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Messaggio Da Ludwig von Drake Mar 10 Mar 2009 - 8:47

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Messaggio Da davide Mar 10 Mar 2009 - 17:27

Articolo interessante, che mi fa nascere una domanda.
Dove nasce allora il coraggio? E per coraggio non intendo l'assenza di paura (quella è incoscienza), intendo l'azione che ci fa vincere la paura.

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Messaggio Da Ludwig von Drake Mer 11 Mar 2009 - 11:47

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Messaggio Da davide Mer 11 Mar 2009 - 18:31

ERRI8013 ha scritto:
davide ha scritto:Articolo interessante, che mi fa nascere una domanda.

Dove nasce allora il coraggio? E per coraggio non intendo l'assenza di paura (quella è incoscienza), intendo l'azione che ci fa vincere la paura.
Interessante, però l'articolo parla di superare la paura e non dell'assenza di paura.

Chissà, sarebbe interessante capire se il coraggio è legato al tipo (qualitativo e quantitativo) di paura o meno...
Appunto. Forse non mi sono spiegato bene. wink..

Trovo che l'assenza di paura in determinate situazioni non sia "coraggio", ma sia "incoscienza": ossia mancanza di cognizione di un pericolo attuale.

Coraggio è invece quando, nonostante la paura, si compie comunque una determinata azione.

Sarebbe interessante capire cosa ci permette di vincere la paura in quel momento.

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Messaggio Da giamba Lun 16 Mar 2009 - 23:13

Beh, il coraggio se non sbaglio è la gestione della "secrezione di adrenalina". Nel momento di pericolo e quindi di paura intensa, una forte scarica di adrenalina è sempre auspicabile per raccogliere la forza fisica e la velocità, nonchè la prontezza di riflessi quindi la progettualità immediata.

Se non si porta a compimento la reazione, possono subentrare per il futuro delle fobie più o meno invalidanti e una prostrazione immediata.
Comunque il rilascio dell'adrenalina provoca sempre tremori e confusione, proprio perchè non gestita da un'altra attività fisica-meno intensa della reazione immediata- che la assorba.
Il coraggio a cui ti riferisci è un "coraggio anticipatorio", che può essere ottenuto simulando graduatamente le situazioni di pericolo e "sbloccando" ove ce ne sia bisogno il blocco ansioso anticipatorio.

Ottime le arti marziali orientali accompagnate da una buona filosofia orientale.
Desensibilizzazione e depersonalizzazione controllata.

Questo a livello "software". A livello hardware, non so, sostanze psicotrope senz'altro.
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Messaggio Da giamba Lun 16 Mar 2009 - 23:16

in pratica, paura e coraggio sono la stessa cosa.
Paura con gestione dell'adrenalina = coraggio
Paura senza gestione= beccarsi solo gli effetti collaterali del lento riassorbimento della adrenalina, cioè paura
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Messaggio Da davide Mar 17 Mar 2009 - 13:05

Ma in tal caso, posto che ci sia una reazione chimica o ormonale uguale in tutte le persone, qual è la discriminante che fa compiere l'azione ad un soggetto e ad un altro no?

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Messaggio Da Ludwig von Drake Mar 17 Mar 2009 - 13:22

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Messaggio Da maxsar Mar 17 Mar 2009 - 14:09

