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L'etica non ha bisogno di dio

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Messaggio Da paolo1951 Dom 7 Lug 2013 - 22:34

Paolo ha scritto:
paolo1951 ha scritto:
Certo che hai detto qualcosa ma non puoi verificare la tua affermazione...
Comunque, andando contro il "senso comune" (molto spesso fallace), puoi anche affermare che il noumeno non esiste e ridurre tutta la realtà a pura fenomenologia, ma anche così fai una affermazione filosofica che non puoi provare scientificamente...
Caro Minsky, mi spiace ma sei in un cul de sac.

Paolo stai facendo un errore circolare. Non puoi usare la definizione per provare l'esistenza di un qualcosa. Se dici "la filosofia non esiste" non è un cul de sac. Potrà essere una affermazione errata o non condivisibile ma non certo circolare.
No qui non stiamo parlando della prova ontologica di Sant'Anselmo, non si tratta di provare l'esistenza di qualcosa in base alla sua definizione.
La questione è che tutta la conoscenza scientifica è circoscritta all'universo delle relazioni che intercorrono con un osservatore, che in ultima analisi è sempre inevitabilmente il nostro io. Cosa sia l'oggetto in sé è impossibile saperlo, anzi in ultima analisi non sappiamo neanche se ci sia l'oggetto in sé.
E comunque queste questioni sono meramente filosofiche, la scienza non può dirci nulla al riguardo.

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Messaggio Da Minsky Dom 7 Lug 2013 - 23:01

paolo1951 ha scritto:
Paolo ha scritto:
paolo1951 ha scritto:
Certo che hai detto qualcosa ma non puoi verificare la tua affermazione...
Comunque, andando contro il "senso comune" (molto spesso fallace), puoi anche affermare che il noumeno non esiste e ridurre tutta la realtà a pura fenomenologia, ma anche così fai una affermazione filosofica che non puoi provare scientificamente...
Caro Minsky, mi spiace ma sei in un cul de sac.

Paolo stai facendo un errore circolare. Non puoi usare la definizione per provare l'esistenza di un qualcosa. Se dici "la filosofia non esiste" non è un cul de sac. Potrà essere una affermazione errata o non condivisibile ma non certo circolare.
No qui non stiamo parlando della prova ontologica di Sant'Anselmo, non si tratta di provare l'esistenza di qualcosa in base alla sua definizione.
La questione è che tutta la conoscenza scientifica è circoscritta all'universo delle relazioni che intercorrono con un osservatore, che in ultima analisi è sempre inevitabilmente il nostro io. Cosa sia l'oggetto in sé è impossibile saperlo, anzi in ultima analisi non sappiamo neanche se ci sia l'oggetto in sé.
E comunque queste questioni sono meramente filosofiche, la scienza non può dirci nulla al riguardo.
Non è così. La scienza moderna non si basa più su osservazioni dirette.
Le "osservazioni" sono compiute da strumenti, molti dei quali funzionano senza alcun intervento umano, non solo a livello della misura, ma anche a livello dell'elaborazione.
Si tratta cioè di effettuare "osservazioni" che sono rilevazioni strumentali, i cui dati vengono direttamente passati ad un computer, che a sua volta li elabora ricercando strutture e correlazioni significative, e solo alla fine presenta i risultati in formato intellegibile.
Questo è un "andare oltre" l'apparenza delle cose, e penetrarne la "sostanza", in un modo che Kant non poteva neppure immaginare. Non facciamoci fuorviare da castelli di parole! Più la scienza si spinge in avanti, più la filosofia del trascendente si ritira verso empirei esotici e stralunati. Ma nel ritirarsi si prosciuga e lascia un residuo secco e stantio di cui facciamo fatica a liberarci. Nessun cul de sac! Dimostra che il "noumeno" non è una cazzata, se puoi... poi ne riparliamo! mgreen

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Messaggio Da paolo1951 Lun 8 Lug 2013 - 9:17

