Riflessione sul male in chiave evoluzionistica:
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*Valerio*
Giampy
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Riflessione sul male in chiave evoluzionistica:
Qui riporto una straordinaria chiave di lettura sul male fatta sfruttando la chiave evoluzionisitca e scientifica. L'articolo è di Giorgio Macellari.
A me è piaciuto molto, anche se non ho molto apprezzato la sviolinata sulla "bontà delle scienze biologiche" nel creare ad esempio gli OGM, non perchè ne sia contrario (anzi, a mio avviso l'ulteriore sviluppo di tali alimenti potrebbe aiutare a sistemare parecchie cose in quei paesi poco sviluppati), ma perchè purtroppo ritengo che anche la biologia si muove tramite il dio denaro e anche negli istituti di ricerca si ramifica la rete delle parentele, della mafia (in senso lato), la ricerca al finanziamento,....
Cmq, bando alle ciancie, ovvia, narratemi la vostra impressione:
Ci sono date storiche indelebili. Tutti sappiamo cosa significano 12 ottobre 1492 e 20 luglio 1969. Probabilmente le generazioni future manderanno a mente il 20 maggio 2010. In quel giorno di primavera un annuncio ha solcato l’etere del mondo, approdando sui media e scuotendo gli animi di molti1. Cos’è successo di così straordinario, quel giorno? Che Craig Venter & C. dell’Università di San Diego, in California, hanno concluso – dopo 15 anni di lavoro – il progetto di costruzione di un germe, utilizzando il contenitore di un comune batterio e infilandoci dentro una sequenza artificiale di geni (un DNA sintetico). Per la precisione, hanno assemblato pezzo per pezzo (circa tre milioni di coppie di basi) un genoma quasi identico a quello del Mycoplasma mycoides e l’hanno trasferito nel contenitore di un altro germe, il Mycoplasma capricolum, dopo averlo privato del suo genoma. Il risultato si chiama Mycoplasma laboratorium: un batterio prima non esistente in natura. Oltre al primato di essere uno degli organismi viventi più piccoli, tale creatura ha anche la capacità di riprodursi.
Qual è in sostanza la notizia storica? Che l’uomo ha plasmato un bozzolo di vita. Nulla di straordinario, per chi frequenta la biologia. Ma una svolta epocale nel modo di pensare della maggior parte degli uomini.
Se il novecento è stato il secolo della grande fisica, quello presente lo sarà per la biologia. Grazie alla biologia la vita non ci appare più quell’intricato mistero. Sappiamo come e quando è nata, ne conosciamo l’intimo meccanismo, l’immenso potere, la preziosità. E più schiudiamo i suoi forzieri, più cresce il nostro rispetto per la sua delicatezza e fantasia. Venter ha tirato fuori dal forziere una grossa perla, ce l’ha messa fra le mani, ci ha detto “ecco, questa è la vita” e ci ha mostrato come si può fare a fabbricarla. Dal 20 maggio si è aperto un panorama di cui a fatica, oggi, si possono intuire le vastità. Nuove speranze si accendono. Ma anche si adombrano antiche paure. Ciò che l’uomo teme è che il forziere sia piuttosto un nuovo vaso di Pandora con cui sta giocando irresponsabilmente e che – secondo non pochi – porterà alla tragedia finale. L’ultima perla trovata rischia di essere il marchingegno che spalancherà sulla nostra terra le porte del Male definitivo.
Già, il Male. Il male ci fa orrore. Ci minaccia con il suo carico doloroso. Ci offende per quell’ingiustizia che lo distribuisce secondo modi del tutto casuali, colpendo senza distinzione gl’innocenti e i cattivi. E ci adira perché i castighi che rovescia sui colpevoli di odiosi delitti sono talora identici a quelli per manchevolezze veniali o involontarie, quando addirittura non accade che i primi sono premiati con la fortuna. Senza poi contare la moltitudine ancora maggiore di male che percuote e massacra senza posa tutti gli altri animali non umani.
Osserviamo dunque il male agire nel mondo. Lo vediamo abbattersi sui viventi senza discernimento o pietà, quasi ovunque indisturbato. E colma di sé la natura, come se fosse un vaso da riempire. Il male non conosce pentimenti né freni morali. In ogni istante milioni di creature sono mangiate dai loro predatori, talvolta con una ferocia che lascia inorriditi e rassegnati. Migliaia di malattie devastano i corpi. Calamità naturali, sofferenza e morte travolgono, distruggono e sono somministrate in ogni dove con costanza e indifferenza. La quantità complessiva di dolore sulla terra va oltre qualsiasi immaginazione. E perciò stimola in noi potenti e desolate riflessioni esistenziali.
Incapaci di coglierne il senso, da sempre ci chiediamo la ragione di tanta efferatezza, e come sia possibile che si snodi con tale libertà dentro un disegno da molti ritenuto intelligente e buono. A questa domanda di senso – “da dove viene?” – abbiamo dato mille risposte, ma tutte brancolanti nel buio. Quel buio è in noi, sta in un conflitto che brucia all’interno. “Dio è buono e ci ama”, dice un corno del dilemma. “Perché il male, dunque?” – gli fa eco l’altro corno.
Il buio cala quando si vuole coniugare il Male con intenzioni benevole; spiegarlo, ma senza addossarne la responsabilità a un Creatore; armonizzare la disgrazia con l’amore divino; salvare il legame con il Cielo, ma conservando la libertà del nostro agire; sposare il caso alla volontà pianificata. Un contenzioso inconciliabile. Per secoli l’uomo ha tentato di uscirne, talora con spettacolari salti mortali e doppi avvitamenti. Ma ogni sua risposta è stata inadeguata. Del resto: come comporre un contenzioso irriducibile – spiegare Dio attraverso Satana, e viceversa?
Filosofi e teologi ce l’hanno messa tutta, per risolvere il rompicapo. Ma se qualcuno vi racconta che ci sono riusciti diffidatene, vi sta mentendo: loro hanno fallito. Niente di biasimevole, comunque: era una battaglia impari, non potevano vincerla.
Cos’hanno proposto? Per farla breve, hanno imboccato due strade: concepire il male come una sorta di non-essere – cioè negarne l’esistenza – oppure considerarlo come una dualità all’interno dell’essere. Fantasiose costruzioni della mente, non c’è dubbio. Che vale tuttavia la pena di approfondire, giusto per convincerci della loro inconsistenza.