Calma, calma, calma.
la paura è una reazione utilissima all'evoluzione umana, quando i nostri antenati venivano divorati dai predatori perchè non li temevano, lentamente si è andata a selezionare una struttura cerebrale estremamente particolare.
Si trova posta in contiunità con il putamen, retrostante il nucleo caudato, una noce in pratica: l'amigdala.
Questi neuroni hanno una funzione estremamente importante, quando proviamo paura, si blocca il pensiero logico e si mettono in luogo comportamenti di difesa (vedo un leone che corre verso di me, albero-mi arrampico); lesioni all’amigdala (soprattutto laterali danno un comportamento aggressivo, rewiew Sick Children Hospital di Toronto).
La paura biochimicamente è portata da un'esemble ormonale fra cui è presente sicuramente l'adrenalina, ma una 15ina di altri ormoni ed altre sostazne intermedie e cascate biochimiche (cortisolo, proteine irs,....).
La visione della paura sicuramente ha dei tratti genetici (probabilmente una forma di memoria genica, anche se controversa come formulazioni), tutti abbiamo delle paure ataviche (buoio, spazi angusti, cose che strisciano) probabilmente dovute a ciò.
Successivamente la parte del leone la gioca l'ambiente, se fin da bambino fossimo stati convinti che la tigre siberiana è un gattone edi nostri supporti valoriali (genitori, amici ) avessero supportato ciò, non avremmo sicuramente molta paura rispetto ad un bambino cresciuto con i giusti stimoli culturali a dare da mangiare al gattone.
I bambini amish quando vedono le ruspe (seppur non possano usare propriamente la tecnologia, possono affitarla da gente esterna, per scopi socialemtne utili, comunque soltanto il gruppo diciamo più progressista) si spaventano molto in quanto:
1) Non appariene al loro mondo socioculturale
2) Rappresenta tutto il mondo tecnologico odiato dal gruppo. gru=male
Sicuramente è poi persente una fortissima componente genica; ricercatori americani hanno dimostrato che topi privi del gene codificante la statmina diventano audaci ed aggressivi al livelli inverosimili.[1]
Questa molecola è espressa nella’migdala è serve a mettere in funzione il processo biomolecolare della paura, senza quest’interrutore il pathway molecolare s’interrompe.
Questo topi non hanno poi una vera e propria molecola della paura ed inoltre non sono sensibili a paure ataviche.
Per rispondere alla tua domanda la differenza la fa l’ambiente e la parte genetica.
Normalmente l’ambiente influisce più della parte genetica che in questi casi è normalmente predisponente, ovvero uomini senza il gene della statmina avrebbero vita breve, esistono poi altri geni che hanno funzione facilitante/inibente.
Esistono molecole (in genere beta-bloccanti) capaci di modificare i meccaniimi della memoria della pura [1].
Merel Kindt ha preso un gruppo di 60 uomini, questi venivano fatti vedere dei ragni ed in contemporanea venivano esposti a forti scariche elettriche.
Il giorno dopo ad un gruppo è stato somministrato il principio attivo, all’altro soltanto un placebo; il gruppo che aveva assunto il beta-bloccante aveva delle reazione ansiogene misurate infinitamente più basse rispetto a quello di controllo
In Usa si vorrebbe introdurre il trattamento con buprenololo (beta-bloccante di prima) come trattamento di routine nei casi di violenza sessuale/stupro, non cancella il ricordo, ma evita di farci immobilizare dalla paura e di pensare continuamente, in pratica la sindrome postraumatica; i problemi etici, come al solito, hanno bloccato tutto.
[1]http://www.nature.com/neuro/journal/v12/n3/abs/nn.2271.html
[1]Tathmin, a Gene Enriched in Lateral Nucleus of Amygdala and in the CS and US Pathways, Controls both Learned and Innate Fear”. Cell, Vol. 123, 697–709 (18 novembre 2005), DOI 10.1016/j.cell.2005.08.038.


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Messaggio Da giamba Mar 17 Mar 2009 - 14:14

davide ha scritto:Ma in tal caso, posto che ci sia una reazione chimica o ormonale uguale in tutte le persone, qual è la discriminante che fa compiere l'azione ad un soggetto e ad un altro no?

La discriminante è che NON C'E' una reazione chimica o ormonale uguale in tutte le persone.

La chimica interna (endorfine etc) si dosa in base al dna (fattore ereditario) e al vissuto (esperienze di vita, educazione, rapporto coi genitori nelle varie fasi d'età)
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Messaggio Da davide Mar 17 Mar 2009 - 20:08

Allora mi confermate che cmq c'è qualcosa più che non semplici reazioni chimiche ed ormonali...

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Messaggio Da maxsar Mar 17 Mar 2009 - 20:30

