Nuovo Termine: l'Ateotelico
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Nuovo Termine: l'Ateotelico
I membri di Democrazia Atea hanno coniato un nuovo termine: Ateotelico.
Abbiamo bisogno di definizioni per dare comunicazione e contorno alle nostre elaborazioni concettuali.
La comunicazione è il primo gradino della condivisione e prima ancora della comunicazione c’è la scelta del linguaggio, quello già noto, quello già conosciuto, quello che uniforma le strade dei nostri percorsi cerebrali.
Ma spesso non c’è identità nei percorsi e non c’è identità nei linguaggi e talvolta le strade cambiano direzione e si avventurano in esplorazioni comunicative inedite.
Nuovi termini aprono gli spazi a nuove ipotesi di qualificazione, magari già esistenti nella concettualizzazione, ma non ancora completati nella dinamica della comunicazione.
Alcuni condividono l’ateismo e condividono l’idea che con i percorsi della trascendenza, sia opportuno o arricchente scambiare discussioni, nella convinzione che gli uni possano trarre utilità speculativa dal confronto con gli altri, ma anche nella più o meno segreta aspettativa di mutare i convincimenti altrui.
Altri invece, condividono l’ateismo ma dissentono dall’idea che con la trascendenza sia percorribile una qualche forma di scambio, non per supponenza ma per assenza di stimoli.
Un nuovo termine può definirli: ateotelici ovvero coloro che dal dibattito sulla divinità escludono qualunque ipotesi di interesse.
Ciò non toglie che ciascuno possa attingere ad una riflessione personale, ma l’ateotelico non trova affatto illuminante condividerla pubblicamente.
Pubblico e privato tornano prepotentemente a fare la differenza tra coloro che vogliono condividere con gli altri i propri convincimenti e coloro che non sono interessati a farlo.
Il contesto è la cornice entro la quale diventa lecito o prevaricante l’espressione del proprio convincimento.
L’ateotelico in definitiva non è mai in dissonanza con nessun contesto perché nel rispetto della differenza sottrae alla discussione pubblica il suo privato.
L’ateotelico non convince, non dibatte, non si confronta con i suoi antagonisti perché trova sterile farlo.
In definitiva per l’ateotelico tentare di convincere i propri antagonisti significa offenderli, significa non riconoscergli una autonomia di giudizio o di capacità concettuale, significa avere disprezzo per i convincimenti altrui e forzarne la riflessione su quanto possa, ai propri occhi, sembrare contraddittorio o infondato.
All’ateotelico interessa prioritariamente ed esclusivamente che lo Stato non aderisca a nessuna impostazione e che riaffermi costantemente la propria neutralità e la propria astensione.
E’ in questo essenziale assunto che l’ateotelico chiede una universale adesione, anche ai suoi antagonisti perché l’adesione al principio di laicità non ha bisogno di passare attraverso dibattiti o interpretazioni, o si aderisce o si nega.
http://www.democrazia-atea.it/sezione-11-sottosezione-46-id-271-l-ateotelico.htm
Mi piace che vengano creati nuovi termini (questo lo avete capito da tempo ), anche se dalla descrizione credo di non potermi definire un Ateotelico, in quanto mi piace confrontarmi con la controparte e penso che sia utile, infatti molte persone hanno cambiato idea nei confronti di Dio anche seguendo tutto quello che scrivo e questo diminuisce il bigottismo generale.
Inoltre diciamocelo, purtroppo molti credenti sono stati talmente influenzati dalla religione che non hanno una vera autonomia di giudizio, proprio per questo il confronto è importante, non tanto per convincere o "covertire", ma più che altro per promuovere un punto di vista diverso da quello che molte persone sono abituate ad avere a causa dell'influenza religiosa che parte dalla famiglia.
Abbiamo bisogno di definizioni per dare comunicazione e contorno alle nostre elaborazioni concettuali.