Minsky ha scritto:....
Non è così. La scienza moderna non si basa più su osservazioni dirette.
Le "osservazioni" sono compiute da strumenti, molti dei quali funzionano senza alcun intervento umano, non solo a livello della misura, ma anche a livello dell'elaborazione.
Si tratta cioè di effettuare "osservazioni" che sono rilevazioni strumentali, i cui dati vengono direttamente passati ad un computer, che a sua volta li elabora ricercando strutture e correlazioni significative, e solo alla fine presenta i risultati in formato intellegibile.
Questo è un "andare oltre" l'apparenza delle cose, e penetrarne la "sostanza", in un modo che Kant non poteva neppure immaginare. Non facciamoci fuorviare da castelli di parole! Più la scienza si spinge in avanti, più la filosofia del trascendente si ritira verso empirei esotici e stralunati. Ma nel ritirarsi si prosciuga e lascia un residuo secco e stantio di cui facciamo fatica a liberarci. Nessun cul de sac! Dimostra che il "noumeno" non è una cazzata, se puoi... poi ne riparliamo! mgreen
Caro Minsky, quando si pensava che la Terra fosse piatta, ci si domandava cosa sostenesse quel "piatto", si ipotizzò una colonna, ma la colonna dove poggiava? si disse sulla schiena di un elefante... e l'elefante? sopra una enorme tartaruga... ecc. ecc.
All'epoca di Kant esistevano da tempo più o meno complessi sistemi di misura volti a rendere "oggettive" le osservazioni scientifiche ... Kant (ma altri prima di lui) si rendeva però conto, a differenza di te, che il problema in questo modo veniva solo spostato ma per nulla risolto.
In ogni caso tu misuri sempre una relazione tra l'oggetto e qualcos'altro e alla fine della catena ti trovi sempre a fare i conti con il tuo io, che rimane l'osservatore finale.

Come dicevo il noumeno kantiano può benissimo non esistere, Hume prima di lui la pensava proprio così e riduceva la realtà a "fasci" di sensazioni... ma si tratta comunque di questioni filosofiche sulle quale né oggi, né domani la scienza potrà dirci nulla.
Come dici tu, più la scienza va avanti e più il noumeno sembra scomparire... in realtà si "allontana" ma non "diminuisce" affatto...  come in una numerazione puoi progredire quanto vuoi, ma ti rimarranno sempre infiniti numeri da elencare.

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Messaggio Da Paolo Lun 8 Lug 2013 - 21:56

paolo1951 ha scritto:
E comunque queste questioni sono meramente filosofiche, la scienza non può dirci nulla al riguardo.

Quando dico che è un ragionamento circolare intendo che se si afferma che un qualcosa non esiste non puoi tu dire che questa affermazione è la cosa stessa. Puoi contestare l'affermazione ma non usando la affermazione stessa. Nel momento che dico che la filosofia per me non esiste non mi puoi dire che sto facendo un discorso filosofico. Potrai dire che ho detto una cazzata perchè..... ma non dirmi che nel dire questo ho fatto un ragionamento filosofico. Lo so che non ha nulla a che fare con la prova di S.Agostino. Era solo un parallelismo.

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La questione se  "Il mondo sia stato creato da Dio, il quale è sempre esistito" si semplifica in "Il mondo è sempre esistito". E' superfluo, e quindi, secondo il rasoio di Occam, sbagliato in senso metodologico, introdurre Dio per spiegare l'esistenza del mondo.

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Messaggio Da paolo1951 Mar 9 Lug 2013 - 0:07

Paolo ha scritto:
... Quando dico che è un ragionamento circolare  intendo che se si afferma che un qualcosa non esiste non puoi tu dire che questa affermazione è la cosa stessa. Puoi  contestare l'affermazione ma non usando la affermazione stessa. Nel momento che dico che la filosofia per me non esiste non mi puoi dire che sto facendo un discorso filosofico. Potrai dire che ho detto una cazzata perchè..... ma non dirmi che nel dire questo ho fatto un ragionamento filosofico. Lo so che non ha nulla a che fare con la prova di S.Agostino. Era solo un parallelismo.
Scusa la pignoleria omonimo ma sbagli santo... era Sant'Anselmo d'Aosta e non Sant'Agostino d'Ippona.
Comunque a parte questo, per me stai dicendo delle grandi cazzate: la scienza è diventata tale, cioè si è staccata e distinta dalla filosofia, proprio autolimitandosi all'universo dei fenomeni fisici, e principalmente dei fenomeni sperimentabili, e accettando di essere un sapere "relativo".
La scienza non dice che Dio non esiste, dice semplicemente che la teologia non fa parte del suo campo d'indagine, che non ha senso parlare di Dio in campo scientifico.
Di conseguenza anche uno scienziato credente dovrà comportarsi in quanto scienziato né più, né meno come uno scienziato ateo, per esempio non dovrà mai formulare l'ipotesi "miracolo", ma dire semplicemente che si tratta di un fenomeno che non ha per il momento una spiegazione scientifica. Se poi lui crede in Dio e nei miracoli, questo lo fa non come scienziato ma come credente o come filosofo.

