la presunta povertà del Veneto sotto la dominazione asburgica e la rivoluzione del 1848-49
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la presunta povertà del Veneto sotto la dominazione asburgica e la rivoluzione del 1848-49
Dal libro “Venezia e l’Austria” , capitolo X “Vecchi poveri e nuovi borghesi. La società veneziana nell’Ottocento asburgico” di Andrea Zannini.
Le condizioni economiche generali della città nei primi decenni dell’Ottocento sono difficilmente equivocabili: il fragile equilibrio portuale su cui si reggeva la sua economia si spezzò con la caduta del regime aristocratico, per frantumarsi definitivamente tra il 1813 e il 1817, tra il blocco continentale e la terribile carestia che mise in ginocchio le campagne venete.[…]Ridotta da capitale di uno stato transnazionale a capoluogo di dipartimento sotto il regno d’Italia a co-capitale del Lombardo-Veneto, Venezia conobbe una delle crisi demografiche più profonde della sua storia, perse nell’arco dei primi due decenni del secolo 1/3 della sua popolazione[…]
Il terzo decennio del secolo[…] costituì il momento più buio. Dai primi anni trenta, in virtù di una rinnovata vitalità commerciale stimolata dalla concessione del porto franco, per la progressiva espansione di una rete di servizi a carattere pubblico e per il prosperare delle imprese statali (Arsenale, Manifattura Tabacchi, Zecca) si reinnescò il meccanismo virtuoso della crescita che […] produsse una rincorsa che durò a lungo, per oltre un secolo come dimostra la curva di lunghissimo periodo della popolazione veneziana. (la popolazione di Venezia passa dai 100.000 abitanti del 1830 ai 125.000 del 1870).
[…]Una rilevazione dell’epoca indica poi come nel 1837 il reddito pro capite del Veneto fosse solo del 3% inferiore a quello della Lombardia, assestando la regione al terzo posto dopo la Lombardia appunto e la Bassa Austria, tra le provincie dell’Impero1.
[…]Il tanto ripetuto dato dei 40.000 indigenti su 100.000 abitanti è stato relativizzato dagli stessi studiosi che hanno parlato di “pauperismo di massa”[…]In realtà se 40.000 erano gli iscritti alle fraterne parrocchiali per ricevere un sussidio, i poveri strutturali erano 3-5000[…], una cifra che non si discosta di molto dal tasso consueto di marginalità di una metropoli come Venezia. […]
Come sono stati ravvisati elementi di dinamicità e progresso nell’economia […]si pensi alla diffusione di una struttura industriale nei distretti pedemontani veneti[…]si sta guardando con occhi diversi ala struttura della popolazione veneta nel periodo della dominazione austriaca.
[…]
1Cit. in Ginsborg, Daniele Manin, cit. p 16, n. 6
Le condizioni economiche generali della città nei primi decenni dell’Ottocento sono difficilmente equivocabili: il fragile equilibrio portuale su cui si reggeva la sua economia si spezzò con la caduta del regime aristocratico, per frantumarsi definitivamente tra il 1813 e il 1817, tra il blocco continentale e la terribile carestia che mise in ginocchio le campagne venete.[…]Ridotta da capitale di uno stato transnazionale a capoluogo di dipartimento sotto il regno d’Italia a co-capitale del Lombardo-Veneto, Venezia conobbe una delle crisi demografiche più profonde della sua storia, perse nell’arco dei primi due decenni del secolo 1/3 della sua popolazione[…]
Il terzo decennio del secolo[…] costituì il momento più buio. Dai primi anni trenta, in virtù di una rinnovata vitalità commerciale stimolata dalla concessione del porto franco, per la progressiva espansione di una rete di servizi a carattere pubblico e per il prosperare delle imprese statali (Arsenale, Manifattura Tabacchi, Zecca) si reinnescò il meccanismo virtuoso della crescita che […] produsse una rincorsa che durò a lungo, per oltre un secolo come dimostra la curva di lunghissimo periodo della popolazione veneziana. (la popolazione di Venezia passa dai 100.000 abitanti del 1830 ai 125.000 del 1870).
[…]Una rilevazione dell’epoca indica poi come nel 1837 il reddito pro capite del Veneto fosse solo del 3% inferiore a quello della Lombardia, assestando la regione al terzo posto dopo la Lombardia appunto e la Bassa Austria, tra le provincie dell’Impero1.
