Il Cavaliere: «Faccio l'esegesi dei suoi discorsi, ma lui è la mia brutta copia, è meno elegante di me»
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Il Cavaliere: «Faccio l'esegesi dei suoi discorsi, ma lui è la mia brutta copia, è meno elegante di me»
Berlusconi vuol tornare in piazza
E studia i comizi di Beppe Grillo
Il Cavaliere: «Faccio l'esegesi dei suoi discorsi, ma lui è la mia brutta copia, è meno elegante di me»
Ai documenti di partito, Berlusconi preferisce la lettura dei testi di Beppe Grillo. Al chiuso di un congresso predilige ancora il rapporto con «la gente»: «Ad agosto dovremmo andare sul territorio, perciò sono pronto a tornare nelle piazze con il microfono in mano». Forse nel Pdl ci sarà chi farà uso di questa frase per giocare sull'equivoco, per avvisare che «Silvio si prepara a scendere di nuovo in campo». In realtà Berlusconi capisce. E infatti - dando il via libera alle primarie - ha ufficializzato il suo passo indietro, perché una regola non scritta prevedeva che mai il suo partito avrebbe utilizzato questo strumento di consultazione popolare finché «Silvio» sarebbe rimasto sulla scena. Se è chiaro quindi che il Pdl non può fare a meno del Cavaliere, è altrettanto chiaro che il Cavaliere non può (più) fare a meno del Pdl, a cui si dichiara «davvero affezionato» nonostante la sua natura lo porti spesso a strappare con le regole e i riti della politica, e anche con il suo lessico.
Perciò Berlusconi passa almeno un paio di ore al giorno a visionare i filmati di Grillo e a leggere i testi pubblicati sul suo blog. «Sto facendo un'esegesi dei suoi discorsi», ha rivelato: «Dice alcune cose giuste e altre sbagliate». Non è la prima volta che si traveste da semiologo, se è vero che anni orsono fu tale la sua immedesimazione negli sketch antiberlusconiani più feroci di Paolo Hendel e Paolo Rossi che finì per imitarli. Decrittare quegli stilemi era un modo per ricavare spunti e conquistare voti. Ma se oggi il Cavaliere studia il Savonarola genovese, è perché al fondo teme di essere stato depredato. Non a caso sostiene che «Grillo è la mia brutta copia». D'altronde chi fu il primo a parlare di «teatrino della politica»? E chi puntò l'indice contro il potere capitolino definendolo «cloaca romana»?
Ecco il motivo per cui scorge qualcosa che gli appartiene nei tratti del leader movimentista, nonostante «lui non sia elegante come me». Ecco perché vorrebbe tornare «in piazza con il microfono in mano» e trascorrere l'estate in giro per l'Italia per «spiegare agli elettori la nostra visione delle cose». Potesse, tornerebbe a quella notte d'agosto di chissà quanti anni fa, quando tirò giù dal letto Verdini per raccontargli quanto gli era capitato a una festa della Lega: «Sono ancora qui con Bossi. È stato bellissimo. Dovremmo farle anche noi queste manifestazioni». Malgrado Verdini gli avesse già approntato un progetto, simile a quello delle feste dell'Unità, non se ne fece nulla. E anche se oggi ne è pentito, anche se sente la mancanza del contatto con la gente e ha nostalgia del «Silvio-Silvio», nonostante tutto Berlusconi capisce.
Ribellarsi al destino che alle prossime elezioni lo vorrebbe consegnare alla sconfitta e accompagnare alla porta, lo ha indotto a prendere in esame qualsiasi opzione: dall'alleanza montiana e grancoalizionista con il Pd, fino alle formazioni civiche che stanno mettendo a repentaglio la sopravvivenza del Pdl. «Ma non ho incoraggiato io la formazione di quelle liste. Mi sono state proposte», si è difeso ieri il Cavaliere, dopo che Verdini gli aveva ricordato che gli elettori «cercano il voto utile», dopo che Cicchitto aveva definito «ridicolo» quel progetto, e dopo che Gasparri si era chiesto: «Ho più di 45 anni, ho un cane e sono di destra. In quale lista dovrei andare?».
