L'esistenza di IO (due questioni)
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L'esistenza di IO (due questioni)
1) La credenza più certa ed assoluta che sia mai stata trovata nella storia della filosofia è quella del cogito cartesiano. Comunque stiano le cose, non siamo certi di esistere.
In verità tale certezza però è patrimonio di ogn singolo individuo, non degli individui nella loro totalità. Poichè è il singolo individuo ad avere l'esperienza diretta della propria attività mentale, mentre gli altri ne possono avere solo un'esperienza indiretta. Ad esser ancora più precisi l singolo individuo è certo solo che c'è un'attività mentale, e che solo quella esista. In realtà dunque sarebbe più corretto tradurre l'affermazione di un'implicazione in un condizionale: non "penso dunque esisto",ma, "esiste un io che pensa se l'attività mentale è tale che implica un io che pensa". Se è vero duqnue che l'attività mentale implica un io che pensa, allora l'affermazione che esiste un io che pensa è vera.
E' possibile che vi sia attività mentale senza un io? Potrebbe non essere possibile, ma questo ancora non ci darebbe la certezza dell'esistenza dell'io.
Spiego come questo sia possibile modificando le affermazioni virgolettate precedenti in questo modo:
Esiste un io che pensa solo se l'attività mentale implica un io che pensa e quest'io che pensa è qualcosa di diversodall'attività mentale stessa. Ovvero, se pongo Io come p e Attività mentale come q dovrei dire che che se q impica p, allora p, mentre nel caso in cui Io è "interno" all'attività mentale ci troveremmo davanti ad un semplice q implica q.
Il problema è: come posso assicurarmi che l'io che pensa sia qualcosa di diverso dall'attività mentale?
Posso avere un'esperienza del mio io tale che sia distinguibile dall'attività mentale che si suppone che l'io dovrebbe rilevare?
Penso ad un cane. Come faccio a distinguere tra il pensiero del cane e l'io che pensa il cane?
Forse il modo in cui io penso a me stesso, non è lo stesso in cui io penso al cane? E non è forse lo stesso anche se io penso me stesso che pensa il cane?
Come faccio a porre un termine a questa progressione di pensieri su di me?
*********************************************
2) 1."Io, C, penso a X". e 2."X viene pensato da C", e 3."In C vi è un pensiero di X".
Potremmo dire che tutte e tre le affermazioni descrivono lo stesso evento. Solo la prima però implica il rilevamento di uno stato mentale. Nel senso che nelle altre due vi è un riferimento ad uno stato mentale, ma solo nella prima il rilevamento dello stato mentale prende la forma dell'esperienza dello stesso.
la differenza che ci potrebbe essere è che la prima dovrebbe essere sempre vera, mentre la seconda e la terza potrebbero avere un carattere irrimediabilmente ipotetico.
A) Ovvero, date 1,2,3 come p q r,
allora se p allora qr, ma non se qr allora p.
Ma come facciamo a sapere che 1. è vera? Lo sappiamo solo se essa è un'affermazione reale, cioè, lo sappiamo solo se essa viene detta, comunicata. Se essa non viene detta, ma solo pensata, allora essa stessa è uno stato mentale. In questo caso uno stato mentale che verte su uno stato mentale.
Se p, però, non è uno stato mentale, ma un'affermazione reale, allora essa diventa un'affermazione su qualcosa, il fatto che questo qualcosa sia uno stato mentale non è strettamente rilevante, ma è rilevante solo se l'affermazione su questa cosa è veritiera. E non può non esserlo, in questo caso proprio perchè stiamo parlando di uno stato mentale, perchè non si può mentire nel riferire di stare pensando a qualcosa, perchè è paradossale. Io non posso mentire nel riferirvi che sto pensando ad un cane, poichè le mie parole avranno come implicito il pensiero di un cane. In altre parole l'affermazione "io sto mentendo quando vi dico che sto pensando ad un cane" è sempre falsa.
Ma allora, la verità di 2 e 3 non dipenderà più da 1, ma piuttosto le affermazioni 1, 2 e 3 saranno equivalenti. Nel senso che l'affermazione In C c'è un pensiero di x è lo stesso di dire (ad alta voce) io, C, sto pensando ad un cane.
ponendo la 1. in quanto affermazione con p', avremo
"p allora qr, ma non qr allora p", solo se p', dove p' q r.
cioè le tre affermazioni saranno descrizioni vere dello stesso evento, e non la 1 condizione della verità delle altre due.
