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Non solo nutrie - Si diffondono sempre più le minacce agli ecosistemi a causa delle specie alloctone

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Messaggio Da Minsky Dom 13 Ott 2019 - 22:03

Pesce serpente, specie aliena negli USA: “Uccidetelo subito”


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pesce serpente

Sta mettendo in pericolo la vita degli altri animali. Negli Stati Uniti d’America si è diffuso il Channa Argus, originario della Manciuria e della Cina Orientale in grado di muoversi strisciando e respirando. Il Dipartimento delle risorse naturali della Georgia ha ordinato a ogni residente che si imbatte nel cosiddetto pesce serpente di ucciderlo.

Il pesce serpente


Il pesce serpente proviene dalla Manciuria e dalla Cina Orientale. Gli Stati Uniti non sono il suo habitat naturale, però là ha iniziato a riprodursi e si sta sempre più diffondendo. Visto che non c’è un suo predatore in questi luoghi, sta mettendo fortemente a rischio gli altri pesci, nativi del posto, diventati sue prede. Secondo quanto ha riferito l’edizione online del New York Times, la scorsa settimana è stato ritrovato l’ennesimo esemplare nella contea di Gwinnett. La caratteristica del pesce serpente è la capacità di resistere a lungo fuori dall’acqua. Infatti è stato abituato a vivere in acque poco ossigenate e un organo sopra le sue branchie gli consente di respirare l’aria.

Il provvedimento delle autorità


“Questi pesci sono come qualcosa di un brutto film dell’orrore”: così il segretario degli Interni Gale Norton nel 2002 aveva parlato di questa specie. Il politico aveva proposto il divieto di importarlo e trasportarlo. Il provvedimento non è servito, visto che l’animale sussiste in 15 Stati americani. In Arkansas è stato diffuso in passato come pesce d’acquario e per scopi alimentari. Ora la sua aggressività è diventata così pericolosa che le autorità hanno dovuto reagire. Il Dipartimento delle risorse naturali della Georgia ha disposto che chiunque veda un esemplare debba ucciderlo.

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Messaggio Da Minsky Sab 19 Ott 2019 - 21:46

L'Europa ha un problema con i pappagalli parrocchetti


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Molti parchi urbani e città europee stanno fronteggiando un pericolo che viene dal cielo. A mettere a repentaglio coltivazioni e incolumità dei cittadini europei sono dei pappagallini: i parrocchetti monaci (Myiopsitta monachus) e dal collare (Psitaccula krameri). Il problema è concentrato soprattutto nei paesi meridionali dove il clima è più caldo, ma importanti comunità si trovano anche in Francia, Paesi Bassi e Regno Unito.
Quest'estate la Puglia, da Molfetta a Bari, ha subito l'invasione dei parrocchetti monaci, voraci di frutti dolci, come albicocche e ciliegie ma anche di mandorle, fave e piselli. Per di più, gli stormi di questi pappagallini dal petto grigio hanno attaccato e distrutto diverse piazzole di sosta adibite alla raccolta delle olive.
A causa del caldo anomalo degli ultimi anni e della tropicalizzazione del clima, questa specie è divenuta stanziale non solo in Puglia ma anche in molte altre regioni, tra cui il Lazio. Qui, precisamente nel parco dell'Appia Antica di Roma, i pennuti hanno divorato e danneggiato il 30% dei mandorleti presenti, come ha riferito uno studio pubblicato sul Belgian Journal of Zoology.
In Puglia circolava l'idea di risolvere il problema ricorrendo all'uso di cannoni a salve, programmati a intervalli regolari. Un rimedio già impiegato in agricoltura per scoraggiare la permanenza di corvi tra frutteti e ciliegeti.
Il problema, però, non è circoscritto alla nostra penisola.
Non è un caso se l'Europa nel 2007 aveva vietato l'introduzione del parrocchetto in tutto il suo territorio. Uno studio del 2016 ha stimato 85.000 esemplari in Europa, con 90 popolazioni riproduttive, delle quali trenta solo in Italia per un totale di oltre 9.000 esemplari. Il problema è concentrato soprattutto nei Paesi meridionali dove il clima è più caldo, ma dal censimento del 2016 è emerso che importanti comunità si trovano anche in Francia, Paesi Bassi e Regno Unito.
Anche la vicina Spagna è alle prese con i disastri realizzati dal pappagallino. Così, Madrid si sta armando per eliminare buona parte dei circa 12.000 parrocchetti monaci che popolano gli alberi della città. Questo perché i pennuti costituiscono una minaccia per l'ecosistema locale. Il parrocchetto, infatti, nidifica anche nelle cavità degli alberi ed è entrato in competizione con specie autoctone come il picchio muratore (Sitta europaea), il picchiorosso maggiore (Dendrocopos major) e l'assiolo (Otus scops).
Inoltre, possono mettere a rischio anche la salute dei cittadini. I parrocchetti infatti costruiscono nidi particolarmente pesanti che, in caso di caduta, possono essere pericolosi. Spesso i pennuti li riproducono su pali della luce o del telefono, inducendo qualche blackout. Inoltre, anche se non sono stati segnalati casi di malattie trasmesse all'uomo, l'amministrazione madrilena ha spiegato che “secondo diversi articoli scientifici, questi uccelli possono trasmetterci la psittacosi, l'influenza aviaria o la salmonellosi”.