Ancora una volta Berlusconi ha capito. Ma anche Alfano, che vede nel Cavaliere un secondo padre, ha capito: «Se queste liste fossero espressione della società civile e non uno spezzettamento del partito, potremmo recuperare dei voti dall'astensionismo». In fondo è questo l'obiettivo che si propone il fondatore del Pdl: «Bisogna incanalare i voti per evitare che si disperdano». Per riuscirci, l'ex premier vorrebbe tornare nelle piazze e dire quello che non può dire in Parlamento: «Per esempio, quando andavo in Europa facevo spesso sentire la voce dell'Italia. Mi ricordo di aver bloccato per un paio d'ore un vertice pur di stoppare la proposta della Tobin tax. Da quando c'è Monti a Palazzo Chigi, non ho mai sentito un suo intervento sulla posizione del nostro Paese in Europa».
Ma Berlusconi capisce. Non è tempo per una crisi di governo, ipotesi che peraltro vuole scongiurare, anche se «al nostro elettorato non piace Monti», anche se nel Pdl in molti sentono il prurito sulle mani e vorrebbero «un gesto di coraggio». «Il coraggio però non può essere scambiato per arroganza», ha ribattuto Alfano all'ufficio di presidenza, spiegando che «anche le più giuste decisioni, si rivelerebbero sbagliate se non venissero assunte nel momento opportuno». «So che il documento che vi sto proponendo non contiene la cosa emozionante», ha proseguito allusivamente il segretario: «Ma è qui che si misura la nostra forza. Perché ancora in questa fase il ragionamento deve precedere il sentimento».
Parla così «Angelino», che è tanto diverso dal Cavaliere. Ma Berlusconi, che preferisce i testi di Grillo ai documenti del Pdl e che predilige la piazza alle sale congressuali, ha capito. Infatti ha detto sì alle primarie e ha accolto la proposta del «figlioccio»: «Sono pronto a fare la squadra per il partito». Due passaggi che serviranno ad Alfano per legittimare e rafforzare la propria posizione, ma anche per consolidare il sistema bipolare. Può darsi che nei prossimi giorni Berlusconi si possa far sfuggire una delle sue battute, confidando a qualcuno come «la gente mi vorrebbe candidato alle primarie». Se così fosse, è certo che la confidenza diverrebbe pubblica e le primarie si trasformerebbero nell'ennesimo happening del Cavaliere. Se invece, dopo l'annuncio di ieri, Alfano convocasse subito la direzione del partito per approvare le regole della consultazione popolare, allora il progetto sarebbe davvero credibile. E Berlusconi a quel punto capirebbe definitivamente.
Francesco Verderami
http://www.corriere.it/politica/12_giugno_09/verderami-il-cavaliere-vuole-tornare-nelle-piazze_8386dac6-b1fb-11e1-9647-65f4b2add31d.shtml
E studia i comizi di Beppe Grillo
Il Cavaliere: «Faccio l'esegesi dei suoi discorsi, ma lui è la mia brutta copia, è meno elegante di me»
Ai documenti di partito, Berlusconi preferisce la lettura dei testi di Beppe Grillo. Al chiuso di un congresso predilige ancora il rapporto con «la gente»: «Ad agosto dovremmo andare sul territorio, perciò sono pronto a tornare nelle piazze con il microfono in mano». Forse nel Pdl ci sarà chi farà uso di questa frase per giocare sull'equivoco, per avvisare che «Silvio si prepara a scendere di nuovo in campo». In realtà Berlusconi capisce. E infatti - dando il via libera alle primarie - ha ufficializzato il suo passo indietro, perché una regola non scritta prevedeva che mai il suo partito avrebbe utilizzato questo strumento di consultazione popolare finché «Silvio» sarebbe rimasto sulla scena. Se è chiaro quindi che il Pdl non può fare a meno del Cavaliere, è altrettanto chiaro che il Cavaliere non può (più) fare a meno del Pdl, a cui si dichiara «davvero affezionato» nonostante la sua natura lo porti spesso a strappare con le regole e i riti della politica, e anche con il suo lessico.
Perciò Berlusconi passa almeno un paio di ore al giorno a visionare i filmati di Grillo e a leggere i testi pubblicati sul suo blog. «Sto facendo un'esegesi dei suoi discorsi», ha rivelato: «Dice alcune cose giuste e altre sbagliate». Non è la prima volta che si traveste da semiologo, se è vero che anni orsono fu tale la sua immedesimazione negli sketch antiberlusconiani più feroci di Paolo Hendel e Paolo Rossi che finì per imitarli. Decrittare quegli stilemi era un modo per ricavare spunti e conquistare voti. Ma se oggi il Cavaliere studia il Savonarola genovese, è perché al fondo teme di essere stato depredato. Non a caso sostiene che «Grillo è la mia brutta copia». D'altronde chi fu il primo a parlare di «teatrino della politica»? E chi puntò l'indice contro il potere capitolino definendolo «cloaca romana»?