Allora mi confermate che cmq c'è qualcosa più che non semplici reazioni chimiche ed ormonali...
Tutte le reazioni comportamentali avvengono per reazioni chimiche; per dirti la depressione grave (patologica, non essere giù) è causata da una diminuzione di un neurotrasmettitore la serotonina.
E' indubbio che esista un fattore genetico che può essere predisponente per sviluppare un determinata fattore.
E' sbagliato però ricondurre tutto a questo, l'ambiente ha una funzione estremamente importante.
Ti faccio un esempio alcune persone hanno predisposizioni genetiche a sviluppare alcune patologie (depressione si produce poca serotonina, alcolismo poca dopamina) in condizioni normali non si nota.
Prendiamo la nostra persona predisposta alla depressione, mettiamola in una condizione estremamente stressogena ed estremamente pesante per abbastanza tempo, ci sono buone possibilità (rispetto al campione "sano" ed in senso statistico) che si sviluppi la patologia, stessa cosa alcolismo.
Vedi, la genetica da un incipit, una via, l'ambiente poi modella i fattori che andranno a svilluparsi.
Dalla parte genetica c'è sicuramente una maggior predisposizioni a sviluppare coraggio/paura a seconda di diversi alleli, questa condizione verrà esplicitata dall'ambiente in genere questo avrà influenza maggiore rispetto al primo.
Guarda i cani, esistono razzi più aggressive di altre, ma se ben addestrate e tenute in un certo ambiente non è assolutamente impossibile portare un dogo ad essere meno aggressivo di uno yorkshire.
Esistono comunque geni che se presenti da soli sono in grado di modificare drasticamente il comportamento od esplicitarsi pesnatemente a livello fenotipico.
E'il caso della mancanza del gene della stamtina (i topi spartani di prima carneval )e di altri i quali da soli sono in grado di esplicitarsi da soli (in campo patologico, tra le tante il Morbo di Huntigton).
In sintesi, paura-coraggio sono fattori in parte (normalmente piccola) innati, la parte del leone la fa l'ambiente, ma non sono da sottovalutare neanchè il lavoro psicologico che ognuno di noi può fare su di se per ridurre magari alcune paure irrazionali.
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Messaggio Da ros79 Mar 17 Mar 2009 - 21:25

una domanada maxsar...ma se le nostre reazioni dipendono da 1 la predisposizione 2 l'ambiente ne consegue che non c'è più spazio per la responsabilità personale. te lo chiedo perchè spesso io l'ho pensato, ma non ne riesco ad uscire. se non siamo responsabili di noi perchè ci arrabbiamo con gli altri? non esisterebbero i presupposti...saremmo tutti "giusificati".

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Messaggio Da Ludwig von Drake Mer 18 Mar 2009 - 8:56

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Messaggio Da ros79 Mer 18 Mar 2009 - 9:21

ERRI8013 ha scritto:
So che la domanda era per Max...

I fenomeni fisici e biologici alla base del nostro comportamento non influenzano le basi necessarie per un vivere civile. Quindi, anche se tutto ciò che accade ha un presupposto fisico, ciò non esclude la necessità di avere una regolamentazione. Insomma, il fatto che sappiamo perchè un uomo si comporta in un determinato modo, non esclude la possibilità di giudicare un determinato comportamento sbagliato.
era per max perchè è lui che ha scritto ma è un argomento che mi interessa quindi chi ha da dire dica wink..
lui non parla solo di presupposto fisico, ma anche di ambiente esterno (che sarebbe il vivere civile con le tue parole).
ora io in base al mio presupposto fisico e vivere sociale (ambiente esterno) mi comporto in un certo modo e "giudico" attraverso il mio filtro. quindi ovviamnete per come reagisco io ritengo "sbagliati" alcuni comportamenti rispetto ad altri, ma in teoria e conseguentemente in pratica se davvero siamo il prodotto (ed io lo penso) di fisicità ed esterno a questo punto non avremmo alcun diritto di giudicare i comportamenti altrui perchè dove si colloca la responsabilità personale se è tutto conseguenza? dove si colloca il nostro arbitrio? se io fossi nata in Giamaica piuttosto che in Italia sarei una persona diversa...dove sta il mio punto fermo che mi permette di essere "io" e quindi responsabile di ciò che dico e faccio?

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Messaggio Da maxsar Mer 18 Mar 2009 - 13:18

