La legge naturale...e molto confusa
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La legge naturale...e molto confusa
"NATURA COME FATTI NEUTRI" E "ESSERE CHE HA VALORE COME PARTE DEL PIANO DI DIO"
C'è un pregiudizio nell'affermazione "Non si può desumere un obbligo dal semplice essere", vale a dire il pregiudizio che "non può esistere l'essere con contenuto normativo" [9] , e che tutto l'"essere" non è nulla più di un semplice "fatto", privo di qualunque valore, sostanza neutra ad uso della libertà umana. L'asserzione opposta è: l'Essere è affatto privo di valore; il valore è una proprietà dell'essere stesso, inestricabilmente legato ad esso.
Tendo verso l'opinione che l'asserzione di "essere senza valore" è una conseguenza dell'ateismo: come può il mondo contenere valori che ci legano moralmente quando è solo un prodotto della cieca sorte?
In questo caso la formula Agere sequitur esse si chiarifica in modo decisivo: Agere sequitur bonum nell'essere.
Perciò non è un dovere morale portare la barba, perché ciò è solo un fatto, ma senza valore morale (al contrario del valore estetico ...)! Di conseguenza nessun dovere deriva dalle leggi biologiche in quanto tali (= biologismo), ma esse derivano in realtà dal corpo umano, perché la persona è presente tramite esso ed in esso.
Quando nella teologia morale cattolica parliamo del "piano di Dio" che impone un dovere su di noi, ciò che intendiamo dire è precisamente questo: dovremmo riconoscere quell'essere che è "buono" (nel senso di moralmente significativo).
Da: http://www.academiavita.org/template.jsp?sez=Pubblicazioni&pag=testo/cultvita/laun/laun&lang=italiano
Davvero non capisco. L'obbligo deriva dall'essere, dove per essere si intende ciò che è bonum dell'essere. Insomma non tutti i fatti che costituiscono l'essere sono dotati di valore intrinseco (per esempio portare la barba non lo è), ma solo alcuni. Ma questo però implica che già si è fatto un atto discriminatorio tra fatti moralmente rilevanti e fatti moralmente non rilevanti, che è esattamente il procedimento usato per evitare di cadere nella fallacia naturalistica.
quindi dire che l'essere equivale al bonum dell'essere è esattamente esercitare un'attività valutativa su fatti. In pratica l'autore dice "i fatti sono di per sè portatori di valore intrinseco" e "alcuni fatti sono moralmente irrilevanti". Ma perchè queste due affermazioni non siano contraddittorie, bisogna che vi sia una regola, un principio per discriminare tra fatti rilevanti e fatti non rilevanti. Ma qual è questa regola in questo caso?
La regola sta nel capire qual è il bonum nel fatto corpo umano e quale non lo è. L'autore in pratica dice "ci sono fatti del corpo umano che hanno valore intrinseco, e fatti che non ne hanno, una volta che abbiamo discriminato tramite la regola B (che sta per bonum, e per forza ci deve essere tale regola) quali siano di valore, allora dobbiamo prendere quei fatti e, in quanto tali, concedere loro un potere normativo oggettivo, svincolato da ogni valutazione umana".
Ma io mi chiedo, come è possibile decidere tramite una regola di valutazione che discrimina tra fatti, quali fatti siano fonti normative oggettive - e svincolate dalla valutazione- e quali non lo siano?
O meglio, come faccio a capire che la normatività oggettiva che si presume debbano avere quesi fatti non sia una semplice un'etichetta che arbitrariamente attacco ai fatti oggetto di quell'atto preventivo di valutazione/discriminazione di natura estrinseca ai fatti stessi?
Io posso dire che il farsi crescere la barba è un fatto moralmente rilevante (per i talebani lo è) del corpo umano, cioè è un bonum del corpo umano, e poi investire questo fatto dello status di fonte normativa oggettiva. Nessuno me lo può impedire, e nssuno può costringermi ad assegnare codesto status a qualunque fatto riguardante il corpo umano.
In poche parole, il fatto che non si riconosce, nella designazione di questo bonum, una valutazione estrinseca ai fatti stessi in azione (una valutazione propria della "libertà" umana), porta alla spiacevole conseguenza di una sempre potenziale equivalenza tra fatto e fatto/bonum. Ovvero ad un ritorno nell'ambito della fallacia naturalistica.
Perciò, qualsiasi fatto del corpo umano potrebbe essere un fatto bonum. E se si ammette che vi sono fatti e fatti bonum, e che alcuni possano esserloe altri no, allora potremmo anche arivare a concludere che nessun fatto del corpo umano è un fatto bonum, o che solo alcuni fatti, come il farsi crescere la barba o le unghie, siano gli unici fatti bonum.
