quello che tutti già conoscono e hanno ben asfaltato insieme alla sua bella chiesa?
anche solo emotivamente la ragione ne sarebbe tanto ripugnata da non prestare neppure sforzo di comprensione...
ciò che a te sembrerà razionale, un ragionamento stringente, un evidenza razionale, persino intuitiva, per me avrà il puro valore di congettura, "unicorno rosa", come molte delle mie affermazioni lo sono per altri.
in un era di globalizzazione e multiculturalismo devi abbandonare gli strumenti rigidi del razionalismo teologico se vuoi cercare di capire e farti capire.
quella in cui ti sei serrato è una meravigliosa torre d'avorio razionalmente coerente, ma per molti di noi è solo una torre inaccessibile,
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Ottima esposizione
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Hai centrato il punto.Masada78 ha scritto:Tu parti con precisi assiomi fissati in queste dicotomie:
naturale/soprannaturale
razionale/irrazionale
materiale/immateriale
reale/Reale
...
che non sono considerati veri, neppure sensati, da molti del forum.
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
*Valerio* ha scritto:Ottima esposizione
Grazie.
Ci ho messo cuore.
E ha pure un qualcosa di artistico rileggere il mio post e trovarci sotto l'immagine del tuo avatar:
quella gabbia nella neve, quella porta aperta, quelle orme, e quell'uomo che si allontana con il suo ombrello aperto, colorato, in mezzo al bianco...
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
[quote="Masada78"]
E' vero che io non avevo reso esplicito cosa intendevo con "Dio" e con "ateismo", anche se dalle argomentazione atee che avevo esposto penso fosse chiaro quello che intendevo.
Quindi lo faccio adesso. Definisco in grose linee quello che io intendo per "Dio" in questo contesto. Il contesto, ricordiamolo, è quello di un dibattito tra atei e teisti.
Per la mia definizione, particolarmente utile ai scopi di questo thread (dato che stiamo parlando del dibattito ateo-teista), mi rifaccio ad un famosissimo dibattito, quello tra Russell e Copleston, sul BBC nel 1948 (preso da "Perché non sono cristiano" di Bertrand Russell).
Copleston: Accingendoci a discutere sull'esistenza di Dio, ritengo opportuno accordarci momentaneamente sul significato che diamo alla parola "Dio". Credo che intendiamo un ente supremo, personale, distinto dal mondo e creatore del mondo. Siamo d'accordo?
Russell: Si, accetto questa definizione.
Ripeto quello che ho detto prima: questa è una discussione tra teismo e ateismo. E' vero che ci sono altre "possibilità", come per esempio il panteismo o altre visioni di vita come in New Age e simili cose. In questo thread, essendo escluse sia dal punto di vista teistico (il mio) che da quello ateistico (al quale la stra grande maggioranza degli utenti qui crede), non hanno posto.
Sentiti liberissimo di aprire un thread a posta per discutere li qualcosa del genere.
Il resto del tuo discorso invece mi sembra non tanto un attacco al mio modo di pensare quanto piuttosto un attacco alla ragione e razionalità stessa, con la quale nè gli atei razionalizzanti e nè i credenti razionalizzanti possono essere d'accordo. Quindi penso che valga la pena risponderti in un thread a posta. Appena posso quindi apro un thread specifico sulle tue domande e ti rispondo li (cosi non ci distraiamo qui).
JACK_JOHN ha scritto:Masada78 ha scritto:
A meno che non si voglia limitare la questione al dio cristiano secondo la tradizione metafisica per lo più ancor vigente nell'ambito del cristianesimo ortodosso tradizionalista.
Quindi mi dai ragione e mi dici che vuoi limitare la discussione prendendo in considerazione solo il concetto di dio così come formulato dalla visione aristotelica tomista e ragionandoci con la ragione e la verità intesa ancora come la intendevano loro nella loro metafisica...
Però forse sei tu che non capisci: fior fior di pensatori per secoli seguendo quella impostazione non son riusciti a fermare l'ateismo, anzi, hanno fallito totalmente come apologetica!
La visione metafisica che loro considerano non è quella vissuta e creduta dalla gente oggi.
Questa è storia.
C'è un paradigma interpretativo differente, un diverso concetto di ciò che è vero, giusto,... e di come si giunga a stabilire vera una cosa.
Quindi sei destinato a una incomprensione continua di fondo.
Capisci?
Insomma, uscendo dal giochino di ruolo che hai proposto capiamo tutti che tu sei molto credente e che non sei qui per un confronto ma mosso dall'intenzione di "salvare", portare la "verità" che ti ha personalmente convinto e salvato.
Usi l'originale e simpatico stratagemma del giochino per farci ragionare attorno alla sensatezza della proposta metafisica razionale cristiana e molti del forum, pazientemente, ti seguono.
Minsky se ne esce con un capolavoro che quasi nessuno riesce a decifrare, e tu...
lo scorreggi via imponendo il tuo paradigma di partenza come vero.
Questo è il non detto che sta oltre il giochino ma ne stabilisce l'andamento.
Tu parti con precisi assiomi fissati in queste dicotomie:
naturale/soprannaturale
razionale/irrazionale
materiale/immateriale
reale/Reale
...
che non sono considerati veri, neppure sensati, da molti del forum.
per me che sono relativista poi è inutile parlarmi di un dio inteso secondo la metafisica tomista, perchè la metafisica tomista è stata asfaltata da secoli di pensatori e rivoluzioni culturali.
quindi se vuoi metterla sul piano del dio cristiano non riuscirai forse neppure a farti capire da me, e sono agnostico, e ho alle spalle una cultura religiosa cristiana e una formazione filosofica... figuriamoci da un ateo scientista, fideista, riduzionista...
io nella ricerca del confronto e per trovar risposte e capire sto partendo al massimo dalla questione "esiste un dio?"...
e da che questione vorresti partire in un forum di atei????
già dal dio cristiano, che è quello che tutti già conoscono e hanno ben asfaltato insieme alla sua bella chiesa?
anche solo emotivamente la ragione ne sarebbe tanto ripugnata da non prestare neppure sforzo di comprensione...
ciò che a te sembrerà razionale, un ragionamento stringente, un evidenza razionale, persino intuitiva, per me avrà il puro valore di congettura, "unicorno rosa", come molte delle mie affermazioni lo sono per altri.
in un era di globalizzazione e multiculturalismo devi abbandonare gli strumenti rigidi del razionalismo teologico se vuoi cercare di capire e farti capire.
quella in cui ti sei serrato è una meravigliosa torre d'avorio razionalmente coerente, ma per molti di noi è solo una torre inaccessibile,
una prigione.
E' vero che io non avevo reso esplicito cosa intendevo con "Dio" e con "ateismo", anche se dalle argomentazione atee che avevo esposto penso fosse chiaro quello che intendevo.
Quindi lo faccio adesso. Definisco in grose linee quello che io intendo per "Dio" in questo contesto. Il contesto, ricordiamolo, è quello di un dibattito tra atei e teisti.
Per la mia definizione, particolarmente utile ai scopi di questo thread (dato che stiamo parlando del dibattito ateo-teista), mi rifaccio ad un famosissimo dibattito, quello tra Russell e Copleston, sul BBC nel 1948 (preso da "Perché non sono cristiano" di Bertrand Russell).
Copleston: Accingendoci a discutere sull'esistenza di Dio, ritengo opportuno accordarci momentaneamente sul significato che diamo alla parola "Dio". Credo che intendiamo un ente supremo, personale, distinto dal mondo e creatore del mondo. Siamo d'accordo?
Russell: Si, accetto questa definizione.
Ripeto quello che ho detto prima: questa è una discussione tra teismo e ateismo. E' vero che ci sono altre "possibilità", come per esempio il panteismo o altre visioni di vita come in New Age e simili cose. In questo thread, essendo escluse sia dal punto di vista teistico (il mio) che da quello ateistico (al quale la stra grande maggioranza degli utenti qui crede), non hanno posto.
Sentiti liberissimo di aprire un thread a posta per discutere li qualcosa del genere.
Il resto del tuo discorso invece mi sembra non tanto un attacco al mio modo di pensare quanto piuttosto un attacco alla ragione e razionalità stessa, con la quale nè gli atei razionalizzanti e nè i credenti razionalizzanti possono essere d'accordo. Quindi penso che valga la pena risponderti in un thread a posta. Appena posso quindi apro un thread specifico sulle tue domande e ti rispondo li (cosi non ci distraiamo qui).
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"Or la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori... Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi. Difficilmente uno morirebbe per un giusto; ma forse per una persona buona qualcuno avrebbe il coraggio di morire; Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi". (Romani 5:5-9)
"Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra... Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate». E colui che siede sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»." (Apocalisse 21:1-5)
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Tomhet ha scritto:Hai centrato il punto.Masada78 ha scritto:Tu parti con precisi assiomi fissati in queste dicotomie:
naturale/soprannaturale
razionale/irrazionale
materiale/immateriale
reale/Reale
...
che non sono considerati veri, neppure sensati, da molti del forum.
La prima parte è vera.
Io accetto quelle dicotomie e penso che sono separate una dall'altra (sul razionale/irrazionale, essendo una valutazione soggettiva, può esserci una certa "sovrapposizione"... le atre sono distinte).
La seconda parte, quella che dici che molti nel forum non la pensano cosi mi sorprende. Gli sento dire tutto il tempo che Dio non esiste, che l'altro mondo è illusorio, che solo la materia esiste, che i miracoli non esistono e non sono mai esistiti etc etc etc
No, non mi pare proprio di essere l'unico a credere in questa dicotomia
Quello che differenzia me da molti degli utenti del forum non è che io credo nella dicotomia, ma loro no.
No, entrambe le parte crediamo nella dicotomia. Quella è una cosa che abbiamo in comune. La differenza è in quale delle due braccia della dicotomia crediamo. Io credo ad un braccio, loro ad un altro. Per esempio io credo che ci sia il sovrannaturale, loro credono che non ci sia il sovrannaturale ma solo il naturale. Ma entrambi crediamo alla presenza della dicotomia e lo riconosciamo.
Come dicevo, il tuo discorso mi sembra più adatto ad attacare la ragione e la razionalità. Quindi ti risponderò in un thread a posta.
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"Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra... Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate». E colui che siede sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»." (Apocalisse 21:1-5)
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Come anticipato riprendo la singolar tenzone.
Come altrettanto non è minimamente pertinente l'argomento che la fisica classica sia stata modificata dalla teoria della relatività. Non sto parlando né della fisica classica, né della teoria della relatività. E la teoria standard della meccanica quantistica è abbastanza ben consolidata da poterla tenere per acquisita, almeno nei suoi risultati più confermati. Ma se anche non fosse così, ciò che interessa a me è solo una cosa: il problema della misura, che qualunque interpretazione della fisica quantistica si trova e si troverà sempre a dover affrontare, perché quello è un dato sperimentale. La mia tesi parte da questo problema, lo supera e lo pone a fondamento della prova per l'esistenza di Dio, attraverso una linea logica semplicemente incontrovertibile.
Verso la fine degli anni '90 un fisico irlandese, John Stewart Bell, pubblicò sulla rivista «Physics World» un articolo dal titolo «Against '"measurement"». Il saggio è dedicato ad un tema, quello appunto della misura, considerato centrale nella ricerca sui fondamenti della meccanica quantistica.
