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Una morte in carcere: cartelle cliniche e normative alla mano per comprendere quanto è accaduto.

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Messaggio Da maxsar Mar 24 Nov 2009 - 22:31

Copio e incollo un testo preso pari da disordine dei medici

Da alcuni anni e da quando sono medico di medicina penitenziaria ricevo e leggo con interesse gli articoli pubblicati da Ristretti Orizzonti, inerenti le infinite e spesso irrisolte problematiche riguardanti l’universo carcere nel nostro paese. Devo dire che il mio interesse, sfociato negli anni in due diplomi di perfezionamento universitario su queste tematiche, si è via via diradato se non dissolto, fino all’attuale aspettativa per motivi di salute. Purtroppo le recenti e tragiche notizie riguardanti il decesso del giovane *****, mi hanno fatto valutare ancor più positivamente la mia decisione di sospensione temporanea dal lavoro, ma il dramma umano e la possibilità di accedere, grazie all’associazione sopraccitata alle cartelle cliniche redatte dai colleghi che lo hanno avuto in cura, mi hanno indotto ad una indagine personale. Vorrei comunque e prima di ogni cosa esprimere la mia solidarietà personale alla famiglia del ragazzo, per quanto possa valere in questo momento. Questo è quanto scrivono i relatori di Ristretti Orizzonti (ometto volontariamente i dati anagrafici che potrebbero identificare il soggetto, essendoci un indagine in corso e non avendo personalmente il consenso dei familiari, nè della Procura della Repubblica, nè del Garante della Privacy):
“Pubblichiamo l’intera documentazione clinica su *****, a partire dal referto del medico del 118 delle ore 5.30 del 16****, fino ai diari sanitari del reparto detentivo del O.C.**** e al certificato di morte del 22****. Lo facciamo col consenso scritto ed esplicito dei familiari di****, dopo aver trasmesso il materiale alla Procura della Repubblica di**** e aver informato della nostra iniziativa l’Autorità garante della privacy. Abbiamo deciso questo passo perché da questa documentazione emerge come una moltitudine di operatori della polizia giudiziaria, del personale amministrativo e delle strutture sanitarie, abbiano assistito – inerti quando non complici – al declino fisico di ***** e fino alla morte. Ed emergono, con cruda evidenza, le contraddizioni, ma anche le vere e proprie manipolazioni ai danni di **** e dell’accertamento della verità. E risulta soprattutto che **** decide di non nutrirsi e di non assumere liquidi – causa della morte, secondo i sanitari – “fino a quando non avrà parlato con il proprio avvocato” (così è scritto di pugno di un medico). Non gli fu consentito.Quella notazione è una sorta di confessione del delitto da parte di chi non ha saputo o voluto impedirlo. Balza agli occhi, in altre parole, che sulla morte di ***** non c’è alcun “mistero”: in quella documentazione c’è tutto. Il caso di**** è diventato occasione di una riflessione pubblica sul nostro sistema di giustizia e sulle nostre strutture penitenziarie. Non solo in Italia. Ho ricevuto una richiesta d’informazioni da parte dell’ufficio londinese di Amnesty International intenzionata a condurre una propria inchiesta indipendente sulla vicenda”. Francesco Morelli.Centro Studi di Ristretti Orizzonti - Granello di Senape. Sede: Via Citolo da Perugia n° 35 - 35138 Padova Tel. e fax: 049.8712059 - mail: redazione@ristretti.itweb: http://www.ristretti.it/ - @commerce: http://shop.ristretti.it/
Esaminiamo allora attentamente i documenti disponibili:
1) Referto del 118 del 16.** Chiamati ad intervenire dai Carabinieri (cella di sicurezza), i sanitari scrivono che il**** rifiuta il trasporto in ospedale e afferma di non necessitare di assistenza (parametri 110/70 frequenza 70 pupille isocoriche, apertura occhi spontanea, obbedisce, risposta orientata). Motivo della chiamata al 118: “ affetto da epilessia, riferisce di sentirsi poco bene, presenza di tremori”.
