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Come distinguere credenti e non credenti?

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Messaggio Da Minsky Dom 11 Gen 2015 - 17:54

Parto da QUESTO spunto cioè dall'osservazione che i credenti mancano di senso dell'umorismo. Non sono io ad averlo scoperto, il fatto è noto da tempi lontani. Basti una colta citazione: Umberto Eco ne "Il nome della rosa" fa dire al vecchio custode della biblioteca: «Il riso uccide la paura, e senza la paura non ci può essere la fede».

Ma la paura di cosa? Forse questa è la strada che ci può condurre a trovare il criterio capace di identificare chi è credente e chi non lo è. Non è una questione di scarsa importanza. Sappiamo già che una dicotomia rigorosa non è possibile. Ci deve essere tutta una gamma di sfumature che partono dall'appartenenza ad una categoria e vanno verso l'altra categoria. Pertanto ci sarà anche una "terra di mezzo" di chi non sta nettamente né da un lato né dall'altro. Forse gli agnostici? No, penso di no. Gli agnostici semplicemente non sanno da che parte stanno. Ma andiamo con ordine.

Di che cosa deve avere paura un credente? Del suo dio? Della morte? Che cosa caratterizza una religione? È possibile identificare un elemento comune a tutte le religioni?

C'è un aspetto psicologico cruciale, che secondo me costituisce la principale origine della credenza: il senso di continuità dell'esistenza. Ne ho già parlato in un'altra occasione, ma riporto qui daccapo la mia deduzione.

Nella nostra esperienza, c'è continuità nella coscienza, attraverso le fasi di veglia e sonno, giorno dopo giorno. Questa continuità appare come se non dovesse interrompersi mai. A qualcuno può capitare di passare una brutta avventura e di vedere la mala parata, ma se poi riesce a raccontarla, è evidente che l'ha scampata e la sua coscienza non si interrompe. Ci ricordiamo poi del brutto quarto d'ora come di un incubo che pian piano si dissolve. Torniamo alla nostra routine quotidiana, sicura e confortevole. Perché mai un giorno questo stato dovrebbe cambiare?

Faccio un esempio. A me è capitato in alcune occasioni di trovarmi in situazioni difficili. In montagna il maltempo, la nebbia, la perdita dell'orientamento, lo sfinimento, l'ora tarda e il buio, sono possibili situazioni che talvolta portano ad esiti tragici. Chi si avventura in roccia trova ulteriori casi di pericolo. Ero su una via non difficile, con un buon  compagno. Nella relazione c'era scritto di tenersi, da un certo punto in avanti, lungo la cresta, ma il mio compagno mi aveva convinto ad imboccare un facile canale che, secondo lui, ci avrebbe portati vicino alla vetta più rapidamente. Così, mi trovai aggrappato ai fragili appigli di una parete friabile, improteggibile, con almeno dieci o dodici metri di corda sfilata. Se fossi caduto avrei fatto ben più di venti metri di volo, e mi sarei quasi certamente ammazzato sbatacchiando contro la roccia, vanamente trattenuto dalle corde.

La cresta, di roccia sana e appigliata, era solo pochi metri più in alto. Non ero preoccupato, però non riuscivo a salire. Le corde (due "mezze" corde da 60 m) non mi seguivano. Diedi una voce al compagno per avere corda. Mi rispose che da lui in sosta erano lasche. Capii che si erano incastrate. Che potevo fare? Potevo slegarmi, tanto lì le corde erano solo un impiccio ormai. Ma poi, come sarei sceso senza corde? Il compagno che avrebbe fatto delle corde impigliate? Saremmo rimasti lì come due tordi ad aspettare il soccorso. Ma la zona è selvaggia e non c'è campo per il cellulare. La situazione era brutta e non sembrava presentare vie di uscita. Eppure in quel minuto o due che sono stato lì, in precario equilibrio sugli appigli infidi, ho pensato che poi a casa avrei scritto la solita email ai compañeros, descrivendo l'impresa corredata delle foto che avevo scattato, e avrei raccomandato, in caso di ripetizione di quella via, che «dopo il "naso", si mantenessero rigorosamente lungo la cresta senza farsi attirare da un facile canale che porta su terreno insidioso». Ecco: la continuità della coscienza, data per scontata anche quando ci sarebbero seri motivi per dubitare che porteremo a casa la pelle. Questo è l'inganno cognitivo che ci porta a voler credere che, in qualche modo, continueremo ad "esserci" anche dopo che il nostro corpo avrà cessato di funzionare.

Anche adesso, mentre scrivo queste righe, ho chiara in mente l'idea che più tardi terminerò di scriverle. Mi proietto nel futuro, ma in realtà potrebbe anche prendermi un colpo e non riuscirei a finire (se state leggendo non mi è successo nulla  wink..  ). Ricordo che, quando è morto il mio nonno paterno, tanti anni fa (ero ancora un bambino) mi dissero che la sera prima di coricarsi (morì nel sonno per arresto cardiaco) aveva messo un foglio, la carta carbone e le veline nella macchina per scrivere (sebbene in pensione, scriveva ancora articoli per un giornale). Certo lui si vedeva già al lavoro la mattina seguente per scrivere un pezzo. Forse aveva già in mente tutto il testo da scrivere. Non si immaginava affatto stecchito nel letto.

Ovviamente tutti prima o poi abbiamo modo di constatare che un organismo può deteriorarsi e morire. Un animale morto non si muove più, e dopo un certo tempo si decompone. Fin dall'antichità, gli esseri umani si sono trovati di fronte a queste evidenze. Per superare questo brutto scoglio, devono aver cominciato ad autoconvincersi che "qualcosa", la coscienza, magari poteva sopravvivere alla distruzione del corpo.

Poi, c'è stata anche l'invenzione degli dei, che erano le potenze misteriose capaci di mandare la pioggia, scagliare i fulmini, far crescere il frumento etc. Ma le due cose all'inizio secondo me erano ben distinte. Divinità e sopravvivenza della coscienza furono legate e incorporate nelle religioni solo in epoche più tarde. In effetti, mi par di ricordare che il buddhismo non prevede divinità, ma una forma di sopravvivenza dell'anima (la reincarnazione). Per dettagli prego consultare thread delle buddhanate.

Quindi, in sostanza, è la sopravvivenza del sé che determina la caratteristica principale della religione. Ci possono essere molti dei, o uno solo, o anche nessun dio, ma la sopravvivenza sì. Anche perché: facciamo la prova inversa. Togliamo la sopravvivenza e lasciamo gli dei. Chiediamo ad un credente: se il tuo dio esistesse, tale quale e preciso come dice la tua religione, ma dopo la morte non ci fosse alcuna sopravvivenza dell'animaccia tua, te ne fregherebbe ancora qualcosa della religione? A me, a questa domanda non ha mai voluto rispondere nessun credente. Però suppongo ragionevolmente che la risposta sarebbe "no".

Dunque, partirei da qui. Un elemento fondamentale per distinguere un credente da un non credente, è sapere se costui creda nella sopravvivenza dell'anima, o un concetto strettamente analogo.

Altri aspetti della credenza possono essere più o meno importanti e corroborare, ma sono meno fondanti, secondo me. Per esempio, un aspetto che viene spesso sollevato è che anche un ateo può credere a superstizioni come l'oroscopo, i tarocchi, le magie, o i biglietti della lotteria. Allora, se uno crede semplicemente in questo genere di cose, che non implicano la sopravvivenza dell'anima, potremo dire che è uno sciocco, non che è un credente. Se paga un mago per farsi fare una pozione miracolosa potremo dire che è un pollo, ma ancora non è un credente. Solo chi crede nella sopravvivenza dell'anima è un credente.

Può essere un criterio valido? Partiamo da qui, ok?

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Messaggio Da Rasputin Dom 11 Gen 2015 - 18:30

Partiamo da qui

Minsky ha scritto:[...]È possibile identificare un elemento comune a tutte le religioni?[...]

secondo me, sí, ed è semplice: esse promettono - per quanto ne so io - una vita dopo la morte, in una forma o nell'altra.

Come giustamente scrivevi in un altro contesto, togli quell'elemento lí e delle religioni (Nonché delle altre superstizioni) rimane ben poco.

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Messaggio Da Justine Dom 11 Gen 2015 - 18:43

Ce n'è uno piú onnicomprensivo, che include anche le buddhanate e robe orientali congeneri: la strenua convinzione nella benevolenza dell'energia, di dio o degli dei, ovvero credere per star bene e convincersi di essere presenza significativa nell'universo nei confronti di un qualche disegno dipinto a seconda della fantasia del momento

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Smettetela di bistrattare e misinterpretare la Scienza per fingere di dare plausibilità alle vostre troiate
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Messaggio Da Minsky Dom 11 Gen 2015 - 19:29

Rasputin ha scritto:Partiamo da qui

Minsky ha scritto:[...]È possibile identificare un elemento comune a tutte le religioni?[...]

secondo me, sí, ed è semplice: esse promettono - per quanto ne so io - una vita dopo la morte, in una forma o nell'altra.

Come giustamente scrivevi in un altro contesto, togli quell'elemento lí e delle religioni (Nonché delle altre superstizioni) rimane ben poco.
Esatto! Che è ciò che ho scritto anche qui sopra. Ma l'ipotesi che faccio adesso, è che si tratti dell'unico elemento essenziale per definire un credente come tale.

Justine ha scritto:Ce n'è uno piú onnicomprensivo, che include anche le buddhanate e robe orientali congeneri: la strenua convinzione nella benevolenza dell'energia, di dio o degli dei, ovvero credere per star bene e convincersi di essere presenza significativa nell'universo nei confronti di un qualche disegno dipinto a seconda della fantasia del momento
Sì, ma benevolenza a che fine? Se si trattasse di benevolenza limitata alla nostra vita umana, non sarebbe niente di diverso dallo sperare nella fortuna o credere nell'oroscopo. Non si è mai vista una divinità soddisfare in misura convincente e pronta una qualsiasi preghiera o invocazione o danza della pioggia etc. Far conto su questi dèi minori non appagherebbe l'ansia di sopravvivenza del credente, né sopirebbe la sua angoscia esistenziale. Ci vuole la sopravvivenza: ridotta, limitata, esotica, incomprensibile: più è aliena, più convince. Infatti ha molto più appeal il paradiso cristiano, con la sua atmosfera eterea e incorporea, di quello islamico, contaminato dalle promesse in stato di ebbrezza dell'ultimo Maometto, ossia le famose 72 vergini da trombare. Gli islamici si vergognano moltissimo per la storia delle 72 vergini, e si rammaricano moltissimo di non poterla cancellare.

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Messaggio Da Rickypiz94 Dom 11 Gen 2015 - 20:17

Minsky ha scritto:
Rasputin ha scritto:Partiamo da qui

Minsky ha scritto:[...]È possibile identificare un elemento comune a tutte le religioni?[...]

secondo me, sí, ed è semplice: esse promettono - per quanto ne so io - una vita dopo la morte, in una forma o nell'altra.

Come giustamente scrivevi in un altro contesto, togli quell'elemento lí e delle religioni (Nonché delle altre superstizioni) rimane ben poco.
Esatto! Che è ciò che ho scritto anche qui sopra. Ma l'ipotesi che faccio adesso, è che si tratti dell'unico elemento essenziale per definire un credente come tale.

