quanto sappiamo di non sapere?
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Rasputin
Bluntman
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quanto sappiamo di non sapere?
cosa ci insegnano a scuola?
mi pare di poter dire che l'ultima cosa di cui si parla a lezione siano i dubbi e le perplessità e che, anche se ancora incerto, ogni argomento trattato venga proposto come solido granitico ed immutabile. uno esce dalla V... o dall'università, con l'idea che "le cose funzionano così".
perchè non sempre (anzi quasi mai) c'è un'onesta comunicazione dell'incertezza con la quale è accettata una determinata teoria?
giusto per fare un esempio vi propongo un altro paio di articoletti riguardanti cose secondo me non troppo note, non solo per , come amano definirlo i fisici, l'uomo della strada, ma anche per tutti quegli studiosi che non sono proprio nel settore...
http://arxiv.org/PS_cache/gr-qc/pdf/9808/9808081v2.pdf
http://prd.aps.org/abstract/PRD/v65/i8/e082004
riassumo:
spariamo una sonda fuori dal sistema solare, la seguiamo, ad un certo punto vediamo che non ci tornano più i conti su come si muove. secondo le nostre conoscenze, dovrebbe decelerare un po' di meno... ok, errore osservativo.
però con la sonda seguente succede lo stesso (sono le pioneer 10 e 11)
ovviamente molte ipotesi a riguardo.
più o meno analogamente a quando si osservano con precisione gli effetti fionda, qualche conto non torna (effetto fionda: sonda che usa la spinta gravitazionale di un pianeta per darsi uno "slancio") e l'angolo di uscita è sempre un po'diverso dal previsto....
la domanda quindi è:
con tutte le ore di lezione sul sistema solare che può fare uno studente di fisica, astronomia ma anche solo uno allo scientifico che fa geoggrafia astronomica, perchè non si accenna mai ai problemi?
mi pare di poter dire che l'ultima cosa di cui si parla a lezione siano i dubbi e le perplessità e che, anche se ancora incerto, ogni argomento trattato venga proposto come solido granitico ed immutabile. uno esce dalla V... o dall'università, con l'idea che "le cose funzionano così".
perchè non sempre (anzi quasi mai) c'è un'onesta comunicazione dell'incertezza con la quale è accettata una determinata teoria?
giusto per fare un esempio vi propongo un altro paio di articoletti riguardanti cose secondo me non troppo note, non solo per , come amano definirlo i fisici, l'uomo della strada, ma anche per tutti quegli studiosi che non sono proprio nel settore...
http://arxiv.org/PS_cache/gr-qc/pdf/9808/9808081v2.pdf
http://prd.aps.org/abstract/PRD/v65/i8/e082004
riassumo:
spariamo una sonda fuori dal sistema solare, la seguiamo, ad un certo punto vediamo che non ci tornano più i conti su come si muove. secondo le nostre conoscenze, dovrebbe decelerare un po' di meno... ok, errore osservativo.
però con la sonda seguente succede lo stesso (sono le pioneer 10 e 11)
ovviamente molte ipotesi a riguardo.
più o meno analogamente a quando si osservano con precisione gli effetti fionda, qualche conto non torna (effetto fionda: sonda che usa la spinta gravitazionale di un pianeta per darsi uno "slancio") e l'angolo di uscita è sempre un po'diverso dal previsto....
la domanda quindi è:
con tutte le ore di lezione sul sistema solare che può fare uno studente di fisica, astronomia ma anche solo uno allo scientifico che fa geoggrafia astronomica, perchè non si accenna mai ai problemi?
Ospite- Ospite
Re: quanto sappiamo di non sapere?
Se prendiamo per vero quano dici e in parte penso lo sia, la risposta per me potrebbe essere, molto banale, che non vi è interesse nel dubbio in quanto non si stanno formando dei ricercatori (non più) ma dei futuri impiegati. La conoscenza è sottomessa a fini utilitaristici di ordine economico.
Chissenefotte se la conoscenza è incompleta, ciò che conta è che il signor K sia in grado di applicare la conoscenza particolare x allo sviluppo di una tecnologia y o comunque subordinatamente ad un interesse.
Purtroppo mi pare sia un po' il valore dominante attualmente, per quanto la mia analisi sia estremamente riduttiva.
Poi vabbeh se dobbiamo entrare più nel dettaglio, vi è da porsi domande sui metodi e sull'arte dell'insegnamento. Per certi versi, l'assenza dell'approccio che giustamente consigli potrebbe non essere davvero strutturale ma dovuta alle individualità degli insegnanti, anche se questi sono scelti dalle persone che decidono il quadro, sostanzialmente.
Personalmente però, a dire il vero, ho sempre sentito gli scienziati parlare di "approssimazione, dubbio e messa in questione" e i non addetti ai lavori di "esattezza indiscutibile".