La qual conclusione pare però assai bizzarra:
Perchè uno stato mentale abbia un "potere causale", o meglio la forza di determinare la verità di enunciati che descrivano quello stato mentale senza che vi sia esperienza, esso deve divenire esso stesso un enunciato (insomma una comunicazione) su uno stato mentale, ma, così facendo, esso perde quella forza, e diviene un'equivalente di quegli enunciati che descrivono lo stato mentale senza che vi sia esperienza dello stato mentale.
In verità tale certezza però è patrimonio di ogn singolo individuo, non degli individui nella loro totalità. Poichè è il singolo individuo ad avere l'esperienza diretta della propria attività mentale, mentre gli altri ne possono avere solo un'esperienza indiretta. Ad esser ancora più precisi l singolo individuo è certo solo che c'è un'attività mentale, e che solo quella esista. In realtà dunque sarebbe più corretto tradurre l'affermazione di un'implicazione in un condizionale: non "penso dunque esisto",ma, "esiste un io che pensa se l'attività mentale è tale che implica un io che pensa". Se è vero duqnue che l'attività mentale implica un io che pensa, allora l'affermazione che esiste un io che pensa è vera.
E' possibile che vi sia attività mentale senza un io? Potrebbe non essere possibile, ma questo ancora non ci darebbe la certezza dell'esistenza dell'io.
Spiego come questo sia possibile modificando le affermazioni virgolettate precedenti in questo modo:
Esiste un io che pensa solo se l'attività mentale implica un io che pensa e quest'io che pensa è qualcosa di diversodall'attività mentale stessa. Ovvero, se pongo Io come p e Attività mentale come q dovrei dire che che se q impica p, allora p, mentre nel caso in cui Io è "interno" all'attività mentale ci troveremmo davanti ad un semplice q implica q.
Il problema è: come posso assicurarmi che l'io che pensa sia qualcosa di diverso dall'attività mentale?
Posso avere un'esperienza del mio io tale che sia distinguibile dall'attività mentale che si suppone che l'io dovrebbe rilevare?
Penso ad un cane. Come faccio a distinguere tra il pensiero del cane e l'io che pensa il cane?
Forse il modo in cui io penso a me stesso, non è lo stesso in cui io penso al cane? E non è forse lo stesso anche se io penso me stesso che pensa il cane?
Come faccio a porre un termine a questa progressione di pensieri su di me?
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2) 1."Io, C, penso a X". e 2."X viene pensato da C", e 3."In C vi è un pensiero di X".
Potremmo dire che tutte e tre le affermazioni descrivono lo stesso evento. Solo la prima però implica il rilevamento di uno stato mentale. Nel senso che nelle altre due vi è un riferimento ad uno stato mentale, ma solo nella prima il rilevamento dello stato mentale prende la forma dell'esperienza dello stesso.
la differenza che ci potrebbe essere è che la prima dovrebbe essere sempre vera, mentre la seconda e la terza potrebbero avere un carattere irrimediabilmente ipotetico.
A) Ovvero, date 1,2,3 come p q r,
allora se p allora qr, ma non se qr allora p.
Ma come facciamo a sapere che 1. è vera? Lo sappiamo solo se essa è un'affermazione reale, cioè, lo sappiamo solo se essa viene detta, comunicata. Se essa non viene detta, ma solo pensata, allora essa stessa è uno stato mentale. In questo caso uno stato mentale che verte su uno stato mentale.
Se p, però, non è uno stato mentale, ma un'affermazione reale, allora essa diventa un'affermazione su qualcosa, il fatto che questo qualcosa sia uno stato mentale non è strettamente rilevante, ma è rilevante solo se l'affermazione su questa cosa è veritiera. E non può non esserlo, in questo caso proprio perchè stiamo parlando di uno stato mentale, perchè non si può mentire nel riferire di stare pensando a qualcosa, perchè è paradossale. Io non posso mentire nel riferirvi che sto pensando ad un cane, poichè le mie parole avranno come implicito il pensiero di un cane. In altre parole l'affermazione "io sto mentendo quando vi dico che sto pensando ad un cane" è sempre falsa.