Biografia del parrocchetto monaco


Originario della parte sud-orientale del Sudamerica, il parrocchetto monaco, insieme a quello dal collare (Psittacula krameri), è l'unica specie di pappagallo stabilmente nidificante in Italia, se pur come specie esotica a carattere invasivo.
Di taglia piccola, che si aggira sui 20-30 cm, è un pennuto gregario, socievole e stanziale. La sua dieta spazia dai semi, alle erbe e frutti fino a larve e insetti. Il monaco è l'unico pappagallo che costruisce grandi nidi collettivi, dei veri e propri condomini dove trovano alloggio moltissime coppie. Li edificano intessendo ed accatastando ramoscelli, fino a costituire una massa compatta che può superare il metro di diametro ed il peso di 150kg, tanto che non è raro che finiscano per spezzare i rami che li sostengono.
Il pappagallino attualmente è presente anche New York. Vaste colonie di questi uccelli, sfuggite alla cattività, si stanno perfettamente ambientando però anche in Europa.

Quanti sono veramente


“Sono stime da prendere con cautela, soprattutto perché nel frattempo la popolazione è aumentata in modo considerevole", ha spiegato a National Geographic Piero Genovesi, responsabile del servizio coordinamento fauna selvatica dell'Ispra e uno dei massimi esperti di specie aliene. "In Italia una delle ultime stime parla di 15.000 individui, presenti in almeno dodici regioni e, in sei di queste, la popolazione è in grado di riprodursi”.

Si stima che, in ambiente mediterraneo, il numero dei parrocchetti possa raddoppiare nel giro di cinque anni, causando danni sempre più ingenti soprattutto alle coltivazioni. “È già successo in altri paesi, ad esempio in Israele, dove i raccolti di semi di girasole e cereali hanno avuto gravi perdite. Succederà anche da noi”, ha continuato Genovesi.

Come risolvere il problema


Quando una specie aliena è così diffusa, eradicarla è pressoché impossibile. In ogni modo, spiega Genovesi, “tutti vorremmo evitare di sopprimere animali e allora l'unica strada è quella della comunicazione. Progetti europei come il Life Asap hanno anche questo scopo. Intanto cerchiamo di non aggiungere danno al danno. I cittadini devono sapere che gli animali da compagnia non vanno mai liberati in natura, perché possono creare grossi problemi ad altre specie”.

