Piero Angela spiega i paradossi della relatività
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Piero Angela spiega i paradossi della relatività
Dicevamo prima che questi paradossi ci sembrerebbero del tutto normali se potessimo averne esperienza diretta. Ma ciò è impossibile, perché simili velocità sono fuori dalla nostra portata.
Basti pensare che il mezzo più veloce costruito dall'uomo è una sonda interplanetaria in grado di raggiungere, come punta massima, circa 20 chilometri al secondo. Ebbene, la luce è 15.000 volte più veloce: 300.000 chilometri al secondo. Il paragone più appropriato in proposito è quello tra una tartaruga e un aereo a reazione: la prima è 15.000 volte più lenta. Ecco perché non siamo mai entrati nella dimensione magica in cui si realizzano i paradossi della teoria della relatività.
In realtà, essi si producono sempre, anche a bassa velocità, ma gli effetti sono troppo esigui per essere percepiti. Infatti, la loro crescita è esponenziale rispetto all'aumento della velocità.
Immaginiamo di avvicinare pian piano un oggetto di metallo a una calamita: a 1 metro di distanza, la forza di attrazione non si avverte, sebbene sia già attiva; a mezzo metro, neppure; a 20 centimetri, nemmeno. Man mano che ci avviciniamo ulteriormente però questa attrazione aumenta sempre più; nell'ultimo centimetro diventa molto forte, nell'ultimo millimetro fortissima; nell'ultimo millesimo di millimetro, quasi irresistibile. Analogamente, un'automobile o un razzo interplanetario viaggiano a una velocità in cui l'effetto relativistico è già presente, ma non è ancora avvertibile. Soltanto se disponessimo di astronavi capaci di avvicinarsi alla velocità della luce, tali effetti si manifesterebbero in modo molto evidente; dopodiché, basterebbe ogni volta un piccolo aumento della velocità per amplificarne le conseguenze.
Infatti, se un'astronave partita oggi tornasse tra 1000 anni, viaggiando sempre a 294.000 chilometri al secondo, il tempo relativo trascorso a bordo sarebbe grosso modo di 200 anni (cioè cinque volte di meno di quello sulla terra). Ma basterebbe accelerare di poco, arrivando a 299.792 chilometri al secondo, per ridurre questo tempo a soli due mesi. Con un'ulteriore accelerazione di soli 4 centimetri al secondo, il tempo relativo a bordo sarebbe di appena 3 giorni.
Tutto questo ci permette di capire anche perché la velocità della luce non è superabile: man mano che ci si approssima al suo valore, ogni piccola accelerazione richiede un'energia sempre maggiore, con il conseguente aumento della massa dell'oggetto in movimento. Per raggiungere la velocità della luce un'astronave avrebbe bisogno di un'energia infinita, e, a quel punto, anche la sua massa diventerebbe infinita.
Basti pensare che il mezzo più veloce costruito dall'uomo è una sonda interplanetaria in grado di raggiungere, come punta massima, circa 20 chilometri al secondo. Ebbene, la luce è 15.000 volte più veloce: 300.000 chilometri al secondo. Il paragone più appropriato in proposito è quello tra una tartaruga e un aereo a reazione: la prima è 15.000 volte più lenta. Ecco perché non siamo mai entrati nella dimensione magica in cui si realizzano i paradossi della teoria della relatività.
In realtà, essi si producono sempre, anche a bassa velocità, ma gli effetti sono troppo esigui per essere percepiti. Infatti, la loro crescita è esponenziale rispetto all'aumento della velocità.
