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virus e dintorni

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Messaggio Da Comune mortale Mer 16 Mar 2011 - 12:07

Parto da una distinzione che Bertrand Russell scrive nella sua Analisi della mente circa la differenza tra percezione e sensazione. Percezione secondo Russell è qualcosa che disvela cio che c’è oltre la sensazione, e da questo punto di vista possiamo dire che quando sento caldo e m’accorgo che la causa, per cosi dire, è il fuoco, posso asserire di stare percependo il fuoco. Tutt’altra storia per la sensazione che ci rivela solo, tautologicamente, che noi stiamo sentendo, avvertendo qualcosa. La sensazione del calore insomma di per sé non ci dice nulla circa la percezione della eventuale causa ( fiammifero, fuoco eccetera ) e quindi possibile che si possano avere, almeno teoricamente, delle sensazioni senza riuscire ad individuare ( percepire ) le eventuali cause, la qual cosa accade quando noi sentiamo di avere un certa sensazione di malessere senza essere capaci di percepirne la causa.



Le cose si complicano nel caso del virus. Il virus è qualcosa di percepito empiricamente, nel senso russelliano, che quello che sto vedendo ( sensazione visiva ) nel microscopio è qualcosa che mi informa che al di là del microscopio c’è qualcosa ( virus ) che ne è la causa ( percezione ).



Sembrerebbe che allora, almeno in teoria, la percezione sia qualcosa di mentale, di costruito post festum, partendo da una determinata sensazione e che allora la cosa che noi colleghiamo all’immagine nel microscopio sia qualcosa di creduto tale : essenzialmente è fede.



Già immagino nasi arricciati e smorfie di ilarità ma se ci si immerge nella teoremi di questo discorso, a mio avviso, le cose che scrivo non sembrano cosi buffe.
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Messaggio Da Ludwig von Drake Mer 16 Mar 2011 - 12:15

Non credo sia corretto l'accostamento alla fede.

La fede consiste nel credere in cose che non possono essere viste.

La percezione è l'elaborazione soggettiva basata sulle precedenti esperienze.

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Messaggio Da Werewolf Mer 16 Mar 2011 - 12:21

La questione è interessante(i filosofi su questo si sono sbranati da sempre). Il discorso è che, in linea di massima, tutto ciò che pensiamo è in qualche modo legato alle percezioni. Che possiamo aver fiducia nelle percezioni, a meno di non modificare il modo con cui le percepiamo, tramite per esempio sostanze psicotrope, lo sappiamo tramite l'esperienza di ogni giorno e quindi la fede di cui parli diventa molto presto una constatazione: noi sappiamo per esperienza che le nostre percezioni in qualche modo garantiscono la nostra sopravvivenza creando una connessione fra ciò che è percepito e ciò che è(perché se ciò che venisse percepito non sarebbe, allora non potrebbe avere conseguenze su di noi, vedi sempre l'esempio della percezione modificata).

Certo, all'inizio bisogna imparare a decodificare le percezioni: ed è quello che fanno i bambini appena nati, sperimentando tutto quel che capita loro a tiro. Quello che gli scienziati fanno al microscopio non è molto diverso. Chi ha scoperto i virus ha dovuto per primo decodificare la percezione visiva che aveva avuto e, in base a tale decodificazione, gli altri l'hanno seguito, quando hanno capito che tale decodificazione era corretta.

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Messaggio Da Rasputin Mer 16 Mar 2011 - 12:37

Ludwig von Drake ha scritto:Non credo sia corretto l'accostamento alla fede.

La fede consiste nel credere in cose che non possono essere viste.

La percezione è l'elaborazione soggettiva basata sulle precedenti esperienze.

Hum...io rettificherei così: "La percezione è la registrazione della realtà attraverso i 5 sensi, l'elaborazione soggettiva basata su tali percezioni si chiama cognitività"

almeno così la pensano nella corrente della psicologia al momento più accreditata boh

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Messaggio Da Comune mortale Mer 16 Mar 2011 - 14:30

Rispondo a rasputin, dicendo che se vedo qualcosa, insomma percepisco tramite la vista qualcosa, che poi cognitivizzo chiamando la cosa sedia...ma questo non è il punto, e la fede, cioè il volere che le cose stiano ferme in un certo modo, interviene prima...provo a spiegarmi...

vedere una sedia è stare oltre cio che è consentito asserire. insomma noi non vediamo la sedia ma qualcosa, e che poi questo qualcosa sia cognitivizzato, percepito, come sedia è frutto della volonta che vuole che un certo dato sensoriale ( il vedere qualcosa ) sia, si identifichi, con la sedia...la mia posizione si muove prima, in modo originario, della rielaborazione soggettiva, anzi io mostro cio che consente alla elaborazione soggettiva d'essere tale, e cioè la volonta potente, forte, che vuole che un certo numero di dati sensoriali sia, si identifichi, sia creduto tale, con la sedia che vediamo e tocchiamo...o viceversa, ma le cose non cambiano...noi non tocchiamo, o vediamo, ( dati sensoriali...percezione per stare con quanto scrive rasputin ) una sedia, senza previa volonta identificatrice ( emanuele severino nelle sue lezioni veneziani chiama identità degli opposti ) che appunto vuole che certi dati sensoriali...come il vedere una certa cosa, un certo fenomeno, sia, la sedia...
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Messaggio Da Ludwig von Drake Mer 16 Mar 2011 - 14:45

Io credo che il problema sia nell'individuare una volontà.