Justine ha scritto:Ce n'è uno piú onnicomprensivo, che include anche le buddhanate e robe orientali congeneri: la strenua convinzione nella benevolenza dell'energia, di dio o degli dei, ovvero credere per star bene e convincersi di essere presenza significativa nell'universo nei confronti di un qualche disegno dipinto a seconda della fantasia del momento
Sì, ma benevolenza a che fine? Se si trattasse di benevolenza limitata alla nostra vita umana, non sarebbe niente di diverso dallo sperare nella fortuna o credere nell'oroscopo. Non si è mai vista una divinità soddisfare in misura convincente e pronta una qualsiasi preghiera o invocazione o danza della pioggia etc. Far conto su questi dèi minori non appagherebbe l'ansia di sopravvivenza del credente, né sopirebbe la sua angoscia esistenziale. Ci vuole la sopravvivenza: ridotta, limitata, esotica, incomprensibile: più è aliena, più convince. Infatti ha molto più appeal il paradiso cristiano, con la sua atmosfera eterea e incorporea, di quello islamico, contaminato dalle promesse in stato di ebbrezza dell'ultimo Maometto, ossia le famose 72 vergini da trombare. Gli islamici si vergognano moltissimo per la storia delle 72 vergini, e si rammaricano moltissimo di non poterla cancellare.

Almeno loro leggono il Corano... Se i cristiani leggessero la Bibbia diventerebbero atei già a fine Genesi.  :si si:

Per quanto riguarda il discorso del "credente". E' chiaro che se non vi fosse una continuità dopo la morte del corpo, non vi sarebbero neppure religioni. Quindi è un principio fondamentale per una religione, come dici tu, che vi sia un'anima e, quindi, qualcosa "dopo".

Ma "credente" è una persona che "crede" in qualcosa, seppur non dimostrata dai fatti. "Credo in Dio perché sento che esiste, perché di sì, perché ciò che ci circonda qualcuno lo deve pur aver fatto, perché me l'hanno insegnato i miei, perché nella Bibbia, nel Corano, nelle Teogonie c'è/ci sono Dio/Dei e c'è l'anima, perché sennò come ti spieghi i miracoli, ecc." questo è "credere", ossia essere convinti di qualcosa nonostante questa non sia dimostrata empiricamente.

Quindi, non solo è comune il concetto di sopravvivenza dopo la morte, ma anche il fatto di essere convinti che esista qualcosa oltre la percezione dei sensi, "di cui non si possa dimostrare né l'esistenza, né l'inesistenza" (per l' "inesistenza" sono riuscito a dimostrare molte cose col dialogo, ma il discorso si allungherebbe). Fermami se ti sembra una generalizzazione questa constatazione.

Come si potrebbe classificare chi sostiene l'idea di una probabile esistenza dell'anima attraverso osservazioni (come le NDE, le esperienze pre-concepimento, ecc.)?

[Ok, le NDE come le esperienze pre-concepimento sono facili da smontare, era soltanto un esempio per allargare la categoria, o almeno per differenziarla].

Dunque, si considerano anche questi come "credenti"?
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Messaggio Da Rickypiz94 Dom 11 Gen 2015 - 20:28

Ciò a cui miro è il fatto che: praticare un culto ha come prerequisito che vi sia anche l'anima.

Ma il concetto di "anima" può essere anche oggetto di studio di persone che non "credono", ma "osservano/riflettono" *. Quindi, mancando il presupposto del "credere", non si potrà considerarli credenti.

* non che le osservazioni debbano per forza essere valide, basta che vi sia la propensione della persona in questione a rettificarle nel caso rappresentassero tesi prive di valore.
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Messaggio Da Minsky Dom 11 Gen 2015 - 21:01

Rickypiz94 ha scritto:
Per quanto riguarda il discorso del "credente". E' chiaro che se non vi fosse una continuità dopo la morte del corpo, non vi sarebbero neppure religioni. Quindi è un principio fondamentale per una religione, come dici tu, che vi sia un'anima e, quindi, qualcosa "dopo".

Ma "credente" è una persona che "crede" in qualcosa, seppur non dimostrata dai fatti. "Credo in Dio perché sento che esiste, perché di sì, perché ciò che ci circonda qualcuno lo deve pur aver fatto, perché me l'hanno insegnato i miei, perché nella Bibbia, nel Corano, nelle Teogonie c'è/ci sono Dio/Dei e c'è l'anima, perché sennò come ti spieghi i miracoli, ecc." questo è "credere", ossia essere convinti di qualcosa nonostante questa non sia dimostrata empiricamente.

Quindi, non solo è comune il concetto di sopravvivenza dopo la morte, ma anche il fatto di essere convinti che esista qualcosa oltre la percezione dei sensi, "di cui non si possa dimostrare né l'esistenza, né l'inesistenza" (per l' "inesistenza" sono riuscito a dimostrare molte cose col dialogo, ma il discorso si allungherebbe). Fermami se ti sembra una generalizzazione questa constatazione.

Come si potrebbe classificare chi sostiene l'idea di una probabile esistenza dell'anima attraverso osservazioni (come le NDE, le esperienze pre-concepimento, ecc.)?

[Ok, le NDE come le esperienze pre-concepimento sono facili da smontare, era soltanto un esempio per allargare la categoria, o almeno per differenziarla].

Dunque, si considerano anche questi come "credenti"?

Rickypiz94 ha scritto:Ciò a cui miro è il fatto che: praticare un culto ha come prerequisito che vi sia anche l'anima.

Ma il concetto di "anima" può essere anche oggetto di studio di persone che non "credono", ma "osservano/riflettono" *. Quindi, mancando il presupposto del "credere", non si potrà considerarli credenti.

* non che le osservazioni debbano per forza essere valide, basta che vi sia la propensione della persona in questione a rettificarle nel caso rappresentassero tesi prive di valore.
Ok, ok. Non sono stato attento a generalizzare sufficientemente il problema, nella mia esposizione iniziale. Ma giustamente si dibatte per perfezionarsi, e lo faccio ora.

Il "credente" a cui mi riferisco non deve essere necessariamente credente di una religione tradizionale, e neppure di una qualsiasi religione.

In realtà, la grande maggioranza dei credenti si fa una religione personalizzata. Penso che non ci siano mille o duemila religioni soltanto nel mondo, ma sei miliardi. Tante quanti sono i credenti o presunti tali.

Consideriamo la religione cristiana: si è suddivisa in tante chiese, protestanti, anglicani, ortodossi, poi ci sono i mormoni, i testimoni di geova, e via così. È una dottrina complessa, il cristianesimo, cresciuta come un'edera su di un vecchio edificio, assumendo la forma dei muri, delle finestre, dei cornicioni, dei tetti, degli abbaini, e seguendo anche le crepe e le rovine. È una dottrina che nessuno può conoscere a fondo nella sua interezza, neppure i teologi che la dibattono da secoli trovando sempre nuovi dettagli da modificare, aggiungere o togliere. Figuriamoci se la può conoscere a fondo il credente medio. Il credente medio ne conosce un sottoinsieme e perlopiù se ne fa un'idea propria, prendendo quello che gli pare più conveniente. Lo stesso si può dire anche delle altre religioni, per esempio anche per l'islam, nonostante sia una dottrina molto rudimentale, ordini di grandezza meno complessa del cristianesimo (c'è un solo testo, il corano, che una volta depurato dalle centinaia di ripetizioni, si riduce ad una dozzina di paginette - si cerchi "abridged koran" per chi è interessato a saperne di più). Anche l'islam è distinto in fazioni (sciiti e sunniti) e varie correnti (sufi etc.), e in più ogni "imam" dice la sua su varie questioni.

Quindi, anche chi si dichiara appartenente ad una religione nota, in realtà crede un po' a quello che garba a lui. Molti per esempio fanno delle distinzioni riguardo alla loro credenza, escludendo parti della dottrina che trovano particolarmente poco plausibili (assunzione di Maria, transustanziazione, etc.) E molti si dichiarano credenti di "entità" inventate da loro stessi.

Perciò, abbiamo bisogno di un criterio di valore generale che astragga da qualunque tipo di dottrina. A me sembra che si possa individuare questo criterio, nel fatto di credere alla sopravvivenza (qualunque cosa ciò voglia dire, e qualunque cosa intenda con questo il credente).

Può essere?
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Messaggio Da Rickypiz94 Dom 11 Gen 2015 - 21:30

Minsky ha scritto:
Rickypiz94 ha scritto:
Per quanto riguarda il discorso del "credente". E' chiaro che se non vi fosse una continuità dopo la morte del corpo, non vi sarebbero neppure religioni. Quindi è un principio fondamentale per una religione, come dici tu, che vi sia un'anima e, quindi, qualcosa "dopo".

Ma "credente" è una persona che "crede" in qualcosa, seppur non dimostrata dai fatti. "Credo in Dio perché sento che esiste, perché di sì, perché ciò che ci circonda qualcuno lo deve pur aver fatto, perché me l'hanno insegnato i miei, perché nella Bibbia, nel Corano, nelle Teogonie c'è/ci sono Dio/Dei e c'è l'anima, perché sennò come ti spieghi i miracoli, ecc." questo è "credere", ossia essere convinti di qualcosa nonostante questa non sia dimostrata empiricamente.

Quindi, non solo è comune il concetto di sopravvivenza dopo la morte, ma anche il fatto di essere convinti che esista qualcosa oltre la percezione dei sensi, "di cui non si possa dimostrare né l'esistenza, né l'inesistenza" (per l' "inesistenza" sono riuscito a dimostrare molte cose col dialogo, ma il discorso si allungherebbe). Fermami se ti sembra una generalizzazione questa constatazione.

Come si potrebbe classificare chi sostiene l'idea di una probabile esistenza dell'anima attraverso osservazioni (come le NDE, le esperienze pre-concepimento, ecc.)?

[Ok, le NDE come le esperienze pre-concepimento sono facili da smontare, era soltanto un esempio per allargare la categoria, o almeno per differenziarla].

Dunque, si considerano anche questi come "credenti"?

Rickypiz94 ha scritto:Ciò a cui miro è il fatto che: praticare un culto ha come prerequisito che vi sia anche l'anima.

Ma il concetto di "anima" può essere anche oggetto di studio di persone che non "credono", ma "osservano/riflettono" *. Quindi, mancando il presupposto del "credere", non si potrà considerarli credenti.

* non che le osservazioni debbano per forza essere valide, basta che vi sia la propensione della persona in questione a rettificarle nel caso rappresentassero tesi prive di valore.
Ok, ok. Non sono stato attento a generalizzare sufficientemente il problema, nella mia esposizione iniziale. Ma giustamente si dibatte per perfezionarsi, e lo faccio ora.

Il "credente" a cui mi riferisco non deve essere necessariamente credente di una religione tradizionale, e neppure di una qualsiasi religione.

In realtà, la grande maggioranza dei credenti si fa una religione personalizzata. Penso che non ci siano mille o duemila religioni soltanto nel mondo, ma sei miliardi. Tante quanti sono i credenti o presunti tali.

Consideriamo la religione cristiana: si è suddivisa in tante chiese, protestanti, anglicani, ortodossi, poi ci sono i mormoni, i testimoni di geova, e via così. È una dottrina complessa, il cristianesimo, cresciuta come un'edera su di un vecchio edificio, assumendo la forma dei muri, delle finestre, dei cornicioni, dei tetti, degli abbaini, e seguendo anche le crepe e le rovine. È una dottrina che nessuno può conoscere a fondo nella sua interezza, neppure i teologi che la dibattono da secoli trovando sempre nuovi dettagli da modificare, aggiungere o togliere. Figuriamoci se la può conoscere a fondo il credente medio. Il credente medio ne conosce un sottoinsieme e perlopiù se ne fa un'idea propria, prendendo quello che gli pare più conveniente. Lo stesso si può dire anche delle altre religioni, per esempio anche per l'islam, nonostante sia una dottrina molto rudimentale, ordini di grandezza meno complessa del cristianesimo (c'è un solo testo, il corano, che una volta depurato dalle centinaia di ripetizioni, si riduce ad una dozzina di paginette - si cerchi "abridged koran" per chi è interessato a saperne di più). Anche l'islam è distinto in fazioni (sciiti e sunniti) e varie correnti (sufi etc.), e in più ogni "imam" dice la sua su varie questioni.