Immaginiamo di avvicinare pian piano un oggetto di metallo a una calamita: a 1 metro di distanza, la forza di attrazione non si avverte, sebbene sia già attiva; a mezzo metro, neppure; a 20 centimetri, nemmeno. Man mano che ci avviciniamo ulteriormente però questa attrazione aumenta sempre più; nell'ultimo centimetro diventa molto forte, nell'ultimo millimetro fortissima; nell'ultimo millesimo di millimetro, quasi irresistibile. Analogamente, un'automobile o un razzo interplanetario viaggiano a una velocità in cui l'effetto relativistico è già presente, ma non è ancora avvertibile. Soltanto se disponessimo di astronavi capaci di avvicinarsi alla velocità della luce, tali effetti si manifesterebbero in modo molto evidente; dopodiché, basterebbe ogni volta un piccolo aumento della velocità per amplificarne le conseguenze.
Infatti, se un'astronave partita oggi tornasse tra 1000 anni, viaggiando sempre a 294.000 chilometri al secondo, il tempo relativo trascorso a bordo sarebbe grosso modo di 200 anni (cioè cinque volte di meno di quello sulla terra). Ma basterebbe accelerare di poco, arrivando a 299.792 chilometri al secondo, per ridurre questo tempo a soli due mesi. Con un'ulteriore accelerazione di soli 4 centimetri al secondo, il tempo relativo a bordo sarebbe di appena 3 giorni.
Tutto questo ci permette di capire anche perché la velocità della luce non è superabile: man mano che ci si approssima al suo valore, ogni piccola accelerazione richiede un'energia sempre maggiore, con il conseguente aumento della massa dell'oggetto in movimento. Per raggiungere la velocità della luce un'astronave avrebbe bisogno di un'energia infinita, e, a quel punto, anche la sua massa diventerebbe infinita.
Ludwig von Drake- -------------
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Re: Piero Angela spiega i paradossi della relatività
Sono abbastanza d'accordo anche se la relatività e le nuove formulazioni della quantistica su alcuni ambiti divergono.Tutto questo ci permette di capire anche perché la velocità della luce non è superabile: man mano che ci si approssima al suo valore, ogni piccola accelerazione richiede un'energia sempre maggiore, con il conseguente aumento della massa dell'oggetto in movimento. Per raggiungere la velocità della luce un'astronave avrebbe bisogno di un'energia infinita, e, a quel punto, anche la sua massa diventerebbe infinita.
Al cern di ginevra hanno prese alcune particelle mantenute ad una determianta velocità "intrecciandole" quantisticamente con delle altre a più di mezzo chilometro di distanza.
Ogni cambiamento direzionale delle prime si ripercuoteva sulle seconde, a livello teorico è stato dimostrato che è possibile "teletrasportare" lo spin ed altre caratteristiche fisiche di una particella su un'altra.
La cosa curiosa è che la velocità con cui avvenivano questi cambiamenti andava a cozzare con la c einsteiana in quanto praticamente immediata.
Esistono (non dimostrati, ma estremamente probabili) particelle quali i tachioni che si muovono a velocità iperluminari, il problema è che non collidono con la formulazione della relatività ristretta la quale non vieta che un particella sia superiore alla velocità c in senso stretto, se è sempre esistita a veloità superluminari e non scende al di sotto di queste non esistono problemi di sorta.
Ovvio che queste sono esperimenti e formulazioni fisiche, sul fatto che accelerare una navicella a velocità anche solo paragonabili a quelle della luce è tecncicamente quasi impossibile (allo stato attuale delle consocenze).
Dal punto di vista teorico per adesso è quasi imposssibile, ma si iniziano a intravedere singolarità in campo microscopico che potrebbero (non è detto è soltanto il mio pensiero) dare indicazioni a livello macroscopico (c'è anche da dire che la fisica dell'infinitamente piccolo cozza parecchio quando si aumentano anche di poco gli ordini di grandezza).
Se poi andiamo a vedere questi paradossi, mi è sempre interessato il principio (alla base dell'effetto cosimir) per cui dal vuoto (zero assoluto, o molto vicino, nessun campo elettromagnetico) possano formarsi momentaneamente particelle dal nulla le quali poi annichiliscono completamente.
maxsar- -----------
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