2)Condotto in carcere (****) viene visitato come nuovo giunto dalla libertà: “riferisce caduta accidentale. Attualmente lamenta algie addominali diffuse,p.a. 160/90 f.c. 92, SpO2: 98% t.c.: 36.2 C° Dolorabilità alla palpazione profonda dell’addome e dolenza spiccata in regione sacrococcigea. Esame neurologico negativo”. Viene proposto il ricovero urgente.
3)Inviato per accertamenti in ospedale ore 16.35 (O.C.****), alle ore 20.41 viene eseguito rx della colonna vertebrale con esito di "frattura corpo L3 sull’emisoma sx e della 1° vertebra coccigea". Rifiuta il ricovero.
4) Rientra in carcere alle 23.20 e viene rivisto dal collega di guardia: “riferisce morbo celiaco e microcitemia”.
5) Referto del Diario clinico del carcere di **** del 17.**: “Riferisce che le lesioni sono dovute a caduta accidentale dalle scale avvenuta ieri”. Ore 14.05, distribuzione ed assunzione terapia:”si assiste all’assunzione di 2 cpr di Rivotril 2 mg. Si rilevano lesioni ecchimotiche in regione palpebrale inferiore bilateralmente di lieve entità e di colore purpureo. Riferisce dolore e lesioni anche alle regioni sacrali ed agli arti inferiori, ma rifiuta anche l’ispezione. Evasivamente riferisce che le lesioni conseguono a caduta accidentale per le scale avvenuta ieri”.
6)Seconda visita 17.** ore 11.20: “detenuto giunto nel pomeriggio di ieri quando sarebbe accidentalmente caduto per le scale. Ha già rifiutato il ricovero presso ****. Attualmente presenta nausea e dolorabilità diffusa. P.a. 160/90 f.c. 95 b/m SpO2 98% T.c. 36.2 C°. (omissis) Inviato al P.S. del**** 14.35. Ore 19.45 Esame obiettivo: "ecchimosi palpebrali” Trasferito presso O.C. ****. Accettazione ore 19.45.
7)Ricovero: “ Riferisce caduta accidentale in data 30**. E.O. : cuore toni puri pause libere, vasi periferici normopulsanti, normosfigmici, pupille isocoriche, tiroide non palpabile, torace normoconformato dolente, suono chiaro polmonare, segni meningei assenti, addome non dolente alla palpazione superficiale e profonda, peristalsi presente e valida, milza non palpabile, apparato urogenitale n.d.p.
8)19.** Ore 16.30 rx colonna lombosacrale (2 proiezioni) e bacino(1 proiezione) “depressione della metà sinistra del corpo di L3 per frattura discosomatica”.
9)Presenza di vasto ematoma regione glutea sinistra. Rifiuta di continuare a parlare, rifiuta l’elastomero. Continua con Contramal 1 fl. Paziente non accessibile al colloquio. Atteggiamento oppositivo, non collaborante, rifiuta indagine anche non invasiva”, eco addome (per rialzo delle transaminasi), reidratazione endovenosa e l’alimentazione. Accetta solo liquidi e la terapia orale fino a che non potrà parlare con il proprio avvocato.
10)Visita ortopedica: paziente in scadenti condizioni generali in rapporto all’età; si consiglia esecuzione rx del tratto lombare e del bacino per sacro. Eventuale approfondimento con tc lombare.
11)Rifiuta visita oculistica (ecchimosi palpebrale).
12)20.** rifiuta visita medica riferendo dolorabilità diffusa. Rifiuta e.c.g. per bradicardia. Azotemia 16mg/dl. Aumento di amilasi, lipasi, got,gpt. Si propone al paziente terapia infusionale con soluzione fisiologica che il paziente rifiuta. Si raccomanda pertanto idratazione orale (il paziente esprime verbalmente disinteresse per le proprie condizioni di salute). Controllo per domani di emocromo, azotemia, creatininemia, got.gpt, lipasi, amilasi, elettroliti.