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Messaggio Da Minsky Mar 29 Ott 2019 - 19:04


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Messaggio Da Minsky Dom 19 Gen 2020 - 17:15

Cimice asiatica, spunta un altro insetto antagonista autoctono

Cimice asiatica, spunta un altro insetto antagonista autoctono

Agricoltura. Si chiama “Anastatus bifasciaturs” ed è stato ritrovato in varie zone boschive del Trentino. Ora se ne valuta l’efficacia. Fem pronta alla “guerra” con gli insetti parassitoidi

di Carlo Bridi
17 gennaio 2020


Trento. La bozza di decreto per l’autorizzazione ai centri sperimentali ad operare nella ricerca e diffusione di insetti parassitoidi per combattere biologicamente la cimice asiatica, è stata approvata dal gruppo di esperti composto da tecnici dei Ministeri interessati (Politiche agricole, Sanità e Ambiente), e delle Regioni, nel caso nostro della Provincia, che aveva come proprio rappresentante Claudio Ioriatti dirigente della Fem. Ora ci si attende a breve l’approvazione formale del decreto che contiene due importanti norme: la prima prevede l’autorizzazione dell’importazione degli insetti per la lotta biologica contro la cimice asiatica e la seconda l’autorizzazione per tutte le altre finalità. A dichiaralo è lo stesso Ioriatti all’indomani della riunione congiunta regioni e ministeri che ha dato l’avvallo alla bozza.

C’è da sperare che ci si avvii così finalmente al superamento del maggiore ostacolo per una lotta biologica in grande stile a questo terribile insetto, problema che il 2019 ha lasciato in eredità per il 2020 al mondo agricolo. «Appena il decreto avrà l’ok formale siamo pronti per la individuazione dei siti e delle modalità di rilascio dei parassitoidi, precisa» - Ioriatti. «Come minimo i siti dovranno essere un decina nella prima fase per andare a coprire tutte le aree dove la cimice asiatica è stata trovata. Ma evidentemente i siti potranno essere anche molti di più dipenderà dalle risorse che saranno messe a disposizione» - precisa il dirigente Fem. «Nel frattempo, il nostro gruppo tecnico ha individuato le modalità di rilascio dei parassitoidi con una serie di indicazioni operative da subito applicabili».

Sarà poi necessario attivare un sistema assicurativo che garantisca il reddito agli agricoltori anche in questa fase nella quale si prevedono ancora forti danni senza la possibilità di adeguata difesa. Per questo si sta attivando il Co.Di.Pra con la predisposizione di un fondo mutualistico che andrà a coprire già dal 2020 anche le perdite di produzione causate dalla cimice asiatica all’interno del fondo fitopatie per il quale il Condifesa sta attendendo il via libera dal Ministero delle Politiche Agricole.

«In Trentino - precisa Ioriatti - sono stati individuati anche diversi altri parassitoidi autoctoni ma la loro attività sulla cimice è molto relativa. Il più importane rimane sicuramente la vespa samurai che è stata individuata in diverse località agricole del Trentino come dell’Alto Adige, dove è arrivata naturalmente come la cimice. Questi ritrovamenti ci permetteranno di documentare la presenza di questi parassitoidi anche in fase di predisposizione del progetto operativo, e ci agevoleranno molto anche nella fase di ottenimento di tutte le autorizzazioni perché dimostreremo che non ci sono registrate contro indicazioni. Nel frattempo si sta lavorando anche per verificare l’efficacia di un altro antagonista autoctono: Anastatus bifasciaturs, che è stato trovato in diverse aree boschive del nord Italia e anche in Trentino».

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Messaggio Da Ateopitecus millantatoris Lun 15 Feb 2021 - 14:19

Basta trovare gli antagonisti giusti...
La sapete la storia della invasione del fico d india in Australia?
https://www.youtube.com/watch?v=T_K-m2rXWwc

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Messaggio Da Minsky Lun 15 Feb 2021 - 14:26

Ateus vulgaris familiaris ha scritto:Basta trovare gli antagonisti giusti...
La sapete la storia della invasione del fico d india in Australia?
https://www.youtube.com/watch?v=T_K-m2rXWwc
Molto interessante. ok Un po' come quando hanno tentato di debellare la mosca carnivora in America Latina.

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Messaggio Da Rasputin Lun 15 Feb 2021 - 15:28

A me interesserebbe sapere quali sono i criteri che determinano la classificazione del Channa Argus come pesce e non, ad esempio, come anfibio.

*modalità complottara ON* In ogni caso già vedo venire una possibile prossima ondata di panico globale non appena e se si esaurisce il filone (dimostratosi finora incredibilmente fruttifero) del SARS-COV 2 *modalità complottara OFF*

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