I neoplatonici identificavano il male con la materia e poiché la materia era, a sentir loro, il non-essere, automaticamente anche il male svaniva2. Agostino fu probabilmente il primo a negare la realtà del male con una sottile argomentazione metafisica:“Nessuna natura è male e questo nome non indica altro che la privazione di bene”3 e precisava che il bene non può essere sostanza perché se lo fosse sarebbe bene – un “sillogismo” che richiama la nociva pensata di Don Ferrante sulla peste…4. Sulla stessa scia si colloca Boezio, che scriveva:“Il male è niente, perché non lo può fare Colui che può ogni cosa”, anche se per sostenere questo argomento doveva rinunciare di fatto all’onnipotenza divina. Leibniz coniò addirittura un termine – teodicea – per conservare intatta la giustizia divina e ribadendo il convincimento secondo cui il male non è una realtà, pertanto non può essere attribuito a Dio5. Hegel e Croce, pur con minime varianti, gli sono andati dietro: per il primo il male era “nullità assoluta”6, per il secondo il male “…quando è reale non esiste se non nel bene”7.
Ma dopo aver letto i campioni di questo “negazionismo” è davvero dura dargli retta: provate a convincere una madre che perde il figlioletto per un blastoma cerebrale, ditele che è un’impressione, che non c’è niente di male, anzi che è bene, che è tutto a posto, che è merito della grazia divina, che comunque Dio non c’entra, che è per lasciare all’uomo il libero arbitrio, che dunque è l’uomo a cercarsi i guai... Provate a raccontarlo al ragazzo cui una folgore di passaggio ha fermato il cuore del padre per sempre…
Altri pensatori, più accomodanti (ecco la seconda strada), hanno spiegato il male-bene come l’eco di due divinità in conflitto altalenante fra loro, cioè come conseguenza di un contrasto interno all’essere – così si sono espressi, ad esempio, Zoroastro, Basilide e i moderni teosofi. I quali, non soddisfatti dalla capziosità della dottrina secondo cui il male è solo un’impressione (e alla cui genesi comunque Dio è per forza estraneo), hanno finito per attribuirlo a un’antidivinità. Un’eresia, per i monoteismi, che per di più lasciava irrisolto il problema: infatti, visto che quei due dei se ne stanno sempre lì, sul pari e patta, a guerreggiare, nel frattempo noi che si fa?
Più di recente c’è chi ha abbozzato una terza via, ma s’è trattato di una risicata minoranza, e in odore di eresia. Per Jonas8, ad esempio, Dio è infinitamente buono, ma non altrettanto onnipotente da impedire il male. Secondo Pareyson9, invece, il male è un’ombra in Dio, anch’Egli ne contiene un po’, gli è consustanziale… Caspita!
Ecco, in sintesi estrema, le risposte di filosofi e teologi. Ma davvero le possiamo prendere sul serio? Non sembrano anche a voi un po’ artificiose? Non appaiono orfane di qualcosa, le prove – quel fastidioso dettaglio che rende credibili le ipotesi? Per cui possono essere catalogate nel genere “proposte fantasiose in attesa di conferma”? Sì, a essere onesti sono proprio non-risposte.
Abbiamo altre strade, percorribili? Ma certo. La bussola ce l’ha data quattro secoli fa Galileo: è la scienza, cari miei! E dall’applicazione rigorosa del suo metodo (quel riduzionismo – a certuni antipatico – fondato sulla paziente formulazione di congetture e sulla loro spietata falsificazione) Darwin ha ricavato un capolavoro: sì, sto parlando dell’evoluzionismo. Che non è più un’ipotesi: la biologia l’ha dimostrato contro ogni ragionevole dubbio. Intendiamoci: è la stessa biologia che ci ha dato antibiotici, vaccini, più anni di vita, più ricchezza agli anni, l’eradicazione di tante malattie, la prevenzione di patologie mortali, la lotta alla sterilità, le cellule staminali, la clonazione e la disponibilità di organismi geneticamente modificati, con preziosi servigi al genere umano – possiamo fidarci. Ed è la stessa biologia che oggi permette di costruire la vita partendo dai suoi precursori, correttamente assemblati. E anche – eccoci al punto – di dare una spiegazione diversa al Male nel mondo: questa volta plausibile, però.
Quale? Bisogna tornare a Darwin. E per capire come il darwinismo spiega il male basta ascoltare i suoi detrattori. Che parlano con chiarezza: “Macché selezione naturale – ci vuol ben altro per generare la diversità e la perfezione dei viventi; li ha creati Dio dal nulla, con un progetto provvidenziale intelligente”. Ma in questo modo i detrattori si sono fatti male da soli, sostituendo Dio – quello personale, quello che ama – con D.I.O., il Disegnatore Intelligente Orbiterraqueo, l’ordinatore inflessibile che tende i fili del cosmo in una rete di pura razionalità.
Eppure l’“Intelligent Design” lascia perplessi. Sono ancora i biologi a far da ficcanaso. E loro, con l’impertinenza di chi s’interessa solo dei fatti, ci costringono a riflettere. Dunque, vediamo. Una creazione intelligente? Ma dai! Uno che veramente avesse voluto dar prova d’una pensata razionale avrebbe dovuto creare una Natura assai diversa. Molte cose nella Natura mostrano la faccia del Male: sono sbagliate, approssimative, storte, dolorose, immorali. Lotta per la vita, competizione per il sesso, il cibo e l’acqua, guerre per il territorio, i soprusi del più grosso, la furbizia del più forte, la ferocia del più cattivo, la violenza sessuale, la riduzione in schiavitù – ecco il male all’opera per causa del progetto “intelligente”. Ogni creatura compete con tutte le altre in un conflitto senza fine – e se c’è pace si tratta solo di momentanee sospensioni della carneficina. E poi cancro, epidemie, glaciazioni, tsunami, meteoriti, carestie…
E che dire delle nostre schiene, derivate da quelle di mammiferi adattati a vivere a quattro zampe? Le nostre schiene hanno pagato la posizione eretta al prezzo di artrosi, rigidità, ernie, curvature, dolori. Un disegnatore davvero astuto avrebbe rifatto i calcoli, anziché usare gli avanzi del progetto di cani o cavalli. E c’è forse nel parto della donna qualcosa di razionale – per non dire di caritatevole? E’ davvero accettabile come intelligente un meccanismo che produce una creatura che fa una così tremenda fatica a uscire dalla madre? E con quali sofferenze poi! E con che alto rischio di postumi patologici o addirittura di morte! Quanto spreco di vita. Siamo seri: di tutto possiamo trovarci, ma non l’intelligenza…
Lo stesso si può dire dei nostri appetiti primordiali, tutti schierati per farci aggredire, mentire, sedurre, talvolta anche ammazzare. Idem per il nostro cervello, un assemblaggio fortuito di parti antiche che fanno a pugni con quelle di più recente comparsa – più raffinate, certo, ma spesso incapaci di addomesticare le prime. Ecco ciò che siamo: creature governate da un macchinario complicatissimo eppure così male assortito; potente, ma fragile e scoordinato; e capace di generare Eros e Thanatos, la Relatività e l’Olocausto, l’Arte e la Bomba, Onestà e Corruzione, Razionalità e Pazzia, il sommo Bene e il Male più inumano.