Quindi, anche chi si dichiara appartenente ad una religione nota, in realtà crede un po' a quello che garba a lui. Molti per esempio fanno delle distinzioni riguardo alla loro credenza, escludendo parti della dottrina che trovano particolarmente poco plausibili (assunzione di Maria, transustanziazione, etc.) E molti si dichiarano credenti di "entità" inventate da loro stessi.

Perciò, abbiamo bisogno di un criterio di valore generale che astragga da qualunque tipo di dottrina. A me sembra che si possa individuare questo criterio, nel fatto di credere alla sopravvivenza (qualunque cosa ciò voglia dire, e qualunque cosa intenda con questo il credente).

Può essere?


Ho evidenziato le parti che trovo fondamentali. Certo! Mi trovo d'accordo con te. Basti pensare alle interpretazioni che ogni credente fa, per osservare di quante sfumature vi sono nel mondo.

Ora, assodato che per essere "credente" non è per forza necessario "aderire" a una religione, ma che lo si può essere anche "interpretando" o, addirittura, "creando", abbiamo di fronte una fascia di popolazione molto più ampia.

Ma dopo aver generalizzato, credo sia utile differenziare.

Procediamo per passi così, come dici tu, perfezioniamo il discorso. Ogni "credo" deve avere il prerequisito dell'anima (sennò che si crede a fare? Facevi notare). E possiamo dire, quindi, che i 6 miliardi di cui parlavi saranno "credenti" anche dell'anima, giusto?

Io aggiungerei come altro prerequisito la "convinzione", ossia il fatto di credere vera una cosa a prescindere dalla sua reale dimostrazione. "Dio e Dei (in qualsiasi modo li voglia interpretare) esistono". Interpretazioni esemplificative: Dio di tutte le religioni c.d. "rivelate", Dei di tutte le religioni politeiste, Dei intesi come anima (io persona dotata di anima sono un Dio a mia volta), altre entità intangibili o dotate di apparente volontà create o interpretate dal singolo individuo."Non posso dimostrarne l'esistenza, ma sono convinto che ci siano e siano tali".
 
Ti trovi d'accordo con quest'altro requisito?
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Messaggio Da Minsky Dom 11 Gen 2015 - 22:51

Rickypiz94 ha scritto:...

Procediamo per passi così, come dici tu, perfezioniamo il discorso. Ogni "credo" deve avere il prerequisito dell'anima (sennò che si crede a fare? Facevi notare). E possiamo dire, quindi, che i 6 miliardi di cui parlavi saranno "credenti" anche dell'anima, giusto?

Io aggiungerei come altro prerequisito la "convinzione", ossia il fatto di credere vera una cosa a prescindere dalla sua reale dimostrazione. "Dio e Dei (in qualsiasi modo li voglia interpretare) esistono". Interpretazioni esemplificative: Dio di tutte le religioni c.d. "rivelate", Dei di tutte le religioni politeiste, Dei intesi come anima (io persona dotata di anima sono un Dio a mia volta), altre entità intangibili o dotate di apparente volontà create o interpretate dal singolo individuo."Non posso dimostrarne l'esistenza, ma sono convinto che ci siano e siano tali".
 
Ti trovi d'accordo con quest'altro requisito?
Assolutamente sì! Direi che questo è proprio il significato della parola "credente". ok

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Messaggio Da Paolo Dom 11 Gen 2015 - 23:07

Minsk, argomento interessante che noi in vario modo abbiamo più volte discusso.

Io su questo punto sono molto più essenziale di te. Per me la vera discriminate tra un credente e una persona "normale" è che il credente è convinto che esista un qualcosa, qualunque essa sia, che noi non abbiamo la possibilità di conoscere. Ovvero di un qualcosa, e ribadisco il concetto e lo sottolineo: qualunque essa sia, che non può essere percepito nè direttamente nè indirettamente, nè tramite i sui effetti, dai nostri sensi. Tutto il resto, religioni, superstizioni, buddismo, animismo, induismo.....tutto insomma è solo una sovrastruttura (passami il temine ma non ne trovo uno più appropriato) che l'evoluzione storico socio-culturale ha poi costruito su questa convinzione.

Se tu non credi a questo tutto il resto , qualunque esso sia, perde completamente di qualsiasi valore e significato.

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La questione se  "Il mondo sia stato creato da Dio, il quale è sempre esistito" si semplifica in "Il mondo è sempre esistito". E' superfluo, e quindi, secondo il rasoio di Occam, sbagliato in senso metodologico, introdurre Dio per spiegare l'esistenza del mondo.

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Messaggio Da Ospite Lun 12 Gen 2015 - 0:45

tipo un raeliano sarebbe credente o no?

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Messaggio Da Paolo Lun 12 Gen 2015 - 7:40

jessica ha scritto:tipo un raeliano sarebbe credente o no?

Wiki:
Il Movimento raeliano è un nuovo movimento religioso[1] basato sulla credenza secondo cui alcuni extraterrestri scientificamente avanzati, chiamati elohim, avrebbero creato la vita sulla Terra attraverso l'ingegneria genetica. Il movimento crede inoltre che, grazie ad un'opportuna combinazione di clonazione e trasferimento della mente, sia possibile raggiungere l'immortalità.

Direi proprio di si!

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Messaggio Da Rickypiz94 Lun 12 Gen 2015 - 9:01

Paolo ha scritto:Minsk, argomento interessante che noi in vario modo abbiamo più volte discusso.

Io su questo punto sono molto più essenziale di te. Per me la vera discriminate tra un credente e una persona "normale" è che il credente è convinto che esista un qualcosa, qualunque essa sia, che noi non abbiamo la possibilità di conoscere. Ovvero di un qualcosa, e ribadisco il concetto e lo sottolineo: qualunque essa sia, che non può essere percepito nè direttamente nè indirettamente, nè tramite i sui effetti, dai nostri sensi. Tutto il resto, religioni, superstizioni, buddismo, animismo, induismo.....tutto insomma è solo una sovrastruttura (passami il temine ma non ne trovo uno più appropriato) che l'evoluzione storico socio-culturale ha poi costruito su questa convinzione.

Se tu non credi a questo tutto il resto , qualunque esso sia, perde completamente di qualsiasi valore e significato.

Certo Paolo! Come abbiamo convenuto ci dev'essere la "convinzione". Ma attento, perché dire "qualunque essa sia" (la cosa in cui si crede) è una generalizzazione azzardata che potrebbe rivelarsi fuorviante.

Io credo che tu sia una brava persona, sono convinto che tu non abbia mai ucciso nessuno. Non ho prove per dirlo, non posso conoscerlo, ma ne sono comunque convinto. Mi considererai credente? Se così fosse, tutti coloro che agiscono col presupposto che l'altro sia in buona fede diventerebbero "credenti", e ciò sarebbe assurdo.

Quindi direi di togliere quel "qualsiasi essa sia" (la cosa in cui si crede), perché non sarebbe una definizione inerente al contesto.  ok

La seconda tua specificazione che ho evidenziato la trovo appropriata al caso, anche se alcune sue componenti le trovo un po' ambigue. Tuttavia, non è indispensabile soffermarvisi.

Dunque, prima di fare un passo avanti che avevo introdotto all'inizio, inviterei a identificare l'oggetto in cui il "credente" crede. Tale oggetto, come avevamo convenuto io e Minsk in precedenza, era la divinità. Un credente "crede" che vi sia la divinità, in qualsiasi modo la si voglia interpretare (sopra ho riportato degli esempi). Ora, come divinità intendo qualcosa che rientri in una di queste due definizioni:
- un'entità intangibile dotata di volontà (es. il Dio dei cristiani, l'Allah dei musulmani, l'Anima);
- una volontà intangibile, anche se associata ad un'entità tangibile (es. 1. credo nel dio del fiume Po, che l'anno scorso ha voluto punirci con una grandissima piena. Il fiume è tangibile, la volontà non lo è; 2. le costellazioni e i pianeti determinano le previsioni oroscopiche. Le costellazioni sono tangibili, la loro volontà di influenzarci non lo è).

[Permettetemi di allargare il significato del termine "tangibile", intendendo per tale: percepibile attraverso i sensi e dimostrabile attraverso prove empiriche].

Siete d'accordo con l'oggetto di "credo" che ho proposto, ossia con la definizione proposta di Divinità?

(Poi proverò a rispondere anche al discorso dei raeliani, ma prima vorrei sentire se vi sono obiezioni su quanto ho proposto xD)
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Messaggio Da Minsky Lun 12 Gen 2015 - 9:55

Paolo ha scritto:Minsk, argomento interessante che noi in vario modo abbiamo più volte discusso.

Io su questo punto sono molto più essenziale di te. Per me la vera discriminate tra un credente e una persona "normale" è che il credente è convinto che esista un qualcosa, qualunque essa sia, che noi non abbiamo la possibilità di conoscere. Ovvero di un qualcosa, e ribadisco il concetto e lo sottolineo: qualunque essa sia, che non può essere percepito nè direttamente nè indirettamente, nè tramite i sui effetti, dai nostri sensi. Tutto il resto, religioni, superstizioni, buddismo, animismo, induismo.....tutto insomma è solo una sovrastruttura (passami il temine ma non ne trovo uno più appropriato) che l'evoluzione storico socio-culturale ha poi costruito su questa convinzione.

Se tu non credi a questo tutto il resto , qualunque esso sia, perde completamente di qualsiasi valore e significato.
Attenzione però che forse stai generalizzando troppo ampiamente.
Se io credo nel famoso drago invisibile e intangibile, sono credente?
Apparentemente sì, secondo la tua definizione. Ma il drago invisibile non ha alcuna influenza sulla mia vita. E la presenza del drago invisibile nel mio garage non implica la sopravvivenza dell'anima, che invece è il nodo della questione. La divinità in cui si crede deve essere il garante della sopravvivenza, altrimenti non c'è alcuno scopo nell'adorarla e obbedirla.

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Messaggio Da Minsky Lun 12 Gen 2015 - 10:04

jessica ha scritto:tipo un raeliano sarebbe credente o no?
Bella domanda.
Diversamente da quanto dice wiki e dall'opinione comune, direi di no. Non c'è niente di religioso nel raelismo. Si tratta di una favola fantascientifica priva di elementi trascendentali. Non prevede alcuna sopravvivenza dell'anima, e il loro concetto di "vita eterna" è banalmente una specie di replicazione dei corpi o simile. Io li situerei nella zona indefinita intermedia.

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Messaggio Da Minsky Lun 12 Gen 2015 - 10:10

Rickypiz94 ha scritto:
Paolo ha scritto:Minsk, argomento interessante che noi in vario modo abbiamo più volte discusso.