Non si tratta di volontà, ma di meccanismi automatici della nostra mente, che, inevitabilmente, crea clusters e inserisce le percezioni negli stessi.

La fede ha ben altre caratteristiche.

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Messaggio Da Comune mortale Mer 16 Mar 2011 - 15:34

Lud, ci sono tratti essenziali alla fede...tuttavia quali sono le caratteristiche della fede ? ... e poi vuoi dirmi che sono gli automatismi della ns mente ha farci chiamare un determinato dato sensoriale sedia ? ma quand'anche fosse come scrivi tu, permane sempre il fatto ( da me messo in evidenza ) che alla base della clusterizzazione dei fenomeni percepiti c'è la volontà interpretante che vuole appunto che certi fenomeni siano creduti come automatismi della ns mente...insomma l'automatismo mentale di certi dati percepiti è esso stesso un qualcosa di percepito, russellianamente parlando, o è un qualcosa di c r e d u t o tale ?
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Messaggio Da Ludwig von Drake Mer 16 Mar 2011 - 15:58

Carissimo, secondo me il fatto che noi la definiamo "sedia" è un elemento che viene molto dopo la percezione e la clusterizzazione.

Sull'ultima domanda devo pensare un pò.

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Messaggio Da alberto Mer 16 Mar 2011 - 16:02

ciao comune mortale,
per prima cosa intendo ringraziarti perché i tuoi post non sono mai banali e pongono interrogativi interessanti.
spero che mi perdonerai se, quasi completamente all'oscuro di conoscenze filosofiche, provo ad interagire.

non mi ero mai reso conto che l'affermazione "vedo una sedia" fosse "oltre ciò che mi è consentito asserire", e la cosa te lo confesso mi ha fatto un po' sorridere.

queste elucubrazioni (lo dico in senso buono e non con velata critica) hanno per me due aspetti problematici.

il primo è che mi sembrano quasi riproporre seppur con vesti diverse la primazia dell'uomo su tutte le cose, che esistono solo in quanto percepite da noi ed elaborate mentalmente. Il mio pensiero è invece opposto, ossia la realtà se ne sbatte altamente e sta lì ad essere percepita dal nostro imperfetto (ma direi discretoccio) sistema di rilevamento multisensoriale.

L'altro punto è che l'atto di "fede" (credo e spero di aver capito in che senso lo dicevi) per me è cosa diversa. La sedia è tale di per sé stessa ma diciamo che in relazione a me diviene sedia perché contestualizzata o utilizzata. Altrimenti può rimanere un "aggregato metalloplastico con base a 4 segmenti, piano di dimensioni finite parallelo al terreno congiungentesi con altro piano di dimensioni finite ad esso perpendicolare". A pensare tutto ciò mi stanco, e dico "toh una sedia", e mi ci stravacco sopra, felice.

___________________
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Messaggio Da Comune mortale Mer 16 Mar 2011 - 16:26

Il mio pensiero è invece opposto, ossia la realtà se ne sbatte altamente e sta lì ad essere percepita dal nostro imperfetto (ma direi discretoccio) sistema di rilevamento multisensoriale.

Alberto, che ci sia una realtà esterna al nostro pensiero e che se ne sbatta di tutto quello che noi possiamo dire o fare, è allettante e a tratti seducente, ma dovresti a sto punto, tu, provare a parlarmi della realtà come in se stessa, senza appunto le nostre conncettualizzazioni, che cos'è la sedia al di là del nostro pensarla, vederla, percepirla concettualmente e linguisticamente, rimane un mistero.Attenzione non dico che nn ci sia realtà, ma dico che rimane arduo sapere cosa sia! Odifreddi nel suo matematico impertinente, riferendosi alle banane e alle scimmie, e liberandosi un po semplicisticamente ( secondo me ) scrive che le banane rimangono banane anche se le scimmie non sanno parlare, ma questo implica che noi si sappia cos'è una cosa al di la del nostro pensarla e dirla! Il che è tutto dire !


La sedia è tale di per sé stessa...

Riproponi, a mio avviso, l'idea che tu sappia cos'è una cosa al di la del nostro pensarla e percepirla linguisticamente e sensorialmente, per cui la sedia è sedia o con noi o senza di noi...daccapo : cos'è sedia al di la del nostro cognitivizzarla ?
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Messaggio Da alberto Mer 16 Mar 2011 - 17:08

Comune mortale ha scritto:
Il mio pensiero è invece opposto, ossia la realtà se ne sbatte altamente e sta lì ad essere percepita dal nostro imperfetto (ma direi discretoccio) sistema di rilevamento multisensoriale.