La comunicazione è il primo gradino della condivisione e prima ancora della comunicazione c’è la scelta del linguaggio, quello già noto, quello già conosciuto, quello che uniforma le strade dei nostri percorsi cerebrali.
Ma spesso non c’è identità nei percorsi e non c’è identità nei linguaggi e talvolta le strade cambiano direzione e si avventurano in esplorazioni comunicative inedite.
Nuovi termini aprono gli spazi a nuove ipotesi di qualificazione, magari già esistenti nella concettualizzazione, ma non ancora completati nella dinamica della comunicazione.
Alcuni condividono l’ateismo e condividono l’idea che con i percorsi della trascendenza, sia opportuno o arricchente scambiare discussioni, nella convinzione che gli uni possano trarre utilità speculativa dal confronto con gli altri, ma anche nella più o meno segreta aspettativa di mutare i convincimenti altrui.
Altri invece, condividono l’ateismo ma dissentono dall’idea che con la trascendenza sia percorribile una qualche forma di scambio, non per supponenza ma per assenza di stimoli.
Un nuovo termine può definirli: ateotelici ovvero coloro che dal dibattito sulla divinità escludono qualunque ipotesi di interesse.
Ciò non toglie che ciascuno possa attingere ad una riflessione personale, ma l’ateotelico non trova affatto illuminante condividerla pubblicamente.
Pubblico e privato tornano prepotentemente a fare la differenza tra coloro che vogliono condividere con gli altri i propri convincimenti e coloro che non sono interessati a farlo.
Il contesto è la cornice entro la quale diventa lecito o prevaricante l’espressione del proprio convincimento.
L’ateotelico in definitiva non è mai in dissonanza con nessun contesto perché nel rispetto della differenza sottrae alla discussione pubblica il suo privato.
L’ateotelico non convince, non dibatte, non si confronta con i suoi antagonisti perché trova sterile farlo.
In definitiva per l’ateotelico tentare di convincere i propri antagonisti significa offenderli, significa non riconoscergli una autonomia di giudizio o di capacità concettuale, significa avere disprezzo per i convincimenti altrui e forzarne la riflessione su quanto possa, ai propri occhi, sembrare contraddittorio o infondato.
All’ateotelico interessa prioritariamente ed esclusivamente che lo Stato non aderisca a nessuna impostazione e che riaffermi costantemente la propria neutralità e la propria astensione.
E’ in questo essenziale assunto che l’ateotelico chiede una universale adesione, anche ai suoi antagonisti perché l’adesione al principio di laicità non ha bisogno di passare attraverso dibattiti o interpretazioni, o si aderisce o si nega.
http://www.democrazia-atea.it/sezione-11-sottosezione-46-id-271-l-ateotelico.htm
Mi piace che vengano creati nuovi termini (questo lo avete capito da tempo ), anche se dalla descrizione credo di non potermi definire un Ateotelico, in quanto mi piace confrontarmi con la controparte e penso che sia utile, infatti molte persone hanno cambiato idea nei confronti di Dio anche seguendo tutto quello che scrivo e questo diminuisce il bigottismo generale.
Inoltre diciamocelo, purtroppo molti credenti sono stati talmente influenzati dalla religione che non hanno una vera autonomia di giudizio, proprio per questo il confronto è importante, non tanto per convincere o "covertire", ma più che altro per promuovere un punto di vista diverso da quello che molte persone sono abituate ad avere a causa dell'influenza religiosa che parte dalla famiglia.
Re: Nuovo Termine: l'Ateotelico
'Sto termine serviva.
___________________
"Le cose che sono incurvate non hanno bisogno di archi; le cose che sono diritte non hanno bisogno di righe; le cose che sono rotonde non hanno bisogno di compassi; le cose che sono rettangolari non hanno bisogno di squadre; le cose che si incollano non hanno bisogno di colla; le cose che vanno insieme non hanno bisogno di corde”
Chuang-Tzu
Cosworth117- -------------
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Occupazione/Hobby : Essere sempre in minoranza
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