Io su questo punto sono molto più essenziale di te. Per me la vera discriminate tra un credente e una persona "normale" è che il credente è convinto che esista un qualcosa, qualunque essa sia, che noi non abbiamo la possibilità di conoscere. Ovvero di un qualcosa, e ribadisco il concetto e lo sottolineo: qualunque essa sia, che non può essere percepito nè direttamente nè indirettamente, nè tramite i sui effetti, dai nostri sensi. Tutto il resto, religioni, superstizioni, buddismo, animismo, induismo.....tutto insomma è solo una sovrastruttura (passami il temine ma non ne trovo uno più appropriato) che l'evoluzione storico socio-culturale ha poi costruito su questa convinzione.

Se tu non credi a questo tutto il resto , qualunque esso sia, perde completamente di qualsiasi valore e significato.

Certo Paolo! Come abbiamo convenuto ci dev'essere la "convinzione". Ma attento, perché dire "qualunque essa sia" (la cosa in cui si crede) è una generalizzazione azzardata che potrebbe rivelarsi fuorviante.

Io credo che tu sia una brava persona, sono convinto che tu non abbia mai ucciso nessuno. Non ho prove per dirlo, non posso conoscerlo, ma ne sono comunque convinto. Mi considererai credente? Se così fosse, tutti coloro che agiscono col presupposto che l'altro sia in buona fede diventerebbero "credenti", e ciò sarebbe assurdo.

Quindi direi di togliere quel "qualsiasi essa sia" (la cosa in cui si crede), perché non sarebbe una definizione inerente al contesto.  ok

La seconda tua specificazione che ho evidenziato la trovo appropriata al caso, anche se alcune sue componenti le trovo un po' ambigue. Tuttavia, non è indispensabile soffermarvisi.

Dunque, prima di fare un passo avanti che avevo introdotto all'inizio, inviterei a identificare l'oggetto in cui il "credente" crede. Tale oggetto, come avevamo convenuto io e Minsk in precedenza, era la divinità. Un credente "crede" che vi sia la divinità, in qualsiasi modo la si voglia interpretare (sopra ho riportato degli esempi). Ora, come divinità intendo qualcosa che rientri in una di queste due definizioni:
- un'entità intangibile dotata di volontà (es. il Dio dei cristiani, l'Allah dei musulmani, l'Anima);
- una volontà intangibile, anche se associata ad un'entità tangibile (es. 1. credo nel dio del fiume Po, che l'anno scorso ha voluto punirci con una grandissima piena. Il fiume è tangibile, la volontà non lo è; 2. le costellazioni e i pianeti determinano le previsioni oroscopiche. Le costellazioni sono tangibili, la loro volontà di influenzarci non lo è).

[Permettetemi di allargare il significato del termine "tangibile", intendendo per tale: percepibile attraverso i sensi e dimostrabile attraverso prove empiriche].

Siete d'accordo con l'oggetto di "credo" che ho proposto, ossia con la definizione proposta di Divinità?

(Poi proverò a rispondere anche al discorso dei raeliani, ma prima vorrei sentire se vi sono obiezioni su quanto ho proposto xD)
Non mi focalizzerei sulla divinità, perché sebbene come ho scritto sopra la divinità abbia il ruolo di garante della "vita eterna" per il fedele, in linea di principio non è necessaria. Si potrebbe benissimo immaginare una religione (e forse c'è) che prevede la sopravvivenza dell'anima in un "mondo" ultraterreno privo di governo divino.
Non metterei invece neppure in discussione l'assunto che il credente "deve" credere davvero all'entità divina, altrimenti che credente sarebbe?

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Messaggio Da Rickypiz94 Lun 12 Gen 2015 - 11:14

Minsky ha scritto:
Non mi focalizzerei sulla divinità, perché sebbene come ho scritto sopra la divinità abbia il ruolo di garante della "vita eterna" per il fedele, in linea di principio non è necessaria. Si potrebbe benissimo immaginare una religione (e forse c'è) che prevede la sopravvivenza dell'anima in un "mondo" ultraterreno privo di governo divino.
Non metterei invece neppure in discussione l'assunto che il credente "deve" credere davvero all'entità divina, altrimenti che credente sarebbe?

Quindi, secondo te basterebbe essere convinti che la coscienza continui in qualche modo dopo la morte del corpo. Beh, mi sembra che per identificare il "credente" possa essere una condizione necessaria e anche sufficiente.

Però vorrei soffermarmi sul discorso della "convinzione", ossia del credere seppur non vi siano prove. Come classificheresti coloro che assumono una continuazione della coscienza dopo la morte sulla base di pseudo-prove come le NDE e le esperienze pre-morte? Sono credenti anch'essi, seppur non operando con una indiscriminata convinzione?
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Messaggio Da Minsky Lun 12 Gen 2015 - 12:17

Rickypiz94 ha scritto:
Minsky ha scritto:
Non mi focalizzerei sulla divinità, perché sebbene come ho scritto sopra la divinità abbia il ruolo di garante della "vita eterna" per il fedele, in linea di principio non è necessaria. Si potrebbe benissimo immaginare una religione (e forse c'è) che prevede la sopravvivenza dell'anima in un "mondo" ultraterreno privo di governo divino.
Non metterei invece neppure in discussione l'assunto che il credente "deve" credere davvero all'entità divina, altrimenti che credente sarebbe?

Quindi, secondo te basterebbe essere convinti che la coscienza continui in qualche modo dopo la morte del corpo. Beh, mi sembra che per identificare il "credente" possa essere una condizione necessaria e anche sufficiente.

Però vorrei soffermarmi sul discorso della "convinzione", ossia del credere seppur non vi siano prove. Come classificheresti coloro che assumono una continuazione della coscienza dopo la morte sulla base di pseudo-prove come le NDE e le esperienze pre-morte? Sono credenti anch'essi, seppur non operando con una indiscriminata convinzione?
No! Anziché "credenti", li chiamerei "illusi" o "allucinati" o altro termine da definire meglio.
L'assioma che "credente" è colui che crede senza alcuna motivazione oggettiva o razionale e anzi contro prove, evidenze, ragionamenti, è fondamentale e non si tocca, come tu giustamente sottolinei.
Chi ha avuto una OBE/NDE (come Holubice per esempio) è vittima di un fenomeno allucinatorio che, se molto intenso ed accompagnato da forte carica emotiva, evidentemente è in grado di convincere chi lo sperimenta che l'aldilà esista davvero. A questo punto, il soggetto "sa" che c'è la sopravvivenza, non è più una questione di fede.

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Messaggio Da Justine Lun 12 Gen 2015 - 13:23

Un intervento breve perché sono su cellulare.
Più che credente e non credente sarebbe importante individuare perché il soprannaturale immaginario, qualora sussistesse veramente, non dovrebbe essere considerato dominio scientifico, sapendo che con scienza si intende studio dei fenomeni che vengono in essere.
In particolare, se vivessimo in un mondo in cui esistesse -veramente- una proiezione cerebrale denominata anima che sopravvive va a ballare nei circostanti cieli, etc. etc, perché questa non dovrebbe pertenere ad un dominio scientifico, così come per la digestione e la respirazione? D'altronde, se ne appurassimo l'esistenza, sarebbe fatto conclamato.
Dunque, se l'ipotesi del credente fosse vera, diventerebbe nulla altro che un fatto scientifico, come ad esempio l'ipotesi della supermente universale che definiscono dio o altro. Il nostro cervello è fatto scientifico, così come le reti neurali, lo sarebbe pure una mente di eventuale maggiore imponenza.
Dunque non è piuttosto l'attitudine del credente ad essere sbagliata, ancor più della convinzione? Dotare di un rivestimento mistico un fenomeno scientifico è come se io mi inginocchiassi pregando ogni volta che accendo il microonde.

Quindi è sul senso di questa magnificazione dei fenomeni reali o immaginari che si deve riflettere.

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Grazie
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Messaggio Da Rickypiz94 Lun 12 Gen 2015 - 13:38

Minsky ha scritto:
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Minsky ha scritto:
Non mi focalizzerei sulla divinità, perché sebbene come ho scritto sopra la divinità abbia il ruolo di garante della "vita eterna" per il fedele, in linea di principio non è necessaria. Si potrebbe benissimo immaginare una religione (e forse c'è) che prevede la sopravvivenza dell'anima in un "mondo" ultraterreno privo di governo divino.
Non metterei invece neppure in discussione l'assunto che il credente "deve" credere davvero all'entità divina, altrimenti che credente sarebbe?

Quindi, secondo te basterebbe essere convinti che la coscienza continui in qualche modo dopo la morte del corpo. Beh, mi sembra che per identificare il "credente" possa essere una condizione necessaria e anche sufficiente.

Però vorrei soffermarmi sul discorso della "convinzione", ossia del credere seppur non vi siano prove. Come classificheresti coloro che assumono una continuazione della coscienza dopo la morte sulla base di pseudo-prove come le NDE e le esperienze pre-morte? Sono credenti anch'essi, seppur non operando con una indiscriminata convinzione?
No! Anziché "credenti", li chiamerei "illusi" o "allucinati" o altro termine da definire meglio.
L'assioma che "credente" è colui che crede senza alcuna motivazione oggettiva o razionale e anzi contro prove, evidenze, ragionamenti, è fondamentale e non si tocca, come tu giustamente sottolinei.
Chi ha avuto una OBE/NDE (come Holubice per esempio) è vittima di un fenomeno allucinatorio che, se molto intenso ed accompagnato da forte carica emotiva, evidentemente è in grado di convincere chi lo sperimenta che l'aldilà esista davvero. A questo punto, il soggetto "sa" che c'è la sopravvivenza, non è più una questione di fede.

Vero, questi saranno classificati come "illusi". Ma io mi riferisco a chi si avvale delle loro testimonianze per "provare" la continuità della coscienza dopo la morte del corpo. Saranno anch'essi classificabili come credenti, pur non operando per convinzione del fatto, ma per convinzione della "prova"?

Se per "credente" riteniamo uno che sia convinto, pur essendo conscio di non aver prove, della continuazione della vita dopo la morte attraverso l'anima; come riterremo colui che considera questa opportunità avvalendosi di pseudo-prove, come le testimonianze delle NDE o delle esperienze pre-concepimento?

[Non sto dicendo che siano prove valide, ma che siano ipoteticamente utilizzabili come tali (pseudo-prove, infatti)]
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Messaggio Da Minsky Lun 12 Gen 2015 - 13:47

Justine ha scritto:Un intervento breve perché sono su cellulare.
Più che credente e non credente sarebbe importante individuare perché il soprannaturale immaginario, qualora sussistesse veramente, non dovrebbe essere considerato dominio scientifico, sapendo che con scienza si intende studio dei fenomeni che vengono in essere.
In particolare, se vivessimo in un mondo in cui esistesse -veramente- una proiezione cerebrale denominata anima che sopravvive va a ballare nei circostanti cieli, etc. etc, perché questa non dovrebbe pertenere ad un dominio scientifico, così come per la digestione e la respirazione? D'altronde, se ne appurassimo l'esistenza, sarebbe fatto conclamato.
Dunque, se l'ipotesi del credente fosse vera, diventerebbe nulla altro che un fatto scientifico, come ad esempio l'ipotesi della supermente universale che definiscono dio o altro. Il nostro cervello è fatto scientifico, così come le reti neurali, lo sarebbe pure una mente di eventuale maggiore imponenza.
Dunque non è piuttosto l'attitudine del credente ad essere sbagliata, ancor più della convinzione? Dotare di un rivestimento mistico un fenomeno scientifico è come se io mi inginocchiassi pregando ogni volta che accendo il microonde.