Alberto, che ci sia una realtà esterna al nostro pensiero e che se ne sbatta di tutto quello che noi possiamo dire o fare, è allettante e a tratti seducente, ma dovresti a sto punto, tu, provare a parlarmi della realtà come in se stessa, senza appunto le nostre conncettualizzazioni...., che cos'è la sedia al di là del nostro pensarla, vederla, percepirla concettualmente e linguisticamente, rimane un mistero.Attenzione non dico che nn ci sia realtà, ma dico che rimane arduo sapere cosa sia! Odifreddi nel suo matematico impertinente, riferendosi alle banane e alle scimmie, e liberandosi un po semplicisticamente ( secondo me ) scrive che le banane rimangono banane anche se le scimmie non sanno parlare, ma questo implica che noi si sappia cos'è una cosa al di la del nostro pensarla e dirla! Il che è tutto dire !


La sedia è tale di per sé stessa...

Riproponi, a mio avviso, l'idea che tu sappia cos'è una cosa al di la del nostro pensarla e percepirla linguisticamente e sensorialmente, per cui la sedia è sedia o con noi o senza di noi...daccapo : cos'è sedia al di la del nostro cognitivizzarla ?

forse sono anch'io, e ben più modestamente, semplicistico, ma mi limito ad osservare che essendo noi ciò che siamo e nulla più non abbiamo altro modo per percepire la realtà o altro se non i nostri sensi e le nostre concettualizzazioni. la tua richiesta di "sapere una cosa al di là" è a mio avviso solo astrazione, impossibilità oggettiva. Anche se... Non so se però se possa entrarci con questo discorso: l'uomo ha comunque saputo costruire macchine che rilevano dati che a me sembrano "al di là" delle mie concettualizzazioni: un fascio di luce incontra un ostacolo. L'ostacolo esiste, perché la luce non lo sa oltrepassare. poi posso definire, specificare, fare cioè cose che mi fanno comodo per muovermi nel mondo, per usare oggetti, per interagire con la realtà attraverso i solo mezzi che ho, i miei sensi, le mie concettualizzazioni, ma che non sono di per sé il "motivo" per cui esso esiste. Insomma, io mi muovo ad un livello più "basso".

a me l'esempio di odifreddi torna abbastanza invece, perché ci pone al di fuori di un sistema (scimmia-banana) che procede nostro malgrado e al di fuori dei nostri processi cognitivi, che usiamo semmai per interagire noi con quel sistema.




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Messaggio Da Comune mortale Dom 20 Mar 2011 - 11:26

Alberto volevo solo farti notare una contraddizione in senso al tuo discorso. Se scrivi che "la realtà se ne sbatte altamente e sta lì ad essere percepita dal nostro imperfetto (ma direi discretoccio) sistema di rilevamento multisensoriale. " allora io posso sensatamente dirti che siccome a noi non è dato conoscere che cos'è la realtà in e per se stessa, ( la pretesa kantiana ) al di là cioè dei nostri modi di concettualizzarla o esperirla sia con i sensi che con il linguaggio, anche se poi le cose si complicano, ( il filosofo americano R.rorty ad esempio sostiene la impossibilità di parlare di fatti nudi e crudi che se ne starebbero al di là del nostro " sistema di rilevamento multisensoriale " ) allora, proprio in forza di questa argomentazione la tua volonta ( tutta discorsiva ) di asserire che c'è una realtà al di là del nostro sistema sensoriale è una ipotesi, è un volere che sia cosi, è fede, giacchè nella dimensione della fede c'è la volontà che vuole che ad esempio dio esista! L'ostacolo che non fa oltepassare il fascio di luce è appunto un qualcosa che tu inferisci da altro, dal fatto che il fascio di luce non passa ( credo ) ma che nulla ti dice circa il " che cos'è " dell'ostacolo: insomma della realtà in e per se stessa...alberto il discorso realista ( come credo sia il tuo discorso ) è essenzialmente un discorso che alla fine cade all'interno dell'aporia del grande kant ( sempre che lo si voglia comprendere, e di solito la sua comprensione è ferma ad un livello liceale ) per cui da una parte si ammette che c'è una realtà che starebbe al di là del nostro meccanismo di rilevamento multisensoriale ( noumeno, o il tuo ostacolo che non fa passare il fascio di luce eccetera ) e dall'altro corno ci sono i nostri sensi e le nostre concettualizzazioni che sono i soli mezzi che abbiamo per conoscere e parlare sensatamente delle cose, ma l'aporia emerge quando noi voglaimo parlare di una realtà extrasensoriale ( noumeno o " ostacolo " ) grazie e ancora partendo dai nostri sensi.
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