13)21.** Consulenza ortopedica. Continua a rifiutare terapia idratante per endovena. Rifiuta tac cerebrale.
14) Da cartella clinica: visti gli esami ematochimici di questa mattina, si propone nuovamente al paziente reidratazione endovena, ma il paziente rifiuta perché vuol parlare prima con il suo avvocato e con l’assistente della comunità**** di ****. Lo stesso rifiuta di alimentarsi come sta facendo sin dall’ingresso per lo stesso motivo. Rifiuta per lo stesso motivo ecografia dell’addome. “Rifiuta il vitto(dieta azzurra n5 per celiaci).
15) Ore 6.15 del 22.**. Vengo chiamato dal personale infermieristico in quanto il paziente non risponde agli stimoli. All’ingresso della stanza trovo il personale infermieristico intento alla rianimazione cardipolmonare. Posizionamento cannula di Mayo. Ossigenoterapia al 100%. Monitoraggio cardiaco. Posizionamento di e.c.g. che mostra in più derivazioni asistolia. Si prosegue rianimazione fino alle ore 6.45. Al monitor presenta asistolia. Si esegue e.c.g. si sospendono le manovre rianimatorie. Si constata il decesso ore 6.45.
Vediamo a questo punto cosa prevede il Codice Penale in materia d’Assistenza sanitaria, cioè quali sono i reati in cui può incorrere un medico nel corso della sua opera professionale:
Omissione di atti d'ufficio è disciplinato dall'articolo 328 del codice penale.Nel nostro Paese , in base alle norme giuridiche vigenti (Codice Penale, Codice civile, T.U. leggi Sanitarie, R.D. 27 luglio 1934 n° 1265), il medico è l’esercente una professione intellettuale che può essere ricondotta a tre figure giuridiche: pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio, esercente un servizio di pubblica necessità. Il nuovo art. 328 c.p. c. 1 recita testualmente: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che,per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni”. Si tratta dell’ ipotesi di un reato di pericolo, che consiste nel rifiuto di atti qualificati, cioè atti motivati da ragioni di giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico, igiene o sanità, rifiuto che può manifestarsi anche con un mero silenzio, sotto forma di mancata adozione di un atto dovuto nel termine previsto o nella sua adozione in tempo non più utile.
Omissione di soccorso Art. 593 c.p. “Chiunque trovi smarrito un fanciullo minore degli anni 10 o altra persona incapace di provvedere a se stessa omette di darne notizia all’autorità è punito con la reclusione fino a tre mesi. Alla stessa pena soggiace chi trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l’assistenza occorrente.”
Abbandono di persone minori o incapaci Art.591 c.p. Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. La pena è della reclusione da uno a sei anni se dal fatto deriva una lesione personale (c.p.582), ed è da tre a otto anni se ne deriva la morte.
Violenza privata. L’art. 610 del codice penale prevede che «chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa commette il delitto di violenza privata ed è punibile con reclusione fino a 4 anni”» (Questo delitto è previsto proprio allo scopo di tutelare la libertà psichica dell’individuo nella sua volontaria esplicazione. Art. 605 :“Chiunque privi taluno della libertà personale è punito con la reclusione da 6 anni a 8 anni.” In campo medico, questo può essere contestato a medici, infermieri o volontari, specialmente in campo psichiatrico e nel trattamento delle tossicodipendenze. Peraltro può costituire ipotesi di violenza privata: l’uso di mezzi di contenzione, es. cinture di sicurezza e di immobilizzazione su barelle atraumatiche, il denudare una persona per prestare soccorso, (manovra di RCP), il trattenere in osservazione un paziente contro la sua manifesta volontà, l’intraprendere atto medico-chirurgico malgrado il rifiuto opposto dal paziente.
Lesioni personali – omicidio Art. 590 e 598 c.p.