Ecco il motivo per cui scorge qualcosa che gli appartiene nei tratti del leader movimentista, nonostante «lui non sia elegante come me». Ecco perché vorrebbe tornare «in piazza con il microfono in mano» e trascorrere l'estate in giro per l'Italia per «spiegare agli elettori la nostra visione delle cose». Potesse, tornerebbe a quella notte d'agosto di chissà quanti anni fa, quando tirò giù dal letto Verdini per raccontargli quanto gli era capitato a una festa della Lega: «Sono ancora qui con Bossi. È stato bellissimo. Dovremmo farle anche noi queste manifestazioni». Malgrado Verdini gli avesse già approntato un progetto, simile a quello delle feste dell'Unità, non se ne fece nulla. E anche se oggi ne è pentito, anche se sente la mancanza del contatto con la gente e ha nostalgia del «Silvio-Silvio», nonostante tutto Berlusconi capisce.
Ribellarsi al destino che alle prossime elezioni lo vorrebbe consegnare alla sconfitta e accompagnare alla porta, lo ha indotto a prendere in esame qualsiasi opzione: dall'alleanza montiana e grancoalizionista con il Pd, fino alle formazioni civiche che stanno mettendo a repentaglio la sopravvivenza del Pdl. «Ma non ho incoraggiato io la formazione di quelle liste. Mi sono state proposte», si è difeso ieri il Cavaliere, dopo che Verdini gli aveva ricordato che gli elettori «cercano il voto utile», dopo che Cicchitto aveva definito «ridicolo» quel progetto, e dopo che Gasparri si era chiesto: «Ho più di 45 anni, ho un cane e sono di destra. In quale lista dovrei andare?».
Ancora una volta Berlusconi ha capito. Ma anche Alfano, che vede nel Cavaliere un secondo padre, ha capito: «Se queste liste fossero espressione della società civile e non uno spezzettamento del partito, potremmo recuperare dei voti dall'astensionismo». In fondo è questo l'obiettivo che si propone il fondatore del Pdl: «Bisogna incanalare i voti per evitare che si disperdano». Per riuscirci, l'ex premier vorrebbe tornare nelle piazze e dire quello che non può dire in Parlamento: «Per esempio, quando andavo in Europa facevo spesso sentire la voce dell'Italia. Mi ricordo di aver bloccato per un paio d'ore un vertice pur di stoppare la proposta della Tobin tax. Da quando c'è Monti a Palazzo Chigi, non ho mai sentito un suo intervento sulla posizione del nostro Paese in Europa».
Ma Berlusconi capisce. Non è tempo per una crisi di governo, ipotesi che peraltro vuole scongiurare, anche se «al nostro elettorato non piace Monti», anche se nel Pdl in molti sentono il prurito sulle mani e vorrebbero «un gesto di coraggio». «Il coraggio però non può essere scambiato per arroganza», ha ribattuto Alfano all'ufficio di presidenza, spiegando che «anche le più giuste decisioni, si rivelerebbero sbagliate se non venissero assunte nel momento opportuno». «So che il documento che vi sto proponendo non contiene la cosa emozionante», ha proseguito allusivamente il segretario: «Ma è qui che si misura la nostra forza. Perché ancora in questa fase il ragionamento deve precedere il sentimento».
Parla così «Angelino», che è tanto diverso dal Cavaliere. Ma Berlusconi, che preferisce i testi di Grillo ai documenti del Pdl e che predilige la piazza alle sale congressuali, ha capito. Infatti ha detto sì alle primarie e ha accolto la proposta del «figlioccio»: «Sono pronto a fare la squadra per il partito». Due passaggi che serviranno ad Alfano per legittimare e rafforzare la propria posizione, ma anche per consolidare il sistema bipolare. Può darsi che nei prossimi giorni Berlusconi si possa far sfuggire una delle sue battute, confidando a qualcuno come «la gente mi vorrebbe candidato alle primarie». Se così fosse, è certo che la confidenza diverrebbe pubblica e le primarie si trasformerebbero nell'ennesimo happening del Cavaliere. Se invece, dopo l'annuncio di ieri, Alfano convocasse subito la direzione del partito per approvare le regole della consultazione popolare, allora il progetto sarebbe davvero credibile. E Berlusconi a quel punto capirebbe definitivamente.
Francesco Verderami
http://www.corriere.it/politica/12_giugno_09/verderami-il-cavaliere-vuole-tornare-nelle-piazze_8386dac6-b1fb-11e1-9647-65f4b2add31d.shtml
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