ma se le nostre reazioni dipendono da 1 la predisposizione 2 l'ambiente
Il discorso era un po' diverso, ovvero sulla paura, la quale è atavicamente iscritta nel nostro genoma, ma è comunque influenzata dai fattori ambientali.
A livello organico infatti esiste una struttura cerebrale propriamente evolutasi per questo compito.
Arriviamo alla tua domanda, i processi razionali vengono guidati dalla corteccia cerebrale che è estremamente più evoluta rispetto all'amigdala, rispetto agli animali che si muovono per genetica e ambiente noi abbiamo anche processi psicologici che vanno a modificare questi fattori.
Il discorso è molto complesso ed esistono diverse scuole di pensiero, divisi in innatisti (tutto è innato) ed ambientalisti-strutturisti (è l'interazione con l'ambiente a creare deteminati comportamenti).
A livello sociale penso che in un individuo sano la parte del leone la giochi l'ambiente, se io e te fossimo nati in una comunità Amish al 99% avremmo assunto il ruolo per noi ascritto.
In questi gruppi la pressione sociale è estremamente forte è in pratica tutti sono tenuti conformarsi, eliminando la devianza sociale.
La responsabilità personale si trova a mediare tra questi poli (ambientale-culturale) e genetico, in mezzo a tutto questo si trovano i nostri processi psicologici i quali anche se influenzati da ambiente e genetica non annulano la nostra responsabilità in maniera totale.
Intendiamoci anche la componente genetica è forte, se prendiamo una persona portata alla depressione e la inseriamo in una qualunque comunità è altamente probabile che la sviluppi.
A quel punto i suoi comportamenti, nel caso di sviluppo di depressione, sarebbero da non considerarsi responsabili e sarebbero da inficiare alla mancanza di serotonina e una vagonata di altri mediatori.
Stessa cosa alcolismo (non si estrinsicherebbe però magari in una società mussulmana, dove alcol culturalmente è vietato, vedi ambiente e geni si influiscono vicendevolmente).
La tua domanda è quindi da un milione di dollari, in sintesi penso che sia il nostro patrimonio genico che i fattori ambientali ci plasmino (a seconda di come si apprende cambiano fisicamente le zone della corteccia corticale, gene-ambiente), con una maggioranza dei fattori culturali levando alcuni casi limite (depressione, alcolismo, topi 300, autismo, Hasperger e quindi probabilmente la genialità).
Levando casi estremi si ha comunque un certo margine di manovra, anche se comunque l'influenza sociale è estremamente importante, per questo comportamenti disapprovati da molte culture possono trovare un senso se visti in una determinatà ottica sociale (eschimesi abbandonano vecchi banchisa, donna disonorata giapponese Jigai).
Effettivamente la morale cambia di società in società e di epoca in epoca; probabilemente non esiste niente di certo (lascio il campo ai filosofi qua) e anche all'interno della società esistono subculture con criteri valoriali diversi.
Quando giudichi un comportamento lo giudichi
1) In base alle tue esperienze.
2) In base ai fattori culturali appressi dall'ambiente in cui sei cresciuta.
3) Mediamente processi associativi tra questi due fattori.
4) Base genica (vedi topi spartani) anche se non sono i fattori principali nella media della popolazione.
Alla fine i nostri giudizi si basano su pregiudizi (non sto parlando in sneso negativo, ma psicologico), il 90% del nostro comportamento è routine, servono dei modelli già pronti per affrontare le diverse situazioni.
Questi ci vengono forniti dala cultura e non è sempre detto che siano funzionali in un determinato ambiente/cultura/gruppo/sottogruppo, tutti questi elementi concorrono alle nostre valutazioni.
A seconda dell'elemento che si vede più influente sono derivate diverse scuole che basano il loro approccio in ottiche diverse.
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Messaggio Da ros79 Mer 18 Mar 2009 - 13:30

ti ringrazio della risposta esauriente...
non so in quale scuola mi collocherei io, ma devo ammettere che tra queste teorie e Libet (lo conosci?) il mio "giudizio" verso gli esseri umani continua ad alimentare pietà...
è da stupidi pensare che esistano ordini di grandezza quali migliore o peggiore persona se la persona di per sè non è in quanto tale ma in quanto conseguenze.
e purtroppo io credo che in ogni nostra sfacettatura(vedi già solo la nascita dell'esistenza) tali siamo..conseguenza.

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Messaggio Da davide Mer 18 Mar 2009 - 19:37

Quindi ros, uno stupratore è giustificato perchè sarebbe frutto di una "conseguenza"? boxed

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Messaggio Da ros79 Mer 18 Mar 2009 - 19:46

davide ha scritto:Quindi ros, uno stupratore è giustificato perchè sarebbe frutto di una "conseguenza"? boxed
no ovviamente a livello pratico, il problema che mi pongo io è "abbiamo altre scelte?".
è naturale che in un contesto di società civile atti volti a danneggiare terzi siano da condannare. non metto in dubbio questo come non metto in dubbio che se qualcuno facesse del male che so a mio figlio lo ucciderei con le mie mani...
la mia è una domanda teorica, poi per come si è sviluppata la società civile è ovvio che non possiamo giustificare comportamenti del genere. ma il termine giustificare è inappropriato, il fatto è che ognuno giudica secondo i propri parametri, ma ognuno ha parametri diversi e questo in conseguenza dei geni e dell'ambiente stando al discorso di questi ultimi post.