Idem l'ateismo è una filosofia e non una ipotesi scientifica.

Non c'è nulla di "circolare" quindi nel dire che la affermazione "la filosofia... non esiste" non è una affermazione scientifica.
Posso solo darti ragione in questo: ho detto che è una affermazione filosofica, e qui forse sono andato troppo oltre... dovevo limitarmi a dire appunto "NON scientifica".
Però visto a quanto ne so le tre grandi categorie sono: scienza, filosofia e religione... o tu me ne inserisci, me ne trovi una quarta, oppure la tua affermazione, se non è filosofica, non potrebbe essere che religiosa!



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Messaggio Da silvio Mar 9 Lug 2013 - 1:20

paolo1951 ha scritto: la scienza è diventata tale, cioè si è staccata e distinta dalla filosofia, proprio autolimitandosi all'universo dei fenomeni fisici, e principalmente dei fenomeni sperimentabili, e accettando di essere un sapere "relativo".
La scienza non dice che Dio non esiste, dice semplicemente che la teologia non fa parte del suo campo d'indagine, che non ha senso parlare di Dio in campo scientifico.



 Si sono d'accordo, la scienza non pretende di andare oltre la sua peculiarità, che è quella di restringere il sapere a ciò che veramente possiamo sperimentare con i nostri sensi fisici, quindi non andando nelle chimere, nei miti.
 L'Uomo moderno, scientifico, vuole parlare solo di ciò che può sperimentare, anche con l'ausilio di strumentazione che altro non è che una estensione dei propri organi conoscitivi.

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Messaggio Da Miele Mer 10 Lug 2013 - 15:02

*Valerio* ha scritto:

Intanto grazie per il tuo post wink.. 

"Odiarti?" mgreen  Ma certo che no! Anche perchè sono perfettamente d'accorto con te che tutto va relativizzato: ci mancherebbe!!! Quoto anche quanto hai successivamente sostenuto.

Tuttavia, postando questo articolo, il mio intento era porre l'accento non tanto sul pensiero globale di Kant e in quale ambito esso maturi benchè sia importante - noto che alcuni utenti si sono fermati nel misurargli la fede o inquadrarlo in qualche credo - e nemmeno soffermarmi troppo sulle sue idee, a furia di divulgare la sua saggezza inevitabilmente inciampa non solo perchè a tratti non è più attuale ma anche per i grossolani errori che hai evidenziato.

Piuttosto volevo mettere enfasi su ciò che l'autore di questo pezzo scrive riprendendo i pensieri dei filosofi citati: ovvero che non serve una divinità per acquisire una morale.
 
Ciò dal punto di vista ateo e non solo è più che scontato, ma ricordiamoci che siamo circondati da persone convinte dell'esatto contrario, le quali di conseguenza pensano che senza aver ricevuto una rivelazione suprema non saremmo in grado di posizionare i valori, incapaci di distinguere ciò che è "bene" da ciò che è "male". 
Questa è una stronzata, virgolette d'obbligo, come dicevi prima tutto deve essere relativizzato, alla faccia di chi predica il contrario (ancora oggi) dal pulpito e vestito a carnevale per essere più scenografico e convincente.

Mi soffermo su un punto secondo me importante.
Se prendiamo alcune regole basilari del vivere civilmente in una comunità, è lampante che ad esempio il non uccidersi a vicenda o il non rubare siano scontate e che esse siano vecchie quanto l'uomo fin dalla sua comparsa. 
A questo punto penso si possa dedurre che una legge morale si rende esplicita in teoria quando è già implicita nel fatto stesso. Non trovi?
E' il fatto (rubare e uccidere rendono invivibile e problematica la convivenza) che finisce inevitabilmente per creare la regola, l'uomo se ne accorge/ne prende atto e la mette nero su bianco senza il bisogno di alcun intervento divino.
 
Quando viceversa è la regola che crea il fatto e che poi si impone, allora abbiamo a che fare o con un credo religioso o qualche altro tipo di assolutismo: essi tendono al voler uniformare i pensieri e controllare le azioni dei singoli con diktat. Nel primo caso sono ammantati di quell'alone divino al quale vuoi per paura e intimidazione, vuoi per una questione di presunti premi/punizioni da godere nell'oltretomba le masse si adeguano.
E' ovvio per noi, mica tanto per la quasi totalità della popolazione mondiale.