Si tratta di un problema che è fisico, perché assegna all'atto dell'osservare una funzione essenziale nella dinamica quantistica, ma che è anche filosofico, perché modifica lo statuto ontologico della misura, elevandola da atto di verifica ad atto di generazione della realtà fisica. Bell è l'autore di una famosa relazione, nota come "diseguaglianza di Bell" (http://it.wikipedia.org/wiki/Teorema_di_Bell). È sorprendente constatare come un principio esprimibile in modo così semplice abbia conseguenze di tale profondità e generalità.
Facciamo un passo indietro. La storia ci racconta come Einstein sia stato un fiero oppositore della nascente meccanica quantistica, negli anni '30 del secolo scorso. Sebbene ne riconoscesse l'eccezionale capacità di previsione, Einstein metteva in dubbio la completezza della teoria quantistica. La più forte obiezione di Einstein - notoriamente ateo - era quella del "realismo", ossia dell'esistenza di una realtà oggettiva, osservabile e indipendente dall'osservatore – messo in discussione proprio dal "problema della misura".
Nel corso di vari anni quei dubbi filosofici sono stati espressi da Einstein in termini fisici così stringenti e rigorosi da alimentare uno dei dibattiti più belli nella storia della scienza e da aiutare il suo principale interlocutore, Niels Bohr, a ridefinire con maggior precisione la sua interpretazione del formalismo quantistico, nota come "interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica", che da allora viene considerata l'ortodossia in materia di quanti, dando fondamento alla teoria standard.
Ricordo brevemente che le difficoltà della meccanica quantistica sono di due ordini: quelle di "prima classe" e quelle di "seconda classe". Paul Dirac si interessò e cercò di superare le difficoltà di "seconda classe". In buona sostanza, queste difficoltà riguardano soprattutto gli "infiniti" nelle soluzioni, che compaiono quando si cerca di coniugare la meccanica quantistica all'altra grande teoria della fisica, la teoria della relatività generale di Einstein, e di elaborare una teoria quantistica relativistica dei campi. Dirac fu profondamente disturbato da quegli infiniti, e non pensava che le procedure di "rinormalizzazione", pur efficaci, fossero la soluzione ultima del problema.
Le difficoltà di prima classe, invece, sono quelle che interessano a noi. Si tratta infatti proprio del ruolo dell'osservatore e del concetto di misura, ovvero dei problemi che Einstein definiva di «oggettività» e di «realismo» della teoria quantistica. Come Einstein, anche Dirac pensava che fossero queste le difficoltà di gran lunga più rilevanti, e che per superarle la teoria avrebbe dovuto trasformarsi profondamente. Ma Dirac con atteggiamento pragmatico ritenne che i tempi non fossero maturi per poter neppure affrontare problemi così formidabili, e non vi si applicò.
Ma in cosa consiste questo famoso problema, si può spiegare in parole semplici? Il fisico Abraham Pais racconta un aneddoto su Einstein, molto efficace per rendere l'idea: «Deve essere stato attorno al 1950. Camminavamo, io e Einstein, lungo la strada che dall'Institute for Advanced Study conduceva alla sua abitazione, quando ad un tratto egli si fermò. "Veramente è convinto – mi chiese – che la Luna esista solo se qualcuno la guarda?"».
Ecco, il "problema della misura" in meccanica quantistica, può essere ridotto alla questione: "dov'è la Luna quando nessuno la osserva?". La domanda può sembrare bizzarra. Nessuno dubita che la "nostra" Luna, quella grossa e macroscopica che illumina la notte, sia lì, nel cielo, anche se né Einstein, né alcun fisico, né noi, né alcun altro la guarda. La Luna è lì, in una precisa posizione dello spazio, e si muove con una determinata velocità orbitando intorno alla Terra, anche se nessuno effettua una qualsivoglia misura. La "realtà" della Luna, sembra persino pleonastico affermarlo, è indipendente dalla misura.
Ma non è così nel mondo dei quanti: la "Luna quantica" non è lì – in un punto preciso dello spazio e con una velocità definita – se qualcuno non la guarda, se non c'è un osservatore che misura, ad esempio, la sua posizione e/o la velocità con cui si sposta. La realtà oggettiva della "Luna quantica", sembra strano affermarlo, dipende da una misura.
Questo è quello che ci dice la meccanica quantistica. L'interpretazione di Copenaghen della teoria, dunque, eleva lo statuto ontologico del concetto di misura dalla condizione di "inessenziale" rispetto alla realtà macroscopica (la Luna è lì se nessuno ne misura la posizione) alla condizione di "co-essenziale" della realtà microscopica (la Luna quantica è lì solo se qualcuno ne misura la posizione). Nel mondo dei quanti la misura è un'operazione, per così dire, reificatrice. È la misura che, addirittura, genera la realtà.
Per un realista convinto come Einstein – lui pensava che nel mondo dei quanti "deve" esistere una realtà oggettiva indipendente dall'osservatore e dalle sue misure – l'idea che "la Luna non sia lì" quando nessuno la guarda (effettuando una misura) è stata fonte di irrimediabile disagio. Einstein considerava la nuova ontologia della misura un'idea semplicemente inaccettabile. E spese molti anni della sua vita, spesso in un clamoroso isolamento, per cercare di completare la meccanica dei quanti. In realtà, anche Paul Dirac e John Stewart Bell, sia pure manifestando un minore fastidio filosofico, ritennero quella dello statuto ontologico della misura il più grande problema aperto della meccanica quantistica e, quindi, della fisica.
Ma dove e quando nasce questo spinoso problema? Il problema della misura nasce tra la Germania e la Danimarca, tra Göttingen e Copenaghen, nel marzo 1927, quando il giovane Werner Heisenberg, a 26 anni appena, propone le sue famose "relazioni di indeterminazione", dimostrando che non è possibile conoscere con precisione assoluta contemporaneamente la posizione e la quantità di moto di un elettrone o di qualsiasi altra particella quantistica.
In realtà, il risultato non inaugura solo il problema della misura in meccanica quantistica. Ma sancisce in modo definitivo, almeno a detta di "quelli di Copenaghen" (ovvero coloro che collaborano con Niels Bohr, fondatore dell'Istituto di fisica teorica nella capitale danese), la fine del determinismo in fisica. Come dirà lo stesso Heisenberg: «Mediante la meccanica quantistica viene stabilita definitivamente la non validità della legge di causalità». Il perché è presto detto. «Nella formulazione netta della legge di causalità: "Se conosciamo esattamente il presente, possiamo calcolare il futuro" è falsa non la conclusione, ma la premessa. Noi non possiamo in linea di principio conoscere il presente in ogni elemento determinante». Le "relazioni di indeterminazione" di Heisenberg fanno compiere un passo decisivo verso la formulazione definitiva del formalismo quantistico, ovvero verso la definizione di quella che oggi si chiama teoria della meccanica quantistica. Cosicché quasi tutti i fisici - commenta Abraham Pais - sono felici di pagare l'oneroso prezzo della rinuncia alla causalità rigorosa pur di ottenere la formidabile capacità di comprendere la fisica dell'atomo.
A rigore, tuttavia, occorre dire che il problema del realismo o della misura ha sì origine nella formulazione delle "relazioni di indeterminazione" di Heisenberg, ma diventa chiaro e pregnante solo dopo l'interpretazione che il tedesco Max Born ha dato dell'equazione fondamentale della meccanica quantistica: la cosiddetta "equazione d'onda" con cui a partire dal 1926 uno dei padri del formalismo, l'austriaco Erwin Schrödinger, ha formalmente descritto il moto di una particella quantistica attraverso, appunto, una funzione d'onda. Solo che l'austriaco, esponente dell'ala realista della fisica quantistica, era convinto che la sua "equazione d'onda", proprio come avviene in meccanica classica, descrivesse il moto reale di una particella quantistica. Toccò a Born dimostrare che non era così. A differenza delle equazioni tipiche della meccanica classica, l'equazione di Schrödinger non descrive affatto il moto reale delle particelle quantiche, ma definisce solo la densità di probabilità di trovarle in un certo stato, ad esempio in un certo luogo o dotate di una certa velocità, nel momento in cui i fisici effettuano una misura, ovvero quando le particelle vengono osservate. Tornando al nostro esempio, la "Luna di Einstein": le equazioni della meccanica classica consentono di prevedere con assoluta certezza sia dove sarà il satellite naturale della Terra tra cinque secoli o tra cinque minuti, sia di seguirne la traiettoria, ammesso che se ne conoscano con sufficiente precisione la posizione e la velocità. Le equazioni della meccanica quantistica, invece, non consentono di dire con altrettanta certezza dove sarà, trascorsi cinque minuti o cinque microsecondi, l'elettrone che in questo momento viene emesso da una placca di metallo surriscaldato. Tutto quello che riescono a dirmi le equazioni è quanta probabilità c'è che, effettuando una misura, lo ritrovi sulla Luna piuttosto che nel rivelatore o persino nella mia tasca. Solo quando andrò a cercarlo, l'elettrone apparirà: sulla Luna, nel rivelatore o nella mia tasca. Ma se ora, in questo preciso istante, può trovarsi (sia pure con diversa probabilità) in tanti posti così diversi e distanti l'uno dall'altro, un attimo prima della mia misura, l'elettrone, dove stava? Quale traiettoria ha seguito per spostarsi dalla Luna alla mia tasca?
La teoria dice che queste domande non hanno risposta. Non ha senso chiedersi dov'è l'elettrone prima (e dopo) una misura. Non ha senso chiedersi quale traiettoria abbia seguito, perché quella traiettoria semplicemente non c'è. Il formalismo della meccanica quantistica suggerisce che l'elettrone, prima della misura, si trovava in una superposizione (o sovrapposizione) di tutti gli stati possibili. Cioè, in qualche modo, si trovava contemporaneamente sulla Luna e anche nella mia tasca. Solo la misura rende attuale la sua posizione. Anzi, rende attuale una delle infinite posizioni possibili. Sebbene Max Born vivesse e lavorasse a Göttingen, in Germania, la sua passò come l'interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica. La ragione è che l'interpretazione di Born fu fatta propria dal gruppo, maggioritario, di fisici teorici che aderivano alla visione di Niels Bohr e della sua "scuola di Copenaghen".
La visione di Copenaghen del mondo quantistico si fonda su tre punti.
In primo luogo, essa comporta la revisione del concetto di "realtà oggettiva". La fisica classica ha sempre riconosciuto una realtà oggettiva a ciascuna tra le infinite particelle dell'universo. Nella descrizione matematica della meccanica classica, ogni particella è infatti caratterizzata ad ogni istante da valori netti e distinti degli osservabili, cioè di ciascun parametro fisico. Invece, la fisica quantistica riconosce la realtà oggettiva solo di alcune proprietà statiche delle particelle (massa, carica elettrica), ma nega una realtà oggettiva, cioè caratterizzata in ogni istante da valori netti e distinti, alle proprietà dinamiche (posizione, velocità, energia).