Chissenefotte se la conoscenza è incompleta, ciò che conta è che il signor K sia in grado di applicare la conoscenza particolare x allo sviluppo di una tecnologia y o comunque subordinatamente ad un interesse.
Purtroppo mi pare sia un po' il valore dominante attualmente, per quanto la mia analisi sia estremamente riduttiva.
Poi vabbeh se dobbiamo entrare più nel dettaglio, vi è da porsi domande sui metodi e sull'arte dell'insegnamento. Per certi versi, l'assenza dell'approccio che giustamente consigli potrebbe non essere davvero strutturale ma dovuta alle individualità degli insegnanti, anche se questi sono scelti dalle persone che decidono il quadro, sostanzialmente.
Personalmente però, a dire il vero, ho sempre sentito gli scienziati parlare di "approssimazione, dubbio e messa in questione" e i non addetti ai lavori di "esattezza indiscutibile".
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"la luna nera che si fonde con la notte, come una domanda che confonde le risposte, traccia rotte corrotte come la carne dall'anima, si affaccia nel buio di parole nascoste dalla patina. Qualche stella pattina poi scivola dietro a una nuvola di pece che la stritola. Io non la sento ma so che grida stridula... Ma non ti ascolto più, piccola, perché ti taglio frasi come una virgola..."
Re: quanto sappiamo di non sapere?
Bluntman ha scritto:Se prendiamo per vero quano dici e in parte penso lo sia, la risposta per me potrebbe essere, molto banale, che non vi è interesse nel dubbio in quanto non si stanno formando dei ricercatori (non più) ma dei futuri impiegati. La conoscenza è sottomessa a fini utilitaristici di ordine economico.
Chissenefotte se la conoscenza è incompleta, ciò che conta è che il signor K sia in grado di applicare la conoscenza particolare x allo sviluppo di una tecnologia y o comunque subordinatamente ad un interesse.
Purtroppo mi pare sia un po' il valore dominante attualmente, per quanto la mia analisi sia estremamente riduttiva.
Quoto. Lo dice anche il buon George:
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You think normal people just wake up one morning and decide they're going to work in a prison? They're perverts, every last one of them. (Vanessa)
Rasputin- ..............
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Re: quanto sappiamo di non sapere?
giusto per capire meglio i vostri punti di vista, se doveste togliere gli impersonali da qui sopra, chi sarebbero i soggetti?Se prendiamo per vero quano dici e in parte penso lo sia, la risposta per me potrebbe essere, molto banale, che non vi è interesse nel dubbio in quanto non si stanno formando dei ricercatori (non più) ma dei futuri impiegati. La conoscenza è sottomessa a fini utilitaristici di ordine economico.
Chissenefotte se la conoscenza è incompleta, ciò che conta è che il signor K sia in grado di applicare la conoscenza particolare x allo sviluppo di una tecnologia y o comunque subordinatamente ad un interesse.
Purtroppo mi pare sia un po' il valore dominante attualmente, per quanto la mia analisi sia estremamente riduttiva.
io no. lo sento dire alle conferenze pubbliche, alle discussioni in tv quando cercano di spiegare cosa sia la scienza, ma poi quanti lo fanno davvero?Personalmente però, a dire il vero, ho sempre sentito gli scienziati parlare di "approssimazione, dubbio e messa in questione" e i non addetti ai lavori di "esattezza indiscutibile".
sai quanto ci vuole perchè un dubbio sui capi saldi delle nostre verità scientifiche riesca a farsi breccia nella comunità scientifica? è il famoso effetto galilei...
ad es, qualcuno si era messo a studiare oggetti a diverso redshift connessi tra loro (se non sai di cosa sto parlando, oggetti celesti che, visto il colore che hanno, secondo le teorie in voga dovrebbero stare a milioni di anni luce di distanza tra loro in profondità, e invece sono attaccati con qualche ponte di materia o uno deforma l'altro ecc...) l'hanno preso per ritardato (facendosi beffe di lui) liquidando la cosa con semplici allineamenti ottici, perchè va contro le teorie quindi non esiste, e nessuno gli ha più dato tempo telescopio.
ora, non che questo genere di comportamenti fermi la ricerca: sono arrivati altri che hanno osservato le stesse cose e qualcuno comincia a crederci, semplicemente la rallenta di anni. (diciamo che uno sguardo a quanto hanno dovuto penare le teorie innovative che ora riteniamo corrette per essere prese in considerazione, spiega quello che intendo )
Ospite- Ospite
Re: quanto sappiamo di non sapere?
Ti riferisci ad "Halton arp" detto il Gallileo dei tempi nostri che ha una posizione critica sul big bang?
Sono scienziati teorici, fanno la loro scuola a noi ci danno idee e agli altri scienziati il resto, poi almeno io non ho davvero nessuna capacità. Ascolto volentieri i vostri punti di vista.
Volevo sapere se ti riferivi a lui, in questo caso ecco un punto di vista un po' romantico.