[…]Il tanto ripetuto dato dei 40.000 indigenti su 100.000 abitanti è stato relativizzato dagli stessi studiosi che hanno parlato di “pauperismo di massa”[…]In realtà se 40.000 erano gli iscritti alle fraterne parrocchiali per ricevere un sussidio, i poveri strutturali erano 3-5000[…], una cifra che non si discosta di molto dal tasso consueto di marginalità di una metropoli come Venezia. […]
Come sono stati ravvisati elementi di dinamicità e progresso nell’economia […]si pensi alla diffusione di una struttura industriale nei distretti pedemontani veneti[…]si sta guardando con occhi diversi ala struttura della popolazione veneta nel periodo della dominazione austriaca.
[…]
1Cit. in Ginsborg, Daniele Manin, cit. p 16, n. 6
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Re: la presunta povertà del Veneto sotto la dominazione asburgica e la rivoluzione del 1848-49
Dal libro “Daniele Manin e la rivoluzione Veneziana del 1848-49”, di Paul Ginsborg
Dal capitolo I:
[…]E’ chiaro però che il Lombardo-Veneto era la parte più redditizia dell’impero austriaco.[…] In media gli austriaci ricavavano dall’Italia settentrionale da un quarto a un terzo delle entrate totali dell’impero. Il reddito lordo pro capite della popolazione era molto maggiore nel Lombardo-Veneto che in qualsiasi altra parte dell’impero, tranne che nella Bassa Austria1.
La situazione fu però molto diversa nel 1814-18,quando ci fu una seria di cattivi raccolti e i contadini delle montagne del Veneto erano ai limiti della sopravvivenza. Allora gli austriaci attenuarono la pressione fiscale e spesero somme considerevoli in aiuto ai poveri e in un vasto programma di aiuti pubblici. Ma quando la crisi fu superata, il governo imperiale, nonostante i notevoli stanziamenti nella costruzione di scuole e di strade, attinse dall’Italia un surplus sempre crescente. Nel 1845 le entrate che il governo austriaco ricavò dal Veneto superavano le somme ivi investite di oltre 45 mln di lire austriache.2
I proventi attinti dall’Italia settentrionale erano vitali per l’economia austriaca, poiché la Hofkammer (il ministero delle finanze)era oppressa da un deficit annuale cronico di dimensioni preoccupanti.[…]Il debito dello Stato divenne sempre più gravoso col passare degli anni e i redditi forniti dalle province del Lombardo-Veneto furono un mezzo vitale per attenuare le carenza croniche del tesoro di Vienna. Il bisogno che lgi austriaci avevano del denaro italiano fece scattare tutta una serie di misure fiscali […],le quali creano l’impressione sfavorevole ma giustificata che le province italiane fossero la “mucca da latte” dell’Impero.
1Cfr.la tabella comparata in L. de Tegoborski, Des Finances et du credit public de l’Autriche, vol 1, Paris 1843, pag. 116. De Tegoborskycalcolò che nel 1837 il reddito pro capite della Bassa Austria fu di 14,40 fiorini, in Lombardia di 7,44, in Veneto di 7,15, in Boemia di 4,00, nel Tirolo di 3,58, e in galizia di 2,49 (un fiorino valeva tre lire austriache). L’alta cifra per la Bassa Austria si spiega con la presenza in essa di Vienna.
2SANDONA’ cit., p349. Nel 1825 le entrate fiscali nel Veneto ammontavano già a oltre 41,5 mln di lire austriache, mentre le spese furono in quell’anno di soli 16,7 mln (ibid, p.339).
Dal capitolo I:
[…]E’ chiaro però che il Lombardo-Veneto era la parte più redditizia dell’impero austriaco.[…] In media gli austriaci ricavavano dall’Italia settentrionale da un quarto a un terzo delle entrate totali dell’impero. Il reddito lordo pro capite della popolazione era molto maggiore nel Lombardo-Veneto che in qualsiasi altra parte dell’impero, tranne che nella Bassa Austria1.
La situazione fu però molto diversa nel 1814-18,quando ci fu una seria di cattivi raccolti e i contadini delle montagne del Veneto erano ai limiti della sopravvivenza. Allora gli austriaci attenuarono la pressione fiscale e spesero somme considerevoli in aiuto ai poveri e in un vasto programma di aiuti pubblici. Ma quando la crisi fu superata, il governo imperiale, nonostante i notevoli stanziamenti nella costruzione di scuole e di strade, attinse dall’Italia un surplus sempre crescente. Nel 1845 le entrate che il governo austriaco ricavò dal Veneto superavano le somme ivi investite di oltre 45 mln di lire austriache.2
I proventi attinti dall’Italia settentrionale erano vitali per l’economia austriaca, poiché la Hofkammer (il ministero delle finanze)era oppressa da un deficit annuale cronico di dimensioni preoccupanti.[…]Il debito dello Stato divenne sempre più gravoso col passare degli anni e i redditi forniti dalle province del Lombardo-Veneto furono un mezzo vitale per attenuare le carenza croniche del tesoro di Vienna. Il bisogno che lgi austriaci avevano del denaro italiano fece scattare tutta una serie di misure fiscali […],le quali creano l’impressione sfavorevole ma giustificata che le province italiane fossero la “mucca da latte” dell’Impero.