Quindi è sul senso di questa magnificazione dei fenomeni reali o immaginari che si deve riflettere.
Temo che mi stia sfuggendo l'intento della tua osservazione. "Se l'ipotesi del credente fosse vera, diventerebbe nulla altro che un fatto scientifico" sposta automaticamente l'ambito della questione. Abbiamo già rimarcato che la fede che supporta la credenza è estranea a dati oggettivi, prove scientifiche, ragionamenti etc. Nel momento in cui esistesse, anche solo in linea di principio (Gedankenexperiment) la possibilità di verificare le affermazioni della religione, queste affermazioni non apparterrebbero più alla religione, ma sarebbero ipotesi di tipo empirico. In effetti, già in passato è accaduto che le affermazioni della religione abbiano potuto essere verificate. Per esempio, quando le indagini astronomiche hanno appurato che sopra il cielo non c'è nessun vecchio con la barba. Allora, la religione ha modificato le sue pertinenze spostandole ad un empireo più esotico e indefinito. È destino inesorabile della religione, pena scomparire, doversi sempre rifugiare verso lande concettuali più distanti, indistinte e fumose, spesso mutuando concetti filosofici particolarmente astrusi, bizzarri ed ermetici così da essere sempre "oltre" la sfera dell'indagabile.

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Messaggio Da Minsky Lun 12 Gen 2015 - 13:53

Rickypiz94 ha scritto:
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Non mi focalizzerei sulla divinità, perché sebbene come ho scritto sopra la divinità abbia il ruolo di garante della "vita eterna" per il fedele, in linea di principio non è necessaria. Si potrebbe benissimo immaginare una religione (e forse c'è) che prevede la sopravvivenza dell'anima in un "mondo" ultraterreno privo di governo divino.
Non metterei invece neppure in discussione l'assunto che il credente "deve" credere davvero all'entità divina, altrimenti che credente sarebbe?

Quindi, secondo te basterebbe essere convinti che la coscienza continui in qualche modo dopo la morte del corpo. Beh, mi sembra che per identificare il "credente" possa essere una condizione necessaria e anche sufficiente.

Però vorrei soffermarmi sul discorso della "convinzione", ossia del credere seppur non vi siano prove. Come classificheresti coloro che assumono una continuazione della coscienza dopo la morte sulla base di pseudo-prove come le NDE e le esperienze pre-morte? Sono credenti anch'essi, seppur non operando con una indiscriminata convinzione?
No! Anziché "credenti", li chiamerei "illusi" o "allucinati" o altro termine da definire meglio.
L'assioma che "credente" è colui che crede senza alcuna motivazione oggettiva o razionale e anzi contro prove, evidenze, ragionamenti, è fondamentale e non si tocca, come tu giustamente sottolinei.
Chi ha avuto una OBE/NDE (come Holubice per esempio) è vittima di un fenomeno allucinatorio che, se molto intenso ed accompagnato da forte carica emotiva, evidentemente è in grado di convincere chi lo sperimenta che l'aldilà esista davvero. A questo punto, il soggetto "sa" che c'è la sopravvivenza, non è più una questione di fede.

Vero, questi saranno classificati come "illusi". Ma io mi riferisco a chi si avvale delle loro testimonianze per "provare" la continuità della coscienza dopo la morte del corpo. Saranno anch'essi classificabili come credenti, pur non operando per convinzione del fatto, ma per convinzione della "prova"?

Se per "credente" riteniamo uno che sia convinto, pur essendo conscio di non aver prove, della continuazione della vita dopo la morte attraverso l'anima; come riterremo colui che considera questa opportunità avvalendosi di pseudo-prove, come le testimonianze delle NDE o delle esperienze pre-concepimento?

[Non sto dicendo che siano prove valide, ma che siano ipoteticamente utilizzabili come tali (pseudo-prove, infatti)]
Ah, qua apri uno scenario sconfinato. È vero, molti credenti sono alla costante, affannosa ricerca di conferme "scientifiche" ed "oggettive" alle loro credenze. Sono quelli che si sentono rassicurati dalle "prove" storiche dell'esistenza di Gesù, dalle "prove" analitiche dell'autenticità della sindone o di altre reliquie, dalle "prove" che i miracoli sono veri, e così via.
Siccome tutto questo è solo una loro fissazione o smania o capriccio, non avrei esitazioni a considerarli credenti a tutti gli effetti, atteso che i requisiti di base che abbiamo già delineato siano rispettati.

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Messaggio Da Rickypiz94 Lun 12 Gen 2015 - 19:23

Dopotutto, si tratta di pseudo-prove facilmente smentibili e usate al fine di auto-convincersi. Quindi i requisiti sono rispettati.

Ci possono essere persone non siano né credenti né non credenti?

Mi riferisco a coloro che pur non credendo, ossia non avendo le convinzioni di cui abbiamo parlato prima, ricercano qualche indizio che possa portare a ipotizzare la continuazione della vita dopo la morte. Queste persone ricercano, ma stanno attente a non trovare pseudo-prove per auto-convincersi.

Come classificheresti costoro?
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Messaggio Da Minsky Lun 12 Gen 2015 - 19:35

Rickypiz94 ha scritto:Dopotutto, si tratta di pseudo-prove facilmente smentibili e usate al fine di auto-convincersi. Quindi i requisiti sono rispettati.

Ci possono essere persone non siano né credenti né non credenti?

Mi riferisco a coloro che pur non credendo, ossia non avendo le convinzioni di cui abbiamo parlato prima, ricercano qualche indizio che possa portare a ipotizzare la continuazione della vita dopo la morte. Queste persone ricercano, ma stanno attente a non trovare pseudo-prove per auto-convincersi.

Come classificheresti costoro?
"Non credenti che vorrebbero essere credenti"?

No, scherzo. Uhmmm, io non ne ho mai incontrate persone così. Non è che stiamo immaginando una "specie" inesistente in natura? wink..

Penso che si debba mirare ad una definizione che sia il più possibile attinente ai casi reali. Una definizione operativa.

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Messaggio Da Paolo Lun 12 Gen 2015 - 23:18

Rickypiz94 ha scritto:

Certo Paolo! Come abbiamo convenuto ci dev'essere la "convinzione". Ma attento, perché dire "qualunque essa sia" (la cosa in cui si crede) è una generalizzazione azzardata che potrebbe rivelarsi fuorviante.

Mi sembra che tu non hai afferrato il concetto che volevo esprimere. Mi spiego meglio. Quando dico qualunque cosa intendo qualunque entità, elemento astratto, idea. Ho infatti precisato che intendo tutto quello che non è percepibile nè direttamente nè indirettamente (nè tramite i sui effetti) dai nostri sensi. A me questa definizione non mi sembra fuorviante.

Rickypiz94 ha scritto:

Io credo che tu sia una brava persona, sono convinto che tu non abbia mai ucciso nessuno. Non ho prove per dirlo, non posso conoscerlo, ma ne sono comunque convinto. Mi considererai credente? Se così fosse, tutti coloro che agiscono col presupposto che l'altro sia in buona fede diventerebbero "credenti", e ciò sarebbe assurdo.

Credere in questo caso non è il credere nel senso di aver fede. Purtroppo la parola credere viene utilizzata per esprimere due concetti del tutto diversi. L'esempio che tu riporti non ha nulla a che vedere con il fatto di aver fede. In questo caso ha l'accezione di reputare, presupporre che, non di essere convinto che sia anche sapendo che non esiste la possibilità (anche se potenziale) di verificare quanto tu pensi che sia. Come ben sai esiste la possibilità (anche se solo potenziale visto che noi non ci conosciamo di persona ma potenzialmente è possibile) di sapere se io sono o no un assassino! Tranquillo ....non lo sono  wink..

Rickypiz94 ha scritto:
La seconda tua specificazione che ho evidenziato la trovo appropriata al caso, anche se alcune sue componenti le trovo un po' ambigue. Tuttavia, non è indispensabile soffermarvisi.

Dunque, prima di fare un passo avanti che avevo introdotto all'inizio, inviterei a identificare l'oggetto in cui il "credente" crede. Tale oggetto, come avevamo convenuto io e Minsk in precedenza, era la divinità. Un credente "crede" che vi sia la divinità, in qualsiasi modo la si voglia interpretare (sopra ho riportato degli esempi). Ora, come divinità intendo qualcosa che rientri in una di queste due definizioni:
- un'entità intangibile dotata di volontà (es. il Dio dei cristiani, l'Allah dei musulmani, l'Anima);
- una volontà intangibile, anche se associata ad un'entità tangibile (es. 1. credo nel dio del fiume Po, che l'anno scorso ha voluto punirci con una grandissima piena. Il fiume è tangibile, la volontà non lo è; 2. le costellazioni e i pianeti determinano le previsioni oroscopiche. Le costellazioni sono tangibili, la loro volontà di influenzarci non lo è).

[Permettetemi di allargare il significato del termine "tangibile", intendendo per tale: percepibile attraverso i sensi e dimostrabile attraverso prove empiriche].

Siete d'accordo con l'oggetto di "credo" che ho proposto, ossia con la definizione proposta di Divinità?

(Poi proverò a rispondere anche al discorso dei raeliani, ma prima vorrei sentire se vi sono obiezioni su quanto ho proposto xD)

Io penso che tutti questi distinguo che fai sono del tutto inutili. Ovvero inutili per identificare un credente. Il punto comune (condizione necessaria e sufficiente) per definire un credo è quello che ho prima illustrato. Tutto il resto è una sovrastruttura culturale, più o meno sofisticata ed evoluta. Ma in ogni caso deve sempre avere una ben precisa caratteristica: non può essere conosciuta (anche in via teorica o potenziale) tramite i nostri sensi.

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Messaggio Da Paolo Lun 12 Gen 2015 - 23:29

Minsky ha scritto:
Paolo ha scritto:Minsk, argomento interessante che noi in vario modo abbiamo più volte discusso.

Io su questo punto sono molto più essenziale di te. Per me la vera discriminate tra un credente e una persona "normale" è che il credente è convinto che esista un qualcosa, qualunque essa sia, che noi non abbiamo la possibilità di conoscere. Ovvero di un qualcosa, e ribadisco il concetto e lo sottolineo: qualunque essa sia, che non può essere percepito nè direttamente nè indirettamente, nè tramite i sui effetti, dai nostri sensi. Tutto il resto, religioni, superstizioni, buddismo, animismo, induismo.....tutto insomma è solo una sovrastruttura (passami il temine ma non ne trovo uno più appropriato) che l'evoluzione storico socio-culturale ha poi costruito su questa convinzione.

Se tu non credi a questo tutto il resto , qualunque esso sia, perde completamente di qualsiasi valore e significato.
Attenzione però che forse stai generalizzando troppo ampiamente.
Se io credo nel famoso drago invisibile e intangibile, sono credente?
Apparentemente sì, secondo la tua definizione. Ma il drago invisibile non ha alcuna influenza sulla mia vita. E la presenza del drago invisibile nel mio garage non implica la sopravvivenza dell'anima, che invece è il nodo della questione. La divinità in cui si crede deve essere il garante della sopravvivenza, altrimenti non c'è alcuno scopo nell'adorarla e obbedirla.

Perchè secondo te dio ha influenza sulla tua vita? Non c'è alcuna differenza tra il drago, paperino o dio! Tutti elementi di fantasia.