Tutto questo, francamente, sembra proprio incompatibile con un piano avveduto e pietoso. Dalle lotte preistoriche nella savana alle guerre d’oggi fra i popoli, passando per gl’interminabili conflitti fra clan, tribù, coinquilini, rioni, cosche e parrocchie, ben poco vi appare di raziocinante o misericordioso. E su questo sfondo di confusione e stordimento affiorano – almeno in chi ha l’audacia d’interrogarsi spingendosi in profondità – domande penose. Del genere:“Ma allora, chi ha creato cobra, orche, iene, mantidi e locuste, avrebbe creato anche noi, anche me? Chi ha generato il bell’adolescente è lo stesso che ha messo in vita il pedofilo? Sapeva ciò che stava facendo? Aveva idea degli orrori che avrebbe innescato? Da che parte stava quando ha mosso le leve del suo progetto?”
Chiediamoci allora di nuovo:“Perché il Male – se il Disegno è Buono, o anche solo Intelligente? Dov’è lo sbaglio?” Ma è la domanda ad essere sbagliata, c’è la seconda parte, che è stonata, propagandistica, disorientante. E qui torna Darwin.
L’evoluzionismo spiega la vita come una proprietà che emerge dalla materia. Atomi si uniscono, generano macchine biologiche autoreplicanti e queste si assemblano e costruiscono tessuti, organi, corpi. La vita accade perché – dati gli ingredienti originari, molto tempo e un pizzico di fortuna – essa risulta inevitabile. La selezione fa il resto, accogliendo i corpi che meglio si adattano al duro mestiere di vivere. Gli altri, cestinati: esperimenti nati male, troppo complessi, deboli. Così, all’esame del laboratorio naturale passano solo i macchinari più ingegnosi, i più resistenti: vive chi è capace di mangiare di più, chi è meglio attrezzato a fare da predatore che da preda e a riprodursi. Ecco il perché del Male.
Il darwinismo spiega il male – e il bene – con una semplicità disarmante, con un linguaggio limpido, con meccanismi verificabili e riproducibili. E così gli dà un significato comprensibile – anche da uno studente delle medie. Non s’affatica in arrampicate sugli specchi per rendere accoglibili contraddizioni logiche insanabili. Non racconta miti o scontri fra divinità, né sfrutta scioglilingua ipnotici o mistiche persuasioni. Ci svela il mistero enumerando i fatti. Ci parla della nostra condizione com’è, senza fronzoli, dipendenze trascendenti o perfezioni. Con Darwin i conti tornano10, 11, 12.
Il Male esiste non per colpa di un peccatore disubbidiente, non per distrazione o impotenza di un Dio. C’è, e basta. Fa il suo mestiere. E’ parte della natura, come il Bene. Loro sono i motori della biodiversità. Senza di essi l’arcobaleno della vita non si sarebbe aperto. Perché dunque cercare spiegazioni favolose e indimostrabili quando ne abbiamo una giusta, logica e sostenuta da prove? Solo perché è deludente, aspra e non ci lascia sperare? Eppure, quanta potenza evocatrice c’è nel darwinismo; quanta poesia nel suo dipingere l’avventura faticosa della vita; quanta tenerezza nella trepidazione di sopravvivere; che tragico turbamento nell’abissalità della morte; e quanta spiritualità gronda da questa visione – e quanto ci affascina e ci fa sognare la sua drammatica bellezza.
Sì, lo sentiamo il vociare concitato dei censori:“Quelli lì vogliono sostituire la teologia naturale con la selezione naturale! Aridi materialisti! Non sanno quel che dicono!” Ma è un vociare destinato a farsi sempre più silenzio. Ormai il dato è stato tratto, Venter & C. hanno dato un’altra spallata. L’uomo ha fabbricato un germe di vita. L’architetto scaltro, l’ingegnere testardo, il meccanico presuntuoso s’è messo davvero a giocare a Dio. E ha scoperto che il gioco gli riesce – non era poi così difficile. E che se ci si applicherà più a fondo potrà anche fare meglio. E magari avere ragione di quel Male che proprio non gli va giù, soprattutto in quella sua parte più ripugnante che falcidia a casaccio.
Comprendere l’origine della vita e come si evolve significa governare un processo, potergli infondere uno scopo che alla natura mancava e realizzarne il progetto con soluzioni più decenti. Questo insegna la nuova biologia: a immaginare un mondo con meno sofferenze, minori iniquità, più pace, meno ignoranza, maggiore senso della misura, più umiltà e solidarietà, meno aggressività e vanagloria. Per farlo non servirà pregare gli dei o sacrificargli capretti sgozzati – anche questo ci ha insegnato il darwinismo. Bisognerà invece studiare ancora di più, per meglio capire; e gioire per ogni mistero strappato alla natura – anziché ossequiarne l’oscurità o temerne impossibili vendette.
Basterebbe una rapida occhiata agli ultimi tremila anni di storia per convincerci che Dio non è stato abbastanza tenero e grazioso (men che meno avveduto) da evitare che la vita s’infiltrasse di disgrazie – né la venuta dei suoi numerosi redentori ha fermato la gigantesca fabbrica del Male che miete tutti i viventi, anche i più puri. Ma ora la biologia ce l’ha dimostrato. E finalmente ci offre il sapere adatto per addomesticarlo e una strada seria (e, questa sì, “intelligent”) per ridurlo al minimo. Oltretutto ci ha anche suggerito che, alla fin fine, Dio con il male sulla terra non c’entra, perché la nascita della vita e la sua straordinaria, accidentata e imprevedibile evoluzione sono spiegabili senza che vi si debba introdurre il Suo intervento: anche Dio ne può uscire assolto, con buona pace di chi volesse o dovesse attribuirgli la vergognosa responsabilità del male. Grazie Darwin, grazie Venter.
A me è piaciuto molto, anche se non ho molto apprezzato la sviolinata sulla "bontà delle scienze biologiche" nel creare ad esempio gli OGM, non perchè ne sia contrario (anzi, a mio avviso l'ulteriore sviluppo di tali alimenti potrebbe aiutare a sistemare parecchie cose in quei paesi poco sviluppati), ma perchè purtroppo ritengo che anche la biologia si muove tramite il dio denaro e anche negli istituti di ricerca si ramifica la rete delle parentele, della mafia (in senso lato), la ricerca al finanziamento,....