1Cfr.la tabella comparata in L. de Tegoborski, Des Finances et du credit public de l’Autriche, vol 1, Paris 1843, pag. 116. De Tegoborskycalcolò che nel 1837 il reddito pro capite della Bassa Austria fu di 14,40 fiorini, in Lombardia di 7,44, in Veneto di 7,15, in Boemia di 4,00, nel Tirolo di 3,58, e in galizia di 2,49 (un fiorino valeva tre lire austriache). L’alta cifra per la Bassa Austria si spiega con la presenza in essa di Vienna.
2SANDONA’ cit., p349. Nel 1825 le entrate fiscali nel Veneto ammontavano già a oltre 41,5 mln di lire austriache, mentre le spese furono in quell’anno di soli 16,7 mln (ibid, p.339).
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Re: la presunta povertà del Veneto sotto la dominazione asburgica e la rivoluzione del 1848-49
Attenti a non scambiare il periodo della dominazione austriaca come a un 'età d'oro per il Veneto:
Sempre dal libro di Ginsborg, Capitolo 1
Lombardi e veneti, quale che fosse il loro passato politico , raramente occupavano le posizioni più elevate nel regno. Pare che Metternich avesse nei confronti degli italiani un atteggiamento quasi razzista.[...]Ben poche eccezioni furono fatte alle diverse tradizioni e usi delle province di lingua italiana. Il conte Lazansky, presidente della commissione alla quale era stato affidato il compito di decidere sulla futura amministrazione del Lombardo-Veneto,compendiò in cinque parole il pensiero austriaco in questi anni: "il faut germaniser l'Italie".
E' chiaro però che, nell'ambito dei loro piani generali per fare dell'Impero un'unità economicamente autosufficiente, gli economisti viennesi attribuivano al Veneto il ruolo subordinato di un paese fornitore di materie prime. Altre parti dell'impero[...]avevano invece il privilegio di essere considerati i centri di produzione manifatturiera. Le merci provenienti da queste zone venivano introdotte nel Veneto senza essere soggette a tasse d'importazione e potevano quindi vincere facilmente la concorrenza della produzione locale. Dazi proibitivi venivano imposti allo stesso tempo alla massima parte delle materie prime importate nel Veneto. L'industria veneziana aveva quindi poca o nessuna possibilità di prosperare sotto il governo austriaco
In politica l'Austria non faceva nulla per camuffare la situazione di sfruttamento economico e di status quasi coloniale del Veneto.
Sempre dal libro di Ginsborg, Capitolo 1
Lombardi e veneti, quale che fosse il loro passato politico , raramente occupavano le posizioni più elevate nel regno. Pare che Metternich avesse nei confronti degli italiani un atteggiamento quasi razzista.[...]Ben poche eccezioni furono fatte alle diverse tradizioni e usi delle province di lingua italiana. Il conte Lazansky, presidente della commissione alla quale era stato affidato il compito di decidere sulla futura amministrazione del Lombardo-Veneto,compendiò in cinque parole il pensiero austriaco in questi anni: "il faut germaniser l'Italie".
E' chiaro però che, nell'ambito dei loro piani generali per fare dell'Impero un'unità economicamente autosufficiente, gli economisti viennesi attribuivano al Veneto il ruolo subordinato di un paese fornitore di materie prime. Altre parti dell'impero[...]avevano invece il privilegio di essere considerati i centri di produzione manifatturiera. Le merci provenienti da queste zone venivano introdotte nel Veneto senza essere soggette a tasse d'importazione e potevano quindi vincere facilmente la concorrenza della produzione locale. Dazi proibitivi venivano imposti allo stesso tempo alla massima parte delle materie prime importate nel Veneto. L'industria veneziana aveva quindi poca o nessuna possibilità di prosperare sotto il governo austriaco
In politica l'Austria non faceva nulla per camuffare la situazione di sfruttamento economico e di status quasi coloniale del Veneto.
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