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Messaggio Da davide Mer 18 Mar 2009 - 20:03

chiaro che la mia domanda voleva provocare una risposta, non era da prendere alla lettera (devi farne l'esegesi ahahahahahah )
Quello che dico io è che non accetto l'idea che noi non siamo liberi di decidere. Perchè le persone sono tutte diverse, ogni testa un cervello, anche a parità di condizionamenti.
Noi siamo il risultato di chimica, condizionamenti e personalità.

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Messaggio Da maxsar Mer 18 Mar 2009 - 20:18

Quello che dico io è che non accetto l'idea che noi non siamo liberi di decidere.
Ambiente e genetica sono i due estremi.
In mezzo abbiamo la possibilità di avviare delle nostre valutazioni.
Ovvio il gruppo sociale estremamente forte (amish) o il punto di vista genetico che si esplicita nel fenotipo totalmente sono i due estremi.
E' però' indubbio che siamo portatori di pregiudizi che bene o male vanno ad influire le nostre azioni.
Non penso che il libero arbitrio totale esista, si trova sempre a mediare tra ambiente e genetica; non dico però che non esista neanche.
Quindi ros, uno stupratore è giustificato perchè sarebbe frutto di una "conseguenza"?
Normalmente no.
Però esistono dei casi particolari, se vuoi ti passo un po' di casi, stimolazione intracranica sbagliata e il paziente (mai dato problemi, padre di famiglia) la sera stupra l'infermiera, ti cerco l'articolo.
Libet (lo conosci?)
Letto qualcosa sulla parte di neurofisiologia e i diversi tempi di risposta agli stimoli, mi aveva interessato la teoria CFM.
Ho sul comodino Mind Time, ma non ho ancora avuto il tempo di leggerlo


Ultima modifica di maxsar il Mer 18 Mar 2009 - 20:23 - modificato 2 volte.
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Messaggio Da ros79 Mer 18 Mar 2009 - 20:20

davide ha scritto:chiaro che la mia domanda voleva provocare una risposta, non era da prendere alla lettera (devi farne l'esegesi ahahahahahah )
Quello che dico io è che non accetto l'idea che noi non siamo liberi di decidere. Perchè le persone sono tutte diverse, ogni testa un cervello, anche a parità di condizionamenti.
Noi siamo il risultato di chimica, condizionamenti e personalità.
sarebbe bello capire cos'è la personalità... eeeeeeek
poi scusa davide ma il fatto che tu non lo accetti non implica che non possa essere così...io non accetto la morte...fai te...

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Messaggio Da davide Mer 18 Mar 2009 - 20:57

Oh bella..... il fatto che tu pensi che l'essere umano si riduca a questo non significa che sia così, non trovi? Oppure questa tua convinzione è scientificamente dimostrata?

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Messaggio Da ros79 Mer 18 Mar 2009 - 21:30

davide ha scritto:Oh bella..... il fatto che tu pensi che l'essere umano si riduca a questo non significa che sia così, non trovi? Oppure questa tua convinzione è scientificamente dimostrata?
ma che fai te la prendi sul personale??? ma dai! boxed boxed
io non ho asserito nulla, ho solamente sollevato dubbi...

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Messaggio Da davide Mer 18 Mar 2009 - 21:35

ros79 ha scritto:ma che fai te la prendi sul personale??? ma dai! boxed boxed
...
Ma assolutamente no!! eeeeeeek eeeeeeek wink..

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Messaggio Da Ludwig von Drake Gio 19 Mar 2009 - 8:45

davide ha scritto:Quindi ros, uno stupratore è giustificato perchè sarebbe frutto di una "conseguenza"?
Dico la mia, anzi la ripeto: il fatto che, eventualmente, si capiscano le ragioni fisiche da cui dipendono i nostri comportamenti psico-fisici non implica una cessazione dell'utilità delle regole.

In un gruppo di individui, per poter convivere, è necessario avere delle regole da rispettare. Questo indipendentemente da quali siano le ragioni fisiche che portano al sorgere di determinati atteggiamenti.