Cmq, bando alle ciancie, ovvia, narratemi la vostra impressione:
Ci sono date storiche indelebili. Tutti sappiamo cosa significano 12 ottobre 1492 e 20 luglio 1969. Probabilmente le generazioni future manderanno a mente il 20 maggio 2010. In quel giorno di primavera un annuncio ha solcato l’etere del mondo, approdando sui media e scuotendo gli animi di molti1. Cos’è successo di così straordinario, quel giorno? Che Craig Venter & C. dell’Università di San Diego, in California, hanno concluso – dopo 15 anni di lavoro – il progetto di costruzione di un germe, utilizzando il contenitore di un comune batterio e infilandoci dentro una sequenza artificiale di geni (un DNA sintetico). Per la precisione, hanno assemblato pezzo per pezzo (circa tre milioni di coppie di basi) un genoma quasi identico a quello del Mycoplasma mycoides e l’hanno trasferito nel contenitore di un altro germe, il Mycoplasma capricolum, dopo averlo privato del suo genoma. Il risultato si chiama Mycoplasma laboratorium: un batterio prima non esistente in natura. Oltre al primato di essere uno degli organismi viventi più piccoli, tale creatura ha anche la capacità di riprodursi.
Qual è in sostanza la notizia storica? Che l’uomo ha plasmato un bozzolo di vita. Nulla di straordinario, per chi frequenta la biologia. Ma una svolta epocale nel modo di pensare della maggior parte degli uomini.
Se il novecento è stato il secolo della grande fisica, quello presente lo sarà per la biologia. Grazie alla biologia la vita non ci appare più quell’intricato mistero. Sappiamo come e quando è nata, ne conosciamo l’intimo meccanismo, l’immenso potere, la preziosità. E più schiudiamo i suoi forzieri, più cresce il nostro rispetto per la sua delicatezza e fantasia. Venter ha tirato fuori dal forziere una grossa perla, ce l’ha messa fra le mani, ci ha detto “ecco, questa è la vita” e ci ha mostrato come si può fare a fabbricarla. Dal 20 maggio si è aperto un panorama di cui a fatica, oggi, si possono intuire le vastità. Nuove speranze si accendono. Ma anche si adombrano antiche paure. Ciò che l’uomo teme è che il forziere sia piuttosto un nuovo vaso di Pandora con cui sta giocando irresponsabilmente e che – secondo non pochi – porterà alla tragedia finale. L’ultima perla trovata rischia di essere il marchingegno che spalancherà sulla nostra terra le porte del Male definitivo.
Già, il Male. Il male ci fa orrore. Ci minaccia con il suo carico doloroso. Ci offende per quell’ingiustizia che lo distribuisce secondo modi del tutto casuali, colpendo senza distinzione gl’innocenti e i cattivi. E ci adira perché i castighi che rovescia sui colpevoli di odiosi delitti sono talora identici a quelli per manchevolezze veniali o involontarie, quando addirittura non accade che i primi sono premiati con la fortuna. Senza poi contare la moltitudine ancora maggiore di male che percuote e massacra senza posa tutti gli altri animali non umani.
Osserviamo dunque il male agire nel mondo. Lo vediamo abbattersi sui viventi senza discernimento o pietà, quasi ovunque indisturbato. E colma di sé la natura, come se fosse un vaso da riempire. Il male non conosce pentimenti né freni morali. In ogni istante milioni di creature sono mangiate dai loro predatori, talvolta con una ferocia che lascia inorriditi e rassegnati. Migliaia di malattie devastano i corpi. Calamità naturali, sofferenza e morte travolgono, distruggono e sono somministrate in ogni dove con costanza e indifferenza. La quantità complessiva di dolore sulla terra va oltre qualsiasi immaginazione. E perciò stimola in noi potenti e desolate riflessioni esistenziali.
Incapaci di coglierne il senso, da sempre ci chiediamo la ragione di tanta efferatezza, e come sia possibile che si snodi con tale libertà dentro un disegno da molti ritenuto intelligente e buono. A questa domanda di senso – “da dove viene?” – abbiamo dato mille risposte, ma tutte brancolanti nel buio. Quel buio è in noi, sta in un conflitto che brucia all’interno. “Dio è buono e ci ama”, dice un corno del dilemma. “Perché il male, dunque?” – gli fa eco l’altro corno.
Il buio cala quando si vuole coniugare il Male con intenzioni benevole; spiegarlo, ma senza addossarne la responsabilità a un Creatore; armonizzare la disgrazia con l’amore divino; salvare il legame con il Cielo, ma conservando la libertà del nostro agire; sposare il caso alla volontà pianificata. Un contenzioso inconciliabile. Per secoli l’uomo ha tentato di uscirne, talora con spettacolari salti mortali e doppi avvitamenti. Ma ogni sua risposta è stata inadeguata. Del resto: come comporre un contenzioso irriducibile – spiegare Dio attraverso Satana, e viceversa?
Filosofi e teologi ce l’hanno messa tutta, per risolvere il rompicapo. Ma se qualcuno vi racconta che ci sono riusciti diffidatene, vi sta mentendo: loro hanno fallito. Niente di biasimevole, comunque: era una battaglia impari, non potevano vincerla.
Cos’hanno proposto? Per farla breve, hanno imboccato due strade: concepire il male come una sorta di non-essere – cioè negarne l’esistenza – oppure considerarlo come una dualità all’interno dell’essere. Fantasiose costruzioni della mente, non c’è dubbio. Che vale tuttavia la pena di approfondire, giusto per convincerci della loro inconsistenza.
I neoplatonici identificavano il male con la materia e poiché la materia era, a sentir loro, il non-essere, automaticamente anche il male svaniva2. Agostino fu probabilmente il primo a negare la realtà del male con una sottile argomentazione metafisica:“Nessuna natura è male e questo nome non indica altro che la privazione di bene”3 e precisava che il bene non può essere sostanza perché se lo fosse sarebbe bene – un “sillogismo” che richiama la nociva pensata di Don Ferrante sulla peste…4. Sulla stessa scia si colloca Boezio, che scriveva:“Il male è niente, perché non lo può fare Colui che può ogni cosa”, anche se per sostenere questo argomento doveva rinunciare di fatto all’onnipotenza divina. Leibniz coniò addirittura un termine – teodicea – per conservare intatta la giustizia divina e ribadendo il convincimento secondo cui il male non è una realtà, pertanto non può essere attribuito a Dio5. Hegel e Croce, pur con minime varianti, gli sono andati dietro: per il primo il male era “nullità assoluta”6, per il secondo il male “…quando è reale non esiste se non nel bene”7.
