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LA TEORIA DELL'EVOLUZIONE

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Messaggio Da tadiottof Ven 21 Ott 2011 - 21:35

La teoria dell'evoluzione degli organismi viventi poggia su 3 fattori: 1) le mutazioni; 2) la selezione naturale; 3) l'isolamento geografico. Cerco di spiegare: 1) le mutazioni sono cambiamenti del DNA; 2) la selezione naturale favorisce alcune mutazioni; 3) l'isolamento separa gli individui. Pensiamo il negativo: 1) senza mutazioni il DNA sarebbe sempre eguale a se stesso; 2) senza selezione naturale tutte le mutazioni non sarebbero eliminate, anche quelle non compatibili con la sopravvivenza della specie per esempio cecita', handicap mentali, aggressivita' intraspecifica ecc.; 3) senza l'isolamento, per esempio il Gran Canyon, che separa due sponde, non ci sarebbero specie diverse in quanto, alla lunga, le mutazioni sarebbero trasmesse a tutti gli individui. I 3 fattori non sono in scala gerarchica e devono essere presenti contemporaneamente. Una volta specializzata, la specie non potra' piu' evolvere. Ulteriore evoluzione dara' luogo ad un'altra specie. Le specie sono formate da individui che si somigliano, che possono accoppiarsi e avere prole fertile. Per fare un esempio il cavallo e l'asino si somigliano piu' di alcuni cani tra di loro, possono accoppiarsi e avere prole, ma il mulo non e' fertile. Tanto basta per affermare che asino e cavallo sono due specie distinte, mentre l'uomo e' una specie unica: una zulu' puo' avere figli con un eschinese e viceversa. Le razze non costituiscono specie. Quindi tutti gli uomini hanno le stesse proprieta': essendo il DNA caratteristico della specie, tutti hanno le ossa della gamba eguali, gli stessi ormoni, maschili o femminili, lo stesso cervello ovvero lo stesso CPU, cioe' lo stesso microprocessore e le stesse periferiche.Tutti quindi saranno un 486 o un pentium (con un 486 o un 386 non si possono avere le stewsse prestazioni del pentium). Quello che puo' essere diverso in uno zulu' o in un eschimese e' il software cioe' il programma. A questo proposito Gramsci a Labriola, che per educare un "Papuano" prima lo farebbe schiavo, obietta che agli ascari non gli si da' la cerbottana o la zagaglia, ma gli si mette in mano il fucile, facendogli fare un salto culturale di migliaia di anni, salto permesso dal nostro microprocessore.

Corollari: non ci sono razze meno dotate, ma eventualmente singoli individui con difetti di fabbrica; l'insegnamento dovrebbe tener conto del fatto che tutti gli studenti hanno le potenzialita' per essere dei geni; tutte le guerre sono irragionevoli in quanto impediscono l'accordo sugli interessi comuni, per esempio l'esigenza personale di un dio, senza imporre la sua esistenza ad altri; ecc.

Se trovate qualche imperfezione nell'enunciazione vi prego di fare un copia-incolla e di correggerlo all'interno, conservando la paternita' del vostro post. L'aministratore, una volta approvata la modifica, potrebbe rimuovere il post originale; in questo modo il testo dovrebbe diventare un "manifesto". E' in effetti una grossa responsabilita' che pero' dobbiamo a Darwin, per diffondere la teoria

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Messaggio Da delfi68 Ven 21 Ott 2011 - 23:31

ma questo topic che senso diverso ha dall'altro thread sull'evoluzione?
Apparte tralasciare la selezione sessuale, anche negativa, prevista da Darwin?
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Messaggio Da Rasputin Sab 22 Ott 2011 - 10:40

Mi pare lo abbia detto, ognuno copincolla apportando le modifiche che ritiene opportune fino a versione definitiva wink..

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Messaggio Da delfi68 Sab 22 Ott 2011 - 13:17

Rasputin ha scritto:Mi pare lo abbia detto, ognuno copincolla apportando le modifiche che ritiene opportune fino a versione definitiva wink..

ah..ok.