Sono scienziati teorici, fanno la loro scuola a noi ci danno idee e agli altri scienziati il resto, poi almeno io non ho davvero nessuna capacità. Ascolto volentieri i vostri punti di vista.
Volevo sapere se ti riferivi a lui, in questo caso ecco un punto di vista un po' romantico.
SergioAD- -------------
- Numero di messaggi : 6906
SCALA DI DAWKINS :
Data d'iscrizione : 30.01.10
Re: quanto sappiamo di non sapere?
Nuove scoperte e nuove domande che di sicuro non danno le stesse risposte di sempre, le quali indirizzavano alla volontà di Dio, che in questo caso abbiamo dimostrato non esiste, ma che però limita appunto le risposte per le stesse limitazioni della nostra conoscenza, espandendo questa coscienza arriveranno anche nuove risposte. Al momento non possiamo che cercare risposte confrontando i dati a noi conosciuti, teorie e altre scoperte, ma tanto ancora dobbiamo scoprire e conoscere, quando e se avverrà forse sapremo molto di più sull'universo e le sue leggi.
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Immaginatevi cosa possiamo immaginare!
Re: quanto sappiamo di non sapere?
si, il tizio del redshift era arp, ma ci sono altri esempi... per quanto le sue pubblicazioni fossero preparate con tutti i crismi, si scontravano con le certezze dei "peer" reviewers e diventava impossibile comunicare le sue scomode osservazioni.
insomma, per quanto mi è dato di vedere, sappiamo molte molte più cose, abbiamo aggeggini molto più efficaci, ma le teste dei professoroni non sono molto cambiate dai tempi di semmelweiss
insomma, per quanto mi è dato di vedere, sappiamo molte molte più cose, abbiamo aggeggini molto più efficaci, ma le teste dei professoroni non sono molto cambiate dai tempi di semmelweiss
Ospite- Ospite
Re: quanto sappiamo di non sapere?
cosa ci insegnano a scuola?
mi pare di poter dire che l'ultima cosa di cui si parla a lezione siano i dubbi e le perplessità e che, anche se ancora incerto, ogni argomento trattato venga proposto come solido granitico ed immutabile. uno esce dalla V... o dall'università, con l'idea che "le cose funzionano così".
perchè non sempre (anzi quasi mai) c'è un'onesta comunicazione dell'incertezza con la quale è accettata una determinata teoria?
Vero, ma devi anche considerare che l’università deve dare le basi della disciplina, ad erigere le mure deve pensarci il singolo.
Ad una matricola già scoccata dai vari cicli biochimici avrebbe poco senso spiegare tutte le diverse correnti che pressupongono un livello molto più approfondito ed inoltre sono molto mutevoli; forse è meglio cercare di dare una base abbastanza solida da cui partire.
Ovviamente non bisognerebbe essere monolitici, e questo a mio parere è uno dei peggiori difetti della classe docente italiana, provate a parlare del nervo 0 ad un esame di anatomia e dopo quanto tempo sarete terminati.
Soprattutto in ambito scientifico i ragazzi dovrebbero prendere le cose che studiano non come pietre miliari, ma come riassunti di riassunti di argomenti probabilmente più o meno accettati; calarlo nella didattica è tutto un altro paio di maniche.
sai quanto ci vuole perchè un dubbio sui capi saldi delle nostre verità scientifiche riesca a farsi breccia nella comunità scientifica?
Dipende anche dai campi; Warren e Marshall dimostrarono senza ombri di dubbi come la quasi totalità di un particolare tipo di ulcere gastriche fossero dovuti non allo stress, ma ad un simpatico batterio.
In altri campi (astronomia, ecc.) è molto più difficile arrivare in così poco tempo a risultati accettati.
maxsar- -----------
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Data d'iscrizione : 13.01.09
Re: quanto sappiamo di non sapere?
Cavolo che bel topic....
Anche se è molto vecchio, lo riporto in auge.
Secondo me il comportamento descritto da jessica è molto umano, e può essere causato da molti fattori: dalla cocciutaggine, alla chiusura mentale, al non perdere determinati privilegi. Scienziati e ricercatori sono esseri umani come noialtri....
Anche se è molto vecchio, lo riporto in auge.
Secondo me il comportamento descritto da jessica è molto umano, e può essere causato da molti fattori: dalla cocciutaggine, alla chiusura mentale, al non perdere determinati privilegi. Scienziati e ricercatori sono esseri umani come noialtri....
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Mumble- -------------
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Re: quanto sappiamo di non sapere?
Mumble ha scritto:Cavolo che bel topic....
Anche se è molto vecchio, lo riporto in auge.
Secondo me il comportamento descritto da jessica è molto umano, e può essere causato da molti fattori: dalla cocciutaggine, alla chiusura mentale, al non perdere determinati privilegi. Scienziati e ricercatori sono esseri umani come noialtri....
Hai fatto bene, mi associo
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Rasputin- ..............
- Numero di messaggi : 60926
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