In secondo luogo, tale concezione implica la rinuncia alla descrizione dei parametri fisici nello spazio e nel tempo. Ovvero, rinuncia alla "località" e propone la "non separabilità" delle componenti di un sistema quantistico. Questo esempio chiarirà il concetto. Consideriamo due particelle quantistiche che, in un dato istante, interagiscono tra di loro. Ammettiamo che per il principio di esclusione di Pauli se una particella ha spin destrorso l'altra è obbligata ad averlo sinistrorso. Bene, questo sistema quantistico è descritto da un'unica funzione d'onda, ovvero da un'unica funzione di probabilità. Ora facciamo allontanare le due particelle. Una la teniamo qui sulla Terra, l'altra la mandiamo su un'altra galassia, a milioni di anni luce di distanza. Poi cerchiamo di verificare in quale dei due versi possibili sta ruotando quella sulla Terra. All'atto della misura la funzione d'onda, dicono i fisici quantistici, collassa. Una sola delle diverse potenzialità diventa attuale. Ogni particella, che prima si trovava in una condizione di sovrapposizione di tutti gli stati possibili (ovvero ruotava contemporaneamente in ambedue i sensi), ora ruota in un verso solo, reciprocamente e rigidamente complementare al verso in cui ruota l'altra. Se la nostra particella qui sulla Terra ha spin destrorso, nel medesimo istante sarà possibile verificare che l'altra particella, a milioni di anni luce di distanza, rispetta il "principio di esclusione" e ha spin sinistrorso. Questo accade perché un unico sistema quantistico non è separabile, ossia non riconosce la "località". Si comporta, cioè, come se lo spazio non esistesse. È perfettamente ammissibile immaginare l'intero universo come un unico sistema quantistico la cui funzione d'onda, a rigore, non è separabile. Ne discende che lo spazio e il tempo con cui quotidianamente abbiamo a che fare non sono altro che illusioni. Tutto è implicato con tutto, in un ordine olistico generale.
Il terzo punto fondamentale della "interpretazione di Copenaghen" della meccanica quantistica riguarda appunto la misura e il problema micro-macro. Abbiamo detto nell'esempio di sopra, che, un istante prima di effettuare la misura della posizione di un elettrone, la particella si trova in una sovrapposizione di stati e cioè, contemporaneamente, sulla Luna e nella tasca della mia giacca. Invece non c'è dubbio che la Luna, quella macroscopica, sia lì in un'orbita a 400.000 chilometri di distanza dalla Terra. La fisica dei quanti ci dice, dunque, che la realtà macroscopica è definita e indipendente dall'atto della misura, mentre quella microscopica è indefinita e dipende all'atto della misura. Dal tentativo di smontare questa dicotomia, scaturisce il famoso paradosso del "gatto di Schrödinger": un esperimento ideale (nel senso di immaginario). Nonostante l'esperimento non sia mai stato realmente effettuato, l'idea di uccidere (al 50%) un'innocente bestiola potrebbe far inorridire gli amici animalisti, per cui preferisco proporne qui una variante assai meno cruenta.
In questo esperimento immaginiamo di avere una stanza chiusa munita di uno spioncino (vedi figura). Nella stanza si trovano alcune apparecchiature: una "sorgente" quantistica (potrebbe essere un radioisotopo), una "sorgente" di potenza (per es. una batteria), e una "sorgente" di latte (un serbatoio). Abbiamo inoltre una ciotola e un gatto affamato. La sorgente quantistica è collegata alla sorgente di potenza in modo tale che, se si verifica l'evento quantistico, l'energia della batteria viene inviata all'elettrovalvola, aprendo così lo scarico del serbatoio contenente il latte. Il latte perciò si sversa nella ciotola, e il gatto può berlo e saziarsi. Ora, finché nessuno guarda nella stanza, secondo la meccanica quantistica, il gatto si troverà in una sovrapposizione di stati: "gatto affamato" + "gatto sazio". Se l'evento quantistico ha una probabilità di verificarsi del 50% nell'intervallo di un'ora, trascorsa un'ora dal momento in cui il gatto è stato messo nella stanza e il congegno attivato, il gatto avrà pari probabilità di trovarsi in una o nell'altra condizione. Possiamo dire che il gatto dopo un'ora ha mangiato metà razione di latte? No, ovviamente non è la stessa cosa. O ha mangiato, o non ha mangiato. Ma è solo quando la padrona del gatto guarda dallo spioncino e osserva il gatto, che può constatare se è tranquillo e ronfante perché ha mangiato oppure è nervoso e agitato perché ha fame. Fino a quel momento il gatto si trova in una sovrapposizione di stati, come detto, cioè non è né sazio né affamato. Solo l'occhio della padrona provoca il collasso della funzione d'onda e attualizza lo stato del gatto. Ora, l'obiezione più forte che si può opporre a questa interpretazione è che il gatto sa benissimo di essere affamato o di essere sazio. Nella versione originaria dell'esperimento proposta da Erwin Schrödinger, il gatto poteva essere vivo o morto. Da morto, il gatto non può più sapere in quale stato si trova, quindi questa era una pecca del Gedankenexperiment nella sua formulazione originaria: il fatto di poter essere morto esclude il povero gatto dal possibile ruolo di osservatore. Ma in questa nuova versione, il gatto è vivo anche dopo l'evento quantistico, perciò perché non possiamo assegnare a lui il ruolo di osservatore, e quindi la capacità di far collassare la propria funzione d'onda?
Questo lo spiega Eugene Paul Wigner. Il fisico ungherese si dice convinto che solo l'operazione di misura sia in grado di far collassare la funzione d'onda e di far "vivere o morire" il gatto di Schrödinger (lui pensava ancora all'esperimento nella versione "barbara"). Ma è anche persuaso che quell'operazione di misura non sia affatto un'impresa banale, alla portata di tutti. La misura non può essere effettuata da qualsivoglia osservatore, ma solo da uno "speciale", ossia un osservatore dotato di coscienza. Wigner sostiene in buona sostanza che la realtà cosmica esiste nella sua forma attuale non in assoluto, ma perché c'è un essere dotato di coscienza, l'uomo, ad osservarla. È l'uomo, con le sue misure coscienti, che crea la realtà, secondo Wigner.
Anche John von Neumann, nel suo libro sui Fondamenti matematici della meccanica quantistica (1932), non ha difficoltà a indicare nell'operazione di misura l'atto centrale della vicenda quantistica. Per l'intera scuola di Copenaghen non è affatto assurdo che sia l'osservatore a detenere le chiavi della "realtà", persino della vita e della morte, del mondo dei quanti.
Reagendo a questa posizione che conduce a risultati controintuitivi e paradossali, David Bohm nel 1952 mise a punto un formalismo più deterministico – oggi noto come "interpretazione di Bohm" della meccanica quantistica ovvero "teoria delle variabili nascoste" – sulla base della cosiddetta "onda pilota" di Louis De Broglie. Nel nuovo formalismo di Bohm la questione della misura non è più così centrale. Nella "teoria delle variabili nascoste" la realtà quantistica è indipendente dalla misura. Ma questa interpretazione è stata in seguito dimostrata fallace. Non mi attardo a discutere i dettagli per non appesantire troppo questo intervento, rimandandola ad un eventuale ulteriore approfondimento.
È ora piuttosto, di chiudere il cerchio tornando a Bell e alla sua "diseguaglianza". La teoria della "scuola di Copenaghen", come abbiamo visto, attualmente è quella più accreditata. Essa ha un enorme successo pratico: si è rivelata la teoria più precisa della fisica. Ma rimane uno scoglio: l'aporia micro-macro. Gli oggetti del mondo quantistico, sia nella teoria di Copenaghen sia in quella di Bohm, hanno un comportamento diverso dagli oggetti del mondo macroscopico. E poiché non c'è una soglia, né fisica né logica, che separi il micro dal macro, c'è bisogno di spiegare questa aporia. Qui entra in gioco John Stewart Bell, a metà degli anni '60, con un teorema di impossibilità destinato a diventare famoso come la "diseguaglianza di Bell", e ritenuto come uno dei più grandi contributi di ogni tempo alla teoria quantistica. Bell rimase colpito, in senso favorevole, dalla teoria di Bohm. La teoria «rende conto completamente di tutti i fenomeni quantistici» ed è deterministica e «realista», nel senso che elimina del tutto il ruolo e la necessità dell'osservatore nel mondo dei quanti. «Allora – si chiede – cos'è che non va in essa?». Cosa non funzioni nella "teoria delle variabili nascoste", Bell lo scopre nel 1963: è una teoria non-locale. O, detta in altri termini, annulla lo spazio, perché eventi che si verificano in un certo punto dello spazio, ad esempio qui sulla Terra, possono avere conseguenze immediate nella più remota delle galassie. Insomma, reintroduce nella fisica quell'azione istantanea a distanza che la relatività di Einstein aveva escluso.
In definitiva, Bell ritrova nella "teoria delle variabili nascoste" di Bohm il medesimo carattere di non-località che nel 1935 Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen avevano ravvisato nella teoria probabilistica di Born e Bohr (Si ricordi il "paradosso EPR"). A questo punto si chiede se la natura «non stia cercando di dire qualcosa», e se quello della località non sia il problema centrale della fisica quantistica. Così nel 1964 elabora (e nel 1971 aggiorna) il suo teorema. Egli dimostra che non è possibile, in linea di principio, spiegare i fenomeni quantistici in ambito locale. Detto in altro modo, che non è possibile elaborare una "teoria locale delle variabili nascoste". L'unico tipo di "realismo" compatibile col mondo dei quanti è quello che accetta la non-località e, quindi, l'azione a distanza. Qualcuno ha affermato che, col suo teorema, Bell ha definitivamente dimostrato che Einstein aveva torto. In realtà, Bell ha dimostrato solo che Einstein non poteva avere completamente ragione. Il teorema di Bell, infatti, non esclude affatto una descrizione deterministica e realistica del mondo dei quanti. Richiede "solo" che questa descrizione sia "non-locale": non esiste un oggetto quantistico isolato con proprietà definite. Esistono soltanto sistemi quantistici dove i singoli oggetti hanno perduto completamente la loro individualità. Solo il sistema possiede una proprietà. Ma anche accettare "solo" gli entanglements, la correlazione, tra gli oggetti quantistici e l'ordine olistico non è facile, per un realista affezionato all'idea di separabilità. Il fatto è, che il modo normale con cui accadono le cose nel nostro mondo (macroscopico) è conforme all'azione locale ed è del tutto contrario ai risultati di Bell. Il teorema di Bell ha avuto una clamorosa conferma di natura sperimentale (in assenza della quale probabilmente avrebbe finito per essere dimenticato) nel 1982, a opera del francese Alain Aspect. Il quale, misurando la polarizzazione dei fotoni in un sistema quantistico, ha rilevato la violazione delle diseguaglianze di Bell in pieno accordo con le previsioni della meccanica quantistica e ha mostrato la non separabilità, la correlazione o, se si vuole, un'azione a distanza tra i fotoni del sistema. Negli ultimi anni le osservazioni di Aspect sono state più volte ripetute e sempre confermate.
Dopo John Stewart Bell (e Alain Aspect) diventa finalmente chiaro che la fisica quantistica pretende una modifica sostanziale della nostra visione del mondo: la non separabilità dei sistemi quantistici, la correlazione olistica, l'azione a distanza. Secondo Karl Popper, ciò mette in contraddizione la fisica quantistica con la relatività ristretta: l'azione a distanza viola il principio secondo cui nulla nel nostro mondo può superare la velocità della luce. Ma in realtà, è possibile dimostrare che, anche in un sistema quantistico correlato, nessuno può trasmettere informazioni con una velocità superiore a quella della luce. Di ciò ha dato un'ottima spiegazione divulgativa Gian Carlo Ghirardi, spiegazione alla quale mi rifarò se questo punto necessitasse più avanti di ulteriori approfondimenti.