Meno male che non te la sei presa Rolling Eyes 
Ora che ho capito le intenzioni sottese all'apertura del topic posso risponderti in modo più mirato. cat 

Certamente l'etica, secondo me, necessita di un Dio e non ne necessita nella stessa misura.
L'etica infatti è l'aspetto di una visione del mondo più ambia, che abbraccia altre sfere oltre all'ambito del bene e del male. Qualora tale visione del mondo presuppone un'ontologia di un certo tipo, la presenza di un'entità soprannaturale che presieda agli universali etici sarà indispensabile. Viceversa in una visione del mondo diversamente fondata ciò non sarà necessario.  
Il punto è che ogni discorso sul mondo è teoria, e la teoria è un processo di astrazione che condensa l'esperienza in una rete di idee interconnesse in modo inesorabile. Si viene a creare un nuovo mondo, collocato in parallelo al precedente nella sfera del significato. Dato che la ricerca di significati è per l'uomo un bisogno primario, l'uomo vive in questo mondo autocreato e nel mondo concreto sono tramite esso.
Per capire quindi cosa davvero sia l'etica, e se l'etica in quanto tale abbia bisogno di un dio garante bisogna provare ad impegnarsi in un percorso di decostruzione e ridiscende fino al mondo concreto.
A questo livello che troviamo? Troviamo un essere umano mosso da bisogni. Il bisogno è il termine di relazione tra soggetto ed oggetto ( tutto ciò che è al  mondo), quindi è tramite esso che l'uomo conosce la realtà che lo circonda. La risposta appagante dell'ambiente è per lui un bene e bene ciò che la provoca mentre quella frustrante è un male e male ciò che la provoca. Quindi in termini minimi il bene è un'esperienza di appagamento. Per appagare i suoi bisogni l'uomo deve anche sapere come muoversu, cioè sapersi orientare e crea una mappa all'interno della realtà che gli permetta di localizzare i beni ( le esperienze apportatrici di soddisfazione). Si definisce così la consapevolezza di cosa è bene in forma condivisa. Dato che ogni uomo ricerca come gli altri appagamento si crea la necessita di contenere il pericolo che deriva dall'altri ricerca di appagamento, esperita come male. Ed ecco così generarsi un'etica minima socialmente condivisa.
A questo livello si innesca il processo di astrazione che ho accennato sopra, a causa della necessità di generalizzare le esperienze rendendole trasferibili altrove. Tale astrazione si raffina poi ulteriormente per il bisogno umano di trovare nel mondo significati ( non so  se condividi questa cosa e ritieni a tua volta che tale bisogno sussista, me lo dirai ).

Quindi, sì. L'etica non ha bisogno di Dio a questo livello minimo... mentre quando si eleva a livello di teoria può avere disogno di noi, di dio, del grande Puffo o di nessuno a pari titolo.
L'etica minima di principio, potrebbe essere anche completamente immorale ( con questo termine intendo ciò che noi, formati entro una certa cultura, riteniamo comunemente essere cosa cattiva) a meno che non incontri a livello speculatico un insieme di idee che la orientino diversamente.

Quanto ai fatti, non credo contengano in se alcun significato, nemmeno etico, ma che lo acquistino nell'incontrarci.
I significati sono nostra creazione e nostra responsabilità. Dio stesso è un significato che abbiamo creato a partire da poveri fatti innocenti, così come la sua negazione.


Masada78 ha scritto:
Miele ha scritto:cat

Davvero benvenuta miele.
Un piacere leggerti.


Grazie Masada.wink..


.... devo ammettere che detto da un utente che si mostra tramite l'avatar che ritrae Al Pacino mi gratifica in modo particolare carneval
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Messaggio Da paolo1951 Mer 10 Lug 2013 - 16:23

Miele ha scritto: ...