C'è un pregiudizio nell'affermazione "Non si può desumere un obbligo dal semplice essere", vale a dire il pregiudizio che "non può esistere l'essere con contenuto normativo" [9] , e che tutto l'"essere" non è nulla più di un semplice "fatto", privo di qualunque valore, sostanza neutra ad uso della libertà umana. L'asserzione opposta è: l'Essere è affatto privo di valore; il valore è una proprietà dell'essere stesso, inestricabilmente legato ad esso.
Tendo verso l'opinione che l'asserzione di "essere senza valore" è una conseguenza dell'ateismo: come può il mondo contenere valori che ci legano moralmente quando è solo un prodotto della cieca sorte?
In questo caso la formula Agere sequitur esse si chiarifica in modo decisivo: Agere sequitur bonum nell'essere.
Perciò non è un dovere morale portare la barba, perché ciò è solo un fatto, ma senza valore morale (al contrario del valore estetico ...)! Di conseguenza nessun dovere deriva dalle leggi biologiche in quanto tali (= biologismo), ma esse derivano in realtà dal corpo umano, perché la persona è presente tramite esso ed in esso.
Quando nella teologia morale cattolica parliamo del "piano di Dio" che impone un dovere su di noi, ciò che intendiamo dire è precisamente questo: dovremmo riconoscere quell'essere che è "buono" (nel senso di moralmente significativo).
Da: http://www.academiavita.org/template.jsp?sez=Pubblicazioni&pag=testo/cultvita/laun/laun&lang=italiano
Davvero non capisco. L'obbligo deriva dall'essere, dove per essere si intende ciò che è bonum dell'essere. Insomma non tutti i fatti che costituiscono l'essere sono dotati di valore intrinseco (per esempio portare la barba non lo è), ma solo alcuni. Ma questo però implica che già si è fatto un atto discriminatorio tra fatti moralmente rilevanti e fatti moralmente non rilevanti, che è esattamente il procedimento usato per evitare di cadere nella fallacia naturalistica.
quindi dire che l'essere equivale al bonum dell'essere è esattamente esercitare un'attività valutativa su fatti. In pratica l'autore dice "i fatti sono di per sè portatori di valore intrinseco" e "alcuni fatti sono moralmente irrilevanti". Ma perchè queste due affermazioni non siano contraddittorie, bisogna che vi sia una regola, un principio per discriminare tra fatti rilevanti e fatti non rilevanti. Ma qual è questa regola in questo caso?
La regola sta nel capire qual è il bonum nel fatto corpo umano e quale non lo è. L'autore in pratica dice "ci sono fatti del corpo umano che hanno valore intrinseco, e fatti che non ne hanno, una volta che abbiamo discriminato tramite la regola B (che sta per bonum, e per forza ci deve essere tale regola) quali siano di valore, allora dobbiamo prendere quei fatti e, in quanto tali, concedere loro un potere normativo oggettivo, svincolato da ogni valutazione umana".
Ma io mi chiedo, come è possibile decidere tramite una regola di valutazione che discrimina tra fatti, quali fatti siano fonti normative oggettive - e svincolate dalla valutazione- e quali non lo siano?
O meglio, come faccio a capire che la normatività oggettiva che si presume debbano avere quesi fatti non sia una semplice un'etichetta che arbitrariamente attacco ai fatti oggetto di quell'atto preventivo di valutazione/discriminazione di natura estrinseca ai fatti stessi?
Io posso dire che il farsi crescere la barba è un fatto moralmente rilevante (per i talebani lo è) del corpo umano, cioè è un bonum del corpo umano, e poi investire questo fatto dello status di fonte normativa oggettiva. Nessuno me lo può impedire, e nssuno può costringermi ad assegnare codesto status a qualunque fatto riguardante il corpo umano.
In poche parole, il fatto che non si riconosce, nella designazione di questo bonum, una valutazione estrinseca ai fatti stessi in azione (una valutazione propria della "libertà" umana), porta alla spiacevole conseguenza di una sempre potenziale equivalenza tra fatto e fatto/bonum. Ovvero ad un ritorno nell'ambito della fallacia naturalistica.
Perciò, qualsiasi fatto del corpo umano potrebbe essere un fatto bonum. E se si ammette che vi sono fatti e fatti bonum, e che alcuni possano esserloe altri no, allora potremmo anche arivare a concludere che nessun fatto del corpo umano è un fatto bonum, o che solo alcuni fatti, come il farsi crescere la barba o le unghie, siano gli unici fatti bonum.
claudio285- -------------
- Numero di messaggi : 430
SCALA DI DAWKINS :
Data d'iscrizione : 19.12.08
Re: La legge naturale...e molto confusa
A parte che mi chiedo quale sia la collocazione della ceretta in questo sistema di valori temo che questo tipo di approccio sia troppo filosofico per le mie capacità... fatico a comprenderne il senso...
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