Selezione sessuale: competizione maschile e scelta femminile

Una prospettiva storicaCommento all’articolo di Bob B. M. Wong and Ulrika Candolin. How is female mate choice affected by male competition? Biological Reviews (2005), 80: 559-571

Molte specie animali presentano uno spiccato dimorfismo sessuale, un fenomeno per cui gli individui di un sesso, di solito i maschi, sviluppano caratteristiche particolarmente appariscenti. Lo stravagante piumaggio di molti uccelli, o le corna smisurate di alci e daini, ne sono un esempioDarwin intuì che tali caratteristiche sfuggivano alla logica utilitaristica della selezione naturale, perché non garantivano maggiori capacità di sopravvivenza, ma al contrario si rivelavano molto costose per gli organismi che le sviluppavano, esponendo gli individui che le portavano a maggiori rischi e dunque penalizzandoli nella lotta per la sopravvivenza.

Come spiegare questo fenomeno?. Egli propose che fosse la selezione sessuale a promuovere l’evoluzione di questi tratti, ovvero la lotta tra i membri di un sesso, per la conquista dell’altro sesso. Darwin chiarì inoltre che tale processo selettivo poteva realizzarsi mediante due modalità: attraverso la lotta tra individui dello stesso sesso, definita selezione intrasessuale oppure attraverso una competizione indiretta dove sono le femmine a scegliere il partner. Questa seconda modalità, chiamata selezione intersessuale, forniva alle femmine il ruolo centrale di agenti di selezione, idea inaccettabile per la cultura maschilista dell’Inghilterra vittoriana.La teoria della selezione sessuale rimase perciò nell’ombra e venne riscoperta solo negli anni settanta del novecento. Da allora molti studi sono stati dedicati a questo importante tema, con particolare attenzione al fenomeno della selezione sessuale interspecifica.

A parere di Wong e Candolin, a dispetto dei numerosi studi dedicati alla competizione maschile e alla scelta del partner sessuale da parte delle femmine, l’interazione fra queste due dimensioni resta di difficile comprensione. Nonostante la letteratura inerente la selezione sessuale sia ricca di studi dedicati a queste tematiche, pochi si concentrano sulla forte influenza della competizione maschile sulla scelta femminile.Alla luce dei più recenti progressi teoretici ed empirici, gli autori ipotizzano che la scelta femminile sia influenzata in particolare dalla cosiddetta competizione spermatica, intesa come la lotta a cui danno luogo i maschi cercando di inseminare il maggior numero di femmine possibile. Gli effetti di questa competizione influenzeranno le femmine, le quali ad ogni accoppiamento cercheranno di scegliere il partner genetico migliore. Dunque i diversi benefici saranno fortemente correlati alle abilità competitive del maschio.

Secondo gli autori la scarsità di studi che approfondiscano questo tema è conseguenza della mancanza di una prospettiva di tipo storico nell’ambito degli studi sulla selezione sessuale, che tenga conto del contesto nel quale tali meccanismi selettivi hanno luogo.Alla luce di queste considerazioni essi propongono un modello nel quale individuano tre stadi principali nei quali la competizione maschile può influire sul processo di scelta.

Essa consiste nella modifica dei sessi nei suoi rapporti funzionali con gli opposti oppure in rapporto con caratteristiche e abitudini di vita decisamente differenti. Darwin introduce questo concetto nel quarto capitolo del suo più famoso trattato: L'Origine della Specie.

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Messaggio Da tadiottof Sab 22 Ott 2011 - 14:07

La selezione sessuale e' compresa nella selezione naturale. Il pavone (selvatico) per trovare una partner, ha le penne sempre piu' lunghe e diventa una facile preda. Se torna indietro non suscitera' l'interesse della femmina, continuando ad allungarle finira' mangiato.

Analogo vicolo cieco e' quello imboccato dall'umanita' con l'orario di lavoro; pur con macchine e motori continuiamo a lavorare come ai tempi della zappa e della chiave a stella. L'industria che decidesse di ridurre la produzione, fallirebbe, viceversa andiamo incontro a crisi irreversibili.