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Messaggio Da Justine Mar 13 Gen 2015 - 5:43

L'unico modo in cui un elemento immagjnario può avere influenza sulla vita di qualcuno passa attraverso le vie che il suo inconscio mette in campo per mantenerlo in vita. Ad esempio, ho conosciuto alcuni semi-credenti che testualmente affermano "non so se dio esista, ma personalmente sento che c'è" e poi li vedevo infervorarsi per convincersi che qualsiasi loro progetto sarebbe andato in porto per via di 'sta presenza. Questo dava loro una tale carica (l'esempio parallelo è magari un uomo che pensando alla sua partner reale o immaginaria sopporta ogni cosa per lei) che mentalmente si mettevano in condizione si riuscire almeno parzialmente nei loro intenti.
L'unica influenza religiosa è autosuggestione. Se io mi mettessi a venerare una brocca per il latte e credessi nel suo aiuto con tutte le mie forze, magari riuscirei a vincere anche domani una competizione di pentathlon con la volontà.
In fondo, gli umani cercano più qualcuno che creda in loro, che non viceversa.

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Messaggio Da Rickypiz94 Mar 13 Gen 2015 - 9:31

Paperino, lo è invece perché generalizzi troppo. Per esempio parli di entità astratte. Anche modelli, teorie e numeri sono entità astratte. Parli di "idea", ma se credo negli ideali di libertà o uguaglianza, non per questo sono credente.

Ho provato a identificare l'oggetto in cui in credente "crede". Ma, in effetti, mi sembra che la definizione semplice ed efficace di Minsk possa andare, ossia "credere in una continuazione dopo la morte".
Non trovo le mie considerazioni inutili, perché con esse comprendo anche il campo dei superstiziosi, cosa a cui Minsk aveva accennato, ma che non rientra direttamente nella sua definizione.

Per quanto riguarda la nuova categoria che che ti ho proposto, Minsk, io penso di farne parte. Classificami. XD
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Messaggio Da Justine Mar 13 Gen 2015 - 9:41

"Non credenti che vorrebbero essere credenti" - probabilmente lo sono io quando sono coinvolta in una partitona a GTA e vorrei esser dio per poter fracassare tutto in una volta

Ma ancora una volta, si offre ad un'entità astratta capacità (onnipotenza) che, oltre ad essere alogiche, non è detto che siano prerogativa dell'ente designato.

All'etichetta di dio si attribuisce di tutto; bontà, suprema presenza, ubiquità, cannonate varie. Ma qualcuno ha effettivamente appurato che sia così?

Cosa succederebbe se il benevolo dio in cui i credenti ripongono la fiducia fosse, ad esempio, un perpetratore di mali per simpatia, così?

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Messaggio Da Minsky Mar 13 Gen 2015 - 11:56

Paolo ha scritto:
Minsky ha scritto:
Paolo ha scritto:Minsk, argomento interessante che noi in vario modo abbiamo più volte discusso.

Io su questo punto sono molto più essenziale di te. Per me la vera discriminate tra un credente e una persona "normale" è che il credente è convinto che esista un qualcosa, qualunque essa sia, che noi non abbiamo la possibilità di conoscere. Ovvero di un qualcosa, e ribadisco il concetto e lo sottolineo: qualunque essa sia, che non può essere percepito nè direttamente nè indirettamente, nè tramite i sui effetti, dai nostri sensi. Tutto il resto, religioni, superstizioni, buddismo, animismo, induismo.....tutto insomma è solo una sovrastruttura (passami il temine ma non ne trovo uno più appropriato) che l'evoluzione storico socio-culturale ha poi costruito su questa convinzione.

Se tu non credi a questo tutto il resto , qualunque esso sia, perde completamente di qualsiasi valore e significato.
Attenzione però che forse stai generalizzando troppo ampiamente.
Se io credo nel famoso drago invisibile e intangibile, sono credente?
Apparentemente sì, secondo la tua definizione. Ma il drago invisibile non ha alcuna influenza sulla mia vita. E la presenza del drago invisibile nel mio garage non implica la sopravvivenza dell'anima, che invece è il nodo della questione. La divinità in cui si crede deve essere il garante della sopravvivenza, altrimenti non c'è alcuno scopo nell'adorarla e obbedirla.

Perchè secondo te dio ha influenza sulla tua vita? Non c'è alcuna differenza tra il drago, paperino o dio! Tutti elementi di fantasia.
Ok, non mi sono spiegato bene. Intendevo dire che il drago invisibile non è un garante della vita eterna. Al credente nel drago invisibile non cambia alcuna prospettiva il fatto di crederci. Lo stesso sarebbe per chi credesse in un dio indifferente alla condizione umana. Questa distinzione probabilmente esclude dal novero dei "credenti" come li identificherei secondo il criterio da me proposto, certe culture più antiche che avevano dèi interessati solo ai fatti propri (Giove che voleva solo trombare femmine umane, per esempio) o comunque deputati a fenomeni / attività di ordine pratico (fertilità, raccolti, caccia, etc.). Ma in ambito moderno, mi sembra che la credenza nella vita eterna o almeno in una qualche forma di sopravvivenza oltre la distruzione del corpo, sia cruciale nella stragrande maggioranza delle religioni. Secondo me è stata proprio questa la carta vincente che ha determinato il successo dei maggiori monoteismi. Vedi per esempio S.Paolo che dice che se non fosse vera la resurrezione di Gesù il cristianesimo andrebbe a gambe all'aria (« Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede.» - 1Corinzi 15,14). Siamo d'accordo che a S.Paolo la logica faceva un baffo (infatti anche ammesso che Gesù fosse resuscitato, questo non garantirebbe in alcun modo la resurrezione per i comuni mortali: lui era dio, altra "specie"). Però alla gente comune la logica fa un baffo allo stesso modo.

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Messaggio Da Minsky Mar 13 Gen 2015 - 12:01

Rickypiz94 ha scritto:
Per quanto riguarda la nuova categoria che che ti ho proposto, Minsk, io penso di farne parte. Classificami. XD
Mah. Spiegati meglio. Tu hai scritto: «...ricercano qualche indizio che possa portare a ipotizzare la continuazione della vita dopo la morte». Ci sono ben più che indizi, che escludono qualsiasi continuazione della vita dopo la morte. Tra l'altro, se un giorno ci fossero mai prove di ciò, bisognerebbe cambiare la semantica del termine "morte".

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Messaggio Da Justine Mar 13 Gen 2015 - 12:09

Che si sappia, esiste qualcuno che ha escogitato la... metafisica della metafisica?

Intendo: questi che vogliono convincersi dell'esistenza postmortem, magari hanno una concezione della vita "post-post mortem", supponendo che quella che chiamano "anima" possa essere suscettibile di una data di scadenza come avvenuto su Terra per il corpo? :D

Contorto, ma per chi ha confidenza con la nidificazione nella programmazione è semplice

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Messaggio Da Minsky Mar 13 Gen 2015 - 12:28

Justine ha scritto:Che si sappia, esiste qualcuno che ha escogitato la... metafisica della metafisica?

Intendo: questi che vogliono convincersi dell'esistenza postmortem, magari hanno una concezione della vita "post-post mortem", supponendo che quella che chiamano "anima" possa essere suscettibile di una data di scadenza come avvenuto su Terra per il corpo? :D

Contorto, ma per chi ha confidenza con la nidificazione nella programmazione è semplice
Acuta osservazione. Mi sembra che i buddhisti prevedano una "scadenza", al termine dei cicli di reincarnazione, per cui l'anima confluisce in un "minestrone" galattico indistinto, o qualcosa del genere.

Per semplicità, nella specifica del criterio di identificazione dei credenti non farei menzione del fatto che la supposta vita ultraterrena debba essere eterna o meno.

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Messaggio Da Justine Mar 13 Gen 2015 - 16:58

Esatto. In un'ulteriore istanza, si potrebbe domandare con quale quoziente intellettivo ci si ritrovi, post mortem... E se magari vengano conservate tutte le memorie, persino quelle relative al giorno in cui mi misi da piccola le dita nel naso davanti ad una platea di duecento persone alla recita natalizia.

Il che deve necessariamente essere spiegato da chi crede, poiché come sappiamo è sufficiente un piccolo ictus o un colpo di media entità per iniziare a far tremare ed alterare la struttura. Figuriamoci quando non ci sarà...

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Messaggio Da Minsky Mar 13 Gen 2015 - 17:04

Justine ha scritto:Esatto. In un'ulteriore istanza, si potrebbe domandare con quale quoziente intellettivo ci si ritrovi, post mortem... E se magari vengano conservate tutte le memorie, persino quelle relative al giorno in cui mi misi da piccola le dita nel naso davanti ad una platea di duecento persone alla recita natalizia.

Il che deve necessariamente essere spiegato da chi crede, poiché come sappiamo è sufficiente un piccolo ictus o un colpo di media entità per iniziare a far tremare ed alterare la struttura. Figuriamoci quando non ci sarà...
Attesa vana. Chi crede non solo non "deve" spiegare nulla, ma considera un "pregio" l'impossibilità di fornire spiegazioni.

«È la fede, bellezza, la fede! E tu non puoi farci niente! Niente!!!» (cit.)

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Messaggio Da Paolo Mar 13 Gen 2015 - 18:01

Rickypiz94 ha scritto:Paperino, lo è invece perché generalizzi troppo. Per esempio parli di entità astratte. Anche modelli, teorie e numeri sono entità astratte. Parli di "idea", ma se credo negli ideali di libertà o uguaglianza, non per questo sono credente.

Ho provato a identificare l'oggetto in cui in credente "crede". Ma, in effetti, mi sembra che la definizione semplice ed efficace di Minsk possa andare, ossia "credere in una continuazione dopo la morte".
Non trovo le mie considerazioni inutili, perché con esse comprendo anche il campo dei superstiziosi, cosa a cui Minsk aveva accennato, ma che non rientra direttamente nella sua definizione.

Per quanto riguarda la nuova categoria che che ti ho proposto, Minsk, io penso di farne parte. Classificami. XD

Come ti ho già spiegato tutti gli esempi che tu riporti non hanno nulla a che vedere con il concetto o idea di quello che comunemente si definisce "elemento sovrannaturale". Libertà, uguaglianza, così come tutte le altre idee o emozioni o sensazioni che noi proviamo, sono elementi che derivano dalla nostra esistenza ed esperienza del vivere. Li percepiamo con i nostri neuroni, anzi sono proprio loro che li generano. Sono perciò l'effetto di un qualcosa che esiste fisicamente. Anche la gravità non la vedi e non la tocchi, ma ne conosci bene gli effetti. Ma non ha nulla di sovrannaturale.

Io ritengo che credere in un dio o nella continuazione dopo la morte sia una causa, una applicazione più o meno sofisticata di una convinzione che è alla base di tutto questo. Ovvero credere che esista un mondo che non esiste. Un mondo che tu non potrai mai conoscere e che perciò devi credere per fede. Questo è quello che accomuna tutti i credenti, di qualunque religione essi siano.

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Messaggio Da Minsky Mar 13 Gen 2015 - 18:06

Paolo ha scritto:...

Io ritengo che credere in un dio o nella continuazione dopo la morte sia una causa, una applicazione più o meno sofisticata di una convinzione che è alla base di tutto questo. Ovvero credere che esista un mondo che non esiste. Un mondo che tu non potrai mai conoscere e che perciò devi credere per fede. Questo è quello che accomuna tutti i credenti, di qualunque religione essi siano.
Mi sembra che sia esattamente quello che stavamo dicendo.

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Messaggio Da Paolo Mar 13 Gen 2015 - 18:18

Minsky ha scritto:
Paolo ha scritto:
Minsky ha scritto:
Paolo ha scritto:Minsk, argomento interessante che noi in vario modo abbiamo più volte discusso.