Per giustificare questo assunto, è necessario postulare l'esistenza di una volontà cosciente esterna al mondo materiale, quella "consapevolezza" di cui parlavo sopra. Tale consapevolezza è unitaria, e corrisponde a Dio. Un atto della sua volontà ha tratto dal marasma infinito delle funzioni d'onda di un universo potenziale dotato di infinite varianti informi e disordinate, una precisa configurazione, cristallizzando tutti i parametri fisici adatti per la vita sul nostro pianeta. In questo modo, in un unico istante che possiamo tranquillamente collocare nella storia non anteriormente a circa 6000 anni fa, l'universo è entrato nella realtà materiale simultaneamente in ogni punto della sua estensione. Le stelle con la loro età, la radiazione luminosa già in corsa attraverso lo spazio, la Terra con tutta la sua struttura geologica, le specie animali e vegetali con la loro storia apparente di sviluppo e selezione, e anche la specie umana, già popolosa di numerosi individui, dotati della necessaria dote di consapevolezza per sostenere e ancorare l'universo alla sua realtà concreta. La consapevolezza degli esseri umani è la loro anima, e questa è ovviamente immortale e destinata a rientrare nella dimensione atemporale da cui proviene, una volta che il supporto fisico viene meno.
Sicuramente ci sono parti della mia esposizione che possono beneficiare di chiarimenti ed approfondimenti. Sono disponibile molto volentieri a darli, sono qui per questo. Quanto all'idea che volevi esporre tu, io ho avuto proprio l'impressione che si trattasse di aprire un dibattito "rovesciando" le parti, ossia io (l'ateo) a sostenere una dottrina teista, e tu (il credente) a smontarla. L'idea mi è sembrata interessante e l'ho accolta e seguita. Ovviamente in tutto questo è fittizia non solo la parte che faccio io come teista, non solo la parte che fai (o meglio si suppone che dovresti fare) tu come ateo, ma anche la presunzione che la posizione teista e quella atea siano in qualche modo simmetriche ed equivalenti. Infatti si tratta di una pretesa del tutto infondata dal momento che non c'è alcuna simmetria tra le due posizioni: è il teista che propone affermazioni di esistenza, ed è a lui che incombe l'onere di darne dimostrazione. Questa dissimmetria, giocando a ruoli invertiti, dovrebbe andare a tuo vantaggio, se la sai sfruttare!JACK_JOHN ha scritto:Minsky ha scritto:
PROVA DEFINITIVA DELL'ESISTENZA DI DIO
Confermo quello che ho detto prima. La tua argomentazione è molto “complessa” e non sono riuscito pienamente a capirlo, anzi dovrei dire che non l'ho capito per niente, nonostante lo abbia letto più volte con attenzione. In linee generali, credo che neanche tu hai esattamente chiara l'idea che volevo esporre. In ogni caso seguono le mie critiche, seppur ovviamente sono vaghe e confuse esse stesse, perché se non ho capito quello che si cercava di dire, ovviamente farò anche fatica a risponderle.
Ebbene, no. Questa tua considerazione è proprio inconsistente. Certo che la fisica quantistica studia la materia, altrimenti non si chiamerebbe "fisica" ma bensì "metafisica". Però la mia dimostrazione parte dalla fisica quantistica, e arriva alla frontiera della fisica quantistica sino al limite costituito dal cosiddetto "problema dell'osservatore", o più propriamente "problema della misura". La dimostrazione da me fornita (ribadisco ancora una volta: "da me" va inteso solo nel contesto del thread, si tratta di tesi avanzate da pensatori, filosofi e addirittura scienziati di fama) si fonda proprio sulla soluzione di questo problema. Ne parlerò diffusamente più avanti.JACK_JOHN ha scritto:Una considerazione preliminare: la fisica quantistica per definizione studia la materia, quindi non può possibilmente avere qualcosa da dire su qualcosa di immateriale. Già questo secondo me è sufficiente per negare quello che hai da dire nel seguente.Minsky ha scritto: Questa prova si basa sulle conoscenze scientifiche più recenti. Essa pertanto dimostra che l'esistenza di Dio è conseguenza necessaria dell'indagine scientifica più avanzata.
Il concetto fondamentale è che la consapevolezza, non la materia, è il fondamento di tutto ciò che esiste.
Ciò è dimostrato dalla fisica quantistica.
Osservo con divertito stupore che, dal momento che qui io sono il teista e tu l'ateo, suona un tantino stonato che tu citi l'opinione di un teista a supporto della tua critica atea; comunque l'argomento di Craig non ha proprio alcuna attinenza, oltre ad essere sbagliato in quanto la superluminalità dei neutrini è stata smentita perché dovuta ad un errore sperimentale (e ne abbiamo ampiamente discusso qui sul forum, ti sarebbe bastato stare attento anche agli altri argomenti invece di fossilizzarti sulle questioni del confronto fede/ateismo).JACK_JOHN ha scritto:Non necessariamente. Significa solo che l'interpretazione classica della meccanica quantistica forse non è adeguata. Per esempio può essere che l'interpretazione di Lorentz, che prevede una simultaneità assoluta, sia quello giusta (vedi http://www.reasonablefaith.org/the-triumph-of-lorentz).Minsky ha scritto: Grazie alla fisica quantistica, sappiamo che la realtà non è come appare ai nostri sensi. In particolare, le particelle elementari non obbediscono alle leggi della fisica classica. Le violazioni di queste leggi sono evidenziate in celebri esperimenti, come l'esperimento delle due fenditure, specie nella versione detta a "scelta ritardata".
La non-località delle interazioni tra le particelle, per esempio i fotoni, è stata dimostrata dall'esperimento di Alain Aspect.
Che cosa provano questi fatti? L'unica spiegazione ragionevole, è che la concezione del mondo basata sulla materia sia errata. Secondo questa concezione, ogni cosa sarebbe composta di materia, quindi tutto può essere ridotto alle particelle elementari della materia, ai suoi componenti essenziali o mattoni fondamentali. La causa sorgerebbe dalle interazioni di questi mattoni fondamentali o particelle elementari: le particelle elementari compongono gli atomi, gli atomi le molecole, le molecole le cellule e le cellule il cervello.
Questa viene chiamata "causalità ascendente". In questa concezione, quello che gli esseri umani considerano il loro libero arbitrio, in realtà non esiste. È solo un epifenomeno, secondario al potere causale della materia. E qualsiasi potere causale che apparentemente i viventi sono in grado di esercitare sulla materia, è solo un'illusione.
In ogni caso comunque, nello stesso modo in cui la fisica classica è stata modificata all'inizio del ventesimo secolo dalla teoria della relatività, anche la concezione classica della meccanica quantistica forse dovrà essere revisionato nel futuro.
Ci sono almeno una decina di interpretazioni delle meccanica quantistica, alcune perfettamente deterministiche, altre non deterministiche, che sono per il momento equivalenti dal punto di vista matematico e delle attuali prove empiriche. Quindi non puoi prendere solo una di esse e poi costruire su di essa tutta un ontologia.
E non mi pare che ci sia bisogno di andare cosi lontano e dire che la materia non esiste o qualcosa del genere. La meccanica quantistica è relativamente giovane, e ancora non molto chiara e quindi difficilmente affidabile per fare affermazioni cosi importanti sulla realtà.
Come altrettanto non è minimamente pertinente l'argomento che la fisica classica sia stata modificata dalla teoria della relatività. Non sto parlando né della fisica classica, né della teoria della relatività. E la teoria standard della meccanica quantistica è abbastanza ben consolidata da poterla tenere per acquisita, almeno nei suoi risultati più confermati. Ma se anche non fosse così, ciò che interessa a me è solo una cosa: il problema della misura, che qualunque interpretazione della fisica quantistica si trova e si troverà sempre a dover affrontare, perché quello è un dato sperimentale. La mia tesi parte da questo problema, lo supera e lo pone a fondamento della prova per l'esistenza di Dio, attraverso una linea logica semplicemente incontrovertibile.
È una critica fondamentale. Approfondiamo perciò questo punto. Si tratta, come ho detto, del "problema della misura". Ma cosa significa esattamente questa locuzione?JACK_JOHN ha scritto:Non penso che il “salto” che hai fatto tra l'incertezza sulla meccanica quantistica e la “consapevolezza” sia adeguato o necessario, o richiesto dalla meccanica quantistica stessa.Minsky ha scritto: Ebbene, questo punto di vista va semplicemente invertito: tutto comincia dalla consapevolezza. Cioè, la consapevolezza è il fondamento di ogni essere. In tale concezione, la consapevolezza impone la "causalità discendente". In altre parole, il nostro libero arbitrio è reale. Quando agiamo nel mondo, stiamo davvero agendo con potere causale. Questa concezione non nega che anche la materia abbia potere causale – ovvero che esista un potere causale dalle particelle elementari diretto verso l'alto, cioè una causalità ascendente – ma aggiunge che esiste una causalità discendente. Essa si rivela nella nostra creatività, nelle scelte del nostro libero arbitrio o quando prendiamo decisioni morali. In tali occasioni, siamo di fatto testimoni della causalità discendente operata dalla consapevolezza.
Verso la fine degli anni '90 un fisico irlandese, John Stewart Bell, pubblicò sulla rivista «Physics World» un articolo dal titolo «Against '"measurement"». Il saggio è dedicato ad un tema, quello appunto della misura, considerato centrale nella ricerca sui fondamenti della meccanica quantistica.
Si tratta di un problema che è fisico, perché assegna all'atto dell'osservare una funzione essenziale nella dinamica quantistica, ma che è anche filosofico, perché modifica lo statuto ontologico della misura, elevandola da atto di verifica ad atto di generazione della realtà fisica. Bell è l'autore di una famosa relazione, nota come "diseguaglianza di Bell" (http://it.wikipedia.org/wiki/Teorema_di_Bell). È sorprendente constatare come un principio esprimibile in modo così semplice abbia conseguenze di tale profondità e generalità.
Facciamo un passo indietro. La storia ci racconta come Einstein sia stato un fiero oppositore della nascente meccanica quantistica, negli anni '30 del secolo scorso. Sebbene ne riconoscesse l'eccezionale capacità di previsione, Einstein metteva in dubbio la completezza della teoria quantistica. La più forte obiezione di Einstein - notoriamente ateo - era quella del "realismo", ossia dell'esistenza di una realtà oggettiva, osservabile e indipendente dall'osservatore – messo in discussione proprio dal "problema della misura".
Nel corso di vari anni quei dubbi filosofici sono stati espressi da Einstein in termini fisici così stringenti e rigorosi da alimentare uno dei dibattiti più belli nella storia della scienza e da aiutare il suo principale interlocutore, Niels Bohr, a ridefinire con maggior precisione la sua interpretazione del formalismo quantistico, nota come "interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica", che da allora viene considerata l'ortodossia in materia di quanti, dando fondamento alla teoria standard.
Ricordo brevemente che le difficoltà della meccanica quantistica sono di due ordini: quelle di "prima classe" e quelle di "seconda classe". Paul Dirac si interessò e cercò di superare le difficoltà di "seconda classe". In buona sostanza, queste difficoltà riguardano soprattutto gli "infiniti" nelle soluzioni, che compaiono quando si cerca di coniugare la meccanica quantistica all'altra grande teoria della fisica, la teoria della relatività generale di Einstein, e di elaborare una teoria quantistica relativistica dei campi. Dirac fu profondamente disturbato da quegli infiniti, e non pensava che le procedure di "rinormalizzazione", pur efficaci, fossero la soluzione ultima del problema.
Le difficoltà di prima classe, invece, sono quelle che interessano a noi. Si tratta infatti proprio del ruolo dell'osservatore e del concetto di misura, ovvero dei problemi che Einstein definiva di «oggettività» e di «realismo» della teoria quantistica. Come Einstein, anche Dirac pensava che fossero queste le difficoltà di gran lunga più rilevanti, e che per superarle la teoria avrebbe dovuto trasformarsi profondamente. Ma Dirac con atteggiamento pragmatico ritenne che i tempi non fossero maturi per poter neppure affrontare problemi così formidabili, e non vi si applicò.