Comunque non era questo il modo in cui intendevo procedere per arrivare al manifesto dell'evoluzione e ci rinuncio.

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Messaggio Da tadiottof Dom 23 Ott 2011 - 6:23

ERA POST-INDUSTRIALE
sono passati 35 anni dal 1965 al 2000, intercalati da "crisi" ripetute.

Siamo ora nell'era post-industriale. Non è chiaro cosa significhi ma si capirebbe meglio se la chiamassimo ultima rivoluzione industriale, in ordine di tempo.


L'uomo si è sempre industriato; anche all'età della pietra si valse di arnesi, per esempio di pietre per scheggiare altre pietre. Via via ha inventato attrezzi più efficienti come leva, ruota, piano inclinato, corda ecc., che in fisica vengono chiamati "macchine semplici".
Poi "macchine composte", macchine operatrici che hanno permesso l'esecuzione automatica di operazioni ripetitive, per esempio l'odometro di Vitruvio di 2 mila anni fa o i mulini ad acqua o a vento ecc.


La prima rivoluzione nell'industria è stata di associare un motore alle macchine operatrici.
Il motore a vapore, appena inventato, fu collegato ai telai dell'industria tessile.

Questo ha permesso di produrre teoricamente senza interruzioni e in quantità "industriali", perché i motori non si stancano come gli uomini o gli animali; al massimo si rompono, ma si possono sostituire senza fare loro il funerale.
Fu la prima rivoluzione industriale.
Ne vennero altre con la produzione dell'acciaio per mezzo degli altoforni e poi con il motore elettrico, inventato da Pacinotti, un italiano.
Con il motore elettrico l'industria si è democratizzata, ovvero per diventare capitano d'industria non era più necessario essere padrone del "vapore". Mi spiego meglio: il motore a vapore, ingombrante e energetivamente poco redditizio, per essere economico doveva mettere in azione decine di macchine operatrici, decine, o ancora meglio, centinaia di telai meccanici.
Costruire una fabbrica di centinaia di telai richiedeva risorse finanziarie di tutto rispetto, quindi il "padrone del vapore" poteva essere soltanto una persona già ricca: un nobile o un commerciante o un proprietario terriero, che si convertiva all'industria manifatturiera.
Con il motore elettrico chiunque, anche senza "capitale", poteva diventare "industriale". Ed è ciò che è successo in tempi recenti.


Inoltre nuove formule creditizie, banche, titoli, società per azioni ecc. fornivano il "capitale" agli "imprenditori", attingendo al risparmio dei piccoli "risparmiatori".
I risparmiatori non sono mai stati correttamente informati.


L'informazione invece, di volta in volta, ha terrorizzato i non addetti ai lavori, criminalizzando le prime società per azioni, per definizione, anonime, poi criminalizzando le multinazionali e infine la globalizzazione e senza mettere in luce gli aspetti positivi.
Questo è il "capitalismo".


Il capitalismo è frutto dell'età moderna. Ha portato progresso, ma, per sua natura, non può estendere la ricchezza alla massa.

L'inizio dell'età moderna si fissa nel 1492.

Prima di allora siamo nel Medioevo.
Nel Medioevo l'economia era fondata sull'agricoltura e sullo scambio dei prodotti agricoli.


Alla fine del Medioevo si affermano le città sulla campagna, ovvero la concentrazione di individui in poco spazio, con la conseguente necessità di regole di convivenza: i Comuni.
L'agricoltura comincia a dipendere dall'artigianato urbanizzato.


Ci fu concentrazione degli artigiani, ma non ancora concentrazione della produzione: è il pre-capitalismo.

Il pre-capitalismo fu l'economia di passaggio dal feudalesimo all'età moderna.
Oggi il capitalismo, il modo di produzione che si regge sull'incremento del "saggio di profitto", è in crisi e gli industriali tentano la via dell'asservimento dei lavoratori, con l'appoggio di governi reazionari.


Invece ho speranza che l'umanità, come è passata dal feudalesimo al capitalismo, possa instaurare un nuovo "modo di produzione" cioe' nuovi rapporti tra chi finanzia e chi lavora.

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