Io su questo punto sono molto più essenziale di te. Per me la vera discriminate tra un credente e una persona "normale" è che il credente è convinto che esista un qualcosa, qualunque essa sia, che noi non abbiamo la possibilità di conoscere. Ovvero di un qualcosa, e ribadisco il concetto e lo sottolineo: qualunque essa sia, che non può essere percepito nè direttamente nè indirettamente, nè tramite i sui effetti, dai nostri sensi. Tutto il resto, religioni, superstizioni, buddismo, animismo, induismo.....tutto insomma è solo una sovrastruttura (passami il temine ma non ne trovo uno più appropriato) che l'evoluzione storico socio-culturale ha poi costruito su questa convinzione.

Se tu non credi a questo tutto il resto , qualunque esso sia, perde completamente di qualsiasi valore e significato.
Attenzione però che forse stai generalizzando troppo ampiamente.
Se io credo nel famoso drago invisibile e intangibile, sono credente?
Apparentemente sì, secondo la tua definizione. Ma il drago invisibile non ha alcuna influenza sulla mia vita. E la presenza del drago invisibile nel mio garage non implica la sopravvivenza dell'anima, che invece è il nodo della questione. La divinità in cui si crede deve essere il garante della sopravvivenza, altrimenti non c'è alcuno scopo nell'adorarla e obbedirla.

Perchè secondo te dio ha influenza sulla tua vita? Non c'è alcuna differenza tra il drago, paperino o dio! Tutti elementi di fantasia.
Ok, non mi sono spiegato bene. Intendevo dire che il drago invisibile non è un garante della vita eterna. Al credente nel drago invisibile non cambia alcuna prospettiva il fatto di crederci. Lo stesso sarebbe per chi credesse in un dio indifferente alla condizione umana. Questa distinzione probabilmente esclude dal novero dei "credenti" come li identificherei secondo il criterio da me proposto, certe culture più antiche che avevano dèi interessati solo ai fatti propri (Giove che voleva solo trombare femmine umane, per esempio) o comunque deputati a fenomeni / attività di ordine pratico (fertilità, raccolti, caccia, etc.). Ma in ambito moderno, mi sembra che la credenza nella vita eterna o almeno in una qualche forma di sopravvivenza oltre la distruzione del corpo, sia cruciale nella stragrande maggioranza delle religioni. Secondo me è stata proprio questa la carta vincente che ha determinato il successo dei maggiori monoteismi. Vedi per esempio S.Paolo che dice che se non fosse vera la resurrezione di Gesù il cristianesimo andrebbe a gambe all'aria (« Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede.» - 1Corinzi 15,14). Siamo d'accordo che a S.Paolo la logica faceva un baffo (infatti anche ammesso che Gesù fosse resuscitato, questo non garantirebbe in alcun modo la resurrezione per i comuni mortali: lui era dio, altra "specie"). Però alla gente comune la logica fa un baffo allo stesso modo.

Concordo con te Minsk, ma sono due concetti diversi. Credere nell'esistenza di un mondo che non esiste (e ho già spiegato cosa intendo per non esistere) è la base essenziale per poi costruire qualunque ulteriore convinzione circa il sovrannaturale, con tutti gli annessi e connessi. Se tu non ammetti questo non può esistere più nulla. E come tu sai è nato prima l'uovo della gallina. Così come è nato prima il concetto di sovrannaturale (se concetto si può chiamare) che non quello dell'immortalità o dell'anima.

Per chiarire meglio la mia posizione ti faccio un esempio ...un po' stupido ma penso efficace. Io avevo intenzione di comprare una BMW 550. Però per mille motivi poi non l'ho comprata. Il primo è che non ho i soldi....gli altri è inutile che te li dica mgreen

Ecco, senza la convinzione che possa esistere qualcosa che non non possiamo e non potremo mai conoscere (=sovrannaturale), che senso ha di parlare di tutto il resto?

Poi circa l'influenza che queste credenze o convinzioni possano avere sul comportamento umano sono solo legate alla nostra emotività. E di questo ne abbiamo già discusso tante volte! Ma il concetto di base del drago, del dio o di paperino sono esattamente uguali. E' irrilevante poi se uno ti fa divertire (dio) e l'altro (paperino) ...pure! Sono mere fantasie. A cosa tu poi le finalizzi non ne muta la loro natura.

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La questione se  "Il mondo sia stato creato da Dio, il quale è sempre esistito" si semplifica in "Il mondo è sempre esistito". E' superfluo, e quindi, secondo il rasoio di Occam, sbagliato in senso metodologico, introdurre Dio per spiegare l'esistenza del mondo.

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Messaggio Da Minsky Mar 13 Gen 2015 - 18:32

Paolo ha scritto:
Minsky ha scritto:
Ok, non mi sono spiegato bene. Intendevo dire che il drago invisibile non è un garante della vita eterna. Al credente nel drago invisibile non cambia alcuna prospettiva il fatto di crederci. Lo stesso sarebbe per chi credesse in un dio indifferente alla condizione umana. Questa distinzione probabilmente esclude dal novero dei "credenti" come li identificherei secondo il criterio da me proposto, certe culture più antiche che avevano dèi interessati solo ai fatti propri (Giove che voleva solo trombare femmine umane, per esempio) o comunque deputati a fenomeni / attività di ordine pratico (fertilità, raccolti, caccia, etc.). Ma in ambito moderno, mi sembra che la credenza nella vita eterna o almeno in una qualche forma di sopravvivenza oltre la distruzione del corpo, sia cruciale nella stragrande maggioranza delle religioni. Secondo me è stata proprio questa la carta vincente che ha determinato il successo dei maggiori monoteismi. Vedi per esempio S.Paolo che dice che se non fosse vera la resurrezione di Gesù il cristianesimo andrebbe a gambe all'aria (« Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede.» - 1Corinzi 15,14). Siamo d'accordo che a S.Paolo la logica faceva un baffo (infatti anche ammesso che Gesù fosse resuscitato, questo non garantirebbe in alcun modo la resurrezione per i comuni mortali: lui era dio, altra "specie"). Però alla gente comune la logica fa un baffo allo stesso modo.

Concordo con te Minsk, ma sono due concetti diversi. Credere nell'esistenza di un mondo che non esiste (e ho già spiegato cosa intendo per non esistere) è la base essenziale per poi costruire qualunque ulteriore convinzione circa il sovrannaturale, con tutti gli annessi e connessi. Se tu non ammetti questo non può esistere più nulla. E come tu sai è nato prima l'uovo della gallina. Così come è nato prima il concetto di sovrannaturale (se concetto si può chiamare) che non quello dell'immortalità o dell'anima.

Per chiarire meglio la mia posizione ti faccio un esempio ...un po' stupido ma penso efficace. Io avevo intenzione di comprare una BMW 550. Però per mille motivi poi non l'ho comprata. Il primo è che non ho i soldi....gli altri è inutile che te li dica mgreen

Ecco, senza la convinzione che possa esistere qualcosa che non non possiamo e non potremo mai conoscere (=sovrannaturale), che senso ha di parlare di tutto il resto?

Poi circa l'influenza che queste credenze o convinzioni possano avere sul comportamento umano sono solo legate alla nostra emotività. E di questo ne abbiamo già discusso tante volte!  Ma il concetto di base del drago, del dio o di paperino sono esattamente uguali. E' irrilevante poi se uno ti fa divertire (dio) e l'altro (paperino) ...pure! Sono mere fantasie. A cosa tu poi le finalizzi non ne muta la loro natura.
Cioè secondo te il credente deve anticipatamente credere all'esistenza di un "mondo ulteriore" invisibile e intangibile, eventualmente governato da una o più divinità, e solo su questo presupposto sarà in grado di immaginarsi la propria "trasmigrazione" nel mondo ultraterreno dopo la morte? Può essere, è plausibile, però non mi sembra una condizione così necessaria. Stiamo parlando di religione, e la consecutio è del tutto opzionale in questo campo. Il credente può benissimo convincersi che la propria anima sia destinata a sopravvivere, e poi domandarsi dove quella andrà a soggiornare.
Come il fantasma del castello, per intenderci. Ecco un ottimo esempio: quelli che credono ai fantasmi sono inclusi nel criterio proposto per la definizione di "credente".

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Messaggio Da Paolo Mar 13 Gen 2015 - 18:48

Scusa Minsk, non voglio sembrare pesante e monotono (cosa che per altro in passato più volte sono stato accusato ..ma non certo da te) ma io penso che sia proprio così. Fai questo semplice ragionamento. Una persona (io sono così) che non crede possa esistere qualcosa che non possa essere percepito dai propri sensi (e penso tu abbia capito cosa intendo con questo) che motivo ha di disquisire di qualunque argomento religioso, con annessi e connessi. Spiriti, fantasmi, maghi e fattucchiere, oroscopi o sacramenti, miracoli o trasmigrazioni, spiritualità o animismo o....... in un colpo solo perdono di ogni significato. Tutto, e dico proprio tutto, diventa aria fritta!! Cazzate! Fuffa !

Io assai spesso mi trovo in difficoltà a impostare un discorso con credenti (e anche non) perchè loro partono subito dal concetto che quel famoso mondo sovranatural-fantastico esiste, o possa esistere. E il solito argomento è che tu non ne puoi dimostrare l'inesistenza. Ragionamento questo che non merita nemmeno di essere preso in considerazione. E che accomuna paperino a dio!

E' inutile girare in torno al problema. Senza sovrannaturale tutto il resto svanisce nel nulla!! Si riduce in fufferia, nulla più.

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Messaggio Da Minsky Mar 13 Gen 2015 - 19:13

Paolo ha scritto:Scusa Minsk, non voglio sembrare pesante e monotono (cosa che per altro in passato più volte sono stato accusato ..ma non certo da te) ma io penso che sia proprio così. Fai questo semplice ragionamento. Una persona (io sono così) che non crede possa esistere qualcosa che non possa essere percepito dai propri sensi (e penso tu abbia capito cosa intendo con questo) che motivo ha di disquisire di qualunque argomento religioso, con annessi e connessi. Spiriti, fantasmi, maghi e fattucchiere, oroscopi o sacramenti, miracoli o trasmigrazioni, spiritualità o animismo o....... in un colpo solo perdono di ogni significato. Tutto, e dico proprio tutto, diventa aria fritta!! Cazzate! Fuffa !

Io assai spesso mi trovo in difficoltà a impostare un discorso con credenti (e anche non) perchè loro partono subito dal concetto che quel famoso mondo sovranatural-fantastico esiste, o possa esistere. E il solito argomento è che tu non ne puoi dimostrare l'inesistenza. Ragionamento questo che non merita nemmeno di essere preso in considerazione. E che accomuna paperino a dio!

E' inutile girare in torno al problema. Senza sovrannaturale tutto il resto svanisce nel nulla!! Si riduce in fufferia,  nulla più.
Ma mi va benissimo dissezionare l'argomento fino alle molecole, ci mancherebbe.
Sono d'accordo con te che il credente medio dispone nella sua mente confusa di un bestiario di enti e azioni soprannaturali vastissimo, del tutto impossibile da confutare punto per punto. Non c'è nemmeno da pensare a provarci!

Qui in questo thread, mi riprometto un obiettivo estremamente più modesto. Capire se esista un criterio semplice per stabilire se una persona sia un credente oppure no.
Premesso che un sedicente credente è molto probabile che lo sia, c'è un modo per verificare se lo sia davvero?

Io ho proposto che il test sia costituito dalla domanda: "X crede alla sopravvivenza dell'anima?".

Ma perché mi concentro proprio su questo punto, che apparentemente è solo un piccolo dettaglio dell'ampia serie di cose stravaganti a cui i credenti credono?