Possono essere: dolose (se c’è la volontarietà del fatto e la prevedibilità delle conseguenze); colpose. Si po’ configurare colpa per: negligenza, imprudenza (l’intraprendere l’attività pur sapendo di non poter rispondere appieno alla richiesta, e pur essendo a conoscenza dell’alta probabilità che il proprio comportamento produca danno), imperizia (insufficiente preparazione, per cui non vengono compiuti atti che fanno parte del bagaglio culturale, scientifico e pratico pari alle capacità dei propri colleghi).
Consenso Art. 32 Costituzione
Nulla può essere fatto senza il consenso dell’avente diritto. I maggiorenni mentalmente competenti hanno il diritto di “rifiutare le cure”. In assenza del consenso l’atto medico può essere considerato illecito. Il consenso è reale e valido quando il paziente, capace di intendere e di volere, manifesta personalmente il proprio assenso alla prestazione dell’atto medico dopo aver ottenuto qualsiasi utile notizia circa la diagnosi, la prognosi, la terapia, metodo di cura, i relativi rischi e benefici. Il dissenso esplicito del paziente capace di intendere e di volere, impedisce in ogni caso, al medico, la prestazione di qualsiasi atto diagnostico o curativo; il dissenso deve essere consapevolmente espresso da paziente una volta informato del suo stato patologico. Nessun ruolo è assegnato dalla legge ai famigliari, se non come consegnatari di disposizioni date dal paziente. Titolo ad esprimere consenso è dato al rappresentante legale del minore o dell’interdetto. Possibili eccezioni sono i TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) e lo stato di necessità con ricorso al : Consenso Presunto. Il consenso è presunto quando il paziente ancorché incapace di esprimerlo, abbia urgenza di ricevere l’intervento medico-chirurgico a tutela della propria integrità fisica o della vita, e quindi in quelle patologie che possono causarne la morte subitanea. La certezza che un paziente che attualmente è in stato di incoscienza o di coma, in condizioni normali avrebbe sicuramente dato il suo consenso ad intervenire, nel proprio interesse. In condizioni di Emergenza-Urgenza il tempo riservato all’acquisizione del consenso informato è inversamente proporzionale alla gravità delle condizioni del paziente, ciò impone spesso il non rinviabile obbligo d’agire, con ricorso frequente allo stato di necessità. In caso di opposizione del paziente affetto da condizioni patologiche per le quali sia previsto il trattamento sanitari obbligatorio, il medico dovrà sollecitamente acquisire la necessaria ordinanza del Sindaco. Il principio consensuale dei trattamenti sanitari statuito dall’art. 32 Cost. però non deve ingannare, poiché esso non riafferma il diritto al suicidio (cfr. Corte di Assise di Firenze, 1 grado, sentenza n. 13 del 1990), ma solamente il diritto dell’individuo di scegliere se, quando, in che modo curarsi. Il suicidio perciò deve essere distinto dal lasciarsi morire ed ogni argomentazione in questo articolo esposta, nulla toglie alla rilevanza penale del comportamento di colui che positivamente aiuta un’altra persona a morire (cfr. omicidio del consenziente, art. 579 cod. pen.). L’articolo 32 porta a riaffermare il carattere inviolabile del diritto a lasciarsi morire; infatti ogni intervento sulla persona al di fuori del suo consenso, non è altro che una violazione della sua libertà personale, della libertà di cui ogni soggetto deve disporre per potersi determinare in relazione a ciò che riguarda la sua vita personale: appartenente alla vita personale del soggetto è sicuramente la libertà di scegliere se e quando ricevere le cure mediche (cfr. nello stesso senso Sentenza n. 471/90 della Corte Costituzionale). Questo nuovo diritto ha nel contempo limitato l’ambito di azione dei pubblici poteri che in assenza del consenso della persona, non può fornire alcun trattamento sanitario (cfr. Sentenza n. 88/79 della Corte Costituzionale) Il principio consensuale dei trattamenti sanitari viene recepito anche dalla legge n. 833/1978, (istitutiva del S.S.N.) che all'articolo 33, 1 comma ribadice che i trattamenti sanitari sono volontari riferendosi anche, con riguardo ad ambiti specifici del consenso-rifiuto informato, alle disposizioni contenute in diverse leggi, (per esempio, gli articoli 12, 13, 18 della legge n. 194/1978, l'articolo 5 della legge n. 135/1990, l'articolo 19 del DM 15/01/1991). Anche il Codice di Deontologia Medica agli articoli 12 e 32 statuisce che la libertà del paziente di non sottoporsi alle cure non è circoscritta all'area dei trattamenti medici la cui rinuncia non comporti seri rischi per la vita o la salute dello stesso, ma è tutelata in tutte le sue manifestazioni.