Certamente l'etica, secondo me, necessita di un Dio e non ne necessita nella stessa misura.
L'etica infatti è l'aspetto di una visione del mondo più ambia, che abbraccia altre sfere oltre all'ambito del bene e del male. Qualora tale visione del mondo presuppone un'ontologia di un certo tipo, la presenza di un'entità soprannaturale che presieda agli universali etici sarà indispensabile. Viceversa in una visione del mondo diversamente fondata ciò non sarà necessario.  
Il punto è che ogni discorso sul mondo è teoria, e la teoria è un processo di astrazione che condensa l'esperienza in una rete di idee interconnesse in modo inesorabile. Si viene a creare un nuovo mondo, collocato in parallelo al precedente nella sfera del significato. Dato che la ricerca di significati è per l'uomo un bisogno primario, l'uomo vive in questo mondo autocreato e nel mondo concreto sono tramite esso.
Per capire quindi cosa davvero sia l'etica, e se l'etica in quanto tale abbia bisogno di un dio garante bisogna provare ad impegnarsi in un percorso di decostruzione e ridiscende fino al mondo concreto.
A questo livello che troviamo? Troviamo un essere umano mosso da bisogni. Il bisogno è il termine di relazione tra soggetto ed oggetto ( tutto ciò che è al  mondo), quindi è tramite esso che l'uomo conosce la realtà che lo circonda. La risposta appagante dell'ambiente è per lui un bene e bene ciò che la provoca mentre quella frustrante è un male e male ciò che la provoca. Quindi in termini minimi il bene è un'esperienza di appagamento. Per appagare i suoi bisogni l'uomo deve anche sapere come muoversu, cioè sapersi orientare e crea una mappa all'interno della realtà che gli permetta di localizzare i beni ( le esperienze apportatrici di soddisfazione). Si definisce così la consapevolezza di cosa è bene in forma condivisa. Dato che ogni uomo ricerca come gli altri appagamento si crea la necessita di contenere il pericolo che deriva dall'altri ricerca di appagamento, esperita come male. Ed ecco così generarsi un'etica minima socialmente condivisa.
A questo livello si innesca il processo di astrazione che ho accennato sopra, a causa della necessità di generalizzare le esperienze rendendole trasferibili altrove. Tale astrazione si raffina poi ulteriormente per il bisogno umano di trovare nel mondo significati ( non so  se condividi questa cosa e ritieni a tua volta che tale bisogno sussista, me lo dirai ).

Quindi, sì. L'etica non ha bisogno di Dio a questo livello minimo... mentre quando si eleva a livello di teoria può avere disogno di noi, di dio, del grande Puffo o di nessuno a pari titolo.
L'etica minima di principio, potrebbe essere anche completamente immorale ( con questo termine intendo ciò che noi, formati entro una certa cultura,  riteniamo comunemente essere cosa cattiva) a meno che non incontri a livello speculatico un insieme di idee che la orientino diversamente.

Quanto ai fatti, non credo contengano in se alcun significato, nemmeno etico, ma che lo acquistino nell'incontrarci.
I significati sono nostra creazione e nostra responsabilità. Dio stesso è un significato che abbiamo creato a partire da poveri fatti innocenti, così come la sua negazione.

Miele sei quasi peggio di Kant....
Comunque semplificando per i non-tedeschi:
tu infondo proponi un'etica basata sulla semplice ricerca della felicità? Felicità che l'uomo scopre essere più intensa quando si dà una legge universale e si conforma ad essa liberamente.
E il Dio-Legge morale, è solo una creazione dell'uomo per soddisfare meglio il suo bisogno di felicità... è così o non ho capito una mazza?

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(epigrafe indirizzata all'Aretino da Paolo Giovio)
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Messaggio Da *Valerio* Mer 10 Lug 2013 - 19:28

Miele ha scritto:
*Valerio* ha scritto:

Intanto grazie per il tuo post wink.. 

"Odiarti?" mgreen  Ma certo che no! Anche perchè sono perfettamente d'accorto con te che tutto va relativizzato: ci mancherebbe!!! Quoto anche quanto hai successivamente sostenuto.

Tuttavia, postando questo articolo, il mio intento era porre l'accento non tanto sul pensiero globale di Kant e in quale ambito esso maturi benchè sia importante - noto che alcuni utenti si sono fermati nel misurargli la fede o inquadrarlo in qualche credo - e nemmeno soffermarmi troppo sulle sue idee, a furia di divulgare la sua saggezza inevitabilmente inciampa non solo perchè a tratti non è più attuale ma anche per i grossolani errori che hai evidenziato.

Piuttosto volevo mettere enfasi su ciò che l'autore di questo pezzo scrive riprendendo i pensieri dei filosofi citati: ovvero che non serve una divinità per acquisire una morale.
 