OT io sono di quelli che pensano che se uno si è ubriacato ed ha violentato una ragazza o derubato un negoziante è comunque da punire /OT
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Messaggio Da ros79 Gio 19 Mar 2009 - 9:10

continuate,non volendo,a sviare la mia domanda...sono d'accordo sulle regole, sui "giudizi" che portano a conseguenze (tipo omicidio=>carcere), ma la responsabilità prettamente personale, filosoficamente parlando, dove si colloca?
la personalità di cui parla davide qualcuno sa definirla? alla fine questi post si ricollegano ad un vecchio thread che avevo messo sulla predisposizione genetica ad essere atei o credenti...è sempre lo stesso punto...esiste un "io" al di là della realtà superficiale che osserviamo, dove si colloca la nostra personalità (se mai esiste) e quindi responsabilità siccome siamo "solo" un prodotto?

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Messaggio Da davide Gio 19 Mar 2009 - 9:46

ros79 ha scritto:ma la responsabilità prettamente personale, filosoficamente parlando, dove si colloca?
Ahhhhhhhhh ma potevi dirlo subito, lo sai cosa penso in merito!! mgreen Royales ahahahahahah

davide
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Messaggio Da Ludwig von Drake Gio 19 Mar 2009 - 10:08

.


Ultima modifica di Ludwig von Drake il Sab 2 Ott 2010 - 12:57 - modificato 1 volta.
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Messaggio Da ros79 Gio 19 Mar 2009 - 11:37

davide ha scritto:
ros79 ha scritto:ma la responsabilità prettamente personale, filosoficamente parlando, dove si colloca?
Ahhhhhhhhh ma potevi dirlo subito, lo sai cosa penso in merito!! mgreen Royales ahahahahahah
infatti mi chiedevo come mai mi rispondessi... prrrrr ed infatti è meglio che non mi rispondi in questi post... evillll balla

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Messaggio Da ros79 Gio 19 Mar 2009 - 11:42

ERRI8013 ha scritto:
La nostra personalità si colloca in tutto il nostro essere.

Siamo un prodotto fisico, ma questo non credo debba tangere il nostro essere.

Se dai un masso in testa a qualcuno quel masso risulterà duro e quel qualcuno si sarà fatto male, indipendentemente dal fatto che quel masso sia composto da atomi e dall'accelerazione e eventuale inerzia del masso. Queste sono solo descrizioni della realtà che non alterano la realtà stessa delle cose.

il mio è un discorso ampio infatti..anche la realtà stessa delle cose è un concetto indefinito e comunque il problema rimane, io sono d'accordo, ma l'essere cos'è? tu sapresti dire chi sei?


Ma forse mi son perso per strada... di che stavamo parlando?

ahahahahahah


comunque fa niente è un discorso heidgerriano che non a tutti può interessare...anzi credo a nessuno... pianto2

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Messaggio Da Ludwig von Drake Gio 19 Mar 2009 - 12:06

ros79 ha scritto:il mio è un discorso ampio infatti..anche la realtà stessa delle cose è un concetto indefinito e comunque il problema rimane, io sono d'accordo, ma l'essere cos'è? tu sapresti dire chi sei?
Ah, vero, non mi sono ancora presentato... mgreen

A parte gli scherzi cercherò di risponderti come meglio posso in questo momento:

io sono l'illusione che chiamo io,
io sono ciò che penso e ciò che sento,
io sono la percezione che ho di me stesso:
una foglia in autunno.
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Messaggio Da ros79 Gio 19 Mar 2009 - 12:28

ERRI8013 ha scritto:
ros79 ha scritto:il mio è un discorso ampio infatti..anche la realtà stessa delle cose è un concetto indefinito e comunque il problema rimane, io sono d'accordo, ma l'essere cos'è? tu sapresti dire chi sei?
Ah, vero, non mi sono ancora presentato... mgreen

A parte gli scherzi cercherò di risponderti come meglio posso in questo momento:

io sono l'illusione che chiamo io,
io sono ciò che penso e ciò che sento,
io sono la percezione che ho di me stesso:
una foglia in autunno.
apprezzo molto... ok

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Messaggio Da giamba Dom 22 Mar 2009 - 0:27

In mancanza di realtà l'illusione è la realtà. E in questo caso cos'è l'illusione della realtà?