Ma in cosa consiste questo famoso problema, si può spiegare in parole semplici? Il fisico Abraham Pais racconta un aneddoto su Einstein, molto efficace per rendere l'idea: «Deve essere stato attorno al 1950. Camminavamo, io e Einstein, lungo la strada che dall'Institute for Advanced Study conduceva alla sua abitazione, quando ad un tratto egli si fermò. "Veramente è convinto – mi chiese – che la Luna esista solo se qualcuno la guarda?"».
Ecco, il "problema della misura" in meccanica quantistica, può essere ridotto alla questione: "dov'è la Luna quando nessuno la osserva?". La domanda può sembrare bizzarra. Nessuno dubita che la "nostra" Luna, quella grossa e macroscopica che illumina la notte, sia lì, nel cielo, anche se né Einstein, né alcun fisico, né noi, né alcun altro la guarda. La Luna è lì, in una precisa posizione dello spazio, e si muove con una determinata velocità orbitando intorno alla Terra, anche se nessuno effettua una qualsivoglia misura. La "realtà" della Luna, sembra persino pleonastico affermarlo, è indipendente dalla misura.
Ma non è così nel mondo dei quanti: la "Luna quantica" non è lì – in un punto preciso dello spazio e con una velocità definita – se qualcuno non la guarda, se non c'è un osservatore che misura, ad esempio, la sua posizione e/o la velocità con cui si sposta. La realtà oggettiva della "Luna quantica", sembra strano affermarlo, dipende da una misura.
Questo è quello che ci dice la meccanica quantistica. L'interpretazione di Copenaghen della teoria, dunque, eleva lo statuto ontologico del concetto di misura dalla condizione di "inessenziale" rispetto alla realtà macroscopica (la Luna è lì se nessuno ne misura la posizione) alla condizione di "co-essenziale" della realtà microscopica (la Luna quantica è lì solo se qualcuno ne misura la posizione). Nel mondo dei quanti la misura è un'operazione, per così dire, reificatrice. È la misura che, addirittura, genera la realtà.
Per un realista convinto come Einstein – lui pensava che nel mondo dei quanti "deve" esistere una realtà oggettiva indipendente dall'osservatore e dalle sue misure – l'idea che "la Luna non sia lì" quando nessuno la guarda (effettuando una misura) è stata fonte di irrimediabile disagio. Einstein considerava la nuova ontologia della misura un'idea semplicemente inaccettabile. E spese molti anni della sua vita, spesso in un clamoroso isolamento, per cercare di completare la meccanica dei quanti. In realtà, anche Paul Dirac e John Stewart Bell, sia pure manifestando un minore fastidio filosofico, ritennero quella dello statuto ontologico della misura il più grande problema aperto della meccanica quantistica e, quindi, della fisica.
Ma dove e quando nasce questo spinoso problema? Il problema della misura nasce tra la Germania e la Danimarca, tra Göttingen e Copenaghen, nel marzo 1927, quando il giovane Werner Heisenberg, a 26 anni appena, propone le sue famose "relazioni di indeterminazione", dimostrando che non è possibile conoscere con precisione assoluta contemporaneamente la posizione e la quantità di moto di un elettrone o di qualsiasi altra particella quantistica.
In realtà, il risultato non inaugura solo il problema della misura in meccanica quantistica. Ma sancisce in modo definitivo, almeno a detta di "quelli di Copenaghen" (ovvero coloro che collaborano con Niels Bohr, fondatore dell'Istituto di fisica teorica nella capitale danese), la fine del determinismo in fisica. Come dirà lo stesso Heisenberg: «Mediante la meccanica quantistica viene stabilita definitivamente la non validità della legge di causalità». Il perché è presto detto. «Nella formulazione netta della legge di causalità: "Se conosciamo esattamente il presente, possiamo calcolare il futuro" è falsa non la conclusione, ma la premessa. Noi non possiamo in linea di principio conoscere il presente in ogni elemento determinante». Le "relazioni di indeterminazione" di Heisenberg fanno compiere un passo decisivo verso la formulazione definitiva del formalismo quantistico, ovvero verso la definizione di quella che oggi si chiama teoria della meccanica quantistica. Cosicché quasi tutti i fisici - commenta Abraham Pais - sono felici di pagare l'oneroso prezzo della rinuncia alla causalità rigorosa pur di ottenere la formidabile capacità di comprendere la fisica dell'atomo.
A rigore, tuttavia, occorre dire che il problema del realismo o della misura ha sì origine nella formulazione delle "relazioni di indeterminazione" di Heisenberg, ma diventa chiaro e pregnante solo dopo l'interpretazione che il tedesco Max Born ha dato dell'equazione fondamentale della meccanica quantistica: la cosiddetta "equazione d'onda" con cui a partire dal 1926 uno dei padri del formalismo, l'austriaco Erwin Schrödinger, ha formalmente descritto il moto di una particella quantistica attraverso, appunto, una funzione d'onda. Solo che l'austriaco, esponente dell'ala realista della fisica quantistica, era convinto che la sua "equazione d'onda", proprio come avviene in meccanica classica, descrivesse il moto reale di una particella quantistica. Toccò a Born dimostrare che non era così. A differenza delle equazioni tipiche della meccanica classica, l'equazione di Schrödinger non descrive affatto il moto reale delle particelle quantiche, ma definisce solo la densità di probabilità di trovarle in un certo stato, ad esempio in un certo luogo o dotate di una certa velocità, nel momento in cui i fisici effettuano una misura, ovvero quando le particelle vengono osservate. Tornando al nostro esempio, la "Luna di Einstein": le equazioni della meccanica classica consentono di prevedere con assoluta certezza sia dove sarà il satellite naturale della Terra tra cinque secoli o tra cinque minuti, sia di seguirne la traiettoria, ammesso che se ne conoscano con sufficiente precisione la posizione e la velocità. Le equazioni della meccanica quantistica, invece, non consentono di dire con altrettanta certezza dove sarà, trascorsi cinque minuti o cinque microsecondi, l'elettrone che in questo momento viene emesso da una placca di metallo surriscaldato. Tutto quello che riescono a dirmi le equazioni è quanta probabilità c'è che, effettuando una misura, lo ritrovi sulla Luna piuttosto che nel rivelatore o persino nella mia tasca. Solo quando andrò a cercarlo, l'elettrone apparirà: sulla Luna, nel rivelatore o nella mia tasca. Ma se ora, in questo preciso istante, può trovarsi (sia pure con diversa probabilità) in tanti posti così diversi e distanti l'uno dall'altro, un attimo prima della mia misura, l'elettrone, dove stava? Quale traiettoria ha seguito per spostarsi dalla Luna alla mia tasca?
La teoria dice che queste domande non hanno risposta. Non ha senso chiedersi dov'è l'elettrone prima (e dopo) una misura. Non ha senso chiedersi quale traiettoria abbia seguito, perché quella traiettoria semplicemente non c'è. Il formalismo della meccanica quantistica suggerisce che l'elettrone, prima della misura, si trovava in una superposizione (o sovrapposizione) di tutti gli stati possibili. Cioè, in qualche modo, si trovava contemporaneamente sulla Luna e anche nella mia tasca. Solo la misura rende attuale la sua posizione. Anzi, rende attuale una delle infinite posizioni possibili. Sebbene Max Born vivesse e lavorasse a Göttingen, in Germania, la sua passò come l'interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica. La ragione è che l'interpretazione di Born fu fatta propria dal gruppo, maggioritario, di fisici teorici che aderivano alla visione di Niels Bohr e della sua "scuola di Copenaghen".
La visione di Copenaghen del mondo quantistico si fonda su tre punti.
In primo luogo, essa comporta la revisione del concetto di "realtà oggettiva". La fisica classica ha sempre riconosciuto una realtà oggettiva a ciascuna tra le infinite particelle dell'universo. Nella descrizione matematica della meccanica classica, ogni particella è infatti caratterizzata ad ogni istante da valori netti e distinti degli osservabili, cioè di ciascun parametro fisico. Invece, la fisica quantistica riconosce la realtà oggettiva solo di alcune proprietà statiche delle particelle (massa, carica elettrica), ma nega una realtà oggettiva, cioè caratterizzata in ogni istante da valori netti e distinti, alle proprietà dinamiche (posizione, velocità, energia).
In secondo luogo, tale concezione implica la rinuncia alla descrizione dei parametri fisici nello spazio e nel tempo. Ovvero, rinuncia alla "località" e propone la "non separabilità" delle componenti di un sistema quantistico. Questo esempio chiarirà il concetto. Consideriamo due particelle quantistiche che, in un dato istante, interagiscono tra di loro. Ammettiamo che per il principio di esclusione di Pauli se una particella ha spin destrorso l'altra è obbligata ad averlo sinistrorso. Bene, questo sistema quantistico è descritto da un'unica funzione d'onda, ovvero da un'unica funzione di probabilità. Ora facciamo allontanare le due particelle. Una la teniamo qui sulla Terra, l'altra la mandiamo su un'altra galassia, a milioni di anni luce di distanza. Poi cerchiamo di verificare in quale dei due versi possibili sta ruotando quella sulla Terra. All'atto della misura la funzione d'onda, dicono i fisici quantistici, collassa. Una sola delle diverse potenzialità diventa attuale. Ogni particella, che prima si trovava in una condizione di sovrapposizione di tutti gli stati possibili (ovvero ruotava contemporaneamente in ambedue i sensi), ora ruota in un verso solo, reciprocamente e rigidamente complementare al verso in cui ruota l'altra. Se la nostra particella qui sulla Terra ha spin destrorso, nel medesimo istante sarà possibile verificare che l'altra particella, a milioni di anni luce di distanza, rispetta il "principio di esclusione" e ha spin sinistrorso. Questo accade perché un unico sistema quantistico non è separabile, ossia non riconosce la "località". Si comporta, cioè, come se lo spazio non esistesse. È perfettamente ammissibile immaginare l'intero universo come un unico sistema quantistico la cui funzione d'onda, a rigore, non è separabile. Ne discende che lo spazio e il tempo con cui quotidianamente abbiamo a che fare non sono altro che illusioni. Tutto è implicato con tutto, in un ordine olistico generale.
Il terzo punto fondamentale della "interpretazione di Copenaghen" della meccanica quantistica riguarda appunto la misura e il problema micro-macro. Abbiamo detto nell'esempio di sopra, che, un istante prima di effettuare la misura della posizione di un elettrone, la particella si trova in una sovrapposizione di stati e cioè, contemporaneamente, sulla Luna e nella tasca della mia giacca. Invece non c'è dubbio che la Luna, quella macroscopica, sia lì in un'orbita a 400.000 chilometri di distanza dalla Terra. La fisica dei quanti ci dice, dunque, che la realtà macroscopica è definita e indipendente dall'atto della misura, mentre quella microscopica è indefinita e dipende all'atto della misura. Dal tentativo di smontare questa dicotomia, scaturisce il famoso paradosso del "gatto di Schrödinger": un esperimento ideale (nel senso di immaginario). Nonostante l'esperimento non sia mai stato realmente effettuato, l'idea di uccidere (al 50%) un'innocente bestiola potrebbe far inorridire gli amici animalisti, per cui preferisco proporne qui una variante assai meno cruenta.