Ciò dal punto di vista ateo e non solo è più che scontato, ma ricordiamoci che siamo circondati da persone convinte dell'esatto contrario, le quali di conseguenza pensano che senza aver ricevuto una rivelazione suprema non saremmo in grado di posizionare i valori, incapaci di distinguere ciò che è "bene" da ciò che è "male". 
Questa è una stronzata, virgolette d'obbligo, come dicevi prima tutto deve essere relativizzato, alla faccia di chi predica il contrario (ancora oggi) dal pulpito e vestito a carnevale per essere più scenografico e convincente.

Mi soffermo su un punto secondo me importante.
Se prendiamo alcune regole basilari del vivere civilmente in una comunità, è lampante che ad esempio il non uccidersi a vicenda o il non rubare siano scontate e che esse siano vecchie quanto l'uomo fin dalla sua comparsa. 
A questo punto penso si possa dedurre che una legge morale si rende esplicita in teoria quando è già implicita nel fatto stesso. Non trovi?
E' il fatto (rubare e uccidere rendono invivibile e problematica la convivenza) che finisce inevitabilmente per creare la regola, l'uomo se ne accorge/ne prende atto e la mette nero su bianco senza il bisogno di alcun intervento divino.
 
Quando viceversa è la regola che crea il fatto e che poi si impone, allora abbiamo a che fare o con un credo religioso o qualche altro tipo di assolutismo: essi tendono al voler uniformare i pensieri e controllare le azioni dei singoli con diktat. Nel primo caso sono ammantati di quell'alone divino al quale vuoi per paura e intimidazione, vuoi per una questione di presunti premi/punizioni da godere nell'oltretomba le masse si adeguano.
E' ovvio per noi, mica tanto per la quasi totalità della popolazione mondiale.

Meno male che non te la sei presa Rolling Eyes 
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Certamente l'etica, secondo me, necessita di un Dio e non ne necessita nella stessa misura.
L'etica infatti è l'aspetto di una visione del mondo più ambia, che abbraccia altre sfere oltre all'ambito del bene e del male. Qualora tale visione del mondo presuppone un'ontologia di un certo tipo, la presenza di un'entità soprannaturale che presieda agli universali etici sarà indispensabile. Viceversa in una visione del mondo diversamente fondata ciò non sarà necessario.  
Il punto è che ogni discorso sul mondo è teoria, e la teoria è un processo di astrazione che condensa l'esperienza in una rete di idee interconnesse in modo inesorabile. Si viene a creare un nuovo mondo, collocato in parallelo al precedente nella sfera del significato. Dato che la ricerca di significati è per l'uomo un bisogno primario, l'uomo vive in questo mondo autocreato e nel mondo concreto sono tramite esso.
Per capire quindi cosa davvero sia l'etica, e se l'etica in quanto tale abbia bisogno di un dio garante bisogna provare ad impegnarsi in un percorso di decostruzione e ridiscende fino al mondo concreto.
A questo livello che troviamo? Troviamo un essere umano mosso da bisogni. Il bisogno è il termine di relazione tra soggetto ed oggetto ( tutto ciò che è al  mondo), quindi è tramite esso che l'uomo conosce la realtà che lo circonda. La risposta appagante dell'ambiente è per lui un bene e bene ciò che la provoca mentre quella frustrante è un male e male ciò che la provoca. Quindi in termini minimi il bene è un'esperienza di appagamento. Per appagare i suoi bisogni l'uomo deve anche sapere come muoversu, cioè sapersi orientare e crea una mappa all'interno della realtà che gli permetta di localizzare i beni ( le esperienze apportatrici di soddisfazione). Si definisce così la consapevolezza di cosa è bene in forma condivisa. Dato che ogni uomo ricerca come gli altri appagamento si crea la necessita di contenere il pericolo che deriva dall'altri ricerca di appagamento, esperita come male. Ed ecco così generarsi un'etica minima socialmente condivisa.
A questo livello si innesca il processo di astrazione che ho accennato sopra, a causa della necessità di generalizzare le esperienze rendendole trasferibili altrove. Tale astrazione si raffina poi ulteriormente per il bisogno umano di trovare nel mondo significati ( non so  se condividi questa cosa e ritieni a tua volta che tale bisogno sussista, me lo dirai ).

Quindi, sì. L'etica non ha bisogno di Dio a questo livello minimo... mentre quando si eleva a livello di teoria può avere disogno di noi, di dio, del grande Puffo o di nessuno a pari titolo.
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Quanto ai fatti, non credo contengano in se alcun significato, nemmeno etico, ma che lo acquistino nell'incontrarci.
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*Valerio*
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