Ma allora, la verità di 2 e 3 non dipenderà più da 1, ma piuttosto le affermazioni 1, 2 e 3 saranno equivalenti. Nel senso che l'affermazione In C c'è un pensiero di x è lo stesso di dire (ad alta voce) io, C, sto pensando ad un cane.
ponendo la 1. in quanto affermazione con p', avremo
"p allora qr, ma non qr allora p", solo se p', dove p' q r.
cioè le tre affermazioni saranno descrizioni vere dello stesso evento, e non la 1 condizione della verità delle altre due.
La qual conclusione pare però assai bizzarra:
Perchè uno stato mentale abbia un "potere causale", o meglio la forza di determinare la verità di enunciati che descrivano quello stato mentale senza che vi sia esperienza, esso deve divenire esso stesso un enunciato (insomma una comunicazione) su uno stato mentale, ma, così facendo, esso perde quella forza, e diviene un'equivalente di quegli enunciati che descrivono lo stato mentale senza che vi sia esperienza dello stato mentale.
claudio285- -------------
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Data d'iscrizione : 19.12.08
Re: L'esistenza di IO (due questioni)
Pensiero senza coscienza di pensare... potrebbe interessarti la Stanza Cinese (click).
___________________
Per una visione atea e razionale del mondo http://www.inventati.org/razionalisti/
Re: L'esistenza di IO (due questioni)
Allora ^^
Questo me lo ero lasciato come dessert
Pensavi di averla fatta franca è? Di la verità ^^
Cominciamo
Su questo siamo d'accordo. Io sò di essere e sò che Io esiste.
Nulla però mi permette di provare agli altri che esiste il mio IO
No non direi... io sò che esisto, che il mio Io sia attività mentale lo dici tu... chi ti dice che in realtà non sia diverso?
Non potrebbe essere l'attività mentale la causa di un Io esterno ad essa?
Potrebbe anche essere diverso...
Esiste un Io che pensa e l'attività mentale è il prodotto di quest'Io.
Io pensa, l'attività mentale è l'Io che si relaziona.
Preferisco chiedermi se è possibile che ci sia un Io senza attività mentale. Potrebbe non essere possibile, ma dato che l'Io ha bisogno della mente per comunicarlo sarebbe impossibile sapere se quest'Io esiste.
Non puoi. Semplice.
Non si è mai visto un uomo che manifesta un Io senza mente, ne consegue che l'Io necessita della mente.
Ma il decidere se l'Io sia l'attività mentale o l'attività mentale il frutto dell'Io resta una convinzione personale.
*********************************************
Cioè tu dici quanto sopra?
Che non è possibile fare esperienza diretta dello stato mentale?
Non capisco però quali sarebbero le implicazioni....
Questo me lo ero lasciato come dessert
Pensavi di averla fatta franca è? Di la verità ^^
Cominciamo
claudio285 ha scritto:1) La credenza più certa ed assoluta che sia mai stata trovata nella storia della filosofia è quella del cogito cartesiano. Comunque stiano le cose, non siamo certi di esistere.
In verità tale certezza però è patrimonio di ogn singolo individuo, non degli individui nella loro totalità.
Su questo siamo d'accordo. Io sò di essere e sò che Io esiste.
Nulla però mi permette di provare agli altri che esiste il mio IO
claudio285 ha scritto:
Ad esser ancora più precisi l singolo individuo è certo solo che c'è un'attività mentale, e che solo quella esista.
No non direi... io sò che esisto, che il mio Io sia attività mentale lo dici tu... chi ti dice che in realtà non sia diverso?
Non potrebbe essere l'attività mentale la causa di un Io esterno ad essa?
claudio285 ha scritto:
In realtà dunque sarebbe più corretto tradurre l'affermazione di un'implicazione in un condizionale: non "penso dunque esisto",ma, "esiste un io che pensa se l'attività mentale è tale che implica un io che pensa". Se è vero duqnue che l'attività mentale implica un io che pensa, allora l'affermazione che esiste un io che pensa è vera.
Potrebbe anche essere diverso...
Esiste un Io che pensa e l'attività mentale è il prodotto di quest'Io.
Io pensa, l'attività mentale è l'Io che si relaziona.
claudio285 ha scritto:
E' possibile che vi sia attività mentale senza un io? Potrebbe non essere possibile, ma questo ancora non ci darebbe la certezza dell'esistenza dell'io.