In questo esperimento immaginiamo di avere una stanza chiusa munita di uno spioncino (vedi figura). Nella stanza si trovano alcune apparecchiature: una "sorgente" quantistica (potrebbe essere un radioisotopo), una "sorgente" di potenza (per es. una batteria), e una "sorgente" di latte (un serbatoio). Abbiamo inoltre una ciotola e un gatto affamato. La sorgente quantistica è collegata alla sorgente di potenza in modo tale che, se si verifica l'evento quantistico, l'energia della batteria viene inviata all'elettrovalvola, aprendo così lo scarico del serbatoio contenente il latte. Il latte perciò si sversa nella ciotola, e il gatto può berlo e saziarsi. Ora, finché nessuno guarda nella stanza, secondo la meccanica quantistica, il gatto si troverà in una sovrapposizione di stati: "gatto affamato" + "gatto sazio". Se l'evento quantistico ha una probabilità di verificarsi del 50% nell'intervallo di un'ora, trascorsa un'ora dal momento in cui il gatto è stato messo nella stanza e il congegno attivato, il gatto avrà pari probabilità di trovarsi in una o nell'altra condizione. Possiamo dire che il gatto dopo un'ora ha mangiato metà razione di latte? No, ovviamente non è la stessa cosa. O ha mangiato, o non ha mangiato. Ma è solo quando la padrona del gatto guarda dallo spioncino e osserva il gatto, che può constatare se è tranquillo e ronfante perché ha mangiato oppure è nervoso e agitato perché ha fame. Fino a quel momento il gatto si trova in una sovrapposizione di stati, come detto, cioè non è né sazio né affamato. Solo l'occhio della padrona provoca il collasso della funzione d'onda e attualizza lo stato del gatto. Ora, l'obiezione più forte che si può opporre a questa interpretazione è che il gatto sa benissimo di essere affamato o di essere sazio. Nella versione originaria dell'esperimento proposta da Erwin Schrödinger, il gatto poteva essere vivo o morto. Da morto, il gatto non può più sapere in quale stato si trova, quindi questa era una pecca del Gedankenexperiment nella sua formulazione originaria: il fatto di poter essere morto esclude il povero gatto dal possibile ruolo di osservatore. Ma in questa nuova versione, il gatto è vivo anche dopo l'evento quantistico, perciò perché non possiamo assegnare a lui il ruolo di osservatore, e quindi la capacità di far collassare la propria funzione d'onda?
Questo lo spiega Eugene Paul Wigner. Il fisico ungherese si dice convinto che solo l'operazione di misura sia in grado di far collassare la funzione d'onda e di far "vivere o morire" il gatto di Schrödinger (lui pensava ancora all'esperimento nella versione "barbara"). Ma è anche persuaso che quell'operazione di misura non sia affatto un'impresa banale, alla portata di tutti. La misura non può essere effettuata da qualsivoglia osservatore, ma solo da uno "speciale", ossia un osservatore dotato di coscienza. Wigner sostiene in buona sostanza che la realtà cosmica esiste nella sua forma attuale non in assoluto, ma perché c'è un essere dotato di coscienza, l'uomo, ad osservarla. È l'uomo, con le sue misure coscienti, che crea la realtà, secondo Wigner.
Anche John von Neumann, nel suo libro sui Fondamenti matematici della meccanica quantistica (1932), non ha difficoltà a indicare nell'operazione di misura l'atto centrale della vicenda quantistica. Per l'intera scuola di Copenaghen non è affatto assurdo che sia l'osservatore a detenere le chiavi della "realtà", persino della vita e della morte, del mondo dei quanti.
Reagendo a questa posizione che conduce a risultati controintuitivi e paradossali, David Bohm nel 1952 mise a punto un formalismo più deterministico – oggi noto come "interpretazione di Bohm" della meccanica quantistica ovvero "teoria delle variabili nascoste" – sulla base della cosiddetta "onda pilota" di Louis De Broglie. Nel nuovo formalismo di Bohm la questione della misura non è più così centrale. Nella "teoria delle variabili nascoste" la realtà quantistica è indipendente dalla misura. Ma questa interpretazione è stata in seguito dimostrata fallace. Non mi attardo a discutere i dettagli per non appesantire troppo questo intervento, rimandandola ad un eventuale ulteriore approfondimento.
È ora piuttosto, di chiudere il cerchio tornando a Bell e alla sua "diseguaglianza". La teoria della "scuola di Copenaghen", come abbiamo visto, attualmente è quella più accreditata. Essa ha un enorme successo pratico: si è rivelata la teoria più precisa della fisica. Ma rimane uno scoglio: l'aporia micro-macro. Gli oggetti del mondo quantistico, sia nella teoria di Copenaghen sia in quella di Bohm, hanno un comportamento diverso dagli oggetti del mondo macroscopico. E poiché non c'è una soglia, né fisica né logica, che separi il micro dal macro, c'è bisogno di spiegare questa aporia. Qui entra in gioco John Stewart Bell, a metà degli anni '60, con un teorema di impossibilità destinato a diventare famoso come la "diseguaglianza di Bell", e ritenuto come uno dei più grandi contributi di ogni tempo alla teoria quantistica. Bell rimase colpito, in senso favorevole, dalla teoria di Bohm. La teoria «rende conto completamente di tutti i fenomeni quantistici» ed è deterministica e «realista», nel senso che elimina del tutto il ruolo e la necessità dell'osservatore nel mondo dei quanti. «Allora – si chiede – cos'è che non va in essa?». Cosa non funzioni nella "teoria delle variabili nascoste", Bell lo scopre nel 1963: è una teoria non-locale. O, detta in altri termini, annulla lo spazio, perché eventi che si verificano in un certo punto dello spazio, ad esempio qui sulla Terra, possono avere conseguenze immediate nella più remota delle galassie. Insomma, reintroduce nella fisica quell'azione istantanea a distanza che la relatività di Einstein aveva escluso.
In definitiva, Bell ritrova nella "teoria delle variabili nascoste" di Bohm il medesimo carattere di non-località che nel 1935 Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen avevano ravvisato nella teoria probabilistica di Born e Bohr (Si ricordi il "paradosso EPR"). A questo punto si chiede se la natura «non stia cercando di dire qualcosa», e se quello della località non sia il problema centrale della fisica quantistica. Così nel 1964 elabora (e nel 1971 aggiorna) il suo teorema. Egli dimostra che non è possibile, in linea di principio, spiegare i fenomeni quantistici in ambito locale. Detto in altro modo, che non è possibile elaborare una "teoria locale delle variabili nascoste". L'unico tipo di "realismo" compatibile col mondo dei quanti è quello che accetta la non-località e, quindi, l'azione a distanza. Qualcuno ha affermato che, col suo teorema, Bell ha definitivamente dimostrato che Einstein aveva torto. In realtà, Bell ha dimostrato solo che Einstein non poteva avere completamente ragione. Il teorema di Bell, infatti, non esclude affatto una descrizione deterministica e realistica del mondo dei quanti. Richiede "solo" che questa descrizione sia "non-locale": non esiste un oggetto quantistico isolato con proprietà definite. Esistono soltanto sistemi quantistici dove i singoli oggetti hanno perduto completamente la loro individualità. Solo il sistema possiede una proprietà. Ma anche accettare "solo" gli entanglements, la correlazione, tra gli oggetti quantistici e l'ordine olistico non è facile, per un realista affezionato all'idea di separabilità. Il fatto è, che il modo normale con cui accadono le cose nel nostro mondo (macroscopico) è conforme all'azione locale ed è del tutto contrario ai risultati di Bell. Il teorema di Bell ha avuto una clamorosa conferma di natura sperimentale (in assenza della quale probabilmente avrebbe finito per essere dimenticato) nel 1982, a opera del francese Alain Aspect. Il quale, misurando la polarizzazione dei fotoni in un sistema quantistico, ha rilevato la violazione delle diseguaglianze di Bell in pieno accordo con le previsioni della meccanica quantistica e ha mostrato la non separabilità, la correlazione o, se si vuole, un'azione a distanza tra i fotoni del sistema. Negli ultimi anni le osservazioni di Aspect sono state più volte ripetute e sempre confermate.
Dopo John Stewart Bell (e Alain Aspect) diventa finalmente chiaro che la fisica quantistica pretende una modifica sostanziale della nostra visione del mondo: la non separabilità dei sistemi quantistici, la correlazione olistica, l'azione a distanza. Secondo Karl Popper, ciò mette in contraddizione la fisica quantistica con la relatività ristretta: l'azione a distanza viola il principio secondo cui nulla nel nostro mondo può superare la velocità della luce. Ma in realtà, è possibile dimostrare che, anche in un sistema quantistico correlato, nessuno può trasmettere informazioni con una velocità superiore a quella della luce. Di ciò ha dato un'ottima spiegazione divulgativa Gian Carlo Ghirardi, spiegazione alla quale mi rifarò se questo punto necessitasse più avanti di ulteriori approfondimenti.
Ehm. Ancora Craig. Allora è un vizio! È la seconda volta che riproponi questo link: rispondo con maggior ampiezza. La teoria dell'etere è stata abbandonata eoni or sono. Inoltre non c'entra per niente con il mio argomento. Riepilogo quanto ho esposto: la meccanica quantistica implica che il ruolo dell'osservatore cosciente sia necessario per provocare il collasso della funzione d'onda di un sistema quantistico, e quindi la sua attualizzazione. I sistemi quantistici sono olistici e non-locali, dunque l'intero universo è un unico oggetto quantistico. Poiché i sistemi quantistici sono non-locali, le interazioni tra i loro componenti sono istantanee quando i componenti stessi si trovano in uno stato di correlazione reciproca. Così facendo violerebbero la legge della relatività. Perciò si deve ammettere che tale interazione appartenga ad un dominio diverso dalla materia. Il ragionamento sulla causalità discendente ci ha già fatto capire che anche la coscienza dell'osservatore deve appartenere a questo diverso dominio. In questa trattazione, la fonte della coscienza viene ipotizzata essere una "consapevolezza" incorporea e trascendente.JACK_JOHN ha scritto:Non necessariamente. Come ho detto prima, questo implicherebbe solo che l'interpretazione classica, quella di Eintein e Minkowskian, sia errata, e che invece quella di Lorentz sia corretta (vedi: http://www.reasonablefaith.org/the-triumph-of-lorentz).Minsky ha scritto: Ma da dove proviene dunque la consapevolezza? Facciamo un passo indietro. Gli oggetti della fisica quantistica non sono altro che onde potenziali. Queste non sono onde che si propagano nello spazio e nel tempo. Dunque hanno qualità trascendente, ossia in qualche modo vanno oltre la materia. L'esperimento di Aspect dimostrò che esiste davvero un potenziale trascendente, e gli oggetti hanno davvero delle connessioni al di là dello spazio e del tempo. In questo esperimento un atomo emette due quanti di luce, chiamati fotoni, in direzioni opposte. In qualche modo questi fotoni influenzano l'uno il comportamento dell'altro, a distanza, senza scambiarsi alcun segnale attraverso la spazio.
Einstein ha dimostrato che due oggetti non possono mai influenzarsi istantaneamente nello spazio e nel tempo, perché ogni cosa deve viaggiare con un limite massimo di velocità, e tale limite è la velocità della luce. Quindi, qualsiasi influsso deve viaggiare, se viaggia attraverso lo spazio, impiegando un tempo finito. Questa viene chiamata "località". Ogni segnale è locale, nel senso che deve impiegare un tempo finito per viaggiare attraverso lo spazio. Ciononostante, i fotoni emessi dall'atomo nell'esperimento di Aspect si influenzano reciprocamente, a distanza, senza scambiarsi segnali, perché lo stanno facendo istantaneamente; ovvero, lo stanno facendo a una velocità superiore a quella della luce. Dunque, ne consegue che l'influsso non ha potuto viaggiare attraverso lo spazio. Piuttosto, esso deve appartenere a una sfera della realtà che dobbiamo riconoscere come la sfera trascendente della realtà.