Cosa prevede il Regolamento di Polizia Penitenziaria riguardo i colloqui del detenuto con il proprio legale? E’ prassi ampiamente consolidata in molti istituti penitenziari subordinare l’effettuazione delle telefonate dei detenuti al proprio legale alla preventiva autorizzazione prevista dall’articolo 39 del D.P.R. 30 giugno 2000 n. 230. Tale procedura non trova legittimazione in alcuna disposizione di legge e regolamentare e costituisce se non una compressione almeno una limitazione del diritto di difesa del detenuto. La formulazione contenuta, infatti, nel succitato articolo, secondo la quale il detenuto può essere autorizzato a tenere corrispondenza telefonica con persone diverse dai congiunti o familiari, allorché ricorrano ragionevoli e verificati motivi, non è da riferirsi alle conversazioni telefoniche che il ristretto intende avere con il proprio legale di fiducia.
A norma dell’art. 24, 2° comma della Costituzione “La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”. Il principio è stato ribadito con forza dalla Corte Costituzionale (cfr. sentenze n. 18 del 1982 e n. 53 del 1968) che ha evidenziato la necessità che il diritto di difesa venga garantito nella sua effettività (cfr. sentenze n. 220 del 1994 e n. 144 del 1992). Esso comprende il diritto alla difesa tecnica (cfr. sentenze n. 125 del 1979 e n. 80 del 1984) e, dunque, anche il diritto - ad esso strumentale - di poter conferire con il difensore (cfr. sentenza n. 216 del 1996) allo scopo di predisporre la difesa e decidere le strategie difensive ed, ancor prima, allo scopo di poter conoscere i propri diritti e le possibilità offerte dall’ordinamento per tutelarli e per evitare o attenuare le conseguenze pregiudizievoli cui si è esposti. In particolare ci si riferisce all’articolo 93 delle Regole penitenziarie europee che stabilisce che “Ogni detenuto deve potere, all’inizio della detenzione, nominare un difensore di fiducia o chiedere la nomina di un difensore d’ufficio, quando ciò sia previsto, ed incontrare il proprio avvocato per predisporre la difesa, preparare e trasmettere istruzioni confidenziali e riceverne. A sua richiesta, ogni agevolazione deve essergli accordata a questo effetto”. Inoltre , a norma dell’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo “Ogni accusato ha diritto a (…)difendersi personalmente o ad avere l’assistenza di un difensore a sua scelta”. Non si può sottacere, infine, che lo Stato italiano compare tra i firmatari del Patto internazionale sui diritti civili e politici – reso esecutivo in Italia con Legge 25 ottobre 1977 n.881 – che, all’art.14, paragrafo 3, lettera d), prevede inequivocabilmente che:“ (…)Ogni individuo accusato di un reato ha diritto, in posizione di piena eguaglianza (…) a disporre del tempo e dei mezzi necessari alla preparazione della difesa ed a comunicare con un difensore di sua scelta”.
A questo punto ognuno di voi ha la possibilità di esprimere un giudizio sugli avvenimenti. Il mio lo tengo per me, anche se è chiaro e definitivo.
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Messaggio Da Rasputin Mar 24 Nov 2009 - 22:52

Il giudizio è contenuto nel testo Una morte in carcere: cartelle cliniche e normative alla mano per comprendere quanto è accaduto. 603794

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You think normal people just wake up one morning and decide they're going to work in a prison? They're perverts, every last one of them. (Vanessa)

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