Perché considero del tutto accettabile che, secondo questo test, chi crede a Babbo Natale, alle fate, agli gnomi, agli UFO, risulti non credente?

Quello che mi interessa, è avere un criterio con cui capire chi è pericoloso.

Infatti, ritengo che la convinzione della sopravvivenza dell'anima e analogie varie sia un tipo di credenza intrinsecamente pericoloso. Lo è perché sposta l'istinto di conservazione dalla difesa dell'integrità fisica alla difesa di una ipotetica e farlocca "integrità spirituale". Ricordi per esempio il caso del malato di prostata a cui il medico aveva raccomandato di masturbarsi almeno una volta alla settimana, che si è rivolto ai padri domenicani ricevendo l'ingiunzione di non farlo? Un caso banalissimo, minuscolo, terra-terra; ma da qui si va in crescendo, con gente che ha avuto e ha la vita letteralmente rovinata a causa della religione.

Fin qui, il credente è più che altro pericoloso per sé stesso. Ma diventa pericoloso e nocivo per gli altri, nel momento in cui si impegna nel proselitismo e nel condizionare i bambini.

E se consideriamo il caso di religioni violente (si cita sempre l'islam ma non è l'unica), è chiaro che chi è fervente credente di quelle religioni attribuirà alla vita umana un valore nullo. Come infatti vediamo chiaramente succedere.

Potrei andare avanti con mille esempi ma penso di essermi spiegato. Chi crede nell'oroscopo o nella fatina dei denti è sciocco ma non è particolarmente pericoloso a causa di queste credenze. Chi crede nella sopravvivenza dell'anima sì, perché nella sua mente la sopravvivenza dell'anima diventa un obiettivo di importanza disperatamente cruciale. Sostituisce e annulla tutti gli altri valori. Supera ogni altro obiettivo. Rende accettabile qualsiasi sofferenza, imposta a sé o al prossimo. È la radice del cancro.

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Messaggio Da Justine Mar 13 Gen 2015 - 19:25

Comunque il problema è esaminabile facilmente se si domanda un semplice "perché credi". Si sentono "ragioni" di ogni tipo, ma nessuna che non possa essere ricondotta all'egoismo ("credo perché voglio salvarmi/star bene/che tutto vada a mio favore, etc.")

Anche voler sopravvivere in eterno (in eterno!) a non far niente è dura, eh!
E non ci sono DVD con cui ingannare l'attesa.

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Messaggio Da Paolo Mar 13 Gen 2015 - 19:34

Concordo con te Minsk. Forse io ho spostato più l'argomento su cosa distingua il credente che non sul come.

Venendo alle tue osservazioni circa l'importanza del credente di salvare o preservare da impurità la propria anima penso si dovrebbe ricorrere più alla psicologia, o psichiatria secondo i casi, che non alla religione per dare una spiegazione a comportamenti del tutto assurdi e tragici cui assistiamo tutti i giorni. Ritengo che alla base di questo ci sia un bisogno di certezze e di sicurezze cui si è disposti a qualsiasi sacrificio pur di ottenerle.

Proprio a Brescia qualche anno fa un padre, ovviamente islamico, ha ucciso la propria figlia ventenne perchè frequentava un ragazzo occidentale e portava i pantaloni senza il velo! Lui l'ha fatto per salvare la sua anima e garantirsi le benevolenza di allah. Quale meccanismo può spingere un padre a commettere un tale misfatto? Io da padre preferirei essere dannato per l'eternità che far del male a mia figlia! E penso non solo io! Questo fatto meriterebbe un approfondimento, ma per farlo servirebbero anche delle conoscenze (che io certo non ho la pretesa di avere) sui comportamenti umani e sulle varie forme maniacali che affliggono l'uomo. Ma io la vedo più una questione psicologica che non religiosa.

Ma al di la di ogni valutazione psicopatologica, il punto di base è sempre quello. Nel credere all'ultraterreno tutto poi è possibile. Togli quello tutto il resto perde di significato.

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Messaggio Da Rasputin Mar 13 Gen 2015 - 19:42

Justine ha scritto:Comunque il problema è esaminabile facilmente se si domanda un semplice "perché credi". Si sentono "ragioni" di ogni tipo, ma nessuna che non possa essere ricondotta all'egoismo ("credo perché voglio salvarmi/star bene/che tutto vada a mio favore, etc.")

Anche voler sopravvivere in eterno (in eterno!) a non far niente è dura, eh!
E non ci sono DVD con cui ingannare l'attesa.

Ma i risultati più pirotecnici, te lo assicuro, si ottengono chiedendo prima "In cosa credi"?, poi (A seconda della risposta, ma specialmente se essa è stata dio) "Come si chiama" (Facendo presente che "Dio" è un aggettivo e che esistono centinaia di divinità + o - riconosciute/istituzionalizzate), e nell'improbabile caso che il destinatario delle domande superi le prime due - in qualche modo - allora chiedendo "Descrivimelo" mgreen

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Messaggio Da Ospite Mar 13 Gen 2015 - 19:45

Minsky ha scritto:Quello che mi interessa, è avere un criterio con cui capire chi è pericoloso.

ahahahahahah
minchia raga, ma ogni tanto riuscite a fermarvi un attimo, a tirar su la testa e leggere le stronzate che scrivete?

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Messaggio Da Minsky Mar 13 Gen 2015 - 22:14

Paolo ha scritto:Concordo con te Minsk. Forse io ho spostato più l'argomento su cosa distingua il credente che non sul come.

Venendo alle tue osservazioni circa l'importanza del credente di salvare o preservare da impurità la propria anima penso si dovrebbe ricorrere più alla psicologia, o psichiatria secondo i casi, che non alla religione per dare una spiegazione a comportamenti del tutto assurdi e tragici cui assistiamo tutti i giorni. Ritengo che alla base di questo ci sia un bisogno di certezze e di sicurezze cui si è disposti a qualsiasi sacrificio pur di ottenerle.

Proprio a Brescia qualche anno fa un padre, ovviamente islamico,  ha ucciso la propria figlia  ventenne perchè frequentava un ragazzo occidentale e portava i pantaloni senza il velo! Lui l'ha fatto per salvare la sua anima e garantirsi le benevolenza di allah. Quale meccanismo può spingere un padre a commettere un tale misfatto? Io da padre preferirei essere dannato per l'eternità che far del male a mia figlia! E penso non solo io! Questo fatto meriterebbe un approfondimento, ma per farlo servirebbero anche delle conoscenze (che io certo non ho la pretesa di avere) sui comportamenti umani e sulle varie forme maniacali che affliggono l'uomo. Ma io la vedo più una questione psicologica che non religiosa.

Ma al di la di ogni valutazione psicopatologica, il punto di base è sempre quello. Nel credere all'ultraterreno tutto poi è possibile. Togli quello tutto il resto perde di significato.  
La religione è malattia mentale. Può non avere effetti devastanti, immediati, evidenti, ma sicuramente presuppone uno scarso equilibrio psicologico. Causa ed effetto si sovrappongono e diventano difficili da distinguere in questi frangenti.

Un ragazzo dell'UAAR aveva fatto una ricerchina tempo addietro:
http://www.uaar.it/uaar/ateo/archivio/2014_4_art1.html

Secondo me è ancora valida come spunto da dove iniziare. Purtroppo gli studi su questo problema sono quasi inesistenti.

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Messaggio Da Rasputin Mar 13 Gen 2015 - 22:20

Minsky ha scritto:
La religione è malattia mentale. Può non avere effetti devastanti, immediati, evidenti, ma sicuramente presuppone uno scarso equilibrio psicologico. Causa ed effetto si sovrappongono e diventano difficili da distinguere in questi frangenti.

Infatti, però secondo me non presuppone uno scarso equilibrio psicologico, bensí lo causa. Tanto individual/psicologicamente come storicamente.

Minsky ha scritto:Un ragazzo dell'UAAR aveva fatto una ricerchina tempo addietro:
http://www.uaar.it/uaar/ateo/archivio/2014_4_art1.html

Secondo me è ancora valida come spunto da dove iniziare. Purtroppo gli studi su questo problema sono quasi inesistenti.

Uhm, non ti ricordi questo

http://atei.forumitalian.com/t2160-ricerca-sull-origine-del-sentimento-religioso

?

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Messaggio Da Minsky Mar 13 Gen 2015 - 22:26

jessica ha scritto:
Minsky ha scritto:Quello che mi interessa, è avere un criterio con cui capire chi è pericoloso.

ahahahahahah
minchia raga, ma ogni tanto riuscite a fermarvi un attimo, a tirar su la testa e leggere le stronzate che scrivete?
Ma certo dolcezza, sono tutte stronzate, e che altro?

Infatti, il più grande massacro etnico della storia contemporanea, quello del Rwanda, non è stato mica perpetrato dai cristiani Hutu istigati dalla chiesa cattolica. Il vescovo Wenceslas Munyeshyaka non ha personalmente ucciso e stuprato dozzine di persone. Il prete cristiano Athanase Seromba non ha personalmente seppellito vive 2000 persone servendosi di un caterpillar. L'Esercito di Resistenza del Signore, guerriglieri cattolici impegnati nella ribellione armata, non è accreditato di svariate migliaia di uccisioni di civili, rapimenti, mutilazioni, torture, stupri, messa in schiavitù a fini sessuali.

E gli islamici non si fanno saltare in aria in mezzo alla gente per garantirsi il teletrasporto nei giardini di allah.

Eccetera eccetera.

Rimango ansioso di leggere se hai altri commenti così utili ai fini della discussione.

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Messaggio Da Paolo Mar 13 Gen 2015 - 22:33

Justine ti ho dato "solo" un bel verde perchè non avevo tempo di dire di più.

Ma per me hai detto una gran verità: il credo, in particolare quello cristiano e islamico, si basa sull'egoismo. Tutto quello che fai è sempre finalizzato a un vantaggio personale, ovviamente presunto, ma che il credente pensa reale.

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Messaggio Da Minsky Mar 13 Gen 2015 - 22:34

Rasputin ha scritto:
Minsky ha scritto:
La religione è malattia mentale. Può non avere effetti devastanti, immediati, evidenti, ma sicuramente presuppone uno scarso equilibrio psicologico. Causa ed effetto si sovrappongono e diventano difficili da distinguere in questi frangenti.

Infatti, però secondo me non presuppone uno scarso equilibrio psicologico, bensí lo causa. Tanto individual/psicologicamente come storicamente.

Minsky ha scritto:Un ragazzo dell'UAAR aveva fatto una ricerchina tempo addietro:
http://www.uaar.it/uaar/ateo/archivio/2014_4_art1.html

Secondo me è ancora valida come spunto da dove iniziare. Purtroppo gli studi su questo problema sono quasi inesistenti.

Uhm, non ti ricordi questo

http://atei.forumitalian.com/t2160-ricerca-sull-origine-del-sentimento-religioso

?
Sì, mi ricordo. Non penso che ci siano differenze organiche o funzionali tra credenti e non credenti, ma psicologiche / attitudinali sì. Come c'è chi è per sua natura curioso e chi indifferente. Chi è avventuroso e chi casalingo e pantofolaio. Inclinazioni naturali, congenite. Anche per la religione. Poi l'ambiente fornisce stimoli (forti o fortissimi) e motivazioni, ed è teratogeno sotto questo aspetto.
Ma se fosse solo questione di induzione esterna, non potrebbero esistere atei nelle teocrazie islamiche. Hanno metodi a cui nessuno può resistere. Invece esistono. Sono rari ma esistono. Qualcuno riesce a non farsi distruggere il cervello. Incredibili meraviglie delle doti umane.

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