O per lo meno che forse un altra spiegazione fisica di questi fatti può essere possibile, anche se per adesso sconosciuta. La meccanica quantistica è troppo giovane per poter escludere con certezza questa possibilità.
Quanto hai linkato non contraddice la mia esposizione.JACK_JOHN ha scritto:Onestamente questa parte, seppur l'ho letto più volte, proprio non sono riuscito a capirla.Minsky ha scritto: A questo punto, bisogna sottolineare che abbiamo sempre a che fare con oggetti quantistici, perché la fisica quantistica è la fisica di tutti gli oggetti. Che sia submicroscopica o macroscopica, la fisica quantistica è comunque valida. Anche se è più evidente nei fotoni, negli elettroni, negli oggetti submicroscopici, sappiamo che tutta la realtà è governata dalle stesse leggi. Dunque anche noi siamo oggetti quantistici.
Ed ecco come entra in gioco la fisica quantistica al nostro livello macroscopico: si chiama il "paradosso della misurazione quantistica", ed è ciò che avviene per esempio nell'esperimento delle due fenditure, dove il comportamento dei fotoni o delle particelle viene influenzato dall'osservatore. È un paradosso, se considerato dal falso punto di vista materialistico, perché, chi siamo noi per operare questa trasformazione? Dopo tutto, nel paradigma materialista, non abbiamo alcun potere causale. Non siamo altro che il cervello, composto di atomi e particelle elementari. Quindi, come fa un cervello composto di atomi e particelle elementari a tramutare un'onda potenziale, se lui stesso è un'onda potenziale? Lui stesso è composto delle onde potenziali degli atomi e delle particelle elementari, quindi non può trasformare la propria onda potenziale in qualcosa di attuale.
Ma in questa concezione, la consapevolezza è il fondamento dell'essere. Quindi, cosa converte ciò che è potenziale in attuale? La consapevolezza, perché essa non ubbidisce alla fisica quantistica. La consapevolezza non è fatta di materia: è trascendente. Il mondo materiale della fisica quantistica è solo una possibilità. È la consapevolezza, grazie alla conversione della possibilità in attualità, a creare ciò che vediamo manifesto. In altre parole, la consapevolezza crea il mondo manifesto.
In ogni caso, ripeto quello che ho detto precedentemente: ci sono tante interpretazioni della meccanica quantistica acune deterministiche e altre no (vedi per esempio:
http://it.wikipedia.org/wiki/Interpretazione_della_meccanica_quantistica#Coscienza_causa_del_collasso) che sono equivalenti dal punto di vista matematico e della
spiegazione dei datti attuali. Quindi per il momento si può solo dire questo.
Sì, capisco che si tratta di concetti che sembrano sfidare la ragionevolezza. Ma si tratta solo delle strette conseguenze di una teoria che spiega molto bene dei fatti osservativi incontrovertibili. Il punto più ostico, molto probabilmente, è spiegare come sia possibile che, in un universo che si trovava in uno stato di esistenza solo potenziale, siano apparsi improvvisamente degli esseri umani senzienti che con la propria presenza hanno causato il collasso della funzione d'onda dell'intero universo portandolo ad uno stato di realtà fattuale.JACK_JOHN ha scritto:Trovo ridicola l'idea che ilo mondo “non ci fosse” (oppure che prima non fosse attuale ma solo potenziale) prima che ci fossimo noi (consapevoli) ad osservarla. E certamente non un'idea necessaria dalla meccanica quantistica (vedi le interpretazioni sopra).Minsky ha scritto: Ora, facciamo un altro passo. Come si è originato l'Universo? Comunemente si pensa che l'Universo sia scaturito dal Big Bang, circa quindici miliardi di anni fa. Ma se è necessaria la consapevolezza per convertire la possibilità in attualità, come è possibile che l'Universo sia esistito tanto a lungo? Infatti, in quella primitiva sfera incandescente che si suppone abbia creato l'universo non esistevano né la consapevolezza né gli esseri senzienti, biologici, a base di carbonio. Quindi l'universo è rimasto in potenza fino alla misurazione quantistica autorefenziale di un osservatore senziente. Si pensi al Gedankenexperiment detto del "gatto di Schrödinger". L'intero universo è stato come il gatto, sino al momento in cui la sua funzione d'onda è collassata ed esso è divenuto concreto. Lo sguardo di un osservatore è essenziale per convertire la possibilità in attualità, e quindi solo quando un osservatore guarda, ogni cosa diventa manifesta, incluso il tempo. Per cui l'intero passato, da questo punto di vista, diventa manifesto nell'istante stesso in cui il primo essere senziente guarda. Il concetto si spiega perfettamente grazie all'osservazione autoreferenziale teorizzata da John Wheeler.
Nello stesso modo si spiega l'evoluzione biologica. La Teoria dell'Evoluzione deve chiamare in causa fenomeni esotici e poco chiari come gli "equilibri punteggiati" per rendere conto dei "salti" evolutivi. Invece, il primato della consapevolezza rende conto di tutto ciò in modo perfetto: possiamo scorgere in questo fenomeno la creatività, l'autentica creatività della consapevolezza. In altre parole, possiamo vedere davvero che la consapevolezza sta operando creativamente perfino nella biologia, nell'evoluzione delle specie. Ecco perciò che la consapevolezza è la creatrice del mondo, ed essa riempie questi spazi vuoti che la biologia convenzionale non riesce a colmare.
Il mondo esisteva e andava avanti perfettamente anche prima degli esseri umani... e lo farà anche quando gli umani non ci saranno più... e lo avrebbe fatto anche se gli umani non fossero mai esistiti.
Per giustificare questo assunto, è necessario postulare l'esistenza di una volontà cosciente esterna al mondo materiale, quella "consapevolezza" di cui parlavo sopra. Tale consapevolezza è unitaria, e corrisponde a Dio. Un atto della sua volontà ha tratto dal marasma infinito delle funzioni d'onda di un universo potenziale dotato di infinite varianti informi e disordinate, una precisa configurazione, cristallizzando tutti i parametri fisici adatti per la vita sul nostro pianeta. In questo modo, in un unico istante che possiamo tranquillamente collocare nella storia non anteriormente a circa 6000 anni fa, l'universo è entrato nella realtà materiale simultaneamente in ogni punto della sua estensione. Le stelle con la loro età, la radiazione luminosa già in corsa attraverso lo spazio, la Terra con tutta la sua struttura geologica, le specie animali e vegetali con la loro storia apparente di sviluppo e selezione, e anche la specie umana, già popolosa di numerosi individui, dotati della necessaria dote di consapevolezza per sostenere e ancorare l'universo alla sua realtà concreta. La consapevolezza degli esseri umani è la loro anima, e questa è ovviamente immortale e destinata a rientrare nella dimensione atemporale da cui proviene, una volta che il supporto fisico viene meno.
Non c'è alcuna contraddizione! Non ho detto che l'universo è consapevole: la consapevolezza è esterna all'universo, fatto salvo per la piccola porzione di consapevolezza "ospitata" dagli esseri umani. Ma l'universo ha un fine, cioè una funzione, che è appunto quella di essere l'ambiente in cui gli esseri umani trovano il modo di estrinsecare la propria consapevolezza. E mediante l'estrinsecarsi della consapevolezza, che è creativa, gli esseri umani si evolvono, in senso fisico ma soprattutto morale, sociale, spirituale. All'umanità potrebbe anche un giorno subentrare una specie senziente di livello superiore, forse questa specie superiore si svilupperà oppure esiste già su un altro pianeta. Non è detto che ne verremo mai in contatto. Ma il fine ultimo dell'universo è quello di permettere agli esseri senzienti di aumentare le proprie capacità sino a raggiungere la totale consapevolezza. Allora l'universo potrà trasformarsi, in un modo che oggi non possiamo neppure immaginare, e la consapevolezza avrà raggiunto la sua massima estensione e potenza. La consapevolezza sarà di nuovo Dio, e il cerchio si chiuderà. Nella Gloria di Dio.JACK_JOHN ha scritto:Non lo capisco. Sembra che stai dicendo che l'universo non consapevole sta “facendo qualcosa” con “intenzione” … il che non è altro che una contraddizione in termini.Minsky ha scritto: Dunque, si vede chiaramente che l'universo ha un fine. Esso è orientato verso un fine: ci sono tante prove che stia facendo qualcosa intenzionalmente, cioè si sia sviluppato in modo tale da far nascere, a un certo punto, un essere senziente. Si tratta di un concetto che solo vagamente si può ricondurre al "principio antropico". In realtà, gli esseri umani possono non essere il fine ultimo, ma certamente ne sono il primo risultato, perché qui è presente la possibilità della creatività manifesta, la creatività nell'essere senziente stesso. Gli animali sono certamente senzienti, ma non creativi nel senso in cui lo siamo noi. Quindi, gli esseri umani in questo momento sono certamente un'epitome, anche se potrebbe non trattarsi dell'epitome finale. L'evoluzione potrebbe avere ancora molta strada da fare.
Spero che con le delucidazioni e gli approfondimenti forniti adesso la connessione logica delle mie affermazioni ti sia evidente.JACK_JOHN ha scritto:Affermazioni come, “il cosmo è stato creato per noi... l'universo siamo noi etc” mi sembrano in questo contesto affermazioni gratuite che in nessun modo conseguono dai discorsi precedenti.Minsky ha scritto: Il punto importante è che in definitiva il cosmo è stato creato per il nostro bene, o meglio per il bene di tutti gli esseri senzienti. L'Universo siamo noi: questo è chiarissimo. L'universo è autoconsapevole, ma lo è attraverso di noi: siamo il significato dell'Universo. Non siamo il suo centro geografico, ma siamo il centro di significato dell'Universo. Ovviamente questo non va limitato agli esseri umani: possono esistere esseri senzienti su altri pianeti, che collaborano a stabilizzare la funzione d'onda dell'Universo e a renderlo reale.
Invece come puoi vedere dalla breve disamina che ho fatto sopra, la mia prova rende conto anche della visione biblica: non soltanto è compatibile con la visione biblica, ma la spiega e la giustifica.JACK_JOHN ha scritto:E' vero che molte religioni orientali trattano la realtà come illusione dei nostri sensi. Ed è vero che molti malusano la meccanica quantistica (come si è fatto qui) per farle dire cose che non avrebbe il diritto o la capacità di dire, o per fare affermazioni ontologiche che vanno ben oltre la teoria scientifica stessa.Minsky ha scritto:Tracce di queste verità si trovano in molte religioni tradizionali, ed è possibile rendere conto dei racconti biblici della Genesi come descrizioni semplificate della creazione subitanea dell'Universo per effetto del collasso della funzione d'onda. Per fare ancora un esempio, il concetto dell'onnipresenza di Dio è compatibile con il fatto che Dio sia in realtà la struttura atemporale e adimensionale su cui si articola l'Universo. Ancora: nella Bhagavad Gita, Krishna dice ad Arjuna: «Tutte queste cose sono in me, ma io non sono in esse». Cosa vuol dire? Questo: «Io non sono esclusivamente in esse».
In ogni caso, in tutta onestà, niente del genere si trova nella visione biblica del mondo, inclusa la Genesi che citi. Nella visione biblica Dio esiste come un essere concreto e separato dal mondo che lo ha portato in esistenza. Il mondo è reale ed oggettivo ed è una creatura di Dio. Questa è, in poche parole, la visione biblica del
mondo, che non ha nulla a che fare con quella esposta qui.