Ma dopo aver letto i campioni di questo “negazionismo” è davvero dura dargli retta: provate a convincere una madre che perde il figlioletto per un blastoma cerebrale, ditele che è un’impressione, che non c’è niente di male, anzi che è bene, che è tutto a posto, che è merito della grazia divina, che comunque Dio non c’entra, che è per lasciare all’uomo il libero arbitrio, che dunque è l’uomo a cercarsi i guai... Provate a raccontarlo al ragazzo cui una folgore di passaggio ha fermato il cuore del padre per sempre…
Altri pensatori, più accomodanti (ecco la seconda strada), hanno spiegato il male-bene come l’eco di due divinità in conflitto altalenante fra loro, cioè come conseguenza di un contrasto interno all’essere – così si sono espressi, ad esempio, Zoroastro, Basilide e i moderni teosofi. I quali, non soddisfatti dalla capziosità della dottrina secondo cui il male è solo un’impressione (e alla cui genesi comunque Dio è per forza estraneo), hanno finito per attribuirlo a un’antidivinità. Un’eresia, per i monoteismi, che per di più lasciava irrisolto il problema: infatti, visto che quei due dei se ne stanno sempre lì, sul pari e patta, a guerreggiare, nel frattempo noi che si fa?
Più di recente c’è chi ha abbozzato una terza via, ma s’è trattato di una risicata minoranza, e in odore di eresia. Per Jonas8, ad esempio, Dio è infinitamente buono, ma non altrettanto onnipotente da impedire il male. Secondo Pareyson9, invece, il male è un’ombra in Dio, anch’Egli ne contiene un po’, gli è consustanziale… Caspita!
Ecco, in sintesi estrema, le risposte di filosofi e teologi. Ma davvero le possiamo prendere sul serio? Non sembrano anche a voi un po’ artificiose? Non appaiono orfane di qualcosa, le prove – quel fastidioso dettaglio che rende credibili le ipotesi? Per cui possono essere catalogate nel genere “proposte fantasiose in attesa di conferma”? Sì, a essere onesti sono proprio non-risposte.
Abbiamo altre strade, percorribili? Ma certo. La bussola ce l’ha data quattro secoli fa Galileo: è la scienza, cari miei! E dall’applicazione rigorosa del suo metodo (quel riduzionismo – a certuni antipatico – fondato sulla paziente formulazione di congetture e sulla loro spietata falsificazione) Darwin ha ricavato un capolavoro: sì, sto parlando dell’evoluzionismo. Che non è più un’ipotesi: la biologia l’ha dimostrato contro ogni ragionevole dubbio. Intendiamoci: è la stessa biologia che ci ha dato antibiotici, vaccini, più anni di vita, più ricchezza agli anni, l’eradicazione di tante malattie, la prevenzione di patologie mortali, la lotta alla sterilità, le cellule staminali, la clonazione e la disponibilità di organismi geneticamente modificati, con preziosi servigi al genere umano – possiamo fidarci. Ed è la stessa biologia che oggi permette di costruire la vita partendo dai suoi precursori, correttamente assemblati. E anche – eccoci al punto – di dare una spiegazione diversa al Male nel mondo: questa volta plausibile, però.
Quale? Bisogna tornare a Darwin. E per capire come il darwinismo spiega il male basta ascoltare i suoi detrattori. Che parlano con chiarezza: “Macché selezione naturale – ci vuol ben altro per generare la diversità e la perfezione dei viventi; li ha creati Dio dal nulla, con un progetto provvidenziale intelligente”. Ma in questo modo i detrattori si sono fatti male da soli, sostituendo Dio – quello personale, quello che ama – con D.I.O., il Disegnatore Intelligente Orbiterraqueo, l’ordinatore inflessibile che tende i fili del cosmo in una rete di pura razionalità.
Eppure l’“Intelligent Design” lascia perplessi. Sono ancora i biologi a far da ficcanaso. E loro, con l’impertinenza di chi s’interessa solo dei fatti, ci costringono a riflettere. Dunque, vediamo. Una creazione intelligente? Ma dai! Uno che veramente avesse voluto dar prova d’una pensata razionale avrebbe dovuto creare una Natura assai diversa. Molte cose nella Natura mostrano la faccia del Male: sono sbagliate, approssimative, storte, dolorose, immorali. Lotta per la vita, competizione per il sesso, il cibo e l’acqua, guerre per il territorio, i soprusi del più grosso, la furbizia del più forte, la ferocia del più cattivo, la violenza sessuale, la riduzione in schiavitù – ecco il male all’opera per causa del progetto “intelligente”. Ogni creatura compete con tutte le altre in un conflitto senza fine – e se c’è pace si tratta solo di momentanee sospensioni della carneficina. E poi cancro, epidemie, glaciazioni, tsunami, meteoriti, carestie…
E che dire delle nostre schiene, derivate da quelle di mammiferi adattati a vivere a quattro zampe? Le nostre schiene hanno pagato la posizione eretta al prezzo di artrosi, rigidità, ernie, curvature, dolori. Un disegnatore davvero astuto avrebbe rifatto i calcoli, anziché usare gli avanzi del progetto di cani o cavalli. E c’è forse nel parto della donna qualcosa di razionale – per non dire di caritatevole? E’ davvero accettabile come intelligente un meccanismo che produce una creatura che fa una così tremenda fatica a uscire dalla madre? E con quali sofferenze poi! E con che alto rischio di postumi patologici o addirittura di morte! Quanto spreco di vita. Siamo seri: di tutto possiamo trovarci, ma non l’intelligenza…
Lo stesso si può dire dei nostri appetiti primordiali, tutti schierati per farci aggredire, mentire, sedurre, talvolta anche ammazzare. Idem per il nostro cervello, un assemblaggio fortuito di parti antiche che fanno a pugni con quelle di più recente comparsa – più raffinate, certo, ma spesso incapaci di addomesticare le prime. Ecco ciò che siamo: creature governate da un macchinario complicatissimo eppure così male assortito; potente, ma fragile e scoordinato; e capace di generare Eros e Thanatos, la Relatività e l’Olocausto, l’Arte e la Bomba, Onestà e Corruzione, Razionalità e Pazzia, il sommo Bene e il Male più inumano.
Tutto questo, francamente, sembra proprio incompatibile con un piano avveduto e pietoso. Dalle lotte preistoriche nella savana alle guerre d’oggi fra i popoli, passando per gl’interminabili conflitti fra clan, tribù, coinquilini, rioni, cosche e parrocchie, ben poco vi appare di raziocinante o misericordioso. E su questo sfondo di confusione e stordimento affiorano – almeno in chi ha l’audacia d’interrogarsi spingendosi in profondità – domande penose. Del genere:“Ma allora, chi ha creato cobra, orche, iene, mantidi e locuste, avrebbe creato anche noi, anche me? Chi ha generato il bell’adolescente è lo stesso che ha messo in vita il pedofilo? Sapeva ciò che stava facendo? Aveva idea degli orrori che avrebbe innescato? Da che parte stava quando ha mosso le leve del suo progetto?”
Chiediamoci allora di nuovo:“Perché il Male – se il Disegno è Buono, o anche solo Intelligente? Dov’è lo sbaglio?” Ma è la domanda ad essere sbagliata, c’è la seconda parte, che è stonata, propagandistica, disorientante. E qui torna Darwin.
L’evoluzionismo spiega la vita come una proprietà che emerge dalla materia. Atomi si uniscono, generano macchine biologiche autoreplicanti e queste si assemblano e costruiscono tessuti, organi, corpi. La vita accade perché – dati gli ingredienti originari, molto tempo e un pizzico di fortuna – essa risulta inevitabile. La selezione fa il resto, accogliendo i corpi che meglio si adattano al duro mestiere di vivere. Gli altri, cestinati: esperimenti nati male, troppo complessi, deboli. Così, all’esame del laboratorio naturale passano solo i macchinari più ingegnosi, i più resistenti: vive chi è capace di mangiare di più, chi è meglio attrezzato a fare da predatore che da preda e a riprodursi. Ecco il perché del Male.
Il darwinismo spiega il male – e il bene – con una semplicità disarmante, con un linguaggio limpido, con meccanismi verificabili e riproducibili. E così gli dà un significato comprensibile – anche da uno studente delle medie. Non s’affatica in arrampicate sugli specchi per rendere accoglibili contraddizioni logiche insanabili. Non racconta miti o scontri fra divinità, né sfrutta scioglilingua ipnotici o mistiche persuasioni. Ci svela il mistero enumerando i fatti. Ci parla della nostra condizione com’è, senza fronzoli, dipendenze trascendenti o perfezioni. Con Darwin i conti tornano10, 11, 12.
Il Male esiste non per colpa di un peccatore disubbidiente, non per distrazione o impotenza di un Dio. C’è, e basta. Fa il suo mestiere. E’ parte della natura, come il Bene. Loro sono i motori della biodiversità. Senza di essi l’arcobaleno della vita non si sarebbe aperto. Perché dunque cercare spiegazioni favolose e indimostrabili quando ne abbiamo una giusta, logica e sostenuta da prove? Solo perché è deludente, aspra e non ci lascia sperare? Eppure, quanta potenza evocatrice c’è nel darwinismo; quanta poesia nel suo dipingere l’avventura faticosa della vita; quanta tenerezza nella trepidazione di sopravvivere; che tragico turbamento nell’abissalità della morte; e quanta spiritualità gronda da questa visione – e quanto ci affascina e ci fa sognare la sua drammatica bellezza.
Sì, lo sentiamo il vociare concitato dei censori:“Quelli lì vogliono sostituire la teologia naturale con la selezione naturale! Aridi materialisti! Non sanno quel che dicono!” Ma è un vociare destinato a farsi sempre più silenzio. Ormai il dato è stato tratto, Venter & C. hanno dato un’altra spallata. L’uomo ha fabbricato un germe di vita. L’architetto scaltro, l’ingegnere testardo, il meccanico presuntuoso s’è messo davvero a giocare a Dio. E ha scoperto che il gioco gli riesce – non era poi così difficile. E che se ci si applicherà più a fondo potrà anche fare meglio. E magari avere ragione di quel Male che proprio non gli va giù, soprattutto in quella sua parte più ripugnante che falcidia a casaccio.
Comprendere l’origine della vita e come si evolve significa governare un processo, potergli infondere uno scopo che alla natura mancava e realizzarne il progetto con soluzioni più decenti. Questo insegna la nuova biologia: a immaginare un mondo con meno sofferenze, minori iniquità, più pace, meno ignoranza, maggiore senso della misura, più umiltà e solidarietà, meno aggressività e vanagloria. Per farlo non servirà pregare gli dei o sacrificargli capretti sgozzati – anche questo ci ha insegnato il darwinismo. Bisognerà invece studiare ancora di più, per meglio capire; e gioire per ogni mistero strappato alla natura – anziché ossequiarne l’oscurità o temerne impossibili vendette.
Basterebbe una rapida occhiata agli ultimi tremila anni di storia per convincerci che Dio non è stato abbastanza tenero e grazioso (men che meno avveduto) da evitare che la vita s’infiltrasse di disgrazie – né la venuta dei suoi numerosi redentori ha fermato la gigantesca fabbrica del Male che miete tutti i viventi, anche i più puri. Ma ora la biologia ce l’ha dimostrato. E finalmente ci offre il sapere adatto per addomesticarlo e una strada seria (e, questa sì, “intelligent”) per ridurlo al minimo. Oltretutto ci ha anche suggerito che, alla fin fine, Dio con il male sulla terra non c’entra, perché la nascita della vita e la sua straordinaria, accidentata e imprevedibile evoluzione sono spiegabili senza che vi si debba introdurre il Suo intervento: anche Dio ne può uscire assolto, con buona pace di chi volesse o dovesse attribuirgli la vergognosa responsabilità del male. Grazie Darwin, grazie Venter.
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Re: Riflessione sul male in chiave evoluzionistica:
Bell'articolo Giampy, davvero. Quoto anche la tua considerazione sulla "sviolinata"
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Re: Riflessione sul male in chiave evoluzionistica:
Uno dei principali errori, secondo me, è quello considerare il male come un essere, di umanizzarlo delle volte e/o renderlo un entità ben definita nel tempo e nello spazio.
Se partiamo da questo presupposto, si giustifica l'esistenza delle religioni con il compito di proteggerti dal male (divenuto entità ben difinità) e di cacciarlo via. Da qui poi partono tutte le divagazioni filosofiche e teologiche anche bizzarre ma sicuramente affascinanti.
Secondo me il male non è altro che una tipologia di comportamento, svolto da umani o animali, che rientra in un più generale insieme di comportamenti, che noi poi etichettiamo con il termine male. Il fatto che tali comportamenti rientrino in tale insieme, dipende da come poi noi l'interpretiamo e quindi dalla differente modalità di concepire la vita che è frutto di differenti culture ed esperienze.
In tal caso il male diventa meno definito e è qualcosa di più soggettivo?
Se partiamo da questo presupposto, si giustifica l'esistenza delle religioni con il compito di proteggerti dal male (divenuto entità ben difinità) e di cacciarlo via. Da qui poi partono tutte le divagazioni filosofiche e teologiche anche bizzarre ma sicuramente affascinanti.
Secondo me il male non è altro che una tipologia di comportamento, svolto da umani o animali, che rientra in un più generale insieme di comportamenti, che noi poi etichettiamo con il termine male. Il fatto che tali comportamenti rientrino in tale insieme, dipende da come poi noi l'interpretiamo e quindi dalla differente modalità di concepire la vita che è frutto di differenti culture ed esperienze.
In tal caso il male diventa meno definito e è qualcosa di più soggettivo?
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Re: Riflessione sul male in chiave evoluzionistica:
Bel articolo Giampy!
A proposito di bene e male, li ritengo un semplice costrutto mentale che privo di natura assoluta. In parole povere, bene e male sono concetti relativi, che sminuscono il fascino e la complessità della natura.
Io sono per una visione leopardiana della natura. Se solo il buon Giacomo avesse conosciuto Charles.
A proposito di bene e male, li ritengo un semplice costrutto mentale che privo di natura assoluta. In parole povere, bene e male sono concetti relativi, che sminuscono il fascino e la complessità della natura.
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Il tuo, invece è inchiodato ad una croce. Ne vogliamo discutere?"
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Re: Riflessione sul male in chiave evoluzionistica:
verde anche da me.
sulla sviolinata non posso che concordare perché questa è una delle accuse che spesso vengono mosse alle persone di scienza (scusatemi ma non ne posso più di -ismi e di -isti): di aver sostituito una religione con un'altra. Naturalmente c'è una bella differenza e dovremmo far di tutto per farla sempre notare.
Se c'è invece qualcosa di spiritualmente grandioso nel viaggio scientifico questa è la possibilità da parte dell'uomo, che ha sviluppato - e ancora sviluppa - valori morali e un'etica personale, di opporsi alla casualità naturale del "male" e di provare a ridurlo.
Impresa non facile perché assai spesso ridurlo equivale più che altro a un "cambiarne la forma", penso ad esempio alla nostra capacità di vincere le malattie, processo che ha però causato (assieme ad altre concause tutte legate al miglioramento delle condizioni di vita legate alla rivoluzione industriale) un eccessivo successo riproduttivo e un sovrappopolamento da parte della nostra specie sulla Terra.
Resta il fatto che l'uomo può, potenzialmente, provare a intervenire su ogni "male" (siccome concordo ampiamente con feynman uso le virgolette) presente e eliminarlo, proprio perché è riuscito a definirlo, seppure in modo dinamico e a volte transitorio. Potrebbe ad esempio costruire piccole camere-gel-nutritive ove la vespa icneumonide può deporre le uova anziché ammazzare un bruco o un ragno per nutrire le larve... Dovrebbe però ricordarsi sempre di farlo seguendo proprio il metodo scientifico, ossia sperimentando con grande attenzione ogni volta gli effetti del suo intervento. Ad esempio questa bella trovata potrebbe farci ritrovare col mondo ricoperto da bruchi che distruggono una pianta che era a sua volta essenziale per ecc ecc...
Gli OGM sono una grandissima risorsa potenziale ma finché resteranno spinti da dinamiche "finanziarie" e non "umanitarie" si porteranno con sé un grado di rischio insostenibile. eppure l'uomo quando ha improvvidamente immesso specie alloctone animali e vegetali in varie parti del mondo ha visto bene i danni che può combinare...
sulla sviolinata non posso che concordare perché questa è una delle accuse che spesso vengono mosse alle persone di scienza (scusatemi ma non ne posso più di -ismi e di -isti): di aver sostituito una religione con un'altra. Naturalmente c'è una bella differenza e dovremmo far di tutto per farla sempre notare.
Se c'è invece qualcosa di spiritualmente grandioso nel viaggio scientifico questa è la possibilità da parte dell'uomo, che ha sviluppato - e ancora sviluppa - valori morali e un'etica personale, di opporsi alla casualità naturale del "male" e di provare a ridurlo.
Impresa non facile perché assai spesso ridurlo equivale più che altro a un "cambiarne la forma", penso ad esempio alla nostra capacità di vincere le malattie, processo che ha però causato (assieme ad altre concause tutte legate al miglioramento delle condizioni di vita legate alla rivoluzione industriale) un eccessivo successo riproduttivo e un sovrappopolamento da parte della nostra specie sulla Terra.
Resta il fatto che l'uomo può, potenzialmente, provare a intervenire su ogni "male" (siccome concordo ampiamente con feynman uso le virgolette) presente e eliminarlo, proprio perché è riuscito a definirlo, seppure in modo dinamico e a volte transitorio. Potrebbe ad esempio costruire piccole camere-gel-nutritive ove la vespa icneumonide può deporre le uova anziché ammazzare un bruco o un ragno per nutrire le larve... Dovrebbe però ricordarsi sempre di farlo seguendo proprio il metodo scientifico, ossia sperimentando con grande attenzione ogni volta gli effetti del suo intervento. Ad esempio questa bella trovata potrebbe farci ritrovare col mondo ricoperto da bruchi che distruggono una pianta che era a sua volta essenziale per ecc ecc...
Gli OGM sono una grandissima risorsa potenziale ma finché resteranno spinti da dinamiche "finanziarie" e non "umanitarie" si porteranno con sé un grado di rischio insostenibile. eppure l'uomo quando ha improvvidamente immesso specie alloctone animali e vegetali in varie parti del mondo ha visto bene i danni che può combinare...
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fine.
alberto- -----------
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Re: Riflessione sul male in chiave evoluzionistica:
alberto ha scritto:(scusatemi ma non ne posso più di -ismi e di -isti)
Ho letto solo fin qui e mi è bastato per darti un verde
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Rasputin- ..............
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Re: Riflessione sul male in chiave evoluzionistica:
Rasputin ha scritto:alberto ha scritto:(scusatemi ma non ne posso più di -ismi e di -isti)
Ho letto solo fin qui e mi è bastato per darti un verde
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Giampy- -------------
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Re: Riflessione sul male in chiave evoluzionistica:
alberto ha scritto:verde anche da me.
Resta il fatto che l'uomo può, potenzialmente, provare a intervenire su ogni "male" (siccome concordo ampiamente con feynman uso le virgolette) presente e eliminarlo, proprio perché è riuscito a definirlo, seppure in modo dinamico e a volte transitorio. Potrebbe ad esempio costruire piccole camere-gel-nutritive ove la vespa icneumonide può deporre le uova anziché ammazzare un bruco o un ragno per nutrire le larve... Dovrebbe però ricordarsi sempre di farlo seguendo proprio il metodo scientifico, ossia sperimentando con grande attenzione ogni volta gli effetti del suo intervento. Ad esempio questa bella trovata potrebbe farci ritrovare col mondo ricoperto da bruchi che distruggono una pianta che era a sua volta essenziale per ecc ecc...
Intervenire su ogni male? Mi sembra un impresa tipica di un Dio. Anche perchè chi è l'uomo per decidere in natura cosa è male per poi modificarlo per il proprio benessere?
Secondo me prendere atto dell'esistenza del "male" nel mondo è il primo passo per conviverci senza invenzioni filosofiche e teologiche. Poi ovviamente il progresso medico deve fare la propria strada
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Re: Riflessione sul male in chiave evoluzionistica:
Qualora fosse possibile intervenire per eliminare il "male", io credo sia giusto farlo sfruttando le leggi di natura a proprio vantaggio, o ancora meglio, a vantaggio di ogni cosa.
È comunque necessario armarsi di cautela, evitando l'atteggiamento tipico di "bambino che gioca con la dinamite".
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Re: Riflessione sul male in chiave evoluzionistica:
Giampy ha scritto:alberto ha scritto:
Resta il fatto che l'uomo può, potenzialmente, provare a intervenire su ogni "male" (siccome concordo ampiamente con feynman uso le virgolette)
Intervenire su ogni male? Mi sembra un impresa tipica di un Dio. Anche perchè chi è l'uomo per decidere in natura cosa è male per poi modificarlo per il proprio benessere?
Secondo me prendere atto dell'esistenza del "male" nel mondo è il primo passo per conviverci senza invenzioni filosofiche e teologiche. Poi ovviamente il progresso medico deve fare la propria strada
purtroppo è sempre difficile comunicare pensieri complicati spiaccicandoli si una mail...
naturalmente concordo sulla "onnipotenticità" del pensiero e figuriamoci se dobbiamo dedicarci a questo.
però secondo me nella tua seconda parte di post c'è una stimolante affermazione.
chi è l'uomo per...? beh l'uomo è... l'uomo, una delle specie con le palle più grosse dell'intero pianeta. non credo che un castoro prima di fare una diga si chieda "ma chi sono io per deviare/bloccare/regimentare il corso di questo fiume, cosa che sicuramente causerà sofferenza e morte per decine, centinaia, migliaia di organismi (parameci, lombrichi, piccoli pesci, anfibietti vari).
insomma, l'esempio era per dire: non mi pare sia questo il punto. credo che sia maggiormente il rendersi conto che la natura nel suo insieme è un'entità intercorrelata pesantemente tra tutte le sue componenti; toccane una e sai già che se ne muoveranno molte altre. quindi per toccare bisogna prima conoscere queste interazioni e valutarle attentamente. però non sono molto d'accordo sul "la natura sa cosa fare e l'uomo non deve intervenire" proprio per quello che abbiamo detto finora. neanche la "natura" - che è ovviamente una definizione a uso e consumo dell'uomo - sa molte delle cose che ora l'uomo sa, magra consolazione rispetto alla enorma quantità di cose che invece essa "conosce" e noi no; quindi nessun aspetto deistico nelle mie affermazioni.
semmai la voglia di non vedere il viaggio cognitivo dell'uomo bloccato dalle paure, anche queste io le vedo un po' - rivoltando se vuoi il tuo discorso - parte di una "deificazione" della natura e delle sue leggi.
quindi barriere no. ma resta inteso che l'incedere debba essere 1.estremamente cauto e 2.contempli sempre la possibilità di ripensarci e di tornare indietro (DDT ad esempio)
riassunto: no uomo = dio e però neanche natura = dio (insomma io sto dio non lo voglio tra i coglioni). se la natura forma gli uragani e noi troviamo il modo di imbrigliarli e di utilizzare in modo produttivo la loro enorme energia, dopo aver per anni calcolato e valutato gli eventuali effetti negativi, perché non sfidarla? è chiaro tutto non lo si può prevedere, ma le conquiste scientifiche dell'uomo ci stanno portando lontano. non è il momento di avere paura proprio adesso. cautela: sì. e onestà! paura no.
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Re: Riflessione sul male in chiave evoluzionistica:
Ok, concordo con te. Effettivamente non avevo ben compreso la tua affermazione. L'evoluzione ha donato all'uomo la possibilità di impiegare un enorme potenziale cerebrale e il progresso scientifico-tecnologico è una delle cose più belle, avvincenti ma al tempo stesso pericolose. Ritengo che sia un onore ed un dovere per l'uomo disporre di un così grande potenziale culturale.
E' ovvio cmq che tutte le azioni dell'uomo devono prevedere il rispetto per la terra e per gli altri ospiti.
Verde per il dio tra i coglioni!
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Re: Riflessione sul male in chiave evoluzionistica:
Avevo preparato una risposta mo l'ho dovuta modificare un po'. Avrete notato come la risposta di Alberto aderisca coi principi della civiltà di tipo 1 ipotizzata da Michio Kaku, già elaborata dall'astronomo russo Nikolaj Kardašëv. Che poi anche io dissi qualcosa di simile, se per caso stessimo iniziando a transitare via dalla civiltà di tipo 0 visto che attualmente sembrerebbe che stiamo a 0.7.
Che dire, Giorgio Macellari è un filosofo e il suo gradevole articolo è condito di sapienti esposizioni romanzate e poetiche. Certo che è scorrevole e naturalmente mi piace per questo.
Mi piace invece che ci siano dei dubbi sulla bioetica o etica della biologia. Parlare di OGM senza pensare a semi Terminator o semi Zombi è difficile e non vederci il controllo dei mercati della coltivazione è impossibile.
Così tutte quelli parole sul male diventano dei movimenti di mandibole senza suoni. Se i filantropi perdono ogni senso d'umanità? A cosa serve la Rockefeller foundation? Bill Gates? Cosa ci fanno i filantropi coi giganti degli OGM?
Sanno qualcosa che noi non sappiamo? Di sicuro Dio non è un problema i teologi ed i filosofi la fanno complicata, Bill Gates, Rockefeller ed altri come loro sanno benissimo chi è Dio e dove si trova ansi essi sanno manifestarlo.
La roba che c'è in rete è proprio tanta, metto un collegamento solo-
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=32862
La buona notizia è che alla fine, dopo il costo iniziale, di qualunque tipo fosse, ne beneficerà l'uomo a costi accettabili.
Che dire, Giorgio Macellari è un filosofo e il suo gradevole articolo è condito di sapienti esposizioni romanzate e poetiche. Certo che è scorrevole e naturalmente mi piace per questo.
Mi piace invece che ci siano dei dubbi sulla bioetica o etica della biologia. Parlare di OGM senza pensare a semi Terminator o semi Zombi è difficile e non vederci il controllo dei mercati della coltivazione è impossibile.
Così tutte quelli parole sul male diventano dei movimenti di mandibole senza suoni. Se i filantropi perdono ogni senso d'umanità? A cosa serve la Rockefeller foundation? Bill Gates? Cosa ci fanno i filantropi coi giganti degli OGM?
Sanno qualcosa che noi non sappiamo? Di sicuro Dio non è un problema i teologi ed i filosofi la fanno complicata, Bill Gates, Rockefeller ed altri come loro sanno benissimo chi è Dio e dove si trova ansi essi sanno manifestarlo.
La roba che c'è in rete è proprio tanta, metto un collegamento solo-
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