Preferisco chiedermi se è possibile che ci sia un Io senza attività mentale. Potrebbe non essere possibile, ma dato che l'Io ha bisogno della mente per comunicarlo sarebbe impossibile sapere se quest'Io esiste.
claudio285 ha scritto:
Il problema è: come posso assicurarmi che l'io che pensa sia qualcosa di diverso dall'attività mentale?
Posso avere un'esperienza del mio io tale che sia distinguibile dall'attività mentale che si suppone che l'io dovrebbe rilevare?
Non puoi. Semplice.
Non si è mai visto un uomo che manifesta un Io senza mente, ne consegue che l'Io necessita della mente.
Ma il decidere se l'Io sia l'attività mentale o l'attività mentale il frutto dell'Io resta una convinzione personale.
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claudio285 ha scritto:
La qual conclusione pare però assai bizzarra:
Perchè uno stato mentale abbia un "potere causale", o meglio la forza di determinare la verità di enunciati che descrivano quello stato mentale senza che vi sia esperienza, esso deve divenire esso stesso un enunciato (insomma una comunicazione) su uno stato mentale, ma, così facendo, esso perde quella forza, e diviene un'equivalente di quegli enunciati che descrivono lo stato mentale senza che vi sia esperienza dello stato mentale.
Cioè tu dici quanto sopra?
Che non è possibile fare esperienza diretta dello stato mentale?
Non capisco però quali sarebbero le implicazioni....
Giovanni 4-23- -------------
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Età : 47
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Data d'iscrizione : 14.09.09
Re: L'esistenza di IO (due questioni)
Non capiso bene cosa vuoi dire. Forse volevi dire "l'attività mentale come effetto di un Io esterno ad essa" e non la "causa".
non direi comunque che " l'Io sia l'attività mentale o l'attività mentale il frutto dell'Io resta una convinzione personale."
L'attività mentale, pur rimanendo non osservabile, è però ipotizzabile tramite l'osservazione diretta dei "movimenti" elettrobiochimici del cervello. La stessa cosa non si può dire dell'Io. Non vi è nulla che lasci supporre che esista un tale centro di comando o punto principale di osservazione interna nell'attività cerebrale.
Quello che possiamo vedere è che il cervello di una persona cambia il proprio stato biochimico a seconda delle attività che il soggtto è chiamato a fare le quali presuppngono l'attivazione di na certa attività mentale.
Ma non vi è nulla che assmigli ad un "io" come osservatore privilegiato, come protagonista dell'attività mentale.
Il fatto che noi prcepiamo tutto come se vi fosse un io che osserva e una cosa osservata, anche a livello introspettivo, non indica necessariamente che vi sia effettivamente questo punto di osservazione. Al lmite possiamo dire che non riusciamo a raffigurarci quest'assenza, poichè non possiamo immagnarci una cosa siffatta senza ricorrere allo "strumento" dell'io. Ma l'io potrebbe essere funzione del linguaggio, o della memoria, o dell'immaginazione, o di tutte queste cose insieme, e non l'opposto.
non direi comunque che " l'Io sia l'attività mentale o l'attività mentale il frutto dell'Io resta una convinzione personale."
L'attività mentale, pur rimanendo non osservabile, è però ipotizzabile tramite l'osservazione diretta dei "movimenti" elettrobiochimici del cervello. La stessa cosa non si può dire dell'Io. Non vi è nulla che lasci supporre che esista un tale centro di comando o punto principale di osservazione interna nell'attività cerebrale.
Quello che possiamo vedere è che il cervello di una persona cambia il proprio stato biochimico a seconda delle attività che il soggtto è chiamato a fare le quali presuppngono l'attivazione di na certa attività mentale.
Ma non vi è nulla che assmigli ad un "io" come osservatore privilegiato, come protagonista dell'attività mentale.
Il fatto che noi prcepiamo tutto come se vi fosse un io che osserva e una cosa osservata, anche a livello introspettivo, non indica necessariamente che vi sia effettivamente questo punto di osservazione. Al lmite possiamo dire che non riusciamo a raffigurarci quest'assenza, poichè non possiamo immagnarci una cosa siffatta senza ricorrere allo "strumento" dell'io. Ma l'io potrebbe essere funzione del linguaggio, o della memoria, o dell'immaginazione, o di tutte queste cose insieme, e non l'opposto.
claudio285- -------------
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