Sul fatto di esistere, deve essere una cosa molto molto sottile. Io non "getto la spugna", mi sembra ci sia motivo di scavare a fondo il discorso esistenza. Non che mi importi personalmente(giuro, l'esistenza mi rompe a sufficienza). Però secondo me c'è una definizione da cercare la dove si crea l'esigenza o l'illusione della verità: secondo me l'esistenza va spiegata nel cervello, veramente, ma non alla Cartesio.

Per esempio sarebbe pacifico dire che non c'è niente che non esista,
se si toglie Lapalisse di mezzo, si potrebbero avere delle sorpese.

Ma che caçç sto dicendo?
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Messaggio Da Ludwig von Drake Dom 22 Mar 2009 - 12:22

Non c'è niente che non esiste, semplicemente spettacolare (ma non così scontato)!

clap clap
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Messaggio Da ros79 Dom 22 Mar 2009 - 20:40

giamba ha scritto:In mancanza di realtà l'illusione è la realtà. E in questo caso cos'è l'illusione della realtà?

Sul fatto di esistere, deve essere una cosa molto molto sottile. Io non "getto la spugna", mi sembra ci sia motivo di scavare a fondo il discorso esistenza. Non che mi importi personalmente(giuro, l'esistenza mi rompe a sufficienza). Però secondo me c'è una definizione da cercare la dove si crea l'esigenza o l'illusione della verità: secondo me l'esistenza va spiegata nel cervello, veramente, ma non alla Cartesio.

Per esempio sarebbe pacifico dire che non c'è niente che non esista,
se si toglie Lapalisse di mezzo, si potrebbero avere delle sorpese.

Ma che caçç sto dicendo?

l'esistenza non va spiegata, è l'essere umano che cerca la spiegazione sempre. l'esistenza va osservata ma non tralasciata.
vedo troppe forzature umane nelle tue parole. vuoi spiegare qualcosa che è, ma il spiegare leva già di per sè l'essenza del è.
l'unica cosa che si può cercare è una giustificazione che in quanto tale, come tutte le parole umane, è artifizio (e snatura l'è).

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Messaggio Da SergioAD Ven 30 Lug 2010 - 22:31

Esistono tanti sinonimi per il termine “paura” magari non sono tutti buoni sostituti e nessuno confonderebbe “pelle d'oca” con “terrificante”. Sembra strano invece che ci siano tante parole per indicare il termine “paura”, tante invenzioni linguistiche per dire la stessa cosa, eppure se guardassimo all'interno dei nostri cervelli troveremmo una vecchia e semplice definizione - “paura”.

Comune mortale ci ha indicato gli esperimenti di Ivan Pavlov sui cani e qualcuno di noi sarà andato a leggere sugli istinti, sui riflessi incondizionati, oppure sull'imprinting.

Questa volta si tratta di applicare le stesse regole per instillare paura, facendo l'assunzione implicita che la “paura” come la “fame” siano risposte provocabili.

John Watson, un psichiatra Americano ha insegnato ad un bambino di 11 mesi (Albert) ad avere paura dei topi, facendogli vedere un topo ed allo stesso tempo sentire battere forte una spranga di ferro. Il risultato, dopo alcune ripetizioni, fu che ad Albert veniva da scappare via terrorizzato alla semplice vista del topo.

Qualche decennio dopo altri scienziati instillarono la paura del buio a topi facendoli associare al buio inizialmente anche scariche elettriche.

Studi successivi rivelarono il ruolo importante dell'amigdala, implicata nei stimoli motivazionali associati a reazioni di paura e ricompensa, sembra anche nelle reazioni emotive e nell'attrazione sessuale. L'amigdala orchestra anche la paura, la vista di un fucile carico fa aumentare l'attività celebrale in questa parte del cervello. Le persone con l'amigdala danneggiata hanno ridotte risposte emozionali e non imparano più ad avere paura per associazione. Un buon passo avanti per la scienza.

Si capisce che con questi meccanismi è possibile creare situazioni in cui la preda riesca ad avere paura del predatore anche in assenza del predatore stesso.

Questo interessante articolo di Discover Magazine si trova completo al seguente collegamento.
http://discovermagazine.com/2010/jan-feb/16-primitive-complicated-essential-emotion-called-fear/article_view?b_start:int=1&-C

Non per il confronto irrazionale e non costruttivo però si intravede il forte condizionamento indotto all'interno dei due istinti primordiali “irrazionali”, sopravvivenza e riproduzione.

SergioAD
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