No, non c'è alcuna contraddizione. In questa affermazione c'è il vero senso della divinità. Infatti è la consapevolezza, e solo la consapevolezza, che dispone del potere di far collassare la funzione d'onda dell'universo e renderlo reale. Poiché la consapevolezza è Dio, solo Dio esiste veramente, mentre l'universo esiste provvisoriamente in seguito alla sua azione di osservazione. Noi abbiamo il libero arbitrio nella misura in cui ciascuno di noi ha consapevolezza! Senza consapevolezza non c'è libero arbitrio, è ovvio! Ti pare che un individuo incapace di intendere e di volere disponga del libero arbitrio? Naturalmente no... quindi il libero arbitrio si possiede proporzionalmente alla consapevolezza che si ha. Non ci vuole un grande sforzo per vedere come tutto trovi una perfetta spiegazione. Le brutture del mondo sono dovute alla mancanza di consapevolezza... infatti mica tutti hanno la stessa quantità di anima. Chi ha poca consapevolezza è un bruto. La crescita dell'umanità è una strada lungo la quale si acquista maggior consapevolezza. Ma la strada davanti è ancora tanta. L'umanità deve mantenere o meglio aumentare il proprio livello di consapevolezza. Se cadesse nel peccato di perderla, l'universo potrebbe sparire d'un botto, inghiottito nel nulla delle onde quantistiche.JACK_JOHN ha scritto:Non vedo come questo consegui da quello che hai detto sopra. Nulla in quello che hai detto porta a questa conclusione (a meno che io non abbia capito nulla... oppure a meno che anche tu non abbia capito nulla di quello che hai scritto).Minsky ha scritto: La conclusione perciò è semplice e lampante.
Non solo Dio esiste, ma non esiste altro che Dio.
In ogni modo, se non ci fosse altro che Dio, allora questo contraddirebbe tutto quello che hai detto fino ad ora, ovvero che noi esistiamo e che abbiamo il libero arbitrio. Se non ci fosse altro che Dio, allora noi non esisteremmo come esseri distinti da lui e non avremo libera scelta. Ma questo e ovviamente era il fondamento del tuo ragionamento. Con questo avevi cominciato tutte le tue considerazioni (vedi sopra). Quindi la tua conclusione nega il tuo punto di partenza, il che non è altro che dire che è autocontraddittorio.
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Inanzitutto per non essere out:
Dio esiste perche é bubú.
Adesso, se qualcosa ho capito in tutta questa faccenda e che se ci siamo e grazie al chaos e a la mancanza di paradosso nel nostro universo.
La quantica non mi preoccupa, due palline che si mandano informazione a tempo zero e qualcosa che capiremo prima o poi, come capiremo la legge di gravitá e non solo i suoi effetti.
Quello che invece mi fá scrivere a quest'ora dopo due anni di assenza e questo libero arbitrio, capisco che tu (minsky, comunque piacere) debba seguire il gioco (anzi anche io e quindi chiedo venia, non lo faró piú), ma avrei bisogno che tu mi dia la spiegazione sul perché non esiste un flusso "pensiero-onde", ma solo viceversa. Perche stavi recitando vero? era lí il trucco vero? perché se non ho capito male (ditemi di si) se questo fosse vero la possibilitá che effettivamente l'universo sarebbe dovuto crollare non e cosí bizzarra (scusa per gli orrori ortografici ma scrivo meglio in un altra lingua).
Complimenti per il collage, anche se mi a levato tre ore di sonno.
Dio esiste perche é bubú.
Adesso, se qualcosa ho capito in tutta questa faccenda e che se ci siamo e grazie al chaos e a la mancanza di paradosso nel nostro universo.
La quantica non mi preoccupa, due palline che si mandano informazione a tempo zero e qualcosa che capiremo prima o poi, come capiremo la legge di gravitá e non solo i suoi effetti.
Quello che invece mi fá scrivere a quest'ora dopo due anni di assenza e questo libero arbitrio, capisco che tu (minsky, comunque piacere) debba seguire il gioco (anzi anche io e quindi chiedo venia, non lo faró piú), ma avrei bisogno che tu mi dia la spiegazione sul perché non esiste un flusso "pensiero-onde", ma solo viceversa. Perche stavi recitando vero? era lí il trucco vero? perché se non ho capito male (ditemi di si) se questo fosse vero la possibilitá che effettivamente l'universo sarebbe dovuto crollare non e cosí bizzarra (scusa per gli orrori ortografici ma scrivo meglio in un altra lingua).
Complimenti per il collage, anche se mi a levato tre ore di sonno.
Mr.T- -------------
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Perfetto. Questa è l'argomentazione standard dei teisti. Hai già capito tutto.Mr.T ha scritto:Inanzitutto per non essere out:
Dio esiste perche é bubú.
Detto in estrema sintesi, potrebbe essere così.Mr.T ha scritto:Adesso, se qualcosa ho capito in tutta questa faccenda e che se ci siamo e grazie al chaos e a la mancanza di paradosso nel nostro universo.
Il bello è, che non si mandano informazione, infatti non è possibile utilizzare l'entanglement quantistico per trasmettere informazioni.Mr.T ha scritto:La quantica non mi preoccupa, due palline che si mandano informazione a tempo zero e qualcosa che capiremo prima o poi, come capiremo la legge di gravitá e non solo i suoi effetti.
Piacere mio.Mr.T ha scritto:Quello che invece mi fá scrivere a quest'ora dopo due anni di assenza e questo libero arbitrio, capisco che tu (minsky, comunque piacere)...
Ehm, forse ti sei confuso a scrivere, la tesi è che ci sia un flusso dalla consapevolezza verso il dominio delle onde di probabilità quantistica, cioè il "viceversa" che dici tu.Mr.T ha scritto:... debba seguire il gioco (anzi anche io e quindi chiedo venia, non lo faró piú), ma avrei bisogno che tu mi dia la spiegazione sul perché non esiste un flusso "pensiero-onde", ma solo viceversa. Perche stavi recitando vero? era lí il trucco vero? perché se non ho capito male (ditemi di si) se questo fosse vero la possibilitá che effettivamente l'universo sarebbe dovuto crollare non e cosí bizzarra (scusa per gli orrori ortografici ma scrivo meglio in un altra lingua).
Complimenti per il collage, anche se mi a levato tre ore di sonno.
Questo sempre in estrema sintesi. E la risposta è sì, sto recitando, ma il trucco lo svelerò solo alla fine e forse solo in MP a chi manifesterà il proprio interesse...
Ciao!
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
non só se sono piú maleducato non rispondendo quando qualcuno si aspetta che risponda o scrivendo out, io scelgo la seconda e rimando la mia risposta a un momento piú adeguato (mi manca finire di leggere e assimilare il tuo ultimo post). Anticipo peró che concordo con tutto, ma visto il mio stato non naturale dell'ultima sera, non ricordo piú come sono riuscito a legare il libero arbitrio con il crollo dell'universo.. A domani allora.
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Stai sereno carissimo, non ci sono urgenze di sorta anzi se guardi le date dei post in questo thread ti accorgerai che qui il tempo scorre come alle distillerie del Jack Daniel's.Mr.T ha scritto:non só se sono piú maleducato non rispondendo quando qualcuno si aspetta che risponda o scrivendo out, io scelgo la seconda e rimando la mia risposta a un momento piú adeguato (mi manca finire di leggere e assimilare il tuo ultimo post). Anticipo peró che concordo con tutto, ma visto il mio stato non naturale dell'ultima sera, non ricordo piú come sono riuscito a legare il libero arbitrio con il crollo dell'universo.. A domani allora.
Inoltre siamo in pochi ad interessarci dell'argomento, e sono sicuro che anche JJ sarà contento di vedere che c'è un formista in più a partecipare. Alla prossima.
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Minsky ha scritto:Stai sereno carissimo, non ci sono urgenze di sorta anzi se guardi le date dei post in questo thread ti accorgerai che qui il tempo scorre come alle distillerie del Jack Daniel's.Mr.T ha scritto:non só se sono piú maleducato non rispondendo quando qualcuno si aspetta che risponda o scrivendo out, io scelgo la seconda e rimando la mia risposta a un momento piú adeguato (mi manca finire di leggere e assimilare il tuo ultimo post). Anticipo peró che concordo con tutto, ma visto il mio stato non naturale dell'ultima sera, non ricordo piú come sono riuscito a legare il libero arbitrio con il crollo dell'universo.. A domani allora.
Inoltre siamo in pochi ad interessarci dell'argomento, e sono sicuro che anche JJ sarà contento di vedere che c'è un formista in più a partecipare. Alla prossima.
Da un po' di tempo non si vede più l'anno sulle date dei post, così che uno non sa più se questo tread ha avuto origine lo scorso Settembre, o il Settembre di 3 anni fa...
Ma forse è una cosa voluta. E forse è meglio così...
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Minsky, complimenti per la tua dimostrazione. Mi hai quasi convinto sul serio a diventare teista.
Seriamente, penso che la tua "dimostrazione" sia molto più convincente di qualsiasi presunta "vera dimostrazione" realmente utilizzata dai teisti.
Seriamente, penso che la tua "dimostrazione" sia molto più convincente di qualsiasi presunta "vera dimostrazione" realmente utilizzata dai teisti.
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Vai sul tuo Profilo/Preferenze: l'ultima casella ti permette di configurare il formato con cui vuoi vedere la data. Se scegli un formato che include l'anno, vedrai anche quello.holubice ha scritto:Da un po' di tempo non si vede più l'anno sulle date dei post, così che uno non sa più se questo tread ha avuto origine lo scorso Settembre, o il Settembre di 3 anni fa...
Ma forse è una cosa voluta. E forse è meglio così...
Grazie Fux, troppo buono! Spero solo di non averti convertito per davvero... non me lo perdonerei mai...Fux89 ha scritto:Minsky, complimenti per la tua dimostrazione. Mi hai quasi convinto sul serio a diventare teista.
Seriamente, penso che la tua "dimostrazione" sia molto più convincente di qualsiasi presunta "vera dimostrazione" realmente utilizzata dai teisti.
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Ah ah, no, non c'è pericolo.Minsky ha scritto:Spero solo di non averti convertito per davvero... non me lo perdonerei mai...
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Ne ho trovata una i cui errori mi sembrano alquanto difficili da trovare.
Proprio per questo, considerata la legge di Poe, preferisco non scriverla qui. Nel caso qualcuno fosse interessato, può chiedermela privatamente.
Proprio per questo, considerata la legge di Poe, preferisco non scriverla qui. Nel caso qualcuno fosse interessato, può chiedermela privatamente.
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Io sono interessato.Steerpike ha scritto:Ne ho trovata una i cui errori mi sembrano alquanto difficili da trovare.
Proprio per questo, considerata la legge di Poe, preferisco non scriverla qui. Nel caso qualcuno fosse interessato, può chiedermela privatamente.
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
anch'io, a livello culturale, non pratico.Fux89 ha scritto:Io sono interessato.Steerpike ha scritto:Ne ho trovata una i cui errori mi sembrano alquanto difficili da trovare.
Proprio per questo, considerata la legge di Poe, preferisco non scriverla qui. Nel caso qualcuno fosse interessato, può chiedermela privatamente.
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Re: Un esperimento - Le prove dell'altra parte
Steerpike ha scritto:Ne ho trovata una i cui errori mi sembrano alquanto difficili da trovare.
Proprio per questo, considerata la legge di Poe, preferisco non scriverla qui. Nel caso qualcuno fosse interessato, può chiedermela privatamente.